N. 330 SENTENZA 18 - 29 luglio 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Ambiente  (tutela  dell')  -  Inquinamento delle acque - Scarichi non
 autorizzati - Inosservanza dei  limiti  tabellari  di  accettabilita'
 degli  scarichi  -  Trattamento sanzionatorio penale - Intervento con
 decreto-legge in assenza degli indispensabili requisiti di necessita'
 ed urgenza - Modificazione del regime delle sanzioni - Conversione in
 legge del decreto-legge in esame  con  stabile  e  definitivo  valore
 normativo   -  Non  comparabilita'  della  disciplina  contenuta  nei
 decreti-legge   precedenti   non   convertiti   -    Discrezionalita'
 legislativa  in  materia  di  creazione  di  fattispecie  penali o di
 aggravamento delle pene in forza del principio di  stretta  legalita'
 dei  reati  e  delle  pene  (vedi  sentenze  nn. 314 e 226 del 1993 e
 ordinanze nn. 132  e  25  del  1995)  -  Erroneita'  dei  presupposti
 interpretativi  da  parte  del  giudice  a  quo  -  Non  fondatezza -
 Inammissibilita'.
 
 (D.-L. 17 marzo 1995, n. 79, art. 3, primo  comma,  secondo  periodo,
 convertito,  con  modificazioni, nella legge  17 maggio 1995, n. 172;
 legge 17 maggio 1995, n. 172, art. 1, secondo comma; d.-l.  17  marzo
 1995, n. 79,  artt. 1, 2 e 3, primo comma, primo periodo, convertito,
 con  modificazioni,  nella  legge  17  maggio  1995, n. 172; legge 10
 maggio 1976, n. 319, art. 21, terzo comma, nel testo  sostituito  con
 l'art.   3   del   d.-l.  17  marzo  1995,  n.  79,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n.  172;  d.-l.  17  marzo
 1995,  n.  79,  art. 3, primo comma, secondo periodo, convertito, con
 modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n.  172;  d.-l.  17  marzo
 1995,  n.  79,  art.  3, primo comma, ultimo periodo, convertito, con
 modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172;  legge  10  maggio
 1976,  n.  319,  art.  21,  terzo  comma,  ultimo  periodo, nel testo
 sostituito  con l'art. 3 del d.-l. 17 marzo 1995,  n.  79;  d.-l.  17
 marzo  1995,  n.  79,  artt.  6,  7,  secondo,  terzo e quinto comma,
 convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172).
 
 (Cost., artt. 3, 25, 77, 10, 11, 9, 32, 41, 101 e 112).
(GU n.35 del 28-8-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente:, avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,    dott.  Renato
 GRANATA,
  prof.  Giuliano  VASSALLI,    prof. Francesco GUIZZI,   prof. Cesare
 MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,    dott.
 Cesare RUPERTO,  dott. Riccardo CHIEPPA,  prof. Gustavo ZAGREBELSKY,
  prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Sentenza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale del d.-l. 17 marzo 1995,
 n. 79 (Modifiche  alla  disciplina  degli  scarichi  delle  pubbliche
 fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
 fognature);  degli  artt.  1, 2, 3, 6 e 7 del d.-l. 17 marzo 1995, n.
 79, convertito, con modificazioni, nella legge  17  maggio  1995,  n.
 172;  dell'art.  1, secondo comma, della legge 17 maggio 1995, n. 172
 e dell'art.  21, terzo comma, della legge  10  maggio  1976,  n.  319
 (Norme  per  la  tutela  delle acque dall'inquinamento), promossi con
 ordinanze emesse:  il 24 marzo 1995 dal pretore di  Perugia,  sezione
 distaccata di Todi; l'11 aprile 1995 dal pretore di Busto Arsizio; il
 31   marzo  1995  dal  pretore  di  Mantova,  sezione  distaccata  di
 Castiglione  delle  Stiviere;  il  6  aprile  1995  dal  pretore   di
 Pordenone, sezione distaccata di Spilimbergo; il 10 aprile 1995 (n. 2
 ordinanze)  dal  pretore di Ferrara, sezione distaccata di Comacchio;
 il 5 maggio 1995 dal pretore di Trento; il 31 maggio 1995 dal giudice
 per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine;
 il 27 giugno 1995 dal  pretore  di  Perugia,  sezione  distaccata  di
 Assisi;  il 30 giugno 1995 dal pretore di Perugia, sezione distaccata
 di Todi; il 24 giugno 1995 dal giudice per  le  indagini  preliminari
 presso  la  Pretura  circondariale  di  Udine;  il  27 marzo 1995 dal
 pretore di Brescia; il 5 aprile 1995  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  Pretura circondariale di Lecce; il 30 giugno
 1995 dal pretore di Pistoia,  sezione  distaccata  di  Pescia;  il  3
 aprile  1995  (n.  3  ordinanze) dal pretore di Ferrara; il 12 aprile
 1995 dal pretore di  Ferrara;  il  14  aprile  1995  dal  pretore  di
 Ferrara;  il  30 marzo 1995 dal pretore di Ferrara; il 20 aprile 1995
 dal pretore di Udine; il 26 giugno 1995 dal giudice per  le  indagini
 preliminari  presso  la  Pretura  circondariale di Pisa; il 24 agosto
 1995 dal giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale  di  Trieste; il 17 luglio 1995 dal pretore di Vicenza;
 il 1 settembre 1995 dal giudice per le indagini preliminari presso la
 Pretura  circondariale  di  Livorno;  il  26  settembre  1995  (n.  2
 ordinanze)  dal  pretore  di  Padova,  sezione distaccata di Piove di
