N. 272 SENTENZA 11 - 22 luglio 1996

 
 
 Giudizio per conflitto di attribuzione tra Stato e regione.
 
 Caccia  - Regione Umbria - Annullamento da parte della Commissione di
 controllo sugli  atti  della  regione  della  delibera  della  Giunta
 regionale  avente  ad  oggetto  "prelievo della specie fringuello" in
 deroga  alla  direttiva  CEE  n.     409/1979  -   Riferimento   alla
 giurisprudenza  della Corte in materia (vedi sentenze nn.  577/1990 e
 1200/1988) - Riconoscimento alle regioni della facolta' di modificare
 l'elenco delle specie cacciabili soltanto nel senso di limitare e non
 di ampliare il numero delle eccezioni al divieto generale di caccia -
 Spettanza allo Stato.
 
 (Provvedimento del 18 ottobre 1995,  n.  264,  della  commissione  di
 controllo - commissariato del Governo della regione Umbria).
 
 (Cost.,  art.  117,  in  relazione al d.P.R. 24 luglio 1977, n.  616,
 artt. 6 e 99; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 1, quarto comma).
(GU n.32 del 7-8-1996 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
  Giudici:  prof.  Luigi MENGONI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio promosso con ricorso della Regione Umbria notificato il
 16 dicembre 1995, depositato in cancelleria  il  23  successivo,  per
 conflitto  di  attribuzione  sorto  a seguito del provvedimento della
 Commissione di controllo - Commissariato del  Governo  nella  Regione
 dell'Umbria  -  adottato  nella  seduta  del  18  ottobre 1995, prot.
 9501071, n. ord. 264, con cui e'  stata  annullata  la  deliberazione
 della  Giunta regionale dell'Umbria n. 7454 del 6 ottobre 1995 avente
 ad oggetto "Prelievo della specie fringuello in deroga alla direttiva
 CEE n.  409/1979", ed iscritto al n. 37 del registro conflitti 1995;
   Visto l'atto di  costituzione  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nell'udienza pubblica del 25 giugno 1996 il giudice relatore
 Massimo Vari;
   Uditi  l'avvocato  Lorenzo  Migliorini  per  la  Regione  Umbria  e
 l'avvocato  dello  Stato  Maurizio  Fiorilli  per  il  Presidente del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ricorso ritualmente notificato e  depositato,  la  Regione
 Umbria  ha  proposto  conflitto  di  attribuzione nei confronti dello
 Stato, in relazione al provvedimento con il quale la  Commissione  di
 controllo  sugli atti della Regione, nella seduta del 18 ottobre 1995
 (prot. 9501071, n. ord. 264), ha annullato la delibera  della  Giunta
 regionale  (n.  7454  del 6 ottobre 1995) avente ad oggetto "Prelievo
 della specie fringuello in deroga alla direttiva CEE n. 409/1979".
   Sostiene  la  ricorrente  che  il  provvedimento   dell'organo   di
 controllo   del  quale  viene  chiesto  l'annullamento  lede  la  sua
 competenza  in  materia  di  caccia,  violando   l'art.   117   della
 Costituzione,  in  relazione  agli artt. 6 e 99 del d.P.R. n. 616 del
 1977, nonche' all'art. 1, quarto comma, della legge n. 157 del  1992,
 nella parte in cui recepisce l'art. 9, punto 1, lettere a) e c) della
 direttiva stessa.
   Assume,  piu'  in particolare, la Regione Umbria che la Giunta, con
 la delibera di cui  trattasi,  avrebbe  fatto  applicazione,  per  la
 specie del fringuello, del regime di deroga previsto dalla richiamata
 disposizione  comunitaria,  che  consente, in relazione a particolari
 finalita' e secondo determinate  modalita',  il  prelievo  di  alcune
 specie  di  uccelli  non  incluse  nell'allegato  II/1  e  II/2 della
 menzionata direttiva.
