N. 325 SENTENZA 18 - 29 luglio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Lavoratore con rapporto di lavoro  pubblico
 o  privato  -  Diritto  di scelta della sede di lavoro piu' vicina al
 proprio domicilio per assistenza continua di parente o  affine  entro
 il  terzo  grado  portatore di handicap con lui convivente - Presunta
 irrazionalita' della distinzione tra il caso in cui il disabile  gia'
 riceva  assistenza  e  quello  in  cui  l'esigenza  sorga  quando  il
 lavoratore  non  sia  convivente  e  voglia  essere  trasferito   per
 attendere  alle  cure del congiunto - Riferimento alla sentenza della
 Corte n. 215/1987 - Inimmaginabilita' che l'assistenza al disabile si
 fondi esclusivamente  su  quella  familiare  -  Ragionevolezza  della
 scelta del legislatore - Non fondatezza.
 
 (Legge 5 febbraio 1992, n. 104, art. 33, quinto comma).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.35 del 28-8-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici:  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,    dott. Renato
 GRANATA,
  prof. Giuliano VASSALLI,   prof. Francesco  GUIZZI,    prof.  Cesare
 MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,  dott.
 Cesare RUPERTO,  dott. Riccardo CHIEPPA,  prof. Valerio ONIDA,  prof.
 Carlo  MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  33,  quinto
 comma,  della  legge  5  febbraio  1992,  n.  104  (Legge  quadro per
 l'assistenza,  integrazione  sociale  e  i  diritti   delle   persone
 handicappate),  promosso  con  ordinanza emessa il 10 agosto 1995 dal
 pretore di Livorno  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Nunnari
 Ubaldo  e  le  Ferrovie  dello  Stato  S.p.A., iscritta al n. 683 del
 registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1995;
   Visto  l'atto  di  costituzione  delle  Ferrovie dello Stato S.p.A.
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella udienza pubblica del 19 marzo 1996 il giudice relatore
 Francesco Guizzi;
   Uditi l'avvocato Attilio Maggini per le Ferrovie dello Stato S.p.A.
 e l'avvocato dello  Stato  Giuseppe  Fiengo  per  il  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Il  pretore  di  Livorno, giudicando sul ricorso proposto da
 Ubaldo Nunnari contro le Ferrovie dello Stato, volto  a  ottenere  il
 trasferimento  definitivo  da Livorno a Reggio Calabria per assistere
 il padre,  cola'  residente,  portatore  di  handicap,  ha  sollevato
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 33, quinto comma,
 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (Legge quadro  per  l'assistenza,
 integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), perche'
 pone  una  distinzione,  ritenuta  irrazionale, fra il caso in cui il
 disabile gia' riceva assistenza e quello - altrettanto meritevole  di
 tutela  -  in  cui  l'esigenza  sorga  quando  il  lavoratore non sia
 convivente e voglia essere trasferito per  attendere  alle  cure  del
 congiunto.    Il  diverso  trattamento  di situazioni sostanzialmente
 simili sarebbe illegittimo alla luce dell'art. 3 della Costituzione.
   2. - E' intervenuto  il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo nel
 senso dell'inammissibilita' o, in subordine, dell'infondatezza  della
 questione.
   Il giudice a quo - avverte l'Avvocatura - interpreta estensivamente
 il  concetto di assistenza, che l'art. 33, quinto comma, della citata
 legge n. 104 limita a quella in atto.  Tale  erronea  lettura  rileva
 innanzitutto  circa  l'ammissibilita', giacche' - ove ci si riferisca
 all'astratta potenzialita' di assistenza da parte dei  genitori,  dei
 parenti o affini entro il terzo grado - la circostanza che l'handicap
 sopravvenga,  ovvero  preesista, e' ininfluente. La questione sarebbe
 comunque infondata, dal momento che  la  finalita'  perseguita  dalla
 norma  denunciata  e' di garantire il rapporto che si instaura fra il
 portatore di handicap e il familiare che da' assistenza continuativa,
 evitando rotture traumatiche della convivenza. Solo  l'assistenza  in
 atto,  accettata  dall'interessato,  consente  infatti  di verificare
 nella  sua  effettivita'  la  funzione  di  supplenza  affidata  alla
 famiglia,  in relazione alla quale si giustificano speciali diritti e
 agevolazioni.
   3. - Si e' costituita in giudizio la S.p.A. Ferrovie  dello  Stato,
 concludendo  analogamente  per la inammissibilita' e, nel merito, per
 l'infondatezza.
   Il ricorrente, si osserva, non convive con il  familiare,  per  cui
 manca  il  requisito  dell'assistenza  gia'  prestata  e  della reale
 convivenza richiesto dall'art. 33, quinto comma, della legge n.  104:
 norma  che  tutela il diritto del lavoratore a scegliere la sede piu'
 vicina al proprio domicilio  e  non  quello  del  disabile  a  essere
 assistito,  che  l'ordinamento  assicura  mediante altri istituti. La
 questione sarebbe  comunque  infondata,  perche'  il  legislatore  ha
 voluto  salvaguardare  le  situazioni  in  atto, valutando i risvolti
 sociali,  tanto  da  limitare  il  diritto  del  datore   di   lavoro
 all'autorganizzazione   dell'impresa,   anch'esso  costituzionalmente
 rilevante (art. 41 della Costituzione).
   La  difesa  delle  Ferrovie dello Stato S.p.A. richiama, infine, la
 sentenza n. 193 del 1994, di non fondatezza, che attiene  all'ipotesi
 del  trattamento  meno  favorevole  riservato  agli  invalidi  civili
 rispetto  a  quello  previsto  per  gli  invalidi  di  guerra   circa
 l'indennita' di accompagnamento.
