N. 241 SENTENZA 27 giugno - 9 luglio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Pensioni - Ispettori di polizia -  Riliquidazione del trattamento  di
 pensione  in  seguito  alla  sentenza  della  Corte costituzionale n.
 277/1991 dichiarativa dell'illegittimita' costituzionale della  norma
 (art.  43,  diciassettesimo  comma,  tabella  C, della legge 1 aprile
 1981, n. 121) che non includeva detto personale tra  i  sottufficiali
 destinatari  della  stessa  - Mancata previsione per gli ispettori di
 polizia in servizio alla data di entrata in vigore  della  menzionata
 tabella  C,  riletta  in  base  alla  detta  sentenza  n. 277/1991, e
 collocati a riposo prima  della  entrata  in  vigore  della  norma  -
 Disparita' di trattamento tra situazioni omogenee - Non fondatezza.
 
 (D.-L.  7  gennaio  1992,  n. 5, art. 4, primo comma, convertito, con
 modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216).
 
 (Cost., artt. 3, 36, 38 e 97).
(GU n.30 del 24-7-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici:  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, prof.
 Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 4, primo comma,
 del d.-l. 7 gennaio 1992,  n.  5  (Autorizzazione  di  spesa  per  la
 perequazione  del  trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma
 dei Carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale
 n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione  di  giudicati,  nonche'
 perequazione  dei  trattamenti  economici relativi al personale delle
 corrispondenti categorie delle altre forze di  polizia),  convertito,
 con  modificazioni,  nella  legge  6 marzo 1992, n. 216, promosso con
 ordinanza emessa l'8 febbraio e il 1  giugno  1995  dalla  Corte  dei
 conti,  sezione  giurisdizionale per la Regione Piemonte, sul ricorso
 proposto da Pilone Eduardo contro il Ministero della difesa, iscritta
 al n. 806 del registro ordinanze 1995  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  49, prima serie speciale, dell'anno
 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  29 maggio 1996 il giudice
 relatore Fernando Santosuosso.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Nel corso di un procedimento promosso  da  un  ex  dipendente
 dello  Stato  collocato  a  riposo,  col  grado  di  maresciallo capo
 dell'Arma dei Carabinieri, in data 3 giugno 1982, la Corte dei conti,
 sezione  giurisdizionale  per  la  Regione  Piemonte,  ha   sollevato
 questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 4, primo comma,
 del d.-l. 7 gennaio 1992,  n.  5  (Autorizzazione  di  spesa  per  la
 perequazione  del  trattamento  economico dei sottufficiali dell'Arma
 dei Carabinieri in relazione alla sentenza della Corte costituzionale
 n. 277 del 3-12 giugno 1991 e all'esecuzione  di  giudicati,  nonche'
 perequazione  dei  trattamenti  economici relativi al personale delle
 corrispondenti categorie delle altre forze di  polizia),  convertito,
 con  modificazioni,  nella legge 6 marzo 1992, n. 216, in riferimento
 agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione.
   Il giudice a quo ha premesso che, a seguito dell'entrata in  vigore
 della  legge  1  aprile  1981,  n. 121, e' stato disposto il riordino
 delle forze  di  polizia,  sulla  base  della  parificazione  di  cui
 all'art.    16 della legge stessa; in particolar modo, per creare una
 piena  parita'   di   trattamento   economico,   l'art.   43,   comma
 diciassettesimo,  di  detta  legge aveva disposto che la perequazione
 tra gli appartenenti alla Polizia di Stato e  gli  appartenenti  alle
 altre  forze di polizia avvenisse sulla base della tabella C allegata
 alla legge e poi sostituita con la successiva legge 12  agosto  1982,
 n. 569.
   Ha  rilevato  poi  il medesimo giudice che la Corte costituzionale,
 con la sentenza n. 277 del 1991, ha  dichiarato  incostituzionale  il
 predetto art. 43, comma diciassettesimo, nonche' la tabella allegata,
 nella parte in cui non prevedevano l'inclusione anche della qualifica
 degli  ispettori  di polizia, cosi' impedendo la equiparazione con il
 corrispondente grado dell'Arma dei Carabinieri.
