N. 522 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 febbraio 1996
N. 522 Ordinanza emessa il 27 febbraio 1996 dal tribunale di Benevento nel procedimento civile vertente tra Ambrosone Nicola ed altro e l'I.A.C.P. della provincia di Benevento Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) - Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegittime occupazioni acquisitive - Ingiustificata deroga al principio civilistico dell'integrale risarcimento del danno da parte dell'autore dell'illecito - Irrazionale e ingiusitificata equiparazione delle espropriazioni regolari e delle ablazioni sine titulo nonche' delle espropriazioni di aree edificabili e aree agricole - Incidenza sul principio della tutela del diritto di proprieta' e sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 283/1993 e 188/1995. (Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, sessantacinquesimo comma) (Cost., artt. 3, 42, terzo comma, e 97, primo comma).(GU n.24 del 12-6-1996 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 3427/89 r.g., passata in decisione all'udienza collegiale del 21 novembre 1995, avente ad oggetto: risarcimento danni, tra Nicola Ambrosone, rappresentato e difeso, per mandato a margine della citazione, dal dott. proc. Carmelo Sandomenico, col quale elettivamente domicilia in Benevento, alla Via Pepicelli n. 24, presso lo studio dell'avv. Biondi, attore, e l'Istituto Autonomo Case Popolari della provincia di Benevento, IACP, in persona del presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in Benevento, alla via 24 maggio n. 9, presso lo studio dell'avv. Luigi Beatrice, dal quale e' rappresentato e difeso giusta procura ad lites per not. Barricelli, convenuto, nonche' con l'intervento volontario di Mario Pagnozzi, rappresentato e difeso dal dott. proc. Costantino Ambrosone, con il quale elettivamente domicilia in Benevento, presso la Cancelleria del Tribunale, terzo inventore. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato in data 9 novembre 1989, Nicola Ambrosone, premesso di essere proprietario, in Pannarano, di un appezzamento di terreno sito alla provinciale Irpina, indicato in catasto al foglio 6, part. 57, per averlo ricevuto in successione da Achille Sbordone, esponeva che lo IACP di Benevento, in data 1 settembre 1986, aveva occupato mq. 5700 circa del suddetto terreno, per la costruzione di quattro fabbricati, con sedici alloggi e ottanta vani, in virtu' di decreto emesso dal sindaco di Pannarano il 9 luglio 1986, lamentando che tale occupazione era divenuta illegittima e che le opere erano state, ormai realizzate. Alla stregua di quanto esposto, l'attore chiedeva che l'ente convenuto fosse condannato: al risarcimento dei danni scaturiti dall'occupazione illegittima, e al pagamento dell'indennita' per il periodo di occupazione legittima, nella misura determinata a seguito dell'istruzione della causa; all'apposizione della recinzione al confine della zona occupata. Depositava comparsa di risposta, nell'interesse dell'IACP, l'avvocato Beatrice il quale, pero', non produceva la procura ad lites, per notar Barricelli, indicata nella stessa comparsa. Con comparsa, notificata al convenuto in data 18 dicembre 1989, interveniva nel giudizio Mario Pagnozzi, il quale, rilevato di essere l'affittuario del fondo occupato dall'IACP, chiedeva la condanna di quest'ultimo al risarcimento dei danni subiti. Nel corso dell'istruzione, il g.i. nominava un c.t.u. al fine di: accertare la quantita' di suolo occupato dall'IACP; determinare il valore venale di detto suolo, con riferimento alla data di irreversibile destinazione ad opera pubblica; determinare l'indennita' per il periodo di occupazione legittima ed illegittima; indicare il mezzo piu' idoneo di recinzione della zona occupata; determinare il danno prodotto all'affittuario. Esibita la consulenza, il g.i. su istanza dell'attore, disponeva che il C.T.U. fornisse chiarimenti circa, tra l'altro, i criteri adottati per la determinazione del valore venale dell'immobile occupato; chiarimenti che venivano resi, altresi', attraverso il deposito di un supplemento di consulenza, e ulteriormente precisati all'udienza del 10 maggio 1991. Precisate le conclusioni, la causa veniva rimessa al collegio che, all' udienza del 21 novembre 1995, su richiesta dei