N. 868 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 ottobre 1995- 11 luglio 1996
N. 868 Ordinanza emessa il 27 ottobre 1995 (pervenuta alla Corte costituzionale l'11 luglio 1996) dal Consiglio di Stato sul ricorso proposto da Pasero Giampiero ed altri contro l'Universita' degli studi di Firenze ed altri Impiego pubblico - Docenti universitari della facolta' di medicina svolgenti attivita' assistenziale oltre a quella didattica - Corresponsione di un'indennita' non superiore a quella necessaria per equiparare il trattamento economico a quello del personale medico ospedaliero di pari funzioni ed anzianita' - Mancata previsione di un compenso adeguato per lo svolgimento dell'attivita' assistenziale - Deteriore trattamento dei docenti unversitari svolgenti anche attivita' assistenziale con incidenza sui principi di adeguatezza e proporzionalita' della retibuzione - Riferimento alla sentenza n. 126/1981 di non fondatezza di analoga questione ritenuta superata dal giudice rimettente. (Legge 25 marzo 1971, n. 213, art. 4; d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 31; d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 102). (Cost., artt. 3 e 36).(GU n.38 del 18-9-1996 )
IL CONSIGLIO DI STATO Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello proposto da Giampiero Pasero, Mauro Bendinelli, Carlo Cipolloni, Isabella Tollaro Casini Raggi, Rodolfo Bracci, Filippo Roberto Marcolongo, Giovanni Tota, Aldo Rossolini, Salvatore Armenio, Alberto Fois, Piero Tosi, Luigi Bocchi, Norberto D'Antona, Manlio Dettori, Gualtiero Bellucci, Mirella Strambi, Pierluigi Masi, Luciano Lorenzini e Rosalba Mattei, rappresentati e difesi dall'avv. Alberto Azzena ed elettivamente domiciliati in Roma, via F. Ruffini n. 2/a, presso l'avv. Domenico Arlini; Contro le Universita' degli studi di Firenze, Siena e Pisa, in persona dei rettori in carica; il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica in persona del Ministro in carica; la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente in carica, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12, presso l'Avvocatura generale dello Stato dalla quale sono rappresentati e difesi; per l'annullamento della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Toscana, Sez. I, n. 415 del 13 aprile 1990; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per le Amministrazioni intimate; Vista la memoria prodotta dalla difesa delle appellate; Visti gli atti tutti della causa; Designato relatore il consigliere Paolo D'Angelo; Udito alla pubblica udienza del 27 ottobre 1995 l'avv Azzena per gli appellanti; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F a t t o Giampiero Pasero e gli altri indicati in epigrafe, professori universitari di ruolo svolgenti attivita' assistenziale per varie unita' sanitarie locali della Toscana convenzionate con le rispettive universita' di appartenenza, con ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Toscana chiedevano il riconoscimento del diritto a percepire un trattamento economico complessivo, in aggiunta a quello loro corrisposto quali professori universitari a tempo pieno o definitivo, pari o comunque proporzionato a quello attribuito ai primari ospedalieri o responsabili di unita' operative, quale corrispettivo per l'attivita', aggiuntiva rispetto a quella svolta in qualita' di professori universitari, prestata a favore del Servizio sanitario nazionale. Cio' per tutto il periodo non coperto da prescrizione e con rivalutazione ed interessi fino al soddisfo. Chiedevano, altresi, l'annullamento dei provvedimenti di liquidazione delle rispettive retribuzioni, nella parte in cui non includevano quella relativa al maggior lavoro da essi svolto in attuazione delle dette convenzioni per l'assistenza sanitaria in favore delle unita' sanitarie locali. Deducevano violazione degli artt. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, 31 e 35 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 e 102 del d. P.R. 11 luglio 1980, n. 382. In via subordinata deducevano illegittimita' costituzionale degli artt. 84 del r.d. n. 1592 del 1933, 6, ultimo comma, della legge n. 311 del 1958, 4 della legge n. 213 del 1971, 39 della legge n. 833 del 1978, 31 del d.P.R. n. 761 del 1979, 102 del d.P.R. n. 382 del 1980 e dell'intera legge n. 341 del 1986, per contrasto con gli articoli 3, 36 e 97 della Costituzione. Il ricorso veniva respinto dall'adito tribunale con la sentenza indicata in epigrafe, che veniva appellata con richiesta di annullamento, col favore delle spese. I ricorrenti riproponevano le censure dedotte in primo grado. In particolare deducevano disparita' di trattamento nei confronti dei professori universitari non convenzionati e nei confronti dei medici dipendenti dal servizio sanitario nazionale ed insistevano, in subordine, nell'eccezione di illegittimita' costituzionale. Si costituivano per resistere le Universita' degli studi di Firenze, Siena e Pisa, il Presidente del Consiglio dei Ministri ed il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica contestando