   A seguito di tale sentenza, il legislatore e'  intervenuto  con  il
 d.-l.  7 gennaio 1992, n. 5, convertito, con modificazioni, dall'art.
 1 della legge 6 marzo 1992, n. 216, nel quale, oltre a  stabilire  la
 copertura  finanziaria per le sentenze dei giudici amministrativi che
 avevano sollevato la questione di costituzionalita' poi  accolta,  ha
 disposto  anche  l'estensione  dei  nuovi  inquadramenti  per tutti i
 sottufficiali  dei  Carabinieri  e  della  Guardia  di  finanza,  con
 decorrenza  dal  1  gennaio  1992,  e lo scaglionamento del pagamento
 delle competenze arretrate. Il medesimo legislatore, all'art.  4,  ha
 inoltre  tutelato  il  diritto  dei  dipendenti  non  ricorrenti alla
 percezione degli arretrati per il piu'  favorevole  inquadramento,  a
 condizione che gli stessi fossero in servizio alla data del 1 gennaio
 1987.
   Ad avviso del giudice a quo, peraltro, tale norma, non tutelando il
 diritto  di  quei  dipendenti,  come  il  ricorrente,  che sono stati
 collocati a riposo dopo l'entrata in vigore della legge  n.  121  del
 1981  ma prima dell'emanazione del decreto-legge impugnato, confligge
 con gli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione; e cio' in quanto  fa
 decorrere  arbitrariamente  da  una certa data la piena equiparazione
 tra  sottufficiali  dell'Arma  dei  Carabinieri  ed  ispettori  della
 Polizia  di  Stato  che,  a seguito della sentenza n. 277 del 1991 di
 questa  Corte,  deve  invece  ritenersi  valida   ed   operante   fin
 dall'entrata in vigore della legge n. 121 del 1981.
   Ad  ulteriore  sostegno di tale interpretazione la Corte dei conti,
 richiamate le sentenze nn. 226 e 477 del 1993, nn. 99 e 178 del  1995
 di  questa  Corte,  rileva  che  la  domanda  del  ricorrente,  lungi
 dall'integrare una richiesta di perequazione automatica, attiene,  in
 realta', alla piena e corretta applicazione della sentenza n. 277 del
 1991 sopra citata.
   2.  - Nel giudizio davanti alla Corte costituzionale e' intervenuto
 il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che la questione
 sollevata sia dichiarata inammissibile  o,  comunque,  infondata.  In
 proposito,  ha  osservato  la  difesa  erariale che e' nel potere del
 legislatore, come piu' volte  ribadito  da  questa  Corte,  porre  un
 limite  temporale  nel  passaggio dalla vecchia alla nuova normativa,
 perche'  il   semplice   fluire   del   tempo   funge   da   elemento
 differenziatore delle situazioni giuridiche. In tale quadro non viola
 la  Costituzione  il  fatto che una norma esplichi i propri effetti a
 decorrere da una certa data, a condizione che  cio'  avvenga  secondo
 criteri di ragionevolezza.
                        Considerato in diritto
   1.  -  La  Corte  dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
 Piemonte,  solleva  questione  di  legittimita'  costituzionale,   in
 relazione  agli artt. 3, 36, 38 e 97 della Costituzione, dell'art. 4,
 primo comma, del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5 (Autorizzazione di  spesa
 per  la  perequazione  del  trattamento  economico  dei sottufficiali
 dell'Arma dei Carabinieri in  relazione  alla  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  277  del  3-12  giugno  1991  e all'esecuzione di
 giudicati, nonche' perequazione dei trattamenti economici relativi al
 personale  delle  corrispondenti  categorie  delle  altre  forze   di
 polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n.
 216,  nella  parte  in  cui non prevede il riconoscimento del diritto
 alla riliquidazione della pensione per il personale in servizio  alla
 data  di  entrata  in  vigore  della  legge 1 aprile 1981, n. 121, ma
 collocato a riposo  prima  dell'emanazione  del  decreto-legge  sopra
 indicato.