 Sacco; il 4 ottobre 1995 dal pretore di Padova, sezione distaccata di
 Piove di Sacco; il 6 aprile 1995  dal  pretore  di  Grosseto;  il  28
 settembre  1995 dal pretore di Palmi; il 10 novembre 1995 dal giudice
 per le indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Udine;
 il 13 ottobre 1995 (n.   2 ordinanze) dal pretore  di  Pisa,  sezione
 distaccata  di San Miniato; il 12 ottobre 1995 dal pretore di Trento;
 l'8 novembre 1995 dal giudice per le indagini preliminari  presso  la
 Pretura  circondariale  di  Lecce; il 13 dicembre 1995 dal pretore di
 Padova, sezione distaccata di Piove di Sacco; il 3 novembre 1995  dal
 giudice  per  le indagini preliminari presso la Pretura circondariale
 di Lecce; ordinanze rispettivamente iscritte ai nn.  336,  345,  346,
 371, 384, 385, 432, 495, 537, 584, 588, 607, 608, 616, 634, 642, 643,
 649, 650, 672, 685, 688, 718, 776, 786, 807, 808, 809, 895, 896, 916,
 919,  920  del  registro  ordinanze 1995 e ai nn. 9, 60, 112, 131 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica, prima serie speciale, nn. 24, 25, 26, 30, 38, 40, 41, 42,
 43, 44, 48, 49 e 53 dell'anno 1995 e nn. 2, 5, 7 e 8 dell'anno 1996;
   Visti  gli  atti  di  intervento  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  17  aprile  1996  il  giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1.1.   -   Nel   corso  di  un  procedimento  penale  promosso  con
 l'imputazione di violazione  di  norme  per  la  tutela  delle  acque
 dall'inquinamento  (legge  10  maggio  1976,  n.  319), il pretore di
 Perugia, sezione distaccata di Todi, con ordinanza emessa il 24 marzo
 1995  (reg.  ord.  n.  336  del  1995),  ha  sollevato  questioni  di
 legittimita' costituzionale del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche
 alla  disciplina  degli  scarichi  delle  pubbliche fognature e degli
 insediamenti civili  che  non  recapitano  in  pubbliche  fognature),
 denunciando:
     a)   in  riferimento  agli  artt.  9,  10,  25,  32  e  77  della
 Costituzione, l'art. 3 del decreto-legge, che stabilisce le  sanzioni
 da  applicare  per  l'inosservanza dei limiti di accettabilita' degli
 scarichi indicati dalle tabelle allegate alla legge n. 319 del  1976,
 ovvero  di  quelli  stabiliti  dalle  Regioni  (in  base all'art. 14,
 secondo comma, della stessa legge);
     b) in riferimento agli artt.  3,  25  e  77  della  Costituzione,
 l'art.    7  dello  stesso decreto-legge, che consente ai titolari di
 scarichi non autorizzati in esercizio alla data di entrata in  vigore
 della legge di conversione del decreto-legge di presentare domanda di
 autorizzazione  in  sanatoria.    Il giudice rimettente rileva che il
 decreto-legge n. 79 del 1995 segue una serie di numerosi,  precedenti
 analoghi decreti-legge, non convertiti nei termini costituzionalmente
 previsti,  e  ritiene  che l'abrogazione o la modifica di fattispecie
 penali incriminatrici disposta con  decreto-legge  possa  determinare
 una  violazione  degli  artt.  25 e 77 della Costituzione. Difatti la
 reiterazione  di  decreti-legge  in  materia  penale,  con  modifiche
 rilevanti  nella  disciplina  che  via  via  interviene,  verrebbe ad
 incidere sul principio di legalita' ed a determinare incertezza sulle
 norme ed imprevedibilita' delle decisioni giudiziarie.  Gli  imputati
 di  un  medesimo  reato sarebbero, difatti, giudicati in base a norme
 precarie emanate dal Governo e mutevoli nel tempo, mentre la  riserva
 di legge in materia penale attribuisce in questo settore il monopolio
 della  produzione  normativa  al  Parlamento,  per  evitare possibili
 arbitri del potere esecutivo o di quello  giudiziario.    Inoltre  il
 decreto-legge   n.  79  del  1995  sarebbe  privo  dei  requisiti  di
 necessita' ed urgenza e, per questo vizio,  non  potrebbe  costituire
 oggetto di legittima conversione in legge.  Considerando il contenuto
 della disciplina dettata dal decreto-legge n. 79 del 1995, il pretore
 ne  denuncia  l'art. 3, che violerebbe l'art.  10 della Costituzione,
 per mancato adeguamento al diritto comunitario, e gli artt.  9  e  32
 della  Costituzione, per lesione dell'ambiente e della salute, intesi
 come ambiente naturale salubre.  Il giudice rimettente denuncia anche
 l'art. 7 dello stesso decreto-legge, che, in violazione  dell'art.  3
 della  Costituzione, determinerebbe una disparita' di trattamento tra
 chi, avendo attivato uno scarico permanente, puo' presentare  domanda
 di  autorizzazione in sanatoria ed estinguere il reato, e chi, avendo
 effettuato  uno  scarico  solo   occasionale,   non   puo'   chiedere
 l'autorizzazione e sanare l'illecito per un fatto di minore gravita'.
   1.2.  -  Il  pretore  di  Busto  Arsizio, con ordinanza emessa l'11
 aprile 1995 (reg. ord. n. 345 del 1995), ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 25 e 77  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3, secondo comma, del d.-l. 17 marzo 1995,
 n. 65 (recte:  dell'art. 3, primo comma, del d.-l. 17 marzo 1995,  n.
