N. 629 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 novembre 1995- 5 giugno 1996

                                N. 629
 Ordinanza emessa il 12 ottobre 1995 e  16  novembre  1995  (pervenuta
 alla   Corte   costituzionale   il   5  giugno  1996)  dal  tribunale
 amministrativo  regionale  del  Friuli-Venezia  Giulia  sul   ricorso
 proposto da Spangher Walter ed altro contro il comune di Trieste.
 Edilizia  e  urbanistica  -  Regione  Friuli-Venezia  Giulia  - Abusi
 edilizi - Sanzioni pecuniarie - Esercizio del potere sanzionatorio  -
 Mancata  previsione  di  un  termine  di  decadenza  -  Incidenza sui
 principi  di  ragionevolezza,  di  affidamento,  di  certezza   della
 proprieta'  nonche'  dei rapporti giuridici in generale, di difesa in
 giudizio.
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia del 19  novembre  1991,  n.  52,
 art. 104).
 (Cost., artt. 2, 3, 23, 24, 25 e 42).
(GU n.28 del 10-7-1996 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 439/1994
 proposto  da  Giorgio  e  Walter  Spangher  rappresentati  e   difesi
 dall'avv.  G.   B. Verbari e domiciliati presso lo stesso in Trieste,
 p.zza Tommaseo 4, come da mandato a margine del  ricorso;  contro  il
 comune  di  Trieste in persona del rappresentante legale pro-tempore,
 costituitosi in giudizio e rappresentato e  difeso  dagli  avv.ti  A.
 Cognito  e  S.  Giraldi  e legalmente domiciliato presso l'Avvocatura
 Comunale, in Trieste, piazza Unita' d'Italia  4;  per  l'annullamento
 del provvedimento SAIU 94 10523/28/1991/42;
   Visto  il ricorso, notificato il 13 maggio 1994 e depositato presso
 la segreteria il 24 maggio 1994 con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune depositato il 6
 giugno 1994;
   Viste le memorie prodotte dalle parti costituite a  sostegno  delle
 proprie difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Data  per  letta  alla  pubblica  udienza  del  12  ottobre 1995 la
 relazione del consigliere dott. Carlo Luigi Cardoni ed uditi altresi'
 gli avv.ti Verbari e Giraldi:
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con  l'atto  impugnato e' stata irrogata una sanzione pecuniaria di
 L. 14.256.000 per abuso edilizio (edificazione di veranda a vetri  su
 terrazzo) ex art. 104 l.r. 52/1991.
   Di cio' i ricorrenti si dolgono lamentando:
     1)  la  l.r.  n.  52/1991 non avrebbe potuto trovare applicazione
 all'abuso   di   cui   trattasi   risalente   al    1958    e    noto
 all'amministrazione   fin   da  tale  epoca  in  virtu'  del  disegno
 presentato all'amministrazione stessa da tale arch. Smareglia;
     2) il provvedimento impugnato non sarebbe motivato ne' in  ordine
 ai  suoi presupposti giuridici ne' con riguardo a quelli di fatto con
 conseguente violazione del'art. 3 legge n. 241/1990;
     3) nella logica della normativa sanzionatoria si presume  che  il
 sanzionato abbia ricevuto un vantaggio dall'abuso, mentre nel caso di
 specie, a tutto concedere, il vantaggio si sarebbe verificato in capo
 alla dante causa dei ricorrenti, risalendo l'abuso ad epoca anteriore
 all'acquisto dell'immobile da parte di questi: la sanzione, dunque, e
 stata erroneamente applicata.
   L'amministrazione si e' costituita controdeducendo.
   La causa e' stata ritenuta per la decisione nell'udienza del giorno
 12 ottobre 1994.
   Con sentenza n. 416/1994 sono stati disposti incombenti istruttori.
                             D i r i t t o
   Dall'istruttoria   effettuata   e'  emerso  che  le  opere  oggetto
 dell'atto impugnato sono state accatastate il 30 giugno  1958,  fatta
 eccezione  per  una  piccola  porzione  delle  stesse  che  e'  stata
 accatastata il 30 giugno 1966.
   Gli accatastamenti in parola costituiscono, ad avviso del Collegio,
 prova presuntiva dell'esistenza delle opere in questione quanto  meno
 fin dalla data dei rispettivi accatastamenti.
   Ne  consegue  che  l'atto  sanzionatorio impugnato, datato 15 marzo
 1994, e' stato adottato rispettivamente dopo circa 36 e  28  anni  da
 detti  accatastamenti  e,  quindi dall'edificazione, sia pure abusiva
 degli immobili di cui trattasi.