   Tale  norma,  oltre  a  confliggere  con i parametri costituzionali
 sopra indicati, contrasterebbe con quanto deciso da  questa  Corte  e
 negherebbe  l'efficacia  che  la  sentenza n. 277 del 1991 deve avere
 anche nella presente fattispecie.
   2. - La questione e' infondata.
   Occorre premettere un rapido esame dell'evoluzione della  normativa
 in materia, anche alla luce degli interventi operati da questa Corte.
   Com'e'  noto,  con  la legge 1 aprile 1981, n. 121, il legislatore,
 oltre a compiere la cosiddetta "smilitarizzazione" della  Polizia  di
 Stato,  ha  perseguito  l'obiettivo di una parificazione tra tutte le
 forze di ordine pubblico e sicurezza.
   Tale  equiparazione  sostanziale,  finalizzata  ad   una   maggiore
 armonizzazione  dei  vari  Corpi  di  polizia, si accompagnava ad una
 equiparazione  anche  economica,  evidenziata  nel  comma  sedicesimo
 dell'art.  43  della  legge  sopra  citata,  ove si stabilisce che il
 trattamento economico "previsto per il  personale  della  Polizia  di
 Stato e' esteso all'Arma dei Carabinieri e ai corpi previsti ai commi
 primo  e  secondo dell'articolo 16". Senonche' l'art. 43 ora indicato
 prevedeva, al comma diciassettesimo, che l'equiparazione suddetta  si
 compisse   tramite  una  tabella  allegata  alla  legge  stessa,  poi
 sostituita dall'art. 9 della legge 12 agosto 1982, n. 569,  la  quale
 tuttavia   escludeva  le  qualifiche  degli  ispettori,  testualmente
 affermando che per questi ultimi "non  vi  e'  corrispondenza  con  i
 gradi  e le qualifiche del precedente ordinamento della P.S., ne' con
 i gradi del personale delle altre forze di polizia".
   Con   sentenza   n.   277   del   1991,   e'    stata    dichiarata
 l'incostituzionalita'   della   predetta   disposizione   (art.   43,
 diciassettesimo comma, della legge 1 aprile  1981,  n.  121)  nonche'
 della  tabella  C  allegata,  nella  parte  in cui non includevano le
 qualifiche degli ispettori di polizia.  In quella sentenza, peraltro,
 la Corte ha precisato di non poter compiere alcun intervento additivo
 sulla   normativa   in   questione,    limitandosi    ad    affermare
 l'irragionevolezza dell'esclusione sopra indicata.
   Il legislatore, sulla base di tale sentenza e di quelle dei giudici
 amministrativi  che  avevano  accolto  i  ricorsi  dei  sottufficiali
 dell'Arma dei carabinieri, e' intervenuto  a  regolare  di  nuovo  la
 materia   con  il  d.-l.  7  gennaio  1992,  n.  5,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216.
   Con tale decreto-legge, oltre a stabilirsi (art.  1)  la  copertura
 finanziaria  per  la  definizione  delle controversie pendenti, si e'
 disposto (art. 2) che la parificazione di trattamento  economico  con
 la  Polizia di Stato valga anche per quei sottufficiali dell'Arma dei
 carabinieri e della Guardia di finanza  che  non  avevano  presentato
 ricorso al giudice amministrativo, pero' con decorrenza dal 1 gennaio
 1992.  I successivi artt. 3, 4 e 5 del decreto legge in oggetto hanno
 poi  stabilito  la  perequazione  del   trattamento   economico   del
 corrispondente  personale  delle altre forze di polizia e la relativa
 clausola di copertura finanziaria.
   Questa  Corte,  peraltro,  ha  gia'  avuto  modo  di   pronunciarsi
 (sentenza  n. 455 del 1993), con esito affermativo, sulla conformita'
 a Costituzione dell'art. 1, primo comma, e dell'art. 2, primo  comma,
 del predetto decreto-legge n. 5 del 1992, circa la diversa decorrenza
 della  perequazione  economica  per i sottufficiali che avevano fatto
 ricorso al giudice amministrativo e per quelli che tale  ricorso  non
 avevano  proposto.  In proposito, la Corte ha chiarito che "la scelta
 del legislatore di introdurre una  disciplina  differenziata  tra  la
 posizione  dei  ricorrenti  e  quella  dei non ricorrenti, per quanto
 attiene al computo delle competenze  arretrate,  non  e'  affetta  da
 censure  di  arbitrarieta'  o  irragionevolezza,  anche alla luce del
 rilievo  che  il  principio  di  equilibrio  del  bilancio  ha  nella
 ponderazione degli interessi riservata al legislatore".