 79).
   Anche  questo  giudice  ritiene  che  il decreto-legge manchi degli
 indispensabili requisiti di necessita'  ed  urgenza  e  considera  la
 reiterazione  di  decreti-legge  non convertiti come atta ad incidere
 sul principio di certezza del diritto ed a privare il Parlamento  del
 potere,  ad esso esclusivamente spettante, di effettuare le scelte di
 politica criminale.
   1.3. - Nel corso di un  procedimento  penale  promosso  per  essere
 stati effettuati scarichi da pubbliche fognature senza autorizzazione
 e superando i limiti di accettabilita' (art. 21, primo e terzo comma,
 della  legge  n.  319  del  1976),  il  pretore  di  Mantova, sezione
 distaccata  di Castiglione delle Stiviere, con ordinanza emessa il 31
 marzo 1995 (reg. ord. n. 346 del  1995)  ha  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  3, primo comma, dell'art. 6,
 secondo comma (norma, questa, che, aggiungendo,  in  fine,  un  comma
 all'art.  21  della  legge  n.  319  del  1976,  prevede una sanzione
 amministrativa per i casi in cui siano aperti o  comunque  effettuati
 scarichi  civili  e  delle  pubbliche  fognature  senza la prescritta
 autorizzazione), e dell'art. 7, commi 2 e 3, del d.-l. 17 marzo 1995,
 n. 79. Il pretore denuncia la violazione degli artt. 3, 9,  25  e  32
 della   Costituzione.      Il   giudice  rimettente  ritiene  che  il
 decreto-legge  n.  79  del  1995  contenga  un'oggettiva   e   palese
 contraddizione  logica tra l'art. 6, secondo comma, e l'art. 7, commi
 2 e 3. La prima delle due disposizioni non prevede piu' come reato lo
 scarico delle pubbliche fognature senza  autorizzazione,  la  seconda
 introduce una sanatoria per gli scarichi in esercizio. Ma non essendo
 possibile sanare, e dunque estinguere, un reato che non e' piu' tale,
 la  depenalizzazione  dovrebbe  riguardare solo gli scarichi nuovi, e
 non quelli  gia'  in  esercizio.    Ne  seguirebbe  un'ingiustificata
 disparita'  di trattamento tra chi, avendo commesso il fatto sotto la
 vigenza della vecchia normativa, deve  chiedere  l'autorizzazione  in
 sanatoria  per  estinguere  il  reato, e chi pone in essere la stessa
 condotta dopo l'entrata in vigore della nuova disciplina senza che il
 fatto sia previsto come reato.  Se, viceversa, si  ritenesse  che  la
 depenalizzazione  riguardi  anche gli scarichi gia' in esercizio, per
 essi non potrebbe allora essere configurata una  sanatoria,  giacche'
 il fatto non costituisce piu' reato.  Il pretore rileva anche che non
 e'  prevista  la  sospensione  dei  procedimenti  penali per il tempo
 (novanta giorni) che l'art.  7  del  decreto-legge  n.  79  del  1995
 stabilisce  per presentare le domande di autorizzazione in sanatoria.
 Questa omissione violerebbe gli interessi  protetti  dalle  norme  di
 tutela delle acque dall'inquinamento, e quindi gli artt. 9 e 32 della
 Costituzione,   perche'   l'eventuale  rinvio  del  processo  penale,
 disposto per consentire il decorso del  termine  amministrativo,  non
 sospenderebbe il corso della prescrizione dei reati.
   1.4.  -  Anche  il  pretore  di  Pordenone,  sezione  distaccata di
 Spilimbergo, con ordinanza emessa il 6 aprile 1995 (reg. ord. n.  371
 del  1995),  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale
 degli artt.  3, primo comma, 6, secondo comma, e 7 del d.-l. 17 marzo
 1995, n.  79, denunciando la violazione degli artt. 3, 77, 101 e  112
 della Costituzione.
   Il  giudice rimettente ritiene che l'intero decreto-legge n. 79 del
 1995 sia in contrasto con l'art. 77 della Costituzione, essendo stato
 emanato in assenza degli indispensabili requisiti  di  necessita'  ed
 urgenza.  Inoltre,  disciplinando  la  materia penale e disponendo la
 depenalizzazione di alcune  ipotesi  di  inquinamento  in  precedenza
 previste  come  reato, il decreto-legge violerebbe gli artt. 3, 101 e
 112 della Costituzione, perche' l'assoluzione o la  condanna  per  il
 medesimo  fatto potrebbe dipendere dal momento in cui viene celebrato
 il processo, in relazione alla vigenza o meno del  decreto-legge,  la
 cui  reiterazione  finirebbe  con  il  sottoporre il giudice non alla
 legge,  bensi'  al  potere  esecutivo;  sarebbe,   inoltre,   violato
 l'obbligo  del  pubblico ministero di esercitare l'azione penale.  Il
 giudice  rimettente  considera  illogica  ed  in  contrasto  con   il
 principio di ragionevolezza (art. 3 della Costituzione) la disciplina
 che risulta dagli artt. 6 e 7 del decreto-legge. Vi sarebbe, difatti,
 una  contraddizione  tra  la  sanatoria  prevista per gli scarichi in
 esercizio alla data di entrata in vigore della legge  di  conversione
 del  decreto-legge, che riguarderebbe anche gli scarichi da pubbliche
 fognature, e la  contestuale  depenalizzazione  prevista  per  questi
 ultimi  (art.  6,  secondo  comma,  del  decreto-legge), che dovrebbe
 trovare applicazione in quanto disposizione piu'  favorevole  al  reo
 (art.    2  cod. pen.).   La depenalizzazione introdotta dall'art. 6,
 secondo comma, del decreto-legge n. 79 del 1995 violerebbe  anche  il
 principio  di  ragionevolezza e di eguaglianza: essa riguarderebbe lo
 scarico da insediamenti civili o da pubbliche fognature solo  se  non
 e'  stata  richiesta la prescritta autorizzazione, mentre la medesima
 condotta,  se  e'  stata   richiesta   ma   non   ancora   rilasciata
 l'autorizzazione,  pur  essendo  meno  grave,  rimarrebbe  soggetta a
 sanzione penale (art. 23 della legge n. 319 del 1976).    Il  giudice
 rimettente ritiene che l'art. 3, primo comma, del decreto-legge n. 79
 del   1995   abbia   depenalizzato   il  superamento  dei  limiti  di
 accettabilita' stabiliti dalle tabelle allegate alla legge n. 319 del
 1976 solo per gli scarichi civili e delle pubbliche fognature, ma non
 per quelli provenienti da insediamenti produttivi. Questa  diversita'
 di  trattamento  contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e di
 eguaglianza, perche' sarebbe collegata non alla gravita'  del  fatto,
 ma alla qualifica del soggetto titolare dello scarico.
