N. 215 SENTENZA 14 - 25 giugno 1996

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Imposte  in  genere  -  Regione  Sardegna  -  Obbligo dell'Ente poste
 italiane a versare alla regione quota di somme per imposta di  bollo,
 valori   bollati   per   tassa   sulle   concessioni   governative  -
 Determinazione della  quota  di  gettito  spettante  alla  regione  -
 Richiamo  alla giurisprudenza della Corte in materia (v. sentenze nn.
 126/1990 e 472/1995) - Non impugnabilita' di atti amministrativi allo
 scopo di far  valere  violazioni  da  parte  della  legge  che  e'  a
 fondamento   dei   poteri   svolti   con   gli   atti   impugnati   -
 Inammissibilita'.
 
 (Nota del Ministero delle finanze prot. n. V/10/1244/95 del 14 giugno
 1995).
 
(GU n.27 del 3-7-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA,
 prof.  Giuliano  VASSALLI,    prof.  Francesco  GUIZZI,  prof. Cesare
 MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,  dott.
 Cesare  RUPERTO,  dott.  Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA, prof.
 Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio promosso con ricorso della Regione  Sardegna  notificato
 il  10  agosto  1995,  depositato in Cancelleria l'11 successivo, per
 conflitto di attribuzione sorto a seguito della  nota  del  Ministero
 delle  finanze  -  Dipartimento delle entrate, Direzione generale per
 gli affari giuridici e per il contenzioso tributario, del  14  giugno
 1995,
 prot. n. V/10/1244/95, recante istruzioni all'Ente poste italiane per
 il  versamento alla Regione Sardegna di parte dei proventi dei valori
 distribuiti per imposta di bollo e dei valori bollati distribuiti per
 tassa sulle  concessioni  governative,  ed  iscritto  al  n.  28  del
 registro conflitti 1995.
   Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente  del Consiglio dei
 ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 19 marzo 1996 il  giudice  relatore
 Massimo Vari;
   Udito   l'avvocato  Sergio  Panunzio  per  la  Regione  Sardegna  e
 l'Avvocato dello  Stato  Ivo  M.  Braguglia  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Con  ricorso  del  10  agosto  1995,  la Regione Sardegna ha
 sollevato conflitto di attribuzione nei  confronti  dello  Stato,  in
 relazione  alla  nota  (prot.  n.  V/10/1244/95)  del Ministero delle
 finanze, in data 14 giugno 1995, indirizzata all'Ente poste italiane,
 e comunicata alla stessa Regione, nella parte in cui dispone  che  il
 suddetto  Ente  tenuto conto dell'art. 13 del decreto-legge 11 luglio
 1992, n. 333, convertito, con modificazioni,  nella  legge  8  agosto
 1992,  n.  359  versi  alla  Regione le somme ad essa spettanti nella
 misura di "3/5 dei valori distribuiti per l'imposta di bollo" e di "9
 decimi del 50 per cento dei  valori  bollati  distribuiti  per  tassa
 sulle  concessioni  governative",  disponendo  che  le restanti somme
 siano "attribuite all'Erario dello Stato".
   2. - La ricorrente premesso che, ai sensi dell'art. 8, lettera  b),
 dello  statuto  speciale,  e  relative  disposizioni  di  attuazione,
 spettano, tra l'altro, alla Regione i nove decimi del  gettito  delle
 imposte  sul  bollo  e  delle  tasse  sulle  concessioni  governative
 percette  nel  suo  territorio  ritiene  che  la  nota   ministeriale
 succitata   violi   le   attribuzioni  costituzionali  e  l'autonomia
 finanziaria ad essa  garantite  dagli  artt.  7  e  8  dello  statuto
 speciale  e  dalle  relative  norme  di  attuazione  (in  particolare
 dall'art. 34 del d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250), nonche' dagli  artt.
 116 e 119 della Costituzione.
   3. - Onde prevenire e confutare un'eventuale obiezione della difesa
 della  Presidenza  del  Consiglio dei ministri, la ricorrente esprime
 l'avviso che la nota ministeriale in questione non possa considerarsi
 meramente esecutiva dell'art. 13 del decreto-legge 11 luglio 1992, n.