   Va  infine  ricordato  che  la  legge  6  marzo  1992,  n.  216, di
 conversione del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, contiene anche una delega
 al Governo per un nuovo  riordino  di  tutta  la  complessa  materia,
 delega  che  e'  stata  portata  ad  esecuzione, con l'emanazione dei
 decreti legislativi nn. 195, 196, 197, 198, 199, 200  e  201  del  12
 maggio 1995.
   3.  -  Cosi'  ricostruita,  per sommi capi, l'evoluzione normativa,
 deve  anzitutto  ricordarsi  che  questa  Corte  ha  gia'  dichiarato
 inammissibili   e   manifestamente   inammissibili,   per   eccessiva
 genericita',    alcune    analoghe    questioni    sollevate    circa
 l'incostituzionalita'  dell'intero  testo  del decreto-legge n. 5 del
 1992 e della legge n. 216 del  1992  (sentenza  n.  178  del  1995  e
 ordinanze nn. 34 e 154 del 1996).
   In ordine alla presente fattispecie potrebbe rilevarsi che la Corte
 dei  conti,  nel  rimettere  la  questione,  non  ha chiarito in modo
 adeguato quale sia il  collegamento  tra  la  norma  impugnata  e  la
 particolare  posizione  giuridica sottoposta al suo esame, ne' ha del
 tutto  precisato  l'esatto   oggetto   del   presente   giudizio   di
 costituzionalita'.
   Da  un  lato,  infatti,  l'art.  4 (unica norma impugnata in questa
 sede)  riguarda  l'attribuzione  del   trattamento   economico   piu'
 favorevole  "tra  quello  risultante  dall'applicazione dell'art. 3 e
 quello  eventualmente   spettante   a   seguito   di   promozione   o
 inquadramento nel ruolo superiore"; mentre sono gli artt. 2 e 3 della
 legge a stabilire la nuova misura delle retribuzioni.
   D'altro   canto  la  Corte  rimettente,  nel  sottolineare  che  la
 questione di legittimita'  costituzionale  non  investe  il  problema
 della perequazione automatica del trattamento pensionistico, si duole
 poi   del   fatto  che  la  norma  impugnata  violi  "i  principi  di
 uguaglianza, proporzionalita', adeguatezza e razionalita' posti dagli
 artt. 3, 36, 38 e 97 della Carta costituzionale" a causa  dell'omessa
 previsione  dell'uguale  trattamento  per  il  personale collocato in
 riposo prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 5 del 1992.
   Nonostante queste imprecisioni ed  apparenti  contraddizioni,  puo'
 chiaramente  enuclearsi il vero dubbio di costituzionalita' sollevato
 dal giudice rimettente nel fatto che il  legislatore  del  1992,  non
 occupandosi  del  trattamento  del  personale  in quiescenza, avrebbe
 finito  col  negare  piena  efficacia  al  precetto  contenuto  nella
 sentenza  n.  277  del  1991  di  questa Corte, restringendo i limiti
 temporali di un'uguaglianza di trattamento che, secondo il giudice  a
 quo,  dovrebbe considerarsi operante fin dall'entrata in vigore della
 legge n. 121 del 1981. In ultima analisi, la  doglianza  si  incentra
 sul  punto  se  il  decreto-legge  n.  5 del 1992, nel determinare la
 decorrenza dei nuovi stipendi dal 1 gennaio 1992  e  nel  riconoscere
 dovuti  gli  arretrati solo nei limiti di un quinquennio, senza nulla
 prevedere in ordine a coloro i quali erano stati collocati  a  riposo
 dopo  l'entrata  in vigore della legge n. 121 del 1981, abbia violato
 il  principio  per  cui  gli  effetti  della  sentenza  che  dichiara
 l'illegittimita'  costituzionale  di  una norma retroagiscono fino al
 momento dell'entrata in vigore della norma stessa.