   Rammentato, inoltre, che la delibera,  nel  ricalcare  quella  gia'
 adottata nell'anno 1994, e' stata preceduta da una puntuale attivita'
 istruttoria,  ivi  compresa  l'acquisizione  del parere dell'Istituto
 nazionale  per  la  fauna   selvatica,   il   ricorso   osserva   che
 l'annullamento  operato dall'organo di controllo si fonda sul decreto
 del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 novembre  1993  che,  in
 relazione  all'art.    18  della legge n. 157 del 1992, ha escluso il
 fringuello dalle specie cacciabili.
   Nel rilevare l'improprieta' del richiamo fatto dalla Commissione di
 controllo alla sentenza della Corte costituzionale n. 117  del  1994,
 al  fine  di  sostenere  che la tutelabilita' delle specie migratrici
 sarebbe riservata all'Unione europea e agli Stati membri, la  Regione
 e'  dell'avviso  che la disciplina dell'art. 18, primo comma, lettera
 b), della legge n. 157 del 1992, sulla quale  verte  detta  sentenza,
 non  abbia  a  che  vedere  con  la  questione oggetto della presente
 controversia,  per  la  quale  rileva  invece l'art. 1, quarto comma,
 della medesima legge,  che  dichiara  espressamente  di  recepire  le
 direttive   ivi   indicate,   fra   cui   la   direttiva  79/409/CEE;
 quest'ultima, a sua volta, prevede all'art. 9  un  potere  di  deroga
 che,   ad   avviso  della  ricorrente,  sussisterebbe  a  prescindere
 dall'elenco delle specie cacciabili di cui all'art.  18 citato, ed e'
 anzi regolato proprio con riguardo alle specie non cacciabili.
   Osservato, altresi', che il d.P.C.M. 22  novembre  1993,  riducendo
 l'elenco  delle  specie  cacciabili,  non  ha sicuramente inteso, ne'
 potuto disciplinare il potere di deroga di cui  al  predetto  art.  9
 della  direttiva, il ricorso reputa la deroga medesima immediatamente
 operativa, in ragione  della  sua  puntuale  disciplina,  sicche'  il
 problema  si  risolve, ad avviso della ricorrente, nello stabilire se
 il potere  stesso,  come  disciplinato  dall'art.  9,  rientri  nella
 competenza dello Stato o della Regione.
   A  questo  riguardo, il ricorso, nell'escludere che la legge quadro
 n. 157 del 1992,  pur  recependo  l'art.  9  della  direttiva,  abbia
 disciplinato  il  potere  di  deroga  ovvero  lo abbia riservato allo
 Stato, assume che il medesimo rientri nelle funzioni  spettanti  alle
 Regioni  in  base  agli artt. 6 e 99 del d.P.R. n. 616 del 1977, come
 del resto riconosciuto  espressamente  dal  Ministero  delle  risorse
 agricole,  alimentari  e forestali, con circolare n. 16 del 15 luglio
 1994. Rilevato, altresi', che la Commissione di controllo,  sia  pure
 in via ipotetica e subordinata, "ha censurato il modo di esercizio di
 tale  potere sulla base di argomentazioni prive di serio fondamento e
 chiaramente volte a rivendicare, sotto altro profilo,  la  competenza
 dello  Stato  in  materia",  si  deduce, anche sotto questo ulteriore
 aspetto,  l'illegittimita'  dell'atto  di  controllo,  il  quale  non
 considera  che  il  potere  di  deroga e' gia' stato esercitato nella
 scorsa stagione venatoria, e che, dai risultati acquisiti, e' apparso
 evidente che il prelievo e' avvenuto in piccola quantita'.
   2. - Nel  giudizio  di  fronte  alla  Corte  si  e'  costituito  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, osservando, in primo luogo, che
 avverso il medesimo atto della Commissione di  controllo  la  Regione
 Umbria  ha  anche  proposto  ricorso  dinanzi al competente Tribunale
 amministrativo regionale. Il conflitto  dovrebbe  essere  dichiarato,
 pertanto,    inammissibile,    "occorrendo    (...)   lasciare   alla
 giurisdizione   amministrativa   la   cognizione   delle    doglianze
 riguardanti  il  corretto  esercizio del potere di controllo da parte
 della predetta Commissione", giacche' il disposto annullamento  della
 delibera regionale e' stato pronunciato sul fondamento di un ritenuto
 illegittimo  esercizio  del  potere  di  deroga  e non a causa di una
 radicalmente negata competenza regionale.