procuratori delle parti, si riservava la decisione. Successivamente, e' entrata in vigore la legge n. 549/1995, che ha modificato l'art. 5-bis del decreto-legge n. 333/1992 prevedendo un nuovo criterio di risarcimento per le "occupazioni di fatto"; la decisione deve, dunque, adeguarsi allo ius superveniens. Motivi della decisione Rileva il tribunale che nelle more del presente giudizio, in virtu' della modifica apportata dall'art. 1, comma 65, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 ("Misure di razionalizzazione della finanza pubblica") entrata in vigore dal 1 gennaio 1996 come previsto dall'art. 244, e' stata estesa l'applicazione del criterio legale di determinazione delle indennita' espropiative di cui all'art. 5-bis del decreto-legge n. 333/92 conv. con modd. nella legge n. 359/1992 anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegiittime occupazioni acquisitive. Come e' noto, l'art. 5-bis citato nel testo previgente disponeva tra l'altro (comma n. 1) che, fino all'approvazione di una "organica disciplina per tutte le espropriazioni" preordinate alla realizzazione di opere di pubblica utilita', la misura delle indennita' espropriative sarebbe stata determinata con il criterio di cui all'art. 13/III della legge n. 2892 del 1985, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui all'art. 24 e segg. del testo unico 22 dicembre 1986 n. 917 (in pratica operando la media aritmetica tra il valore venale del suolo e la rendita catastale rivalutata degli ultimi dieci anni), riducendo poi l'importo ottenuto del 40% (salvi i casi di cessione volontaria e quelli equiparati, a seguito della set. n. 283/1993 della Corte costituzionale). Il sesto comma dell'articolo citato escludeva dall'applicazione dei criteri indennitari sopra indicati solo i casi in cui l'indennita' fosse stata accettata dalle parti o fosse divenuta non impugnabile con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 333/1992 (in pratica all'8 agosto 1992). L'art. 1/c. 65 della legge n. 549/1995 ha sostituito integralmente tale ultimo comma, nei termini testuali seguenti: "Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano in tutti i casi in cui non sono stati ancora determinati in via definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno, alla data di conversione del presente decreto". Che il risarcimento dei danni di cui al nuovo disposto normativo sia quello relativo alla perdita della proprieta', nei casi di "occupazione acquisitiva" o "accessione invertita", non e' seriamente contestabile, tenuto conto dell'operato abbinamento, disgiuntivo e congiuntivo, nella previsione legislativa, all'indennita' di espropriazione e considerato che, nella materia de qua, il solo altro risarcimento ipotizzabile e' quello da occupazione temporanea illegittima, per la determinazione del quale e' del tutto inconcepibile il ricorso ai criteri determinativi sopra menzionati (in cui uno dei valori da mediare e' dato dal valore del cd. "pieno" del suolo). Evidente e', dunque, l'intenzione del legislatore il quale, per palesi esigenze di contenimento della spesa pubblica, ha ritenuto di equipare del tutto, sul piano patrimoniale, alle conseguenze derivanti dalle espropriazioni legittime, quelle derivanti dalle illegittime ablazioni di "fatto" poste in essere dalla p.a. o dai soggetti per conto della stessa operanti, facendo salve solo (come gia' avvenuto nel 1992) le determinazioni divenute inoppugnabili in sede amministrativa o per effetto di giudicato. Prescindendo da ogni considerazione, non rilevante nella fattispecie, in ordine ai dubbi di applicabilita' intertemporale (nel periodo compreso tra l'8 agosto 1992 e il 1 gennaio 1996) dell'ultima disposizione, e' certo che nella vertenza in esame, essendo ancora, tra l'altro, controverso l'importo del risarcimento dovuto all'attrice in conseguenza della subita "occupazione acquisitiva" (la cui verificazione, peraltro, e' pacifica, controvertendosi solo in ordine alla risalenza della stessa, se alla scadenza del quinquennio o del successivo biennio di una assunta proroga legale dell'occupazione di urgenza), non si e' ancora formato un "giudicato" in ordine all'"entita'" di tale spettanza e, pertanto, occorre applicare necessariamente il ius superveniens alla principale delle questioni di carattere