   1.5.  -  Nel  corso di altrettanti procedimenti penali promossi per
 essere   stati   effettuati   scarichi   eccedenti   i   limiti    di
 accettabilita',   il   pretore  di  Ferrara,  sezione  distaccata  di
 Comacchio, con due ordinanze  di  identico  contenuto  emesse  il  10
 aprile  1995  (reg.  ord.  nn.  384  e 385 del 1995) ha sollevato, in
 riferimento agli artt. 3, 25, secondo comma, e 77 della Costituzione,
 questioni di legittimita' costituzionale dell'intero testo del  d.-l.
 17  marzo  1995,  n.  79.  Il  giudice rimettente, con argomentazioni
 analoghe a quelle di altre,  precedenti  ordinanze,  ritiene  che  la
 reiterazione  del  decreto-legge violi la riserva di legge in materia
 penale; contrasti  con  il  principio  che  consente  il  ricorso  ai
 decreti-legge  solo  in  caso  di  necessita'  ed  urgenza; determini
 disparita' di trattamento perche'  fattispecie  identiche,  giudicate
 sotto  la  vigenza dell'uno o dell'altro di successivi decreti-legge,
 sarebbero giudicate diversamente.  Anche il pretore di  Ferrara,  con
 sei  ordinanze  emesse rispettivamente il 3 aprile 1995 (reg. ord. n.
 634, 642 e 643 del 1995), il 12 aprile 1995 (reg.  ord.  n.  649  del
 1995),  il 14 aprile 1995 (reg. ord. n.  650 del 1995) ed il 30 marzo
 1995 (reg. ord. n. 672 del 1995), ha  sollevato,  con  argomentazioni
 analoghe,   questioni   di  legittimita'  costituzionale  concernenti
 l'intero testo del d.-l. 17 marzo 1995,  n.  79,  ed  in  particolare
 l'art.  3 o l'art.6, proponendo quali parametri per la verifica della
 legittimita' costituzionale gli artt. 3,  25,  secondo  comma,  e  77
 della Costituzione, oppure gli artt. 25 e 77 della Costituzione.
   1.6.  -  Nel corso di un procedimento penale promosso nei confronti
 del titolare di un insediamento produttivo imputato per  scarico  non
 autorizzato  ed  eccedente  i limiti di tollerabilita', il pretore di
 Trento, con ordinanza emessa il 5 maggio 1995 (reg. ord. n.  432  del
 1995),  ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 25, 32 e 41
 della Costituzione, questione di  legittimita'  costituzionale  degli
 artt.  3,  primo comma, 6, secondo comma, e 7, commi 3 e 5, del d.-l.
 17 marzo 1995, n. 79.  Anche il pretore di Trento ritiene che  l'art.
 6,  secondo  comma,  del decreto-legge n. 79 del 1995, non prevedendo
 piu' come reato  l'ipotesi  di  scarichi  civili  e  delle  pubbliche
 fognature  senza  autorizzazione,  sia in contraddizione con l'art. 7
 dello stesso decreto-legge, che introducendo  la  sanatoria  per  gli
 scarichi  senza  autorizzazione,  alla  quale  segue l'estinzione del
 reato, farebbe ritenere esclusa la depenalizzazione.  Sarebbe inoltre
 incoerente con la tutela delle  acque  dall'inquinamento,  oltre  che
 irragionevole   e  contrastante  con  il  principio  di  eguaglianza,
 prevedere sanzioni penali  solo  per  gli  scarichi  da  insediamenti
 produttivi,  mentre  quelli  da  insediamenti  civili  e da pubbliche
 fognature costituirebbero illecito amministrativo.