la fondatezza dei motivi e concludendo per il rigetto, col favore delle spese. All'udienza di discussione il difensore dei ricorrenti illustrava i motivi di gravame ed insisteva nelle tesi gia' spiegate. D i r i t t o 1. - I ricorrenti chiedono l'annullamento dei provvedimenti di liquidazione delle retribuzioni, nella parte in cui non includono quella relativa al maggior lavoro da essi svolto in attuazione delle convenzioni per l'assistenza sanitaria tra la Regione Toscana e le Universita'. Deducevano violazione degli artt. 39 della legge n. 833 del 1978, 31 e 35 del d.P.R. n. 761 del 1979 e 102 del d.P.R. n. 382 del 1980. a) L'invocato art. 39 si occupa delle "cliniche universitarie e relative convenzioni" Esso dispone che "al fine di realizzare un idoneo coordinamento delle rispettive funzioni istituzionali, le regioni e l'universita' stipulano convenzioni per disciplinare, anche sotto l'aspetto finanziario: 1) l'apporto nel settore assistenziale delle facolta' di medicina alla realizzazione degli obiettivi della programmazione sanitaria regionale; 2) l'utilizzazione da parte delle facolta' di medicina, per esigenze di ricerca e di insegnamento, di idonee strutture delle unita' sanitarie locali e l'apporto di queste ultime ai compiti didattici e di ricerca delle universita'". b) L'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 dispone che il personale delle cliniche e degli istituti universitari convenzionati ha diritto ad una indennita' "nella misura occorrente per equiparare il relativo trattamento economico complessivo a quello del personale delle unita' sanitarie locali di pari funzioni, mansioni e anzianita'". L'art. 35 di detto d.P.R. si occupa poi del rapporto di lavoro del personale medico, che prevede a tempo pieno o a tempo definito. c) L'art. 102, secondo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980, infine, assicura al personale docente universitario che esplichi attivita' assistenziale presso le cliniche convenzionate "l'equiparazione del trattamento economico complessivo corrispondente a quello del personale delle unita' sanitarie locali di pari funzione, mansione ed anzianita' secondo le vigenti disposizioni a norma dell'art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761". Le invocate disposizioni, il cui contenuto e' stato riportato sopra, non prevedono un compenso per il maggior lavoro svolto dai professori universitari in attuazione di convenzioni tra le Regioni e le Universita' e, quindi, non si ravvisa la dedotta violazione di legge. Alla luce del contenuto delle invocate norme il ricorso sarebbe, quindi, infondato e dovrebbe essere respinto, se non si dovesse prima esaminare l'eccezione di illegittimita' costituzionale sollevata dai ricorrenti. 2. - Della eccezione cosi sollevata occorre verificare la rilevanza e la non manifesta infondatezza. a) E' eccepita, anzitutto, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 84 del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, recante il testo unico delle leggi sull'istruzione superiore. Detto articolo dispone che i professori hanno l'obbligo di dedicare all'insegnamento tante ore settimanali, quante la natura e l'estensione dell'insegnamento stesso richiedono. La riferita disposizione non rileva ai fini del decidere e, conseguentemente, non si pone il problema della verifica della sua legittimita' costituzionale. b) Altra norma censurata e' quella di cui all'art. 6, ultimo comma, della legge 18 marzo 1958, n. 311, contenente disposizioni in ordine agli obblighi dei professori relativamente ad attivita' diverse dall'insegnamento vero e proprio. Anche le disposizioni ivi contenute non hanno rilevanza ai fini del decidere, e con esse la relativa eccezione di illegittimita' costituzionale. c) L'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, si occupa delle cliniche universitarie e relative convenzioni e, quindi, dei rapporti tra regioni ed universita' relativamente alle attivita' del servizio sanitario nazionale. Anche le norme contenute in detto articolo sono irrilevanti ai fini del decidere e quindi la eccezione di illegittimita' costituzionale che le riguarda. d) La legge 11 luglio 1986, n. 341, contiene miglioramento del trattamento economico degli impiegati civili dello Stato ed e' applicabile anche ai professori universitari. Questi non hanno interesse a censurare le disposizioni ivi contenute perche' le stesse non incidono direttamente sulla controversia in esame. La questione non e' pertanto rilevante. e) L'art. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, l'art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, e l'art. 102 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, con disposizioni di tenore similare, assicurano al personale docente universitario in attivita' presso cliniche o istituti universitari convenzionati a norma dell'art. 39 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, l'equiparazione del trattamento economico complessivo corrispondente a quello del personale delle unita' sanitarie locali di pari funzione, mansione ed anzianita' secondo le vigenti disposizioni a norma dell'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979. Detta disposizione consente la corresponsione a favore del personale universitario di indennita' per equiparare il trattamento economico in godimento a quello del personale delle unita' sanitarie locali. Non consente la corresponsione di ulteriori indennita' idonee a far superare il trattamento complessivo di tale personale o, comunque, finalizzata a retribuire l'attivita' assistenziale espletata in aggiunta a quella docente, come pretendono i ricorrenti. Detta disposizione e', quindi, ostativa alla pretesa dei ricorrenti e la rimozione dell'ostacolo implicito in essa contenuto e' l'unico strumento per la realizzazione della pretesa. La questione di legittimita' costituzionale della detta disposizione e delle norme di legge che la contengono e', quindi, rilevante ai fini del decidere e di essa occorre verificare la non manifesta infondatezza. Per effetto dell'entrata in vigore di detta legge, recante "oppressione dei compensi fissi per i ricoveri ospedalieri di cui all'art. 82 del r.d. 30 settembre 1938, n. 1631, e della cassa nazionale di conguaglio di cui al d.-l. 18 novembre 1967, n. 1044, convertito in legge 17 gennaio 1968, n. 4, i professori universitari, esplicanti attivita' assistenziale oltre i limiti propri di quella direttamente connessa all'attivita' docente, hanno subito una decurtazione del trattamento economico complessivo in godimento che e' diventato inferiore a quello del personale medico ospedaliero corrispondente. Essa al fine di eliminare tale condizione di inferiorita' economica con la conseguenza di indurre a svolgere solo attivita' di docenza e di abbandonare l'attivita' assistenziale non strettamente connessa a quella di docenza ha dettato, con l'art. 4, le seguenti disposizioni. Al primo comma ha precisato che fino al 31 dicembre 1970 "nulla e' innovato per quanto riguarda la corresponsione .... dei compensi fissi e addizionali di cui all'art. 1 al personale medico universitario che svolge attivita' assistenziale negli istituti clinici gestiti direttamente dalle universita' ......". Ne deriva il riconoscimento che fino al 31 dicembre 1970 detto personale percepiva un compenso proporzionato all'attivita' assistenziale prestata, in aggiunta al trattamento principale del docente universitario. Al comma due viene disposto che "gli enti ospedalieri ...verseranno alle universita', per l'attivita' assistenziale svolta nelle unita' convenzionate, la somma... L'universita' dovra' destinare, tale somma alla corresponsione al personale medico universitario che svolge comunque attivita' assistenziale di una indennita'... Tale indennita' non potra' essere superiore a quella necessaria per equiparare il trattamento economico a quello del personale medico ospedaliero .... Ove lo consenta l'ammontare dei fondi disponibili, l'indennita' dovra' essere uguale a quella necessaria per ottenere l'equiparazione dei trattamenti economici". Dal tenore della riportata disposizione si ricava anzitutto la fissazione di un tetto massimo - prima inesistente - al compenso percepibile dei docenti universitari per l'attivita' assistenziale prestata. Mentre prima dell'entrata in vigore della legge il docente poteva percepire qualsivoglia importo, dopo la somma percepibile non poteva essere tale da far superare il trattamento economico del personale ospedaliero. L'indennita' connessa all'espletamento di attivita' assistenziale tende ad "equiparare il trattamento economico" muovendo dai presupposti, non dichiarati ma evidenti, del minor trattamento dei docenti rispetto agli ospedalieri, del maggior impegno richiesto ai docenti esplicanti anche attivita' assistenziale (oltre quella connessa all'attivita' docente) ed alla opportunita' di un trattamento economico delle due categorie quanto meno livellato (con l'ultima parte del comma due). In conclusione, ai fini della risoluzione della controversia in esame, si puo' affermare che il legislatore ha riconosciuto l'esistenza a carico dei docenti universitari di un maggior carico di lavoro, oltre quello proprio della docenza, ed ha ritenuto di compensarlo con una indennita'. Ulteriori considerazioni sono estranee ai fini del decidere e, quindi, non vengono svolte. Cio' che rileva e' l'esistenza di un'attivita' aggiuntiva e la previsione di un compenso. La misura del compenso, al momento dell'entrata in vigore della legge, non risulta proporzionata all'attivita' prestata, ma all'ammontare dei fondi disponibili e, comunque, al trattamento economico delle due categorie interessate; sicche' l'indennita' diminuisce con l'aumentare del trattamento economico proprio del docente. Conseguentemente, a tale momento, la disposizione, ancorche' mirante alla realizzazione di interessi forse non coincidenti, appariva non censurabile rientrando nella discrezionalita' del legislatore la quantificazione dell'indennita' ed apparendo "certo non irrazionale, il criterio di equiparare, nei limiti del possibile, la