N. 294 ORDINANZA 18 - 22 luglio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia - Abusivismo - Trattament00sanzionatorio  penale  -  Effetti
 estintivi  sui  reati  contravvenzionali  in materia - Rilascio delle
 concessioni  in  sanatoria  ordinaria  -  Mancata  previsione   della
 estinzione  dei  reati anche in caso di condanna con sentenza passata
 in giudicato con cessazione dell'esecuzione e degli effetti penali  -
 Discrezionalita' del legislatore nel fissare i limiti temporali della
 causa  estintiva  -  Realizzazione  di  un  incentivo  alla sollecita
 definizione delle iniziative di sanatoria - Possibilita' che distinte
 situazioni siano diversamente disciplinate dalla legge come nel  caso
 di   soggetti  imputati  e  soggetti  condannati  (vedi  sentenza  n.
 369/1988) - Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 28 febbraio 1985, n. 47, art. 22).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.33 del 14-8-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
  Giudici:  prof.  Luigi MENGONI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano
 VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22 della legge
 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attivita'
 urbanistico-edilizia, sanzioni,  recupero  e  sanatoria  delle  opere
 edilizie),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  25  maggio 1995 dal
 pretore di Foggia nel procedimento penale a carico di Moffa  Michele,
 iscritta  al  n.  526  del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  39,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  17  aprile  1996  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto che Michele Moffa, condannato, con sentenza emessa in data
 2  marzo  1992,  alla  pena  di  dieci  giorni  di  arresto e di lire
 ottomilioni  di  ammenda  per  una  serie  di  violazioni   edilizie,
 unificate  insieme ad altri reati di altra natura, ai sensi dell'art.
 81 cpv., cod. pen., otteneva, in  data  14  febbraio  1994,  dopo  il
 passaggio  in  giudicato  della  sentenza, la concessione edilizia in
 sanatoria e richiedeva al pretore di Foggia, in qualita'  di  giudice
 dell'esecuzione,  la  pronuncia  di  estinzione  dei  reati  a  norma
 dell'art. 22 della legge n. 47 del 1985;
     che il pretore di Foggia, con ordinanza emessa il 25 maggio 1995,
 rilevato che l'art. 22 citato individua  nel  rilascio  in  sanatoria
 della   concessione   edilizia   una   causa   estintiva   dei  reati
 contravvenzionali previsti  dalle  norme  urbanistiche  vigenti,  cui
 viene  attribuita  rilevanza  giuridica prima che intervenga sentenza
 irrevocabile di condanna,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dello stesso art. 22 nella parte in cui non prevede la
 estinzione  dei  reati anche in caso di condanna con sentenza passata
 in giudicato, facendone cessare l'esecuzione e gli effetti penali;
     che la disposizione de qua si porrebbe in contrasto con gli artt.
 3 e 24 della  Costituzione  sotto  il  profilo  della  disparita'  di
 trattamento  e  della restrizione del diritto di difesa rispetto alle
 ipotesi in cui le cause di estinzione del  reato  spiegano  efficacia
 anche  nei  confronti della cosa giudicata, nonostante la eadem ratio
 della causa estintiva, collegata in entrambi i casi ad un evento  che
 fa venir meno il disvalore giuridico della fattispecie criminosa;
     che  nell'ordinanza  di  rimessione  si afferma, sotto il profilo
 della rilevanza, che, se e' vero che  l'estinzione  investe  le  sole
 contravvenzioni urbanistiche e non anche i concorrenti reati di altra
 natura  per  i  quali  il Moffa aveva riportato la condanna (quali le
 violazioni di cui all'art. 650 cod. pen. e della legge  antisismica),
 e  che  il giudice, con la sentenza in esame, aveva unificato tutti i
 reati contestati sotto il vincolo della continuazione,  e'  pur  vero
 che,  ai fini dell'applicazione della causa estintiva, non sussistono
 impedimenti normativi al frazionamento del reato continuato nei  vari
 episodi criminosi;
     che  se  poi  cio' fosse ritenuto inammissibile in presenza della
 cosa giudicata,  si  porrebbe,  secondo  il  giudice  rimettente,  il
 problema   della   legittimita'   costituzionale   della   disciplina
 impeditiva;
     che  nel  giudizio  ha  spiegato  intervento  il  Presidente  del
 Consiglio   dei  Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
 generale dello Stato, che ha concluso per la  inammissibilita'  della
 questione,  versandosi  in  materia  riservata  alla discrezionalita'
 legislativa e, comunque, per la infondatezza;
   Considerato che il legislatore, con l'art. 22, terzo  comma,  della
 legge  28  febbraio  1985, n. 47, ha adottato  una formulazione degli
 effetti estintivi, sui reati contravvenzionali previsti  dalle  norme
 urbanistiche  vigenti,    derivanti dal rilascio delle concessioni in
 sanatoria cosi' detta ordinaria (accertamento  di  conformita':  art.