   1.7. - Nel corso di un procedimento  penale  promosso  per  scarico
 senza  autorizzazione dall'impianto di depurazione di un insediamento
 produttivo, il pretore di Brescia, con ordinanza emessa il  27  marzo
 1995  (reg.  ord.  n.  607  del  1995),  ha sollevato, in riferimento
 all'art.     3  della   Costituzione,   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.    6  del  d.-l. 17 marzo 1995, n. 79.   Il
 giudice rimettente ritiene che la previsione  di  una  sanzione  solo
 amministrativa,  anziche'  penale,  per  gli scarichi delle pubbliche
 fognature senza autorizzazione, mentre rimane  reato  lo  scarico  da
 insediamenti  produttivi,  determini  un'ingiustificata disparita' di
 trattamento.  La  differente  disciplina  sarebbe  basata  non  sulla
 diversa  potenzialita'  inquinante e quindi sulla gravita' del fatto,
 ma  sulla  qualifica  del  soggetto  titolare  dello  scarico.     La
 disposizione  denunciata violerebbe il principio di eguaglianza anche
 sotto un altro  profilo:  sarebbe  depenalizzata  l'effettuazione  di
 scarichi  civili  o  da  pubbliche  fognature  senza  avere richiesto
 l'autorizzazione, mentre continuerebbe ad essere prevista come  reato
 l'ipotesi,   considerata   meno  grave,  dello  scarico  da  pubblica
 fognatura dopo che  e'  stata  chiesta  ma  prima  che  sia  concessa
 l'autorizzazione.    Anche  il  giudice  per  le indagini preliminari
 presso la Pretura circondariale di Lecce, con ordinanza emessa  il  5
 aprile  1995 (reg.   ord. n. 608 del 1995), ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 6, secondo comma, del d.-l.  17
 marzo   1995,  n.  79,  in  riferimento  agli  artt.  3  e  25  della
 Costituzione, in termini analoghi a quelli in precedenza indicati.
   1.8. - Il pretore di Udine, con ordinanza emessa il 20 aprile  1995
 (reg.  ord. n. 685 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt.
 3,  9,  secondo  comma,  32,  10,  25,  secondo  comma,  e  77  della
 Costituzione,  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
 primo comma, primo periodo, del d.-l. 17 marzo  1995,  n.  79.    Con
 successive  ordinanze,  emesse  il  31  maggio, il 24 giugno ed il 10
 novembre 1995 (rispettivamente reg. ord. n. 495, n. 588 e n.  916 del
 1995), il giudice per  le  indagini  preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale  di Udine ha sollevato analoghe questioni nei confronti
 della  stessa  disposizione,  facendo  riferimento  al  decreto-legge
 convertito.    I giudici rimettenti ritengono violato il principio di
 eguaglianza, perche' sarebbero discriminati i titolari di scarichi da
 insediamenti produttivi  che  superino  i  limiti  di  accettabilita'
 previsti  dalle  tabelle  A  e C allegate alla legge n. 319 del 1976,
 puniti  con   la   sanzione   penale   alternativa   dell'ammenda   o
 dell'arresto, rispetto ai titolari di scarichi da pubbliche fognature
 i  quali, nella stessa situazione, sono soggetti solo ad una sanzione
 amministrativa pecuniaria.    Il  differente  regime  delle  sanzioni
 sarebbe  privo  di giustificazione, perche' la pubblica fognatura non
 sarebbe altro che la somma degli scarichi civili e produttivi che  in
 essa  confluiscono.  La  differenza  sarebbe  determinata  solo dalla
 qualifica, di amministratore  pubblico  o  di  imprenditore,  di  chi
 attiva  o  effettua  lo  scarico.   I principi di ragionevolezza e di
 eguaglianza sarebbero violati anche sotto un altro profilo.  Sarebbe,
 difatti,  illogico e contrastante con il principio di proporzione tra
 pena   e   disvalore   del   fatto   illecito,   prevedere   sanzioni
 amministrative  per  condotte lesive del medesimo bene giuridico, che
 costituiscono illecito penale se commesse  da  altri  soggetti.    Le
 ordinanze   di   rimessione   ritengono   anche   violate   le  norme
 costituzionali che proteggono il paesaggio, il diritto  alla  salute,
 l'obbligo   di   adeguarsi   alle  norme  comunitarie,  enunciate  in
 particolare  dalla  direttiva  91/271/CEE.    I  giudici   rimettenti
 considerano,  piu' in generale, che l'introduzione con decreti-legge,
 non convertiti e reiterati, di innovazioni in materia  penale,  violi
 gli  artt.  25, secondo comma, e 77 della Costituzione:  sarebbe leso
 il principio di riserva di legge in materia penale e mancherebbero  i
 requisiti  di  necessita' ed urgenza, indispensabili per l'emanazione
 da parte del Governo di decreti-legge.
   1.9. - Nel corso di un giudizio penale promosso per  la  violazione
 dell'art.  21,  primo  e terzo comma, della legge n. 319 del 1976, il
 pretore di Grosseto, con ordinanza emessa  il  6  aprile  1995  (reg.
 ord.  n. 895 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 9,
 10 e 32 della Costituzione, questione di legittimita'  costituzionale
 dell'art.  3  del  d.-l.  17  marzo 1995, n. 79, che sostituisce, tra
 l'altro, il terzo comma dell'art. 21 della n. 319 del 1976.  Oltre  a
 prospettare  la  violazione degli artt. 9, 32 e 10 della Costituzione
 in termini analoghi a quelli in precedenza indicati,  il  pretore  di
 Grosseto  ritiene  violato  l'art.  3  della Costituzione, perche', a
 seguito delle modifiche apportate dal decreto-legge n.   79 del  1995
 al sistema di sanzioni previsto dalla legge n. 319 del 1976, l'omessa
 richiesta  di autorizzazione allo scarico, che costituisce violazione
 di un obbligo formale, sarebbe punita con una sanzione penale, mentre
 l'effettuazione di uno scarico che supera i limiti di accettabilita',
 da considerare piu' grave, sarebbe punita, a seconda dei  casi,  come
 illecito  amministrativo o con una sanzione penale piu' lieve.  Anche
 il  giudice  per  le   indagini   preliminari   presso   la   Pretura
 circondariale  di  Trieste,  con ordinanza emessa   il 24 agosto 1995
 (reg. ord. n. 718 del 1995), ha sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  3  del    decreto-legge  n.  79  del 1995,
 convertito  nella  legge  n.  172  del  1995,  nella  parte  in  cui,
 modificando  l'art.    21,  terzo comma, della legge n. 319 del 1976,
 prevede solo  una  sanzione  amministrativa  per  l'inosservanza  dei
 limiti di accettabilita' stabiliti dalle Regioni per scarichi diversi
 da   quelli   provenienti  da  insediamenti  produttivi.  Il  giudice
 rimettente prospetta la violazione degli artt.  3, 9, secondo  comma,
 32,  10  e  11 della Costituzione, in termini analoghi a quelli sopra
 indicati.  Lo stesso dubbio di legittimita' costituzionale  dell'art.
