N. 724 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 marzo 1996
N. 724 Ordinanza emessa il 26 marzo 1996 dal Tribunale di S. Angelo dei Lombardi nel procedimento civile vertente tra Torella Michele e comune di Sturno Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) - Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegittime occupazioni acquisitive - Ingiustificata deroga al principio civilistico dell'integrale risarcimento del danno da parte dell'autore dell'illecito - Irrazionale e ingiustificata equiparazione delle espropriazioni regolari e delle ablazioni sine titulo - Incidenza sul diritto di proprieta', sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Riferimenti alle sentenze della Corte costituzionale nn. 283/1993 e 188/1995. (Legge, 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, sessantacinquesimo comma). (Cost., artt. 3, terzo comma, 42, primo comma, e 97).(GU n.34 del 21-8-1996 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 118 del ruolo generale contenzioso dell'anno 1989, passata in decisione all'udienza collegiale del 20 febbraio 1996 a relazione del P.I. dott. Gaetano Guglielmo, avente ad oggetto: risarcimento danni, vertente tra Torella Michele, elettivamente domiciliato in Gesualdo presso lo studio dell'avv. Alfonso Caracciolo, che lo rappresenta e difende giusta mandato a margine dell'atto di citazione attore e comune di Sturno, in persona del Sindaco pro-tempore, elettivamente domiciliato in Sturno, presso lo studio del dott. proc. Massimo Gargano, che lo rappresenta e difende giusta mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta convenuto. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 24 febbraio 1989 Torella Michele esponeva che con decreto del 21 marzo 1980, il sindaco del comune di Sturno aveva disposto l'occupazione di urgenza a favore dello stesso comune di terreni contraddistinti in catasto alla partita 5477, foglio 12, part.lle 59 e 117, per una superficie di complessivi mq 1100, di proprieta' di esso istante, per costruzione di una strada di variante p.zza S. Domenico, Casalberone s.p. 89; che in data 28 aprile 1980 erano stati redatti gli stati di consistenza ed il comune aveva proceduto all'occupazione delle aree; che in data 23 novembre 1985 il sindaco determinava l'indennita' dovuta nella misura di complessive L. 846.083; che con nota del 2 gennaio 1986 esso istante si dichiarava disposto a convenire con il comune la cessione volontaria di detti immobili, salvo in ogni caso il conguaglio eventualmente conseguente alla nuova legge sui criteri di determinazione dell'indennita' di esproprio; che erano decorsi i termini dell'occupazione legittima e non avendo avuto luogo il procedimento espropriativo, l'occupazione era divenuta illegittima. Tanto premesso conveniva in giudizio il comune di Sturno, in persona del sindaco p.t., per sentirlo condannare al risarcimento dei danni nella misura pari al valore venale dei beni occupati che erano a vocazione edilizia e al pagamento delle indennita' per occupazione legittima, oltre interessi e spese di giudizio. Instauratasi il contradditorio, il comune di Sturno eccepiva l'inammissibilita' della domanda avendo l'attore ceduto volontariamente gli immobili occupati con nota del 2 gennaio 1986; che i terreni occupati all'epoca dell'occupazione erano fondi rustici situati fuori del perirnetro del centro urbano; che a seguito della realizzazione delle infrastrutture (luce, fogne ecc.) vi era stato un incremento del valore della residua proprieta' dell'attore. Concludeva per il rigetto della domanda e per la condanna in via riconvenzionale dell'attore al pagamento di una somma pari ai miglioramenti apportati alle zone limitrofe a quelle oggetto di occupazione, oltre alle spese di giudizio. Disposta ed espletata consulenza tecnica d'ufficio, precisate le conclusioni, la causa era rimessa al collegio che, all'udienza del 20 febbraio 1996 la riteneva in decisione. Motivi della decisione Rileva il Tribunale che nelle more del presente giudizio, in virtu' della modifica apportata dall'art. 1, comma sessantacinquesimo della legge 28 dicembre 1995 n. 549 ("Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" entrata in vigore dal 1 gennaio 1996 come previsto dall'art. 244), e' stata estesa l'applicazione del criterio legale di deteminazione delle indennita' espropriative di cui all'art. 5-bis del d.