N. 193 SENTENZA 30 maggio - 12 giugno 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sicurezza pubblica - Tutela della correttezza nello svolgimento delle
 competizioni agonistiche - Accesso  ai  luoghi  in  cui  si  svolgono
 competizioni  agonistiche  -  Interdizione  e  contestuale  ordine di
 comparire in questura - Sindacabilita' da parte del giudice anche per
 la misura concernente il divieto di accesso  -  Omessa  previsione  -
 Provvedimenti  atti  ad  incidere in grado diverso sulla liberta' del
 soggetto destinatario - Ragionevolezza - Non fondatezza.
 
 (Legge 13 dicembre 1989, n. 401, art. 6, terzo comma, come sostituito
 dall'art. 1 della legge 24 febbraio 1995, n. 45).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.25 del 19-6-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
 prof.  Giuliano  VASSALLI,    prof.  Francesco  GUIZZI,  prof. Cesare
 MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.
 Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY,
 prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, terzo comma,
 della legge 13 dicembre 1989, n.  401  (Interventi  nel  settore  del
 giuoco e delle scommesse clandestini e tutela della correttezza nello
 svolgimento  di  competizioni agonistiche), come sostituito dall'art.
 1 della legge 24 febbraio 1995, n.  45  (Conversione  in  legge,  con
 modificazioni,  del  decreto-legge  23 dicembre 1994, n. 717, recante
 misure urgenti per prevenire fenomeni di  violenza  in  occasione  di
 competizioni  agonistiche),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  16
 ottobre 1995 dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  la
 Pretura circondariale di Macerata nel procedimento penale a carico di
 Enrico  Alberto  Pallorito, iscritta al n. 832 del registro ordinanze
 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  50,
 prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di  consiglio  del  20  marzo  1996  il  giudice
 relatore Massimo Vari.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  del  procedimento,  instaurato  su richiesta del
 pubblico ministero, per la convalida del  provvedimento  assunto  dal
 questore  di  Macerata  nei  confronti  di  Enrico Alberto Pallorito,
 contenente l'ordine  di  comparire  all'ufficio  di  polizia  durante
 l'orario  di  svolgimento delle competizioni sportive, il giudice per
 le indagini preliminari presso la Pretura circondariale  di  Macerata
 ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione
 di legittimita' costituzionale, dell'art. 6, terzo comma, della legge
 13  dicembre  1989, n. 401 (Interventi nel settore del giuoco e delle
 scommesse clandestini e tutela della correttezza nello svolgimento di
 competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24
 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge,  con  modificazioni,  del
 decreto-legge  23  dicembre  1994, n. 717, recante misure urgenti per
 prevenire  fenomeni  di  violenza  in   occasione   di   competizioni
 agonistiche).
   2. - Il rimettente, premesso che, in base all'art. 6 della legge n.
 401 del 1989, come sostituito dall'art. 1 della legge n. 45 del 1995,
 il   questore   puo'  emanare  due  distinti  provvedimenti  -  l'uno
 consistente nel divieto  di  accesso  ai  luoghi  delle  competizioni
 agonistiche e l'altro nell'ordine di comparire innanzi all'ufficio di
 polizia  durante  l'orario di svolgimento delle competizioni stesse -
 rileva che, ai sensi del terzo comma della  disposizione  denunciata,
 la  procedura di controllo giurisdizionale riguarda esclusivamente il
 secondo provvedimento.
   Detta  limitazione  risulterebbe  "irrazionale  e  in contrasto con
 l'art. 3 Cost.", considerato che la legge non indica una  particolare
 differenziazione  in  ordine  ai  presupposti  dei due provvedimenti;
 entrambi i provvedimenti incidono con caratteri anche di  particolare
 gravita' su un bene, quale la liberta' di circolazione e locomozione,
 costituzionalmente  garantito (art. 16 della Costituzione); per tutto
 il  resto,  comprese  le  conseguenze  di  carattere  penale  per  il
 contravventore,  la  disciplina  e', nei due casi, identica; il testo
 originario del decreto-legge n. 717 del 1994 prevedeva una  procedura
 di  rapidissimo  controllo  giurisdizionale  anche  per il divieto di
 accesso, evidenziando cosi' la disparita' di trattamento  venutasi  a
 creare  e  confermando  la  prospettata interpretazione relativa alla
 distinzione tra i due provvedimenti.