                        Considerato in diritto
   1.  -  Il  dubbio  di  costituzionalita'  sollevato  dal pretore di
 Livorno verte sul quinto comma dell'art. 33 della legge  n.  104  del
 1992 (Legge quadro per l'assistenza, integrazione sociale e i diritti
 delle   persone  handicappate),  in  base  al  quale  il  genitore  o
 familiare, lavoratore con rapporto di lavoro pubblico o  privato,  il
 quale  assiste  con  continuita'  un portatore di handicap, parente o
 affine entro il  terzo  grado,  con  lui  convivente,  ha  diritto  a
 scegliere,  ove  possibile,  la sede di lavoro piu' vicina al proprio
 domicilio e non puo' essere trasferito senza il suo consenso ad altra
 sede.
   Il giudice rimettente censura tale norma con riguardo al  principio
 contenuto  nell'art.  3  della  Costituzione, perche' sottende, a suo
 avviso, una irrazionale disparita' di trattamento  fra  l'ipotesi  in
 cui  il  portatore  di  handicap  riceva  gia'  assistenza e quella -
 altrettanto meritevole di tutela - in cui l'esigenza sorga quando  il
 lavoratore  non  e'  convivente,  e si renda quindi necessario il suo
 trasferimento per attendere alle cure del congiunto.
   2. - La questione non e' fondata.
   Questa Corte, esaminando alcuni profili  della  legge  n.  104  del
 1992,  ne  ha  sottolineato l'ampia sfera di applicazione, diretta ad
 assicurare, in termini quanto piu' possibile soddisfacenti, la tutela
 dei portatori di  handicap.  Essa  incide  sul  settore  sanitario  e
 assistenziale,  sulla  formazione  professionale, sulle condizioni di
 lavoro, sull'integrazione scolastica; e in generale, detta misure che
 hanno il fine di  superare,  o  di  contribuire  a  far  superare,  i
 molteplici  ostacoli  che  il disabile incontra quotidianamente nelle
 attivita'  sociali  e  lavorative,  e   nell'esercizio   di   diritti
 costituzionalmente protetti (sentenza n.  406 del 1992).
   La  legge  n. 104 puo' dunque considerarsi una prima, significativa
 risposta al pressante invito, rivolto da questa Corte al legislatore,
 di garantire la condizione giuridica del portatore  di  handicap,  la
 cui  tutela  passa  attraverso  l'interrelazione e l'integrazione dei
 valori espressi dal  disegno  costituzionale  (in  tal  senso  v.  la
 sentenza  n.  215  del  1987).  In quella occasione, va ricordato, la
 Corte non manco' di sottolineare la discrezionalita'  del  Parlamento
 nell'individuare  le  diverse  misure operative; ma cio' non implica,
 certo, che non si possa compiere il vaglio di  costituzionalita'  dei
 meccanismi  predisposti  dalla  legge  quadro  in  esame,  al fine di
 controllare sia la razionalita'  e  congruita'  delle  singole  norme
 denunciate sia la sussistenza di eventuali disparita' di trattamento,
 senza perdere di vista, comunque, l'insieme normativo.
   Il  giudice  a  quo  appunta  le  sue  censure  su una disposizione
 particolare della legge, l'art. 33, quinto  comma,  che  assicura  al
 lavoratore  il  diritto di scegliere la sede di lavoro piu' vicina al
 proprio domicilio quando assista con continuita' un parente o affine,
 portatore di handicap, con lui  convivente.  Ad  avviso  del  pretore
 rimettente,  essa pone una distinzione irrazionale fra il caso in cui
 il disabile riceva gia' assistenza e quello - che sarebbe altrettanto
 meritevole di considerazione - in cui il bisogno si palesi nella  sua
 entita'  quando  il  lavoratore  non sia di fatto convivente e voglia
 pertanto essere trasferito per adempiere quanto ritiene  doveroso,  e
 indispensabile.
   L'ordinanza  solleva  una  questione che richiede attenzione, tanto
 sono  importanti  i  valori  costituzionali   che   concorrono   alla
 protezione  del  portatore  di  handicap.  Ma occorre aggiungere che,
 seguendo l'impostazione del giudice a quo, si rischia  di  dare  alla
 norma   un   rilievo  eccessivo,  perche'  non  e'  immaginabile  che
 l'assistenza al disabile si fondi esclusivamente su quella familiare,
 si'  che  il  legislatore  ha,  con   la   legge   quadro   n.   104,
 ragionevolmente  previsto - quale misura aggiuntiva - la salvaguardia
 dell'assistenza in atto, accettata dal disabile, al fine  di  evitare
 rotture traumatiche, e dannose, della convivenza.
   Tale  misura  e' razionalmente inserita nel complesso normativo cui
 si e' accennato, e senza escludere che il legislatore, nell'esercizio
 della sua discrezionalita', possa in futuro rivedere ed eventualmente
 ampliare l'art. 33, quinto comma, deve qui dichiararsi  insussistente
 la  lamentata disparita' di trattamento, con conseguente infondatezza
 della questione.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  33,  quinto  comma,  della  legge  5 febbraio 1992, n. 104
 (Legge quadro per l'assistenza,  integrazione  sociale  e  i  diritti
 delle  persone  handicappate),  sollevata,  in riferimento all'art. 3
 della  Costituzione,  dal  pretore  di  Livorno  con  l'ordinanza  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
 Il Presidente: Ferri
 Il redattore:  Guizzi
 Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 29 luglio 1996.
 Il direttore della cancelleria: Di Paola
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