 3 della legge 17 maggio 1995, n. 172 (recte: dell'art. 3 del d.-l. 17
 marzo  1995,  n.  79,  convertito,  con modificazioni, nella legge 17
 maggio 1995, n. 172) e'  stato  sollevato  dal  pretore  di  Pistoia,
 sezione  distaccata  di  Pescia, in riferimento agli artt. 3, 32 e 41
 della Costituzione, con ordinanza emessa il 30 giugno 1995 (reg. ord.
 n.  616 del 1995).  Analoga questione ha anche sollevato  il  giudice
 per  le  indagini  preliminari  presso  la  Pretura  circondariale di
 Livorno, con ordinanza emessa il 1 settembre 1995 (reg. ord.  n.  786
 del  1995), denunciando, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 9,
 secondo comma, 10, primo comma, 32 e 41  della  Costituzione,  l'art.
 21,  terzo  comma, primo periodo, della legge 10 maggio 1976, n. 319,
 nella parte in cui prevede, nel testo sostituito  con  l'art.  3  del
 d.-l.  17  marzo  1995,  n.  79, convertito, con modificazioni, nella
 legge 17  maggio  1995,  n.  172,  che  e'  punita  con  la  sanzione
 amministrativa,  ove  non costituisca reato o circostanza aggravante,
 l'inosservanza dei limiti di accettabilita' stabiliti  dalle  Regioni
 nell'ambito dei piani di risanamento delle acque.
   1.10.  -  Con  ordinanza  emessa il 28 settembre 1995 (reg. ord. n.
 896 del 1995)  nel  corso  di  un  procedimento  penale  per  scarico
 eccedente  i  limiti di accettabilita', il vice pretore della Pretura
 circondariale  di  Palmi  ha  sollevato  questione  di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.    3  del  decreto-legge  n.  79  del 1995,
 convertito nella legge n.  172  del  1995,  che  ha  sostituito,  tra
 l'altro,  l'art.  21,  terzo  comma, della legge n. 319 del 1976, per
 contrasto con gli artt. 3, 9, 10 e 32 della Costituzione,  proponendo
 argomentazioni   analoghe   a   quelle  contenute  nell'ordinanza  di
 rimessione del pretore di Grosseto (reg.  ord. n. 895 del 1995).
   1.11. - Nel  corso  di  un  procedimento  penale  per  scarico  non
 autorizzato  da  insediamento  civile, il pretore di Perugia, sezione
 distaccata di Assisi, con ordinanza emessa il 27  giugno  1995  (reg.
 ord. n. 537 del 1995), ha sollevato, in riferimento agli artt. 9, 10,
 25,   32   e   77   della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale degli artt. 3 e 6 della legge 17 maggio 1995,  n.  172
 (recte: degli artt. 3 e 6 del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito,
 con  modificazioni,  nella legge 17 maggio 1995, n. 172).  Il giudice
 rimettente,  con  argomentazioni  analoghe  a  quelle  enunciate   da
 precedenti  ordinanze  che  hanno  sollevato  le  medesime questioni,
 ritiene mancanti i requisiti di necessita' ed urgenza per  l'adozione
 del  decreto-legge,  violata  la  riserva di legge in materia penale,
 lesa la  protezione  costituzionale  dell'ambiente  e  della  salute,
 violate  le norme comunitarie in materia di tutela dall'inquinamento.
 Con le stesse argomentazioni, ed in rapporto  ai  medesimi  parametri
 costituzionali,  il  pretore  di Perugia, sezione distaccata di Todi,
 con ordinanza emessa il 30 giugno 1995 (reg. ord. n. 584  del  1995),
 ha  sollevato  un'altra  questione  di  legittimita'  costituzionale,
 riferita pero' all'art. 1, secondo comma, della legge 17 maggio 1995,
 n. 172, che rende validi gli atti ed i provvedimenti  adottati  e  fa
 salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base
 dei  vari  decreti-legge,  dal  n. 454 del 1993 al n. 9 del 1995, non
 convertiti in legge per decorrenza  dei  termini  costituzionali.  Il
 dubbio  e'  sorto  nel  corso di un procedimento penale nel quale era
 stato   chiesto   il   rinvio   del   dibattimento   per   consentire
 all'amministrazione  comunale  di  esaminare  la domanda di sanatoria
 presentata il 9 maggio 1995, sotto il vigore  del  d.-l.  n.  79  del
 1995.