sostanziale, dibattuta tra le parti. Da quanto sopra considerato discende la rilevanza ai fini del presente giudizio, come richiesto dall'art. 23 comma secondo, della legge 11 marzo 1953 n. 87, della questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995 attesa la natura di area edificabile del fondo dell'atto, come emerso dalla C.T.U. Tanto premesso, osserva il tribunale che tale questione si configura, in relazione agli artt. 3 e 42 e 97 della Costituzione non palesemente infondata. L'operata parificazione tra le conseguenze patrimoniali delle ablazioni lecite e di quelle illecite si risolve, infatti in una irrazionale e non adeguatamente giustificata attenuazione, se non elusione, del principio di legalita' delle espropriazioni, posto a garanzia del diritto di proprieta' privata che come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza della suprema Corte di cassazione e della Corte costituzionale, puo' essere si' sacrificato previo indennizzo in vista delle esigenze della collettivita' ed in considerazione della sua funzione sociale, ma nei casi previsti dalla legge e nel rispetto delle rigorose forme dei procedimenti amministrativi finalizzati alla espropriazione. I seri dubbi di legittimita' costituzionale, in relazione al principio di uguaglianza di cui all'art. 3, si pongono sotto un duplice profilo: 1) per l'ingiustificata discriminazione, rispetto ad altre categorie di soggetti passivi di atti illeciti dei titolari dei diritti di proprieta' immobiliare illegittimamente acquisiti dalla pubblica amministrazione o da chi, per essa, si sia avvalso dell'istituto dell'occupazione acquisitiva, in quanto nei confronti ed a discapito dei predetti la norma introdotta dall'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995 introduce una vistosa deroga ad uno dei principi basilari dell'ordinamento civilistico, a termini del quale chi abbia, per effetto della violazione della fondamentale regola di convivenza sociale del neminem laedere, subito un danno, ossia una decurtazione del proprio patrimonio, ha diritto all'integrale ricostituzione dello stesso a carico dell'autore dell'illecito, soggetto pubblico o privato che sia (art. 2043 c.c.); 2) per l'irrazionale, ingiustificata e totale parificazione, agli effetti patrimoniali, delle conseguenze delle espropriazioni svoltesi nel rispetto delle regole ad esse preordinate e di quelle delle ablazioni "di fatto" verificatesi in conseguenza della mancata osservanza delle regole medesime. Tale parificazione non puo' trovare adeguata giustificazione nelle palesi esigenze di contenimento della spesa pubblica, che hanno indotto il legislatore ad introdurre la censurata disposizione essendo altri i mezzi e le regole preordinate al corretto prelievo finanziario (v. art. 23 e 53 Cost.), e non anche il sostanziale avallo dell'illecito posto in essere dalla p.a., nel quale si risolve l'operata eliminazione di ogni conseguenza patrimoniale sfavorevole per la stessa, in dipendenza della mancata osservanza del procedimento espropriativo, con il conseguente venir meno di atti illegittimi. Ne', considerando le due diverse situazioni, di ablazioni lecite ed illecite, dal punto di vista dei soggetti passivi, puo' ritenersene la sostanziale equivalenza. Se e' vero, infatti, che i sacrifici, in termini di diritti dominicali, sono materialmente analoghi, deve pero' osservarsi che non uguali ne sono le rispettive situazioni, considerate sotto vari diversi aspetti, tra i quali vanno, particolarmente, segnalati: a) la possibilita', solo ove il procedimento occupativo-espopriativo si svolga secondo le regole di controllarne l'iter e, se del caso, di intervenire nel corso dello stesso, quali portatori di interessi legittimi correlati al compimento dei vari atti procedimentali, nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali; b) il regime della prescrizione estintiva, che e' piu' favorevole per detti soggetti, nelle ipotesi di legittima espropriazione, in quanto il diritto alle indennita' si estingue nel termine ordinario decennale di cui all'art. 2946 c.c., mentre nel caso di "accessione invertita" conseguente ad illecita occupazione il termine prescrizionale applicabile al diritto al risarcimento dei danni e' quello quinquennale di cui all'art. 2947 cit. cod. Conseguenziali