   4. - Nei termini ora chiariti, la questione non e' accoglibile.
   Va ricordato che questa Corte, con la sentenza n. 277 del 1991,  ha
 ritenuto  espressamente  di non poter andare oltre la declaratoria di
 incostituzionalita' della tabella C allegata alla legge  n.  121  del
 1981,  evitando  ogni intervento "conseguentemente additivo" circa la
 retribuzione  spettante,  in quanto cio' e' precluso al giudice delle
 leggi.  Una  volta  eliminata  la  tabella,   la   disciplina   delle
 conseguenze  rimaneva  quindi  affidata  ai  poteri discrezionali del
 legislatore,   da   esercitarsi   ovviamente    entro    limiti    di
 ragionevolezza.    Sicche'  deve  considerarsi  un errato presupposto
 quello di ritenere che, in seguito alla sentenza n. 277 del 1991,  si
 sia   automaticamente   verificata   la   piena  equiparazione  anche
 economica, secondo l'omogeneita' delle funzioni, tra le qualifiche di
 ispettore  di  Polizia  e  quelle  di  sottufficiale  dell'Arma   dei
 Carabinieri  (sentenza  n.  455  del 1993).   Quest'ultima qualifica,
 peraltro, e' da ritenersi ormai scomparsa alla luce del riordino  dei
 ruoli disposto dal citato d.lgs. 12 maggio 1995, n. 198.
   Conclusivamente,  deve  ribadirsi che la nuova determinazione delle
 retribuzioni (quale base del calcolo della misura delle pensioni) non
 aveva formato  oggetto  della  sentenza  n.  277  del  1991,  ne'  si
 presentava  come  un'operazione meramente conseguenziale alla stessa;
 ma  da  quella   declaratoria   di   incostituzionalita'   discendeva
 l'esigenza  di  risolvere  diversi  e complessi problemi, tra i quali
 anche  quello  concernente  la  decorrenza   delle   predette   nuove
 retribuzioni; problemi che rientravano nella competenza legislativa.
   Nel  caso  specifico,  avendo  il  legislatore  previsto  anche  il
 pagamento delle  competenze  arretrate  nei  limiti  del  quinquennio
 antecedente alla data della sentenza n. 277 del 1991 di questa Corte,
 non  si  ravvisa  alcuna  irragionevolezza della scelta concretamente
 compiuta, come ha gia' ritenuto questa Corte con la sentenza  n.  455
 del 1993.
   Il  fatto  poi  che,  nel  disporre l'equiparazione economica degli
 stipendi tra appartenenti  alla  Polizia  di  Stato  ed  appartenenti
 all'Arma  dei  carabinieri,  il  legislatore  non  abbia  ritenuto di
 modificare anche il trattamento di quiescenza, non implica di per se'
 la violazione dei precetti costituzionali indicati nell'ordinanza  di
 rimessione.    Come  la  Corte  ha  piu' volte ribadito, infatti, "la
 scelta in concreto del meccanismo di  perequazione  e'  riservata  al
 legislatore  chiamato  ad  operare  il  bilanciamento  tra  le  varie
 esigenze  nel  quadro  della  politica  economica  generale  e  delle
 concrete disponibilita' finanziarie" (sentenza n. 226 del 1993).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  4,  primo  comma,  del  d.-l.  7  gennaio   1992,   n.   5
 (Autorizzazione   di   spesa  per  la  perequazione  del  trattamento
 economico dei sottufficiali dell'Arma dei  Carabinieri  in  relazione
 alla  sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991
 e all'esecuzione di giudicati, nonche' perequazione  dei  trattamenti
 economici  relativi al personale delle corrispondenti categorie delle
 altre forze di polizia), convertito, con modificazioni, nella legge 6
 marzo 1992, n. 216, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 36, 38  e
 97 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale
 per la Regione Piemonte, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                       Il redattore: Santosuosso
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 9 luglio 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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