posizione economica dei sanitari ospedalieri e dei docenti universitari operanti nelle cliniche" (Corte costituzionale n. 126 del 24 giugno 1981). Si deve precisare che nella detta sentenza e' chiarito che: "al piu' e' possibile parlare di un'attivita' la quale puo' rendere e di fatto rende piu' oneroso il lavoro dei docenti addetti agli istituti in parola ed e' certamente in considerazione di cio' che il legislatore, da tempo, ha rivolto una particolare attenzione a questa situazione prevedendo qualche speciale compenso. Ne e' gia' parola nel r.d. 13 novembre 1859, n. 3725"; "il compenso per il piu' oneroso svolgimento della loro attivita' trova tradizionalmente base in una valutazione discrezionale del legislatore, la quale soprattutto non deve trascurare la posizione dei professori a tempo pieno"; "il riconoscimento di una speciale indennita' per il maggior lavoro svolto dal docente esplicante anche attivita' di assistenza soddisfa di per se' il precetto dell'art. 36 Cost., mentre la determinazione dell'entita' di tale emolumento rientra nell'apprezzamento discrezionale del legislatore" (Corte costituzionale, ordinanza n. 673 del 9 giugno 1988). In conclusione, si ritiene che anche la giurisprudenza costituzionale riconosce che il lavoro dei docenti addetti anche all'assistenza e' piu' oneroso di quello dei medici ospedalieri e questa maggiore onerosita' va ripagata con un compenso il cui ammontare va fissato dal legislatore nella sua discrezionalita'. E cio' in applicazione del principio di cui all'art. 36 della Costituzione. Le citate disposizioni del 1971, del 1979 e del 1980 prevedono che l'indennita' "necessaria per equiparare il trattamento" si riduca mano a mano che si riduce la differenza fra i due trattamenti. E cio' con la conseguenza che ove la differenza si annulli, o il trattamento dei docenti superi quello dei medici ospedalieri, l'indennita' viene meno e, quindi, il maggior aggravio a carico dei docenti non viene in alcun modo compensato. E cio' in violazione dell'art. 36 della Costituzione (per richiamare quanto detto dalla Corte costituzionale a conclusione del punto 4 della motivazione della sentenza n. 126 del 1981). Il trattamento economico dei docenti universitari, per effetto del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, art. 36, ha raggiunto e superato quello del personale ospedaliero di pari funzione, per sopravanzarlo - per i docenti appartenenti all'ultima classe - per effetto del consistente miglioramento introdotto col d.-l. 10 maggio 1986, n. 154, convertito nella legge 11 luglio 1986, n. 341. In conseguenza e' venuta meno, si ritiene in via definitiva, l'erogazione dell'indennita' di cui all'art. 4 della legge n. 213 del 1971, dell'art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 e dell'art. 102 del d.P.R. n. 382 del 1980. Si sottolinea che non sussiste, quindi, la condizione di transitorieta' o di contingenza che sola giustificherebbe la mancata temporanea erogazione di un compenso per l'attivita' (Corte costituzionale, ordinanza n. 239 del 3 maggio 1990) e si rappresenta che la condizione di deteriore trattamento dei professori universitari rispetto ai medici ospedalieri sia ormai superata anzi si sia invertita - si presume in via definitiva - la posizione tra le due categorie. A questo punto, venuta meno l'erogazione di compensi (o indennita' di equiparazione) a favore dei professori universitari e, fermo restando che rientra nella discrezionalita' del legislatore fissare la misura del compenso per la maggiore attivita' svolta dai docenti universitari in servizio presso cliniche o istituti convenzionati, si avverte che la mancanza di pensione di un qualche compenso per la ripetuta attivita' espone le dette disposizioni al dubbio di violazione dei principi di cui all'art. 36 e dell'art. 3 della Costituzione, perche' le ripetute disposizioni riservano lo stesso trattamento (una sola retribuzione senza integrazione alcuna) a categorie diverse esplicanti l'una soltanto attivita' assistenziale e l'altra anche attivita' docente. In conclusione, si ritiene che l'eccezione di illegittimita' costituzionale degli articoli 4 della legge n. 213 del 1971, 31 del d.P.R. n. 761 del 1979 e 102 del d.P.R. n. 382 del 1980 per contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione sia rilevante e non manifestamente infondata.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, rimette alla Corte costituzionale la questione di illegittimita' degli artt. 4 della legge 25 marzo 1971, n. 213, dell'art. 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, e dell'art. 102 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382, per contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione; Ordina la sospensione del giudizio; Dispone che a cura della segreteria della sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati ed al Presidente del Senato della Repubblica e che gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Roma, il 27 ottobre 1995. Il presidente: Imperatrice Il consigliere estensore: D'Angelo 96C1186