alle suesposte considerazioni si pongono i forti dubbi di legittimita' in relatione all'art. 42/III Cost., considerato che l'operata parificazione agli effetti patrimoniali vanifica del tutto o in gran parte il principio di legalita' delle espropriazioni, posto a presidio della proprieta' privata, se e' vero che, anche nel caso "patologico" di violazione della legge, la pubblica amministrazione puo' acquisire il diritto anzidetto, contraendo nei confronti degli ex titolari dello stesso obbligazioni quantitativamente identiche a quelle, nella previgente disciplina piu' contenute, che avrebbe contratto nell'ipotesi "fisiologica" di osservanza della legge stessa. Ne' si puo' ritenere che il legislatore abbia inteso introdurre il nuovo istituto della "espropriazione di fatto", da porsi accanto alla procedura espropriativa rituale e legittima; invero, l'espresso riferimento al risarcimento del danno, contenuto nella norma in questione, esclude chiaramente tale ipotesi ed anzi, si configura come una chiara conferma del carattere illecito dell'"occupazione acquisitiva". L'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995 appare, altresi', in contrasto con il disposto dell'art. 97, primo comma, Costituzione, secondo cui i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amministrazione. Tale norma postula che la realizzazione dei compiti assegnati all'amministrazione non deve andar disgiunta dal rispetto della giustizia sostanziale, che si impone sia nel confrontare gli interessi dei singoli con quelli dell'amministrazione, sia nel confrontare tra loro gli interessi dei vari soggetti estranei all'amministrazione inseriti nell'azione di questa. Ora, il detto art. 1, nel prevedere che enti pubblici debbono procedere al risarcimento dei danni, applicando i criteri relativi alla determinazione dell'indennita' espropriativa, per le aree edificabili, ha introdotto una regola dell'azione amministrativa che non garantisce, certo, il principio d'eguaglianza tra i "soggetti passivi" delle "espropriazioni di fatto", e i "soggetti passivi" di qualunque altro illecito aquiliano posto in essere dalla pubblica amministrazione, tra i quali, come detto, emerge una chiara e non razionale diversita' di trattamento. Giova, a questo punto, precisare che il collegio non ignora che l'istituto dell'occupazione acquisitiva ha recentemente superato indenne il vaglio di legittimita' da parte della Corte costituzionale (v. sentenza n. 188 del 17/23 maggio 1995). Ma la questione oggi si pone in termini diversi, rispetto a quelli a suo tempo rimessi a detta corte (che pur ebbe a puntualizzare le piu' significative differenze, caratterizzate e giustificate, sul piano della legittimita' costituzionale, anche e soprattutto dalle diverse conseguenze patrimoniali delle due forme di ablazione), considerato che, all'epoca mancava un riconoscimento legislativo espresso, sia pure in forma indiretta, dell'occupazione acquisitiva e che le conseguenze patrimoniali dei due istituti erano nettamente diverse (ristoro parziale, in considerazione della funzione sociale della proprieta' e delle garanzie di legge, nel caso dell'indennizzo espropriativo, e reintegrazione piena della decurtazione patrimoniale subita dal soggetto passivo, nel caso di risarcimento da illegittima acquisizione). Il processo va, pertanto ed ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, sospeso e gli atti rimessi, previ adempimenti di rito in dispositivo indicati, alla Corte costituzionale, per il giudizio di sua competenza, a termini degli art. 134 e segg. Costituzione.
P. Q. M. Il Tribunale dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995, nella parte in cui prevede che "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano in tutti i casi in cui non sia stato determinato in via definitiva l'entita' del risarcimento del danno, alla data di conversione del presente decreto", in riferimento agli artt. 3, 42, terzo comma e 97, primo comma, della Costituzione, limitatamente alle aree edilizie; Dispone la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della cancelleria, notificata al pubblico ministero, alle parti ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato. Cosi' deciso in Benevento il 27 febbraio 1996 Il presidente: Tazza Il giudice estensore: Caiazzo 96C0758