   In ogni caso, il conflitto dovrebbe  essere  dichiarato  infondato,
 atteso  che  l'atto  in  relazione  al  quale e' proposto non implica
 alcuna lesione o invasione delle competenze regionali.
   A ritenere, poi, che la  Regione  disponga  di  una  competenza  ad
 attivare  le  deroghe ammesse dalla direttiva comunitaria, una simile
 attribuzione non potrebbe  non  essere  circoscritta  dalle  rigorose
 condizioni  scaturenti  dalla  direttiva.  Si  segnala,  altresi', la
 pendenza dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunita'  europee  di
 una  questione  pregiudiziale  sollevata  dal  TAR  Veneto, avente ad
 oggetto  proprio  l'interpretazione  dell'art.  9   della   direttiva
 79/409/CEE.
   3.  -  In  prossimita'  dell'udienza,  l'Avvocatura  dello Stato ha
 depositato una memoria, con  allegata  la  sentenza  della  Corte  di
 giustizia  del  7 marzo 1996; sentenza che, ad avviso dell'Avvocatura
 stessa, confermerebbe la legittimita' dell'atto della  Commissione  e
 la fondatezza dei rilievi mossi alla delibera della Giunta regionale.
 A  questo proposito significativi sarebbero i passaggi della sentenza
 relativi alla necessita' di applicare le norme  nazionali  alla  luce
 della  direttiva; alla necessita' che la disciplina comunitaria delle
 deroghe sia tradotta in disposizioni interne precise; alle condizioni
 vincolanti in presenza delle quali la deroga  puo'  essere  disposta;
 alla  necessita'  che  i  provvedimenti  che  dispongono  le  deroghe
 contengano riferimenti circostanziati in ordine ai presupposti e alle
 modalita' delle medesime.
                         Considerato in diritto
   1. -   Forma oggetto del conflitto  in  esame  la  decisione  della
 Commissione  di  controllo  sull'amministrazione della Regione Umbria
 del 18 ottobre 1995 (prot. n. 9501071,  n.  ord.  264),  mediante  la
 quale  e'  stata annullata la deliberazione della Giunta regionale n.
 7454 del 6 ottobre 1995, avente ad  oggetto  "Prelievo  della  specie
 fringuello in deroga alla direttiva CEE n. 409/1979".
   Tale  annullamento e' stato disposto con riferimento a due profili,
 concernenti: a) la riserva all'Unione europea ed  agli  Stati  membri
 della  tutelabilita' delle specie migratrici, secondo una valutazione
 che, per quanto attiene alle esigenze di protezione  del  fringuello,
 e'  gia'  stata  fatta  dallo  Stato con l'emanazione del decreto del
 Presidente del Consiglio dei Ministri 22 novembre 1993 che,  adottato
 sulla  base  dell'art.  18 della legge n. 157 del 1992, ha escluso il
 fringuello stesso dalle specie cacciabili; b) l'illegittimo esercizio
 del potere  da  parte  della  Regione  "anche  nella  eventuale  (non
 riconosciuta)  ipotesi  dell'esistenza  di  un  potere  di deroga" al
 divieto di caccia, in capo alla Regione stessa.
   Ad  avviso  della  ricorrente,  l'atto  di  controllo,  cosi'  come
 motivato,  sarebbe  invasivo della competenza regionale in materia di
 caccia, quale risulta dall'art. 117 della Costituzione, in  relazione
 agli  artt.  6  e  99 del d.P.R. n. 616 del 1977, nonche' all'art. 1,
 quarto comma, della legge  n.  157  del  1992,  nella  parte  in  cui
 recepisce  l'art.  9,  punto  1, lettere a) e c), della direttiva del
 Consiglio delle comunita' europee del 2 aprile 1979,  concernente  la
 conservazione degli uccelli selvatici (79/409/CEE).