 333, (convertito, con modificazioni, nella legge 8  agosto  1992,  n.
 359),  il  quale  non  puo'  essere ritenuto applicabile alla Regione
 Sardegna, pur prevedendo che le entrate derivanti  dagli  aumenti  di
 imposte,  introdotti  dallo stesso provvedimento (artt. 9 e 10), sono
 riservate "all'Erario e concorrono, anche attraverso il potenziamento
 di strumenti antievasione, alla copertura degli oneri per il servizio
 del debito  pubblico,  nonche'  alla  realizzazione  delle  linee  di
 politica  economica  e  finanziaria  in  funzione  degli  impegni  di
 riequilibrio del bilancio assunti in sede comunitaria".
   Richiamando l'analoga riserva  all'Erario  delle  maggiori  entrate
 tributarie   previste,  recata  dall'art.  13  del  decreto-legge  19
 settembre 1992, n. 384, convertito nella legge 14 novembre  1992,  n.
 438  (oggetto della sentenza n. 363 del 1993), il ricorso osserva che
 quest'ultimo provvedimento conteneva anche un art. 13-ter in base  al
 quale  le  disposizioni  di  tale  decreto-legge  erano,  di  regola,
 applicabili anche alla Regione Sardegna. Viceversa, il  decreto-legge
 n.  333  del  1992,  in  assenza  di  un'analoga previsione, ben puo'
 intendersi nel senso che la riserva all'Erario di cui all'art. 13 sia
 applicabile "alle sole Regioni (a statuto ordinario o speciale) i cui
 statuti non garantiscono ad esse  in  modo  rigido  (come  fa  invece
 l'art.  8 dello statuto sardo) una aliquota fissa di tutto il gettito
 percetto  nel  territorio  regionale;  e  che,  di  conseguenza,   la
 devoluzione allo Stato delle maggiori entrate derivanti dagli artt. 9
 e  10  del decreto-legge n. 333 del 1992 si debba effettuare soltanto
 nei limiti stabiliti dall'art. 8 dello statuto sardo, restando  cosi'
 immutata la quota destinata alla Regione".
   4.  -  In  via  subordinata  e  per  l'ipotesi  che  la prospettata
 interpretazione dell'art. 13 del decreto-legge n. 333  del  1992  non
 fosse condivisa, si chiede che la Corte sollevi questione incidentale
 di costituzionalita' della suddetta disposizione per violazione degli
 artt.  8 e 54, quarto comma, dello statuto speciale. Nel rilevare che
 l'oggetto  del  presente  conflitto   e'   distinto   formalmente   e
 sostanzialmente     dall'oggetto    dell'eventuale    questione    di
 costituzionalita', si ritiene che  tale  questione  sia  ammissibile,
 secondo  la giurisprudenza della Corte (ordinanza n. 22 del 1960), ed
 al tempo stesso fondata, atteso l'insanabile  contrasto  della  norma
 denunciata  con  il quarto comma dell'art. 54 dello statuto sardo, il
 quale richiedeva che la Regione fosse "sentita" in sede di emanazione
 del citato art. 13 del decreto-legge n. 333 del 1992.
   5. - Nel costituirsi in giudizio, il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato, ha
 chiesto il rigetto del ricorso.
   6. - In prossimita' dell'udienza la Regione Sardegna ha  depositato
 una  memoria  nella  quale,  nel  ribadire quanto gia' argomentato in
 ordine all'inapplicabilita' ad essa dell'art. 13 del decreto-legge n.
 333 del 1992, come pure in ordine  all'infondatezza  della  eventuale
 eccezione    di   inammissibilita'   del   conflitto,   richiama   la
 giurisprudenza   costituzionale   che   ammette   il   conflitto   di
 attribuzione   anche   riguardo   a   circolari   ed   atti   interni
 all'amministrazione,  dotati  di  rilevanza   esterna,   nonche'   la
 giurisprudenza    che    ammette   il   conflitto   medesimo   contro
 l'interpretazione  o  applicazione,  che si assumano invasive, di una
 legge non ritenuta invasiva se rettamente interpretata  ed  applicata
 (sentenza  n. 153 del 1986); come pure la giurisprudenza (sentenza n.