-l. n. 333/1992 conv. con modd. nella legge n. 359/1992 anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegittime occupazioni acquisitive. Com'e' noto, l'art. 5-bis citato nel testo previgente disponeva, tra l'altro (comma n. 1) che, fino all'approvazione di "una organica disciplina per tutte le espropriazioni" preordinate alla realizzazione di opere di pubblica utilita', la misura delle indennita' espropriative sarebbe stata determinata con il criterio di cui all'art. 13/III della legge n. 2892 del 1895, sostituendo in ogni caso ai fitti coacervati dell'ultimo decennio il reddito dominicale rivalutato di cui all'art. 24 e segg. del t.u. 22 dicembre 1986 n. 917 (in pratica operando la media aritmetica tra il valore venale del suolo e la rendita catastale rivalutata degli ultimi dieci anni), riducendo poi l'importo ottenuto del 40% (salvi i casi di cessione volontaria e quelli equiparati, a seguito della sent. n. 283/1993 della Corte Costituzionale). Il comma sesto dell'articolo citato escludeva dall'applicazione dei criteri indennitari sopra indicati solo i casi in cui l'indennita' fosse stata accettata dalle parti o fosse divenuta non impugnabile con sentenza passata in giudicato alla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.-l. 333/1992 (in pratica dall'8 agosto 1992). L'art. 1/c.65 della legge n. 549/1995 ha sostituito integralmente tale ultimo comma, nei termini testuali seguenti: "Le disposizioni di cui al presente articolo si apllicano in tutti i casi in cui non sono stati ancora determinati in via definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno, alla data di conversione del presente decreto". Che il risarcimento dei danni di cui al nuovo disposto normativo sia quello relativo alla perdita della proprieta', nei casi di "occupazione acquisitiva" o "accessione invertita", non e' seriamente contestabile, tenuto conto dell'abbinamento congiuntivo e disgiuntivo, nella previsione, all'indennita' di espropriazione e considerato che, nella materia de qua, il solo altro risarcimento ipotizzabile e' quello da occupazione temporanea illegittima, per la determinazione del quale e' del tutto inconcepibile il ricorso ai criteri determinativi sopra menzionati (in cui uno dei valori da mediare e' dato dal valore cd. "pieno" del suolo). Evidente e', dunque, l'intenzione del legislatore il quale, per palesi esigenze di contenimento della spesa pubblica, ha ritenuto di equiparare del tutto, sul piano patrimoniale, alle conseguenze derivanti dalle espropriazioni legittime, quelle derivanti da illegittime ablazioni "di fatto", poste in essere dalla p.a. o dai soggetti per conto della stessa operanti, facendo salve solo (come gia' avvenuto nel 1992) le determinazioni divenute inoppugnabili in sede amnunistrativa o per effetto di un giudicato. Prescindendo da ogni considerazione, non rilevante nella fattispecie, in ordine ai dubbi di applicabilita' intertemporale (nel periodo compreso tra l'8 agosto 1992 e il 1 gennaio 1996) dell'ultima disposizione, e' certo che nella vertenza in esame, essendo ancora, tra l'altro, controverso l'importo del risarcimento dovuto all'attrice in conseguenza della subita "occupazione acquisitiva" (la cui verificazione, peraltro, e' pacifica mancando il decreto di esproprio e non potendosi ritenere perfezionato l'atto di cessione volontaria con la sola dichiarazione dell'attore del 2 gennaio 1986), non si e' ancora formato un "giudicato" in ordine all' "entita" di tale spettanza e, pertanto, occorre applicare necessariamente il jus superveniens alla principale delle questioni, di carattere sostanziale, dibattuta tra le parti. Da quanto sopra considerato discende la rilevanza ai fini del presente giudizio, come richiesto dall'art. 23 comma secondo della legge 11 marzo 1953 n. 86, della questione di costituzionalita' dell'art. 1 