   1.12.  -  Con  ordinanza emessa il 26 giugno 1995 (reg. ord. n. 688
 del  1995)  nel  corso  di  un  procedimento  penale   promosso   per
 l'attivazione   di   uno   scarico   da   pubbliche  fognature  senza
 autorizzazione ed eccedente i limiti di  accettabilita',  il  giudice
 per  le  indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Pisa
 ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt.  1,
 3 e 6 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n. 172
 del  1995,  nella  parte  in  cui introducono un regime differenziato
 degli scarichi delle pubbliche fognature, denunciando  la  violazione
 del  principio  di  eguaglianza  (art.  3  della  Costituzione) e del
 diritto all'ambiente salubre (art.  32 della Costituzione).
   1.13. - Con due ordinanze emesse il  26  settembre  1995  ed  il  4
 ottobre  1995  (reg.  ord.  n.  807  e  809  del  1995), nel corso di
 altrettanti procedimenti penali per scarico da pubblica fognatura non
 autorizzato ed eccedente i limiti di accettabilita' (art. 21, primo e
 terzo comma, della legge n. 319 del  1976),  il  pretore  di  Padova,
 sezione  distaccata  di  Piove di Sacco, ha sollevato, in riferimento
 agli artt. 3, 9,  10,  11,  25,  32,  41  e  77  della  Costituzione,
 questioni  di  legittimita' costituzionale degli artt. 3 e 6, secondo
 comma, del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni,
 nella legge 17 maggio 1995, n. 172.   Il giudice  rimettente  ritiene
 violato  il  principio di eguaglianza, perche' i titolari di scarichi
 da insediamenti produttivi, che superino i limiti  di  accettabilita'
 stabiliti  alle  tabelle  A  e C allegate alla legge n. 319 del 1976,
 sarebbero discriminati rispetto ai titolari di scarichi da  pubbliche
 fognature i quali, nella stessa situazione, sono soggetti solo ad una
 sanzione   amministrativa   pecuniaria.   Non   vi   sarebbe   alcuna
 giustificazione per questo differente trattamento giuridico,  perche'
 la  pubblica  fognatura altro non sarebbe che la somma degli scarichi
 civili e produttivi che in essa confluiscono.  Il giudice  rimettente
 ritiene  che  anche  l'art. 6, secondo comma, del decreto-legge n. 79
 del 1995 violi il principio di eguaglianza, giacche' l'apertura di un
 nuovo scarico da pubblica fognatura, senza che sia stata richiesta la
 prescritta  autorizzazione,  e'  punita   solo   con   una   sanzione
 amministrativa,  mentre  rimarrebbe  sanzionata  penalmente  (art. 23
 della legge n. 319 del 1976) l'attivazione dello stesso scarico  dopo
 che  e'  stata  richiesta  l'autorizzazione,  ma prima che questa sia
 stata rilasciata.  L'art. 3 del decreto-legge n.  79  del  1995,  nel
 testo  risultante  dalla legge di conversione, avrebbe introdotto una
 causa personale di totale esclusione della sanzione  per  i  pubblici
 amministratori  che,  alla  data  di  accertamento  della violazione,
 dispongano  di  progetti  esecutivi  cantierabili  finalizzati   alla
 depurazione delle acque.  Questa norma sarebbe irragionevole, perche'
 assicura,  per  la  medesima  attivita'  e per scarichi con le stesse
 caratteristiche,  un  trattamento   privilegiato   all'amministratore
 pubblico  rispetto  all'imprenditore privato. Inoltre, l'esistenza di
 un progetto esecutivo cantierabile, finalizzato alla depurazione,  si
 tradurrebbe  in  una  autorizzazione  tacita  ed  implicita  a  tempo
 indeterminato, non essendo previsto un termine per  la  realizzazione
 delle  opere.  Il giudice rimettente ritiene anche violati il diritto
 alla salute, la tutela  del  paesaggio,  la  liberta'  di  iniziativa
 economica  privata  e  l'obbligo  di rispettare le norme comunitarie.
 Analoghe questioni, concernenti rispettivamente l'art. 3 o l'art.  6,
 secondo comma, del d.-l.  17  marzo  1995,  n.  79,  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  17  maggio  1995,  n.  172,  sono state
 sollevate dallo stesso pretore di Padova, sezione distaccata di Piove
 di Sacco, con ordinanze emesse il 26 settembre 1995 (reg. ord. n. 808
 del  1995)  ed  il  13 dicembre 1995 (reg. ord. n. 112 del 1996), nel
 corso di due procedimenti penali riguardanti, l'uno, uno  scarico  di
 pubblica  fognatura eccedente i limiti di accettabilita', l'altro uno
 scarico di pubblica fognatura  in  assenza  dell'autorizzazione,  mai
 richiesta.  Nella seconda ordinanza il pretore prospetta il dubbio di
 legittimita'  costituzionale esclusivamente in riferimento agli artt.
 10, 11, 25 e 77 della Costituzione.  Nel corso di procedimenti penali
 per scarico da pubblica  fognatura  con  superamento  dei  limiti  di
 tollerabilita',  il  pretore  di  Pisa,  sezione  distaccata  di  San
 Miniato, con due ordinanze di identico tenore emesse entrambe  il  13
 ottobre  1995  (reg.  ord.  n.  919  e  920  del  1995), ha sollevato
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1,  2  e  3  del
 d.-l.  17  marzo  1995,  n.  79, convertito, con modificazioni, nella
 legge 17 maggio 1995, n. 172, in riferimento agli artt. 3, 9, secondo
 comma, 32 e 41 della Costituzione, in termini analoghi  a  quelli  in
 precedenza  indicati.    La disciplina sanzionatoria dello scarico da
 pubbliche  fognature,  senza  autorizzazione,  forma  oggetto   delle
 questioni  di legittimita' costituzionale dell'art. 6, secondo comma,
 del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni,  nella
 legge  17 maggio 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3
 e 25 della Costituzione  dal  giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso  la  Pretura  circondariale  di  Lecce,  con  due ordinanze di
 identico contenuto, emesse l'8 ed il 3 novembre 1995 (reg.  ord.  nn.
