N. 867 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 febbraio 1996
N. 867 Ordinanza emessa il 2 febbraio 1996 dal tribunale di Foggia nel procedimento penale a carico di D'Angelo Giuseppe ed altri Processo penale - Dibattimento - Giudice che, quale componente del tribunale della liberta', ha concorso a pronunciare un provvedimento sulla liberta' personale nei confronti dello stesso imputato - Incompatibilita' ad eserciatre le funzioni di giudice del dibattimento - Omessa previsione - Disparita' di trattamento rispetto a situazioni analoghe - Violazione del diritto di difesa - Lesione del principio di presunzione di non colpevolezza - Richiamo ai principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 432/1995. (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 25).(GU n.38 del 18-9-1996 )
IL TRIBUNALE Rilevato che nel proc. pen. n. 518/1994 tutti i componenti del collegio dibattimentale sono gli stessi giudici che, con funzioni ex art. 309 c.p.p., hanno emesso in data 16 giugno 1994 l'ordinanza con la quale veniva confermata la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico dell'imputato Iammarino Giacomo in ordine ai reati a costui ascritti; Preso atto che in data 15 settembre 1995 risulta depositata sentenza n. 432 della Corte costituzionale con cui e' stata dichiarata la illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma secondo, del codice di procedura penale nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell'imputato, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, 24, secondo comma, e 25 della Costituzione; Considerato che nella succitata sentenza la Corte, pur richiamando la decisione n. 502 del 1991 con cui si era esaminata identica questione di legittimita' costituzionale del medesimo art. 34, comma secondo, nella parte in cui non prevede che la previa conoscenza degli atti delle indagini preliminari acquisita dal giudice in occasione del riesame ex art. 309 c.p.p. comporti l'incompatibilita' a partecipare al dibattimento e la si era risolta ritenendola non fondata, purtuttavia affermava che i nuovi principi enucleati in seguito dalla stessa Corte, unitamente all'intervenuto mutamento del quadro normativo, consentono ora di pervenire a diversa conclusione, per cui la richiamata decisione non appare preclusiva alla nuova analisi della medesima questione; Preso atto che la Corte fissava di conseguenza il principio secondo cui il giudice, il quale si e' pronunciato sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza al fine dell'applicazione di una misura cautelare personale, esprime un giudizio di merito in ordine alla responsabilita' dell'imputato tale da rendere o far apparire la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato, da parte dello stesso giudice, condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione, e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento: cio' evidentemente in quanto il giudice il quale applica una misura cautelare personale affronta, in termini sia pur probabilistici, questioni inerenti la responsabilita' della persona nei cui confronti e' stata avanzata richiesta di provvedimento cautelare; Ritenuto che tale principio, fissato per il giudice che abbia applicato una misura cautelare personale, puo' estendersi anche al giudice che, quale componente del tribunale del riesame, abbia conosciuto gli stessi atti d'indagine e rivalutato nel merito la ricorrenza dei medesimi indizi di colpevolezza riscontrati dal primo, vista la assoluta identita' dell'oggetto del giudizio rimesso ai due organi giudiziari ricognitivo di elementi indiziari e valutativo degli stessi in termini di gravita'; Considerato che quindi tale questione, sollevabile d'ufficio, non appare manifestamente infondata, essendo possibile che gli apprezzamenti espressi dal giudice in qualita' di componente del tribunale del riesame ex art. 309 cit. sui risultati delle indagini preliminari determinino un'anticipazione di giudizio suscettibile di minare l'imparzialita' dello stesso giudice; Ed ancora che la stessa questione appare rilevante ai fini del giudizio in corso, in quanto dall'eventuale accoglimento della stessa potrebbe discendere l'incompatibilita' di tutti i componenti il Collegio a partecipare al giudizio, per la quale sussite l'obbligo di astensione del giudice ex art. 36, comma primo, lett. g c.p.p.; Ritenuto pertanto che la questione va rimessa al giudizio della Corte costituzionale, con contestuale sospensione del processo nei confronti del predetto imputato e di ogni altro coimputato nel medesimo procedimento n. 518/1994 essendo il mantenimento della riunione fra essi assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti.
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, c.p.p. nella parte in cui non prevede l'incompatibilita' al giudizio dibattimentale del giudice che, quale componente del tribunale del riesame, si e' pronunciato in sede di ricorso ex art. 309 c.p.p. sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti dell'imputato, per contrasto con gli artt. 3 primo comma, 24 secondo comma e 25 della Costituzione; Ordina la trasmissione immediata degli atti alla Corte costituzionale e la sospensione del processo n. 518/1994; Manda alla cancelleria per le comunicazioni ex art. 23 ultimo comma della legge n. 87/1953. Foggia, addi' 2 febbraio 1996 Il presidente: (firma illeggibile) Il giudice: (firma illeggibile) 96C1185