comma sessantacinquesimo legge n. 549/1995. Tanto premesso, osserva il tribunale che tale questione si configura, in relazione agli artt. 3, 42 e 97 della Costituzione, non palesemente infondata. L'operata parificazione tra le conseguenze patrimoniali delle ablazioni levite e di quelle illecite si risolve, infatti, in una irrazionale e non adeguatamente giustificata attenuazione, se non elusione, del principio di legalita' delle espropriazioni, poste a garanzia del diritto di proprieta' privata che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza della S.C. e dalla Corte Cost., puo' essere sacrificato previo indennizzo, in vista delle esigenze della collettivita' ed in considerazione della sua funzione sociale, ma nei casi previsti dalla legge e nel rispetto delle rigorose forme dei procedimenti amministrativi finalizzati alla espropriazione. I seri dubbi di legittimita' costituzionale, in relazione al principio di uguaglianza di cui all'art. 3 si pongono sotto un duplice profilo: 1) per l'ingiustificata discriminazione, rispetto ad altre categorie di soggetti passivi di atti illeciti, dei titolari dei diritti di proprieta' immobiliare illegittimamente acquisiti dalla p.a. o da chi, per essa, si sia avvalso dell'istituto dell'occupazione acquisitiva, in quanto nei confronti ed a discapito dei predetti la norma introdotta dall'art. 1 comma sessantacinquesimo legge n. 549/1995 introduce una vistosa deroga ad uno dei principi basilari dell'ordinamento civilistico, a termini del quale chi abbia, per effetto della violazione della fondamentale regola di convivenza sociale del neminem laedere, subito un danno, ossia una decurtazione del proprio patrimonio, ha diritto all'integrale ricostruzione dello stesso a carico dell'autore dell'illecito, soggetto pubblico o privato che sia (art. 2043 C.C.); 2) per l'irrazionale, ingiustificata e totale parificazione, agli effetti patrimoniali, delle conseguenze delle espropriazioni svoltesi nel rispetto delle regole ad esse preordinate e di quelle delle ablazioni "di fatto" verificatesi in conseguenza della mancata osservanza delle regole medesime. Tale parificazione non puo' trovare adeguata giustificazione nelle palesi esigenze di contenimento della spesa pubblica, che hanno indotto il legislatore ad introdurre la censurata disposizione, essendo altri i mezzi e le regole preordinate al corretto prelievo finanziario (V. art. 23 e 53 Cost.), e non anche il sostanziale avallo dell'illecito posto in essere dalla p.a., nel quale si risolve l'operata eliminazione di ogni conseguenza patrimoniale sfavorevole per la stessa, in dipendenza della mancata osservanza del procedimento espropriativo, con il conseguente venir meno della principale remora al compimento di atti illegittimi. Ne', considerando le due diverse situazioni, di ablazioni lecite ed illecite, dal punto di vista dei soggetti passivi, puo' ritenersene la sostanziale equivalenza. Se e' vero, infatti, che i sacrifici, in termini di diritti dominicali, sono materialmente analoghi, deve pero' osservarsi che non sono uguali le rispettive situazioni, considerate sotto diversi aspetti, tra i quali vanno particolarmente segnalati: a) la possibilita', solo ove il procedimento occupativo-espropriativo si svolga secondo le regole, di controllame l'iter e, se del caso, di intervenire nel corso dello stesso, quali portatori di interessi legittimi correlati al compimento dei vari atti procedimentali, nelle competenti sedi amministrative e giurisdizionali; b) il regime della prescrizione estintiva, che e' piu' favorevole per detti soggetti, nelle ipotesi di legittima espropriazione, in quanto il diritto alle indennita' si estingue nel termine ordinario decennale di cui all'art. 2946 C.C., mentre nel caso di "accessione invertita" conseguente ad illegittima occupazione il termine prescrizionale applicabile al diritto al risarcimento del danno e' quello quinquennale di cui all'art. 2947 C.C. Conseguenziali alle suesposte considerazioni si pongono i forti dubbi di legittimita' in relazione all'art. 42/III della Costituzione, considerato che l'operata parificazione