 60  e  131 del 1996), che propongono argomentazioni analoghe a quelle
 prospettate da altre precedenti  ordinanze  che  hanno  sollevato  la
 medesima questione.
   1.14.  -  Il  pretore di Trento, con ordinanza emessa il 12 ottobre
 1995 (reg. ord. n. 9 del 1996),  ha  sollevato,  in  riferimento  gli
 artt.   25   e   3  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della legge
 10 maggio 1976, n. 319, nel testo sostituito con l'art. 3  del  d.-l.
 17  marzo  1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17
 maggio 1995,  n.  172.    La  disposizione,  della  cui  legittimita'
 costituzionale  si  dubita,  stabilisce  che  le  sanzioni altrimenti
 previste non si applicano nei confronti dei  pubblici  amministratori
 che alla data di accertamento della violazione dispongano di progetti
 esecutivi  cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque.  La
 questione  di  legittimita'  costituzionale  e'  ritenuta   rilevante
 perche'  il  procedimento  penale  riguarda  il  reato di scarico con
 superamento dei limiti di accettabilita' e sono imputati  l'assessore
 di  un  comune  ed i direttori di un macello comunale.  Ad avviso del
 giudice  rimettente,  la  disposizione   denunciata   violerebbe   il
 principio di tassativita' della fattispecie penale, perche' la lingua
 italiana  non conoscerebbe la parola "cantierabile".  Sarebbe violato
 anche il principio di eguaglianza, in quanto il  legislatore  avrebbe
 inteso  privilegiare l'amministratore pubblico, che commette un fatto
 previsto  dalla  legge  come  reato,  rispetto  ad  altri   soggetti,
 egualmente coinvolti nella medesima condotta, con la conseguenza che,
 in caso di concorso nel reato dell'amministratore pubblico e di altri
 privi  di  tale  qualifica,  solo  il  primo  beneficerebbe della non
 punibilita'.
   1.15.  -  Nel  corso  di  un  procedimento  penale  per il reato di
 violazione dei limiti di  accettabilita'  da  parte  di  uno  scarico
 produttivo  preesistente all'entrata in vigore della legge n. 319 del
 1976, con recapito in pubblica fognatura, il pretore di Vicenza,  con
 ordinanza  emessa  il  17 luglio 1995 (reg. ord. n. 776 del 1995), ha
 sollevato, in riferimento agli  artt.  3,  10,  11,  77  e  25  della
 Costituzione,  questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 3
 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n.  172  del
 1995,  nella  parte  in  cui depenalizza il superamento dei limiti di
 accettabilita' da  parte  degli  scarichi  produttivi  esistenti  con
 recapito  in  pubblica  fognatura dotata di impianto centralizzato di
 depurazione  funzionante.    Il  pretore  di  Vicenza  interpreta  la
 disposizione  denunciata  nel senso che essa avrebbe depenalizzato la
 violazione, da parte di uno scarico produttivo esistente che recapita
 in pubblica fognatura, dei limiti di accettabilita'  stabiliti,  dopo
 l'attivazione  dell'impianto centralizzato di depurazione, dai comuni
 o dai consorzi che gestiscono tale servizio (art.  13,  primo  comma,
 numero  2, lettera b), della legge n. 319 del 1976).  Il principio di
 tassativita' dei reati e delle pene  non  consentirebbe,  secondo  il
 giudice   rimettente,   l'estensione   analogica   della  fattispecie
 incriminatrice all'ipotesi in questione. Ma, cosi'  interpretata,  la
 norma  sarebbe  irrazionale  ed  in  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione, perche' tratterebbe in modo irragionevolmente diseguale
 situazioni del tutto analoghe.  L'art. 3 del decreto-legge n. 79  del
 1995  contrasterebbe  anche con gli artt. 10 e 11 della Costituzione,
 per violazione di norme comunitarie in materia di tutela  ambientale.
 Il  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  e' prospettato anche in
 riferimento all'art. 77 della Costituzione, in quanto  nel  preambolo
 del  decreto-legge  n.  79 del 1995 mancherebbe qualsiasi riferimento
 alle  ragioni  di  necessita'  ed  urgenza  che  consiglierebbero  di
 depenalizzare  il  superamento  dei limiti di accettabilita' da parte
 degli scarichi produttivi preesistenti che recapitano  in  fognatura.
 Secondo  il  giudice  rimettente, la decisione di incostituzionalita'
 non creerebbe nuove figure di  illecito  penale,  ma  ripristinerebbe
 reati  previsti in precedenza da una norma irrazionalmente abrogata o
 derogata. Il pretore di Vicenza considera  sufficiente  una  sentenza
 additiva,  che  inserisca, nel nuovo testo dell'art. 21, terzo comma,
 della legge n. 319 del 1976, dopo le parole "dell'art. 12", le parole
 "e del  numero  2),  lettera  b),  del  primo  comma  dell'art.  13".
 L'omissione del richiamo all'art. 13 della legge sarebbe frutto di un
 errore  che  puo'  essere  riparato da un intervento correttivo della
 Corte.
   2. - In alcuni giudizi (reg. ord. nn. 776, 786, 807, 808, 809