   2.  -  Va esaminata, anzitutto, l'eccezione di inammissibilita' del
 ricorso proposta dall'Avvocatura dello Stato, la quale assume che "il
 disposto annullamento della delibera regionale e'  stato  pronunciato
 sul  fondamento  di  un  ritenuto illegittimo esercizio del potere di
 ''deroga'' da parte della Regione ricorrente; non quindi a  causa  di
 una radicalmente negata competenza regionale".
   In  proposito,  e'  da  rammentare  che la giurisprudenza di questa
 Corte  (da  ultimo,  sentenza  n.  327   del   1990)   ha   affermato
 l'ammissibilita'  dei  conflitti  sollevati  nei confronti degli atti
 emanati  dall'organo  di  controllo  sull'amministrazione   regionale
 quando  la  motivazione  di  tali  atti risulti fondata sull'asserito
 difetto  di  competenza  della  Regione,  ai  sensi  della  normativa
 costituzionale  sulla  competenza.    In  questi  casi,  infatti,  la
 giurisdizione in tema di conflitti opera su  un  piano  diverso,  per
 presupposti  e  finalita',  da  quello  proprio  della  giurisdizione
 amministrativa, dal momento che, nella prima, a differenza che  nella
 seconda,  viene  in  gioco  soltanto il profilo del disconoscimento o
 della menomazione di una competenza dell'ente controllato conseguente
 all'illegittimo esercizio della  funzione  di  controllo,  mentre  il
 giudizio  risulta orientato, prima che in direzione dell'annullamento
 dell'atto, a definire  nei  loro  aspetti  relazionali  le  sfere  di
 attribuzione     rispettivamente     garantite    dalla    disciplina
 costituzionale al controllante ed al controllato.
   Alla luce di tale criterio, l'eccezione non puo' essere accolta  in
 quanto,  dalla  lettura  del  provvedimento oggetto del conflitto, si
 evince che il motivo dell'annullamento dell'atto  della  Regione  sta
 nel  disconoscimento  del  potere della medesima, mentre, solo in via
 ipotetica, ne viene censurato il cattivo esercizio, per  l'"eventuale
 (non riconosciuta) ipotesi dell'esistenza" del potere stesso.
   E'  evidente,  dunque, che l'atto della Commissione di controllo si
 caratterizza essenzialmente come atto di negazione  della  competenza
 regionale,  senza  che  assumano rilievo le ulteriori considerazioni,
 del tutto ipotetiche e concettualmente incompatibili con la  denegata
 sussistenza dell'attribuzione stessa.
   3. - Nel merito il ricorso e' infondato.
   Nel  rivendicare  a  se' il potere di apportare deroghe al generale
 regime  di  protezione  degli  uccelli  selvatici,   previsto   dalla
 direttiva  79/409/CEE,  la  ricorrente da' per scontate due premesse:
 l'una, secondo la quale "la deroga di cui all'art. 9 della  direttiva
 stessa  costituisce  eccezione  ai  divieti  ed  essendo puntualmente
 disciplinata  e'   da   considerarsi   immediatamente   operativa   a
 prescindere  dal recepimento espresso"; l'altra, secondo la quale "la
 legge quadro n. 157 del 1992, pur recependo l'art. 9 della  direttiva
 su  cui  si  fonda  il  potere  di  deroga, non lo disciplina, ne' lo
 riserva allo Stato" per cui il  medesimo  potere  dovrebbe  ritenersi
 ricompreso   nel   quadro  delle  attribuzioni  costituzionali  della
 Regione, quali derivanti dagli artt. 6 e 99 del  d.P.R.  n.  616  del
 1977.
   4.  -  La  valutazione  del  fondamento  della  tesi sopra riferita
 richiede, percio', la verifica del contenuto sia della direttiva, sia
 della legge che ad essa ha dato attuazione. Sul primo  punto,  e'  da
 rilevare  che  la  direttiva  in parola prevede, per la conservazione
 degli uccelli  selvatici,  nonche'  per  la  protezione,  gestione  e
 regolazione  delle specie (art. 1), una pluralita' di misure a carico
 degli Stati membri della comunita', in forma per lo piu' di divieti e
 limitazioni  (artt.    5,  6,  7  e  8),  alle  quali  fa   riscontro
 l'elencazione  (allegato  II,  al  quale si riferisce l'art. 7) anche
 delle specie che possono essere oggetto di atti di caccia nel  quadro
 della   legislazione  nazionale,  tra  le  quali,  peraltro,  non  e'
 ricompreso il fringuello.