   Orbene, il Collegio e' consapevole che la l.r.  del  Friuli-Venezia
 Giulia  19 novembre 1991, n. 52, non prevede, come del resto tutta la
 normativa in materia edilizia ed urbanistica,  termini  di  decadenza
 per  l'esercizio del potere di repressione degli abusi edilizi, ma e'
 altresi persuaso che l'assenza di un termine siffatto contrasti con i
 principi  costituzionali  della  ragionevolezza  (art.  3  Cost.),  e
 dell'affidamento  (art.  2  Cost.),  della  certezza della proprieta'
 (art. 42 Cost.), dei rapporti giuridici in generale  (art.  23  e  25
 Cost.) e della difesa giudiziaria (art. 24 Cost.).
   L'assenza del cennato termine di decadenza appare difatti:
     a)  irragionevole,  perche'  consente  la  repressione  di  abusi
 edilizi anche quando il lungo  tempo  trascorso  dalla  perpetrazione
 dell'abuso  ha  cancellato  nella  coscienza individuale e sociale la
 percezione dell'illiceita' dell'abuso commesso;
     b) contrario al principio dell'affidamento poiche' il trascorrere
 del  tempo   ingenera   l'affidamento   circa   la   "legittimazione"
 sostanziale  dell'opera abusiva in virtu' dell'inerzia della pubblica
 amministrazione, e circa  la  rinuncia  di  fatto  all'esercizio  dei
 poteri repressivi;
     c)  contrastante  con  la  certezza  della proprieta' poiche' gli
 interventi repressivi, di natura anche totalmente ablatoria,  possono
 intervenire   dopo   una  articolata  serie  di  trasferimenti  della
 proprieta',  effettuati  anche  nel  corso   di   decenni,   con   le
 immaginabili conseguenze;
     d)  avverso  ai  principi  della  certezza dei rapporti giuridici
 poiche' la posizione dei vari acquirenti dell'immobile abusivo non si
 consolida mai essendo l'immobile stesso  perennemente  sottoposto  al
 possibile intervento repressivo;
     e)  in contrasto con il diritto alla difesa giudiziaria in quanto
 a causa del trascorrere del tempo diviene sostanzialmente impossibile
 una  valida  difesa  dei  diritti  e  degli  interessi  dei  soggetti
 destinatari  dei  provvedimenti  repressivi  nei  contronti dei danti
 causa responsabili dell'abuso.
   Non sfugge al Collegio che puo' anche  essere  difficile  da  parte
 dell'amministrazione   la   tempestiva,   doverosa   ed   auspicabile
 repressione dell'abusivismo edilizio, e che la decadenza  del  potere
 repressivo potrebbe lasciare "impuniti" alcuni abusi.
   Non  sfugge  tuttavia  nemmeno  che  il  permanere di situazioni di
 perenne  incertezza  genera  guasti  ancora  peggiori  cui  si  cerca
 periodicamente  di  porre rimedio con norme straordinarie di generale
 remissione le quali finiscono per  porre  in  forse  la  credibilita'
 delle  norme  sanzionatorie  e delle correlate attivita' repressiva e
 giudiziaria.
   Sembra  quindi  ragionevole  ritenere  che  anche  in  materia   di
 abusivismo  edilizio  operino  gli  istituti  di  carattere  generale
 (decadenza e  prescrizione)  che  nelle  altre  branche  del  diritto
 assicurano   la   certezza   delle  situazioni  giuridiche  e  cioe',
 segnatamente, l'istituto della decadenza  del  potere  sanzionatorio,
 analogamente a quanto accade, ad esempio in materia tributaria.
   Al  riguardo il Collegio precisa di essere persuaso che la presente
 ordinanza di remissione non concretizzi  una  richiesta  di  sentenza
 additiva,  in quanto non si pretende che la Corte indichi entro quali
 termini debba verificarsi la  decadenza  del  potere  di  repressione
 degli  abusi  edilizi,  ma  si  chiede  che  la  Corte  verifichi  la
 costituzionalita' della l.r. Friuli-Venezia Giulia 19 novembre  1991,
 n.  52,  che qui interessa, nella parte in cui non prevede un termine
 di decadenza del potere di repressione degli abusi edilizi.
   Quanto   alla    rilevanza    della    sollevata    questione    di
 costituzionalita' essa e' di tutta evidenza: il provvedimento oggetto
 del  presente  giudizio  e'  infatti  basato  sulla  norma  della cui
 costituzionalita' questo tribunale dubita, per  cui  il  ricorso  non
 puo'  essere  deciso senza che venga previamente risolta la questione
 di legittimita' costituzionale qui prospettata.
                               P. Q. M.
   Sospende ogni pronuncia  sul  ricorso  in  epigrafe  e  dispone  la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Ordina  che,  a cura della segreteria generale di questo tribunale,
 la presente ordinanza  sia  notificata  alle  parti  in  causa  e  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  e comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
   Cosi' deciso in Trieste, nella Camera di Consiglio del  12  ottobre
 1995  e,  in  prosecuzione, nella camera di consiglio del 16 novembre
 1995.