agli effetti patrimoniali vanifica in tutto o in gran parte il principio di legalita' delle espropriazioni, posto a presidio della proprieta' privata, se e' vero che, anche nel caso "patologico" di violazione della legge, la p.a. puo' acquisire il diritto anzidetto contraendo nei confronti degli ex titolari dello stesso obbligazioni quantitativamente identiche a quelle, nella previgente disciplina piu' contenute, che avrebbe contratto nell'ipotesi "fisiologica" di osservanza della legge stessa. Ne' si puo' ritenere che il legislatore abbia inteso introdurre il nuovo istituto delle "espropriazioni di fatto", da porsi accanto alla procedura espropriativa rituale e legittima; invero l'espresso riferimento al risarcimento del danno, contenuto nella norma in questione, esclude chiaramente tale ipotesi, ed, anzi, si configura come una chiara conferma del carattere illecito dell'"occupazione acquisitiva". L'art. 1 comma sessantacinquesimo legge n. 549/1995 appare, altresi', in contrasto con il disposto dell'art. 97 comma primo, Cost., secondo cui i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialita' dell'amininistrazione. Tale norma postula che la realizzazione dei compiti assegnati all'amministrazione non deve andare disgiunta dal rispetto della giustizia sostanziale, che s'impone sia nel confrontare gli interessi dei singoli con quelli dell'amministrazione, sia nel confrontare tra loro gli interessi dei vari soggetti estranei all'amministrazione inseriti nell'azione di questa. Ora, il detto art. 1, nel prevedere che enti pubblici debbono procedere al risarcimento dei danni applicando i criteri relativi alla determinazione dell'indennita' espropriativa, ha introdotto una regola dell'azione amministrativa che non garantisce, certo, il principio d'uguaglianza tra i "soggetti passivi" delle "espropriazioni di fatto", e i "soggetti passivi" di qualunque altro illecito aquiliano posto in essere dalla p.a., tra i quali, come detto, emerge una chiara e non razionale diversita' di trattamento. Giova, a questo punto, precisare che il Collegio non ignora che l'istituto dell'occupazione acquisitiva ha recentemente superato indenne il vaglio di legittimita' da parte della Corte costituzionale (v. sent. n. 188 del 17/23 maggio 1995). Ma la questione oggi si pone in termini diversi rispetto a quelli a suo tempo rimessi a detta Corte (che pur ebbe a puntualizzare le piu' significative differenze, caratterizzate e giustificate, sul piano della legittimita' costituzionale, anche e soprattutto dalle diverse conseguenze patrimoniali delle due forme di ablazione), considerato che, all'epoca mancava un riconoscimento legislativo espresso, sia pure in forma indiretta, dell'occupazione acquisitiva e che le conseguenze patrimoniali dei due istituti erano nettamente diverse (ristoro parziale, in considerazione della funzione sociale della proprieta' e delle garanzie di legge, nel caso dell'indennizzo espropriativo, e reintegrazione piena della decurtazione patrimoniale subita dal soggetto passivo, nel caso di risarcimento da illegittima acquisizione). Il processo va, pertanto ed ai sensi dell'art. 23 legge 11 marzo 1953 n. 87, sospeso e gli atti rimessi, previ adempimenti di rito in dispositivo indicati, alla Corte costituzionale, per il giudizio di sua competenza, a termini degli artt. 134 e ss. Cost.
P. Q. M. Il Tribunale dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 comma sessantacinquesimo legge n. 549/1995, nella parte in cui prevede che "le disposizioni di cui al presente articolo si applicano in tutti i casi in cui non sia stato determinato in via definitiva l'entita' del risarcimento del danno, alla data di conversione del presente decreto" in riferimento agli artt. 3, 42, comma terzo, e 97, comma primo, della Costituzione; Dispone la sospensione del giudizio in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia, a cura della cancelleria, notificata al pubblico ministero, alle parti ed alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato. Cosi' deciso in S. Angelo dei Lombardi il 26 marzo 1996. Il presidente estensore: Gugliemo 96C1034