 56 del 1969) che esclude l'effetto preclusivo, ai fini del conflitto,
 della mancata impugnazione dell'atto normativo posto a fondamento del
 provvedimento.
   Rilevato, poi, che per impedire il conflitto fra  Stato  e  Regione
 occorre  "che  l'atto  amministrativo  non  presenti alcun margine di
 valutazione autonoma rispetto alla legge" e "che la legge  non  lasci
 all'amministrazione   nessun  margine  di  discrezionalita',  neppure
 meramente tecnica o anche  soltanto  interpretativa",  la  ricorrente
 osserva  che,  nella  specie, vengono fatte valere, nei confronti del
 provvedimento lesivo, censure - e cioe' quelle  di  violazione  delle
 norme  costituzionali  e  di  attuazione che garantiscono l'autonomia
 finanziaria della Regione (artt. 7 e 8 dello statuto, 34  del  d.P.R.
 n.  250  del 1949, 116 e 119 della Costituzione) - diverse rispetto a
 quelle che, in via subordinata, sono state prospettate nei  confronti
 della  legge  che  quell'atto  assume  di  voler  eseguire  e  che si
 riferiscono alla violazione di un diverso parametro costituzionale  e
 cioe'   l'art.   54,   quarto   comma,   dello   statuto   regionale.
 Nell'insistere  per  l'accoglimento  del  ricorso,  si  ribadisce  al
 contempo  l'ammissibilita'  della sollevata questione alla luce degli
 orientamenti della Corte (ordinanze nn. 130 del 1968, 181 del 1971  e
 38   del   1976);   questione  che  viene  in  udienza  ulteriormente
 prospettata sotto il profilo della deroga  addotta  all'art.  34  del
 d.P.R.  n.  250  del  1949,  senza  rispettare  la procedura prevista
 dall'art.  56, ultimo comma, dello statuto speciale.
   7. - Anche l'Avvocatura generale  dello  Stato  ha  depositato  una
 memoria,  nella  quale,  nel  sostenere  la piena applicabilita' alle
 Regioni a statuto speciale e alle Province autonome  della  normativa
 contenuta  nell'art.  13 del decreto-legge n. 333 del 1992, si deduce
 il carattere meramente esecutivo della nota  ministeriale  impugnata,
 con   conseguente  inammissibilita'  del  ricorso,  come  pure  della
 richiesta  avanzata  in  via  subordinata  di   sollevare   questione
 incidentale  di  costituzionalita',  ricordando quella giurisprudenza
 che  limita  il  potere  della  Corte  di  sollevare   questioni   di
 costituzionalita', in sede di conflitto di attribuzione (sentenze nn.
 140  del  1970  e  112  del  1972), al solo caso in cui "la questione
 relativa alla competenza ad emanare l'atto impugnato sia  autonoma  e
 distinta dalla questione di legittimita' costituzionale".
   In subordine si deduce l'infondatezza del ricorso e al tempo stesso
 la  manifesta  infondatezza  anche  della  prospettata  questione  di
 legittimita' costituzionale.
                        Considerato in diritto
   1. - La Regione Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei
 confronti dello Stato, in relazione alla  nota  del  Ministero  delle
 finanze  14  giugno  1995,  prot.  n. V/10/1244/95, con la quale sono
 state   fornite   istruzioni   all'Ente   poste    italiane,    quale
 concessionario  del  servizio di distribuzione dei valori bollati, ai
 fini della determinazione  della  quota  di  gettito  spettante  alla
 Regione stessa, a seguito degli aumenti di aliquote, introdotti dagli
 artt.  9  e  10 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito,
 con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359.