 Il presidente: Pellingra Contino
 L'estensore: Cardoni
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   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 439/1994
 proposto  da  Giorgio  e  Walter  Spangher,  rappresentati  e  difesi
 dall'avv.  G.  B. Verbari e domiciliati presso lo stesso, in Trieste,
 p.zza Tommaseo, 4, come da mandato a margine del ricorso;  contro  il
 comune  di Trieste, in persona del rappresentante legale pro-tempore,
 rappresentato e difeso dagli avv.ti Alma Cognito e M. Serena  Giraldi
 e  legalmente  domiciliato  presso l'Avvocatura comunale, in Trieste,
 piazza Unita' d'Italia, 4; per l'annullamento del provvedimento  SAIU
 94 10523/28/1991/42.
                               F a t t o
   Con  ordinanza  n. 440/1995 questo tribunale ha sollevato questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 104 l.r. F-V.G.  n.  52/1991
 nell'ambito  del  giudizio  in  epigrafe.    Con  istanza  in data 12
 dicembre 1995 i ricorrenti hanno chiesto, ai sensi dell'art. 93  r.d.
 17  agosto  1907,  n. 642, la correzione dell'errore materiale in cui
 questo Collegio sarebbe incorso nel redigere la cennata ordinanza,  a
 causa   dell'omessa   menzione   del   citato  art.  104,  della  cui
 costituzionalita'  il  Collegio  ha  dubitato,  nella  parte   motiva
 dell'ordinanza  stessa.    L'amministrazione  comunale  resistente ha
 aderito all'istanza di correzione con  dichiarazione  in  calce  alla
 istanza medesima.
   La  questione  e'  stata  discussa nella camera di consiglio del 14
 febbraio 1996.
                             D i r i t t o
   Si premette come sull'istanza di correzione di  cui  si  tratta  si
 pronunzia  il  Collegio  indicato in epigrafe, diverso, nella persona
 del presidente,  e  da  quello  che  ha  pronunziato  l'ordinanza  di
 rimessione  alla Corte costituzionale di cui si chiede la correzione.
 Questo in seguito al  trasferimento  ad  altro  tribunale  del  prof.
 Benedetto  Pellingra  Contino  ed  alla conseguente impossibilita' di
 formare l'originario Collegio.
   Cio'  premesso,  il  tribunale  osserva  come   nell'ordinanza   di
 rimessione  suddetta,  non  revocabile  e,  dunque,  suscettibile  di
 correzione ai sensi dell'art. 93 r.d. n. 642/1907, e' stata omessa la
 menzione  dell'art.  104  l.r.  F.-V.G.   n.   52/1991,   della   cui
 costituzionalita'   il   tribunale   dubita,   nella   parte   motiva
 dell'ordinanza  stessa.    Cio'  mentre  nella  parte  narrativa   di
 quest'ultima detto articolo e' espressamente menzionato.  Al riguardo
 il   Collegio   ritiene   che  l'omissione  di  cui  si  discute  sia
 attribuibile a  mero  errore  materiale,  correlato  all'impiego  dei
 sistemi di scrittura automatica, come si evince agevolmente dal fatto
 che,  a  fronte  della non menzione dell'articolo, e' invece indicata
 con  precisione  la   legge   regionale   oggetto   del   dubbio   di
 costituzionalita'  e  che  l'articolo medesimo e' altresi' menzionato
 nella parte narrativa della ridetta ordinanza.   Tanto  rilevato,  il
 Collegio  precisa  che,  in  virtu'  dell'accordo  delle  parti circa
 l'istanza di cui si tratta, su questa puo'  decidersi  in  camera  di
 consiglio  con ordinanza anziche' con sentenza, ai sensi dell'art. 93
 r.d. n. 642/1907.
                               P. Q. M.
   Il  Collegio  accoglie  l'istanza di correzione in questione e, per
 l'effetto, dispone la correzione  dell'errore  materiale  da  cui  e'
 affetta  l'ordinanza  di  rimessione  alla  Corte  costituzionale  n.
 440/1995, cosi' come di seguito indicato: alla pagina n. 5,  riga  n.
 14  dopo  le parole "Giulia 19 novembre 1991, n. 52" vengono aggiunte
 le parole "art. 104,";
   Ordina:
     che  la  segreteria  generale  di  questo  tribunale  provveda  a
 modificare  il testo della ripetuta ordinanza con le modalita' di cui
 all'ultimo comma dell'art. 93 r.d. 17 agosto 1907,  n.  642;  che  la
 segreteria  stessa  provveda  a  notificare  e comunicare la presente
 ordinanza  agli  stessi  soggetti  cui  deve  essere   notificata   e
 comunicata la surrichiamata ordinanza di rimessione n. 440/1995.
   Cosi'  deciso  in Trieste nella camera di consiglio del 14 febbraio
 1996.
                       Il presidente: Bagarotto
                                                  L'estensore: Cardoni
 96C0912