   Trattasi di un regime che la stessa direttiva consente di  superare
 merce'  il  ricorso  al  potere di deroga che l'art. 9 riconosce agli
 Stati membri, in presenza di determinate ragioni d'interesse generale
 ivi specificate, nell'osservanza di precise condizioni e modalita', e
 "sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti".
   La stessa possibilita' lasciata agli Stati di perseguire con  altri
 mezzi  il medesimo risultato al quale il potere stesso e' preordinato
 consente di pervenire  ad  una  prima  conclusione  e  cioe'  che  la
 disposizione di cui trattasi puo' considerarsi si' operativa, ma solo
 nel  senso  di legittimare le Autorita' nazionali ad adottare, ove lo
 ritengano,  provvedimenti  di  deroga  alle  norme  protettive  delle
 specie,  verificando che ricorrano le situazioni ipotizzate dall'art.
 9 e apprestando, nell'attuazione di detto articolo,  in  armonia  con
 quanto  indicato  dalla stessa giurisprudenza comunitaria, specifiche
 misure che comportino un circostanziato riferimento agli elementi  di
 cui  ai  nn.  1  e  2  della disposizione stessa (cosi' in ultimo, la
 sentenza 7 marzo 1996, C-118/1994).
   5. - Il problema, come nota, del resto, la  stessa  ricorrente,  si
 risolve  dunque  nello stabilire a chi competa l'attivazione di detto
 potere di deroga nell'ordinamento interno, alla luce  soprattutto  di
 quanto  e'  possibile desumere dalla legge 11 febbraio 1992, n.  157,
 recante "Norme per la protezione della fauna  selvatica  omeoterma  e
 per  il  prelievo  venatorio", che, nel contenere, all'art. 1, quarto
 comma,  una  espressa  dichiarazione  per  effetto  della  quale   la
 direttiva  e'  integralmente  recepita  ed  attuata  "nei  modi e nei
 termini previsti" dalla legge  stessa,  conferisce  alle  "Regioni  a
 statuto  ordinario",  il  compito  di  "emanare  norme  relative alla
 gestione ed alla tutela di tutte le specie della fauna  selvatica  in
 conformita'"  alla  legge medesima, alle convenzioni internazionali e
 alle direttive comunitarie (art. 1, terzo comma).
   Detta  legge,  nell'ambito  della  quale   le   Regioni   risultano
 destinatarie    di    funzioni    in    materia   di   pianificazione
 faunistico-venatoria (artt.  9 e 10), di gestione  programmata  della
 caccia  (art.  14)  nonche'  di controllo della fauna selvatica (art.
 19),  affida  l'individuazione  delle  specie  cacciabili  "ai   fini
 dell'esercizio  venatorio" ad un apposito elenco, contenuto nell'art.
 18; elenco al quale, secondo quanto previsto al terzo comma,  possono
 essere disposte "variazioni" con decreto del Presidente del Consiglio
 dei  Ministri,  su  proposta  del  Ministro  dell'agricoltura e delle
 foreste, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e sentito  il  parere
 dell'Istituto  nazionale per la fauna selvatica, "in conformita' alle
 vigenti  direttive  comunitarie  e  alle  convenzioni  internazionali
 sottoscritte,  tenendo  conto  della consistenza delle singole specie
 sul territorio".