   Il  conflitto  investe  la  nota  in  questione  nella parte in cui
 dispone  che  il  suddetto  Ente,  tenuto  conto  dell'art.  13   del
 menzionato  decreto-legge,  versi  alla  Regione  le  somme  ad  essa
 spettanti nella misura di "3/5 dei valori distribuiti  per  l'imposta
 di  bollo"  e  di  "9  decimi  del  50  per  cento dei valori bollati
 distribuiti  per  tassa  sulle  concessioni  governative",  salvo   a
 prevedere  che  le  restanti somme siano "attribuite all'Erario dello
 Stato".
   La ricorrente - nel rammentare che, ai sensi dell'art.  8,  lettera
 b),  dello  statuto speciale, spettano alla Regione i nove decimi del
 gettito delle imposte sul  bollo  e  delle  tasse  sulle  concessioni
 governative  percette  nel  suo  territorio  -  ritiene  che  la nota
 ministeriale  succitata  violi  le  attribuzioni   costituzionali   e
 l'autonomia  finanziaria  ad  essa  garantite dagli artt. 7 e 8 dello
 statuto speciale e dalle relative norme di attuazione (in particolare
 dall'art. 34 del d.P.R. 19 maggio 1949, n. 250), nonche' dagli  artt.
 116 e 119 della Costituzione.
   2.  -  Prima  di  valutare  il merito del conflitto, va esaminata e
 definita la questione della ammissibilita'  del  medesimo;  questione
 sulla  quale  le  parti  in  causa si sono soffermate, con dovizia di
 argomenti, negli atti scritti e nelle difese orali.
   E'  noto  che,  secondo  la  giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
 conflitto  di attribuzione fra Stato e Regione puo' sorgere quando un
 atto risulti invasivo della sfera di competenza  dell'altro  ente,  a
 patto,  pero',  che  "la  negazione  o  lesione  della competenza sia
 compiuta immediatamente  e  direttamente  con  quell'atto,  ed  esso,
 qualora  sia  preceduto  da  altro  che  ne costituisca il precedente
 logico e giuridico, sia nei confronti  dello  stesso,  autonomo,  nel
 senso  che  non ne ripeta identicamente il contenuto o ne costituisca
 una mera e necessaria esecuzione" (sentenza n. 206  del  1975  e,  in
 ultimo, sentenza n. 472 del 1995).
   Alla  stregua di tali principi, quel che occorre qui valutare e' se
 l'atto oggetto del presente conflitto, per la parte che forma oggetto
 di  doglianza,  e  cioe'  i  criteri  di  ripartizione  del   gettito
 tributario,  sia  immediatamente lesivo della competenza assunta come
 propria dalla Regione, o se invece la pretesa lesione non debba farsi
 risalire  alla  disposizione  legislativa  alla  quale   l'atto   da'
 esecuzione.
   Dispone  l'art.  13  del  decreto-legge  11  luglio  1992,  n. 333,
 convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, che
 le entrate previste dal capo secondo, tra le quali  vanno  annoverate
 quelle   di   cui  qui  si  discute,  "sono  riservate  all'Erario  e
 concorrono,  anche   attraverso   il   potenziamento   di   strumenti
 antievasione,  alla  copertura degli oneri per il servizio del debito
 pubblico nonche' alla realizzazione delle linee di politica economica
 e finanziaria in funzione degli impegni di riequilibrio del  bilancio
 assunti in sede comunitaria".
   Dal  canto  suo,  la nota del Ministero delle finanze del 14 giugno
 1995 si limita ad indicare, in termini di  meri  ragguagli  numerici,
 l'entita'  del  gettito di pertinenza della Regione, avendo riguardo,
 da un canto, al criterio generale  discendente  dallo  statuto  della
 spettanza  ad essa dei nove decimi delle imposte, e, dall'altro, alla
 riserva in favore dello Stato delle entrate derivanti  dagli  aumenti
 tariffari introdotti dagli artt. 9 e 10 del medesimo decreto-legge n.
 333 del 1992.