   Considerata percio' "la rilevanza della  questione"  in  quanto  il
 giudice  per  le  indagini  preliminari  potrebbe "togliere efficacia
 (negando  la  convalida)  all'ordine  contenente  la  prescrizione  a
 comparire,  ma  nulla  potrebbe  nei  confronti  del  contestuale  ma
 distinto provvedimento contenente  il  divieto  di  accesso,  pur  se
 dovesse  riconoscere  in  ipotesi  insussistenti  i  presupposti  per
 l'adozione del medesimo", si richiede una  decisione  "interpretativa
 di  accoglimento"  e  non  una  additiva,  sussistendo  non  gia' una
 pluralita' di rimedi, spettanti alla scelta del legislatore,  "bensi'
 un'unica  possibilita'  logica  di  rimediare"  al  contrasto  con il
 parametro indicato, "attraverso l'estensione della disciplina al caso
 non contemplato".
   3. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello Stato, per
 chiedere che la questione venga dichiarata inammissibile o infondata.
   Secondo la difesa erariale, la questione, pur  a  volerla  ritenere
 ammissibile,  attesa  la  richiesta di una sentenza interpretativa di
 accoglimento, e' infondata, giacche' "il trattamento  normativo  deve
 essere  uniforme  ove  le  situazioni  regolate siano omogenee" e non
 quando "sussistano fondate ragioni per  differenziarlo",  come  nella
 specie.  Mentre,  infatti,  il divieto di accesso ai luoghi in cui si
 svolgono competizioni agonistiche "integra una limitazione al diritto
 di circolazione e non al diritto di liberta' personale",  e  pertanto
 puo'  essere rimesso all'autorita' di pubblica sicurezza, l'ordine di
 comparizione al comando di  polizia  "ha  una  portata  piu'  ampia",
 imponendo  al  destinatario del primo provvedimento anche "un obbligo
 di  fare",  che  giustifica  la  convalida  da  parte  dell'autorita'
 giudiziaria.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il  giudice  per  le  indagini preliminari presso la Pretura
 circondariale  di  Macerata   solleva   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.    6,  terzo comma, della legge 13 dicembre
 1989, n. 401 (Interventi nel settore del  giuoco  e  delle  scommesse
 clandestini   e   tutela   della  correttezza  nello  svolgimento  di
 competizioni agonistiche), come sostituito dall'art. 1 della legge 24
 febbraio 1995, n. 45 (Conversione in legge,  con  modificazioni,  del
 decreto-legge  23  dicembre  1994, n. 717, recante misure urgenti per
 prevenire  fenomeni  di  violenza  in   occasione   di   competizioni
 agonistiche).
   La disposizione, denunciata dal rimettente nel terzo comma, prevede
 la facolta' per il questore di adottare misure di tipo preventivo nei
 confronti  di  persone  che, secondo quanto precisato al primo comma,
 risultino denunciate o condannate per determinati  reati,  o  abbiano
 preso  parte  a  episodi  di  violenza in occasione di manifestazioni
 sportive, ovvero in tali occasioni  abbiano  incitato,  inneggiato  o
 indotto  alla  violenza.  Tali  misure,  secondo quanto stabilito dal
 medesimo primo comma, possono consistere nel divieto  di  accesso  ai
 luoghi  di  svolgimento  delle manifestazioni sportive specificamente
 indicate  nonche'  ai  luoghi,  del  pari  specificamente   indicati,
 interessati  alla  sosta,  al  transito  o al trasporto di coloro che
 partecipano o assistono alle competizioni medesime. A questi soggetti
 il questore puo' prescrivere altresi' di comparire presso l'ufficio o
 il comando di polizia in orario compreso nel  periodo  di  tempo  nel
 quale  si  svolgono  le  competizioni  sportive  per le quali vige il
 richiamato provvedimento interdittivo (secondo  comma).  Prescrizione
 quest'ultima  che,  ai  sensi  del  terzo  comma,  va  comunicata  al
 competente   procuratore   della   Repubblica   presso   la   pretura
 circondariale,  il  quale,  ove ne ritenga sussistenti i presupposti,
 entro  quarantotto  ore  dalla  notifica,  chiede  la  convalida  del
 provvedimento al giudice per le indagini preliminari.
   2.  -  Secondo l'ordinanza di rimessione, la disposizione del terzo
 comma - nella parte in cui non prevede che la speciale  procedura  di
 sindacato   giurisdizionale   stabilita  per  l'ordine  di  comparire
 personalmente  nell'ufficio  di  polizia  durante   le   competizioni
 agonistiche  concerna anche il divieto di accesso ai luoghi in cui si
 svolgono le competizioni stesse - sarebbe in contrasto con  l'art.  3
 della  Costituzione,  per  "irrazionale"  disparita'  di  trattamento
 riguardo a provvedimenti per i quali  non  e'  dato  cogliere,  nella
 legge, una particolare differenziazione ne' in ordine ai presupposti,
 ne'  in  ordine  all'incidenza  "su  un  bene,  quale  la liberta' di
 circolazione e locomozione, costituzionalmente garantito (art.  16)",
 ne'  in  ordine alle previste analoghe conseguenze dal punto di vista
 penale in caso di trasgressione.