   Quest'ultima disposizione, sulla base della quale e' stato  emanato
 il  d.P.C.m.  22  novembre 1993 - cioe' l'atto con il quale lo Stato,
 escludendo  il  fringuello  dalle  specie  cacciabili,  ha,   secondo
 l'organo  di controllo, esercitato il potere ad esso spettante in via
 esclusiva di tutela delle specie stesse - vale ad integrare un quadro
 ordinamentale sostanzialmente non contraddetto dalla  disciplina  che
 la stessa ricorrente ha introdotto in materia, con la legge regionale
 17  maggio  1994,  n.  14,  il  cui art. 1 richiama espressamente "il
 quarto comma, art.   1 della legge 11  febbraio  1992,  n.  157,  con
 particolare  riferimento  alle  direttive comunitarie n. 79/409 del 2
 aprile 1979, n. 85/411 del 25 luglio 1985 e n.  91/244  del  6  marzo
 1991".  Tale  quadro  porta  a ritenere che, nell'assetto attualmente
 dato dal legislatore nazionale all'attivita' venatoria e per  i  fini
 della  stessa,  i  divieti  posti  dalla  direttiva in tema di specie
 cacciabili sono suscettibili di modifica solo nei limiti  del  potere
 di  variazione  degli  elenchi  delle specie medesime, riservato allo
 Stato dall'art. 18, terzo comma, della legge n. 157 del 1992. E', per
 contro, compito delle Regioni, "sentito l'Istituto nazionale  per  la
 fauna  selvatica",  pubblicare  "entro  e  non oltre il 15 giugno, il
 calendario regionale e  il  regolamento  relativi  all'intera  annata
 venatoria,  nel  rispetto di quanto stabilito ai commi 1, 2 e 3 e con
 l'indicazione del numero massimo di capi  da  abbattere  in  ciascuna
 giornata di attivita' venatoria" (art. 18, quarto comma).
   Detta soluzione - in armonia con le esigenze di tutela delle specie
 di   uccelli   viventi   naturalmente   allo   stato  selvatico  che,
 appartenendo in gran parte alle specie migratrici,  costituiscono  un
 patrimonio comune e un problema ambientale tipicamente transnazionale
 -  trova il sostegno della precedente giurisprudenza di questa Corte.
 Gia' in passato, infatti - e  sia  pure  nell'ambito  di  un  diverso
 contesto  di  disciplina (in riferimento alla legge quadro n. 968 del
 1977) - la Corte stessa ha ritenuto che l'individuazione delle specie
 cacciabili costituisce un interesse unitario  (sentenza  n.  577  del
 1990;  sentenza n. 1002 del 1988), a fronte del quale va riconosciuta
 alle  Regioni  la  facolta'  di  modificare  l'elenco  delle   specie
 medesime, soltanto nel senso di "limitare e non di ampliare il numero
 delle  eccezioni al divieto generale di caccia" (sentenza n. 1002 del
 1988).
   Ne' delle conclusioni  alle  quali  occorre  pervenire  la  Regione
 ricorrente  ha  motivo  di  dolersi,  anche  a  tener  presente  - in
 relazione alle sue competenze in materia di caccia, di  cui  all'art.
 117  della  Costituzione  e  all'art. 99 del d.P.R. n. 616 del 1977 -
 l'art. 6 del medesimo d.P.R. n. 616 del 1977,  che  trasferisce  alle
 Regioni  le  funzioni  amministrative  relative  all'attuazione delle
 direttive  fatte  proprie  dallo   Stato   con   legge   che   indica
 espressamente  le  norme di principio.   Infatti, secondo quanto gia'
 affermato dalla Corte, qualora l'attuazione  o  l'esecuzione  di  una
 direttiva comunitaria metta in questione una competenza legislativa o
 amministrativa   spettante  ad  un  soggetto  titolare  di  autonomia
 costituzionale, compete di norma ad esso agire  in  attuazione  o  in
 esecuzione,  naturalmente entro l'ambito dei consueti rapporti con lo
 Stato e dei limiti costituzionalmente previsti nelle diverse  materie
 di  competenza  regionale;  ma  lo  Stato  rimane  comunque abilitato
 all'uso di tutti gli strumenti consentitigli, a seconda della  natura
 della  competenza  regionale, per far valere gli interessi unitari di
 cui esso e' portatore (sentenza n. 126 del 1996).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara che spetta allo Stato  e  per  esso  alla  Commissione  di
 controllo sugli atti della regione Umbria annullare la delibera della
 giunta  regionale  n.  7454  del  6  ottobre  1995, avente ad oggetto
 "Prelievo della specie fringuello in deroga  alla  direttiva  CEE  n.
 409/1979".
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 luglio 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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