 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47), che non prevede, in mancanza
 di  espressa dizione (che coinvolga l'esecuzione e gli effetti penali
 delle  sentenze   irrevocabili   di   condanna   gia'   pronunciate),
 l'estensione degli stessi effetti sul giudicato gia' formatosi (cfr.,
 per  fattispecie analoga riferita agli artt. 38, primo e terzo comma,
 e 44 della legge n. 47 del 1985, la sentenza n. 369 del 1988);
     che la anzidetta norma, con questa interpretazione, adottata  dal
 giudice  a  quo  conformemente  al diritto vivente, certamente non si
 pone  in  contrasto  con   il   principio   di   eguaglianza   e   di
 ragionevolezza,  poiche'  la  sanatoria  e' intervenuta in un momento
 successivo al passaggio in giudicato della sentenza di  condanna,  la
 cui  definitivita'  si  e'  realizzata  quando  l'imputato si trovava
 ancora in situazione di  illegalita'  (formale)  per  avere  compiuto
 opere edilizie abusive senza avere il titolo abilitativo;
     che  rientra  nella  discrezionalita'  del legislatore, una volta
 individuata una causa estintiva del reato, fissare, in relazione allo
 status  dell'azione  penale,  i  limiti  temporali  di  questa  causa
 estintiva,  che  deriva,  si  noti,  da  una  iniziativa dello stesso
 responsabile dell'abuso (richiesta di concessione in sanatoria il cui
 rilascio e' subordinato al pagamento a titolo  di  oblazione  di  una
 misura  maggiorata  del contributo di concessione, perfino in caso di
 concessione gratuita:  art. 13, primo e terzo comma, della  legge  n.
 47 del 1985);
     che,  d'altro  canto,  l'art.  22  della legge n. 47 del 1985 nel
 testo originario, dandosi carico della natura formale dell'infrazione
 (mancanza del titolo abilitativo in  presenza  di  piena  conformita'
 delle  opere  alla programmazione edilizia), prevedeva la sospensione
 dell'azione penale, interpretata temporalmente  fino  all'esaurimento
 del  procedimento  di  sanatoria nella fase amministrativa (fino alla
 pronuncia del comune), mentre con la modifica  da  ultima  introdotta
 con  il  d.-l.  25  maggio  1996,  n.  285  (art. 8, ottavo comma) la
 sospensione e' stata estesa fino alla  definizione  del  giudizio  di
 impugnazione   dell'eventuale   rifiuto  della  sanatoria  avanti  al
 tribunale amministrativo regionale, cosi' consentendosi  un  maggiore
 spazio  all'interessato  per  ottenere  la  sanatoria e far valere le
 proprie  ragioni  di  tutela  avanti  al   tribunale   amministrativo
 regionale  e  realizzare,  in  caso  di accoglimento e rilascio della
 sanatoria, anche l'effetto estintivo;
     che con tale meccanismo si realizza anche un  incentivo  per  una
 sollecita definizione delle iniziative di sanatoria;
     che  la fattispecie e' analoga a quella presa in considerazione a
 proposito del condono-sanatoria previsto dai Capi IV e V della  legge
 n.  47  del  1985  e con riferimento agli artt. 38 e 44, della stessa
 legge, in relazione alla quale  e'  stato  affermato  "che  non  puo'
 ritenersi   "irrazionale"   il  non  avere  previsto,  a  favore  dei
 richiedenti la concessione in sanatoria gia' condannati con  sentenza
 definitiva,  l'estinzione della esecuzione della pena. D'altro canto,
 situazioni diverse sono, certamente, quelle nelle quali si trovano da
 una parte i soggetti  imputati,  durante  il  procedimento  penale  e
 dall'altra   i   soggetti   condannati,   a  seguito  della  sentenza
 definitiva:   le predette situazioni ben  possono,  pertanto,  essere
 diversamente disciplinate dalla legge" (sentenza n. 369 del 1988);
     che,  infine,  nessun contrasto, come delineato dal giudice a quo
 puo' configurarsi con l'art. 24  della  Costituzione,  in  quanto  la
 tutela  giurisdizionale non viene affatto lesa, mentre vi e' solo una
 non previsione di effetti  rispetto  a  situazioni  definite  con  il
 giudicato penale;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  22  della  legge  28  febbraio 1985, n. 47
 (Norme in materia di controllo  dell'attivita'  urbanistico-edilizia,
 sanzioni,  recupero  e sanatoria delle opere edilizie), sollevata, in
 riferimento agli artt. 3 e 24  della  Costituzione,  dal  pretore  di
 Foggia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
                          Il Presidente: Ferri
                         Il redattore: Chieppa
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 22 luglio 1996.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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