   3. - La questione non e' fondata.
   Sulla scorta di quanto prospettato dal rimettente, il quale lamenta
 una non giustificabile diversita' di regime fra i due  provvedimenti,
 la  Corte ritiene che la valutazione ad essa richiesta dall'ordinanza
 riguardi essenzialmente la sussistenza  o  meno,  nella  disposizione
 denunciata, di elementi normativi arbitrariamente discriminatori.
   Si  tratta, dunque, alla stregua di quanto affermato in una recente
 sentenza (n. 89 del 1996), di individuare  le  ragioni  per  cui  una
 determinata  disciplina  operi,  all'interno  del tessuto egualitario
 dell'ordinamento, quella specifica  distinzione,  si'  da  trarne  le
 dovute conseguenze in punto di corretto uso del potere normativo.
   Cosi'  definito  l'ambito  del controllo di costituzionalita' della
 disposizione qui oggetto di impugnativa, la Corte e' dell'avviso  che
 essa non sia priva di "ragione" nel senso dianzi delineato.
   Va considerato che la norma prevede l'adozione di due provvedimenti
 aventi  portata  ed  effetti fra loro differenti, atti ad incidere in
 grado diverso sulla liberta' del  soggetto  destinatario  e  pertanto
 ragionevolmente  differenziati anche nella disciplina dei rimedi.  Il
 provvedimento che  impone  l'obbligo  a  comparire  negli  uffici  di
 polizia  viene  a  configurarsi  come  atto  idoneo ad incidere sulla
 liberta' personale del soggetto tenuto a  comparire,  imponendone  la
 presenza  negli  uffici  addetti  al  controllo dell'osservanza della
 misura e comportando, altresi', una restrizione della sua liberta' di
 movimento durante una fascia  oraria  determinata.  Questo  carattere
 della  misura, evidenziato, del resto, gia' in sede parlamentare, con
 il richiamo all'art. 13 della Costituzione, spiega perche'  essa  sia
 stata  circondata  da  particolari  garanzie,  che  si completano nel
 previsto ricorso per cassazione avverso l'ordinanza di convalida  del
 giudice per le indagini preliminari (art. 6, quarto comma).
   Diversa  portata  assume  l'altro  provvedimento,  consistente piu'
 semplicemente nell'interdizione all'accedere agli stadi o agli  altri
 luoghi  dove si svolgono le previste manifestazioni sportive, con una
 minore incidenza sulla sfera della liberta' del soggetto.
   Si deve, d'altra parte, escludere  che  la  scelta  dell'uno  o  di
 entrambi  i provvedimenti sia affidata al mero arbitrio del questore,
 tenuto a determinarsi motivatamente per l'adozione  dell'uno,  ovvero
 di   entrambi,   sulla   base  di  una  ponderata  valutazione  delle
 circostanze  oggettive  e  soggettive  tali  da  indurre  a  ritenere
 sufficiente  solo  il  primo, e cioe' il divieto di accesso ai luoghi
 ove si svolgono le competizioni sportive, ovvero da consigliare anche
 il secondo, vale a  dire  l'obbligo  di  presentazione  al  posto  di
 polizia.
   Non sembra, conclusivamente, che la disposizione denunciata risulti
 censurabile  sotto  il  profilo  della ragionevolezza, tanto piu' che
 anche il provvedimento  consistente  nel  divieto  di  frequentare  i
 luoghi  di  manifestazioni  agonistiche  e'  suscettibile di autonomo
 controllo giurisdizionale innanzi al giudice competente.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  6,  terzo  comma,  della  legge  13  dicembre 1989, n. 401
 (Interventi nel settore del giuoco e delle  scommesse  clandestini  e
 tutela   della   correttezza   nello   svolgimento   di  competizioni
 agonistiche), come sostituito dall'art. 1  della  legge  24  febbraio
 1995,   n.   45   (Conversione   in  legge,  con  modificazioni,  del
 decreto-legge 23 dicembre 1994, n. 717, recante  misure  urgenti  per
 prevenire   fenomeni   di   violenza  in  occasione  di  competizioni
 agonistiche),   sollevata,   in   riferimento   all'art.   3    della
 Costituzione,  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari presso la
 Pretura circondariale di Macerata, con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 30 maggio 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 giugno 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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