   Risulta,   percio',   evidente  che  l'atto  impugnato,  lungi  dal
 presentare quei  margini  di  valutazione  autonoma  che  la  Regione
 afferma,  invece,  sussistere,  si  pone  in  un  rapporto  meramente
 attuativo rispetto all'art.   13  che,  nella  sua  incondizionata  e
 puntuale  formulazione,  e'  tale  da  riservare  allo Stato l'intero
 gettito delle entrate e  da  non  giustificare  l'esclusione  che  la
 ricorrente tende a scorgervi in proprio favore.
   3.  - L'ostacolo che ne deriva all'ammissibilita' del conflitto non
 puo', d'altro canto, essere superato attraverso la richiesta  che  la
 ricorrente  avanza,  in  via  subordinata,  alla  Corte  di sollevare
 innanzi a se' questione di legittimita' costituzionale  del  predetto
 art.  13,  per  contrasto  con  gli artt. 8 e 54, quarto comma, dello
 statuto regionale.  Nel  sostenere,  infatti,  che  la  modifica  del
 criterio di ripartizione delle entrate fiscali enunciato dall'art. 8,
 lettera  b), dello statuto, poteva avvenire, giusta l'art. 54, quarto
 comma, del medesimo, solo attraverso accordi  diretti  tra  gli  enti
 interessati,  la  ricorrente  prospetta  non  tanto  un  problema  di
 invasione della propria competenza, causato dalla nota  ministeriale,
 quanto  di violazione delle norme statutarie, risolvendosi, cosi', la
 censura introdotta con il giudizio per conflitto in  una  censura  di
 illegittimita'  costituzionale  della  norma  di  legge  cui  la nota
 ministeriale ha dato attuazione.
   In questi termini, il conflitto finisce per riflettere non piu'  il
 rapporto  tra  gli  enti  interessati nell'esercizio delle rispettive
 competenze,  bensi'  la  legittimita'   costituzionale   dell'assetto
 normativo  della  specifica materia, come risultante dall'art. 13 del
 decreto-legge n. 333 del 1992.
   Senonche', proprio con riferimento al rapporto fra atto impugnato e
 legge di cui esso e' attuazione, questa Corte ha, in piu'  occasioni,
 affermato  che  "in  sede  di  conflitto  di  attribuzione  non  (e')
 possibile impugnare atti amministrativi al solo scopo di  far  valere
 pretese  violazioni  della Costituzione da parte della legge che e' a
 fondamento dei poteri svolti con gli atti impugnati" (cosi'  sentenza
 n. 126 del 1990 e, in ultimo, sentenza n. 472 del 1995).
   Ne'  a  diversa  conclusione  puo'  portare  la  distinzione che la
 ricorrente adombra fra le disposizioni che sarebbero alla base  delle
 censure  contro  il  provvedimento  e  cioe'  quelle costituzionali e
 statutarie relative alle entrate finanziarie della Regione (artt. 7 e
 8 dello statuto, 34 del d.P.R. n. 250  del  1949,  116  e  119  della
 Costituzione)  e  le  disposizioni  che,  invece,  costituirebbero il
 parametro della denunciata illegittimita' costituzionale e cioe'  gli
 artt.   8   e   54,   quarto   comma,  nonche',  secondo  l'ulteriore
 prospettazione della  ricorrente,  l'art.  56,  ultimo  comma,  dello
 statuto speciale. Infatti le disposizioni statutarie e costituzionali
 richiamate  dal  ricorso,  in  tema  di finanza regionale, concorrono
 tutte a delineare il quadro nel quale  si  colloca  la  questione  di
 costituzionalita'  posta  dalla ricorrente. Questione che, pero', non
 e' dato qui alla Regione sollevare, fuori dai termini  tassativamente
 stabiliti  dagli  artt. 2 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
 n. 1, e 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
   Alla luce della consolidata  giurisprudenza  di  questa  Corte,  il
 conflitto va, percio', dichiarato inammissibile.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato, con
 il ricorso indicato in epigrafe, dalla Regione Sardegna nei confronti
 dello Stato, in relazione alla nota del Ministero delle finanze prot.
 n. V/10/1244/95 del 14 giugno 1995.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 giugno 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Fruscella
   Depositata in cancelleria il 25 giugno 1996.
                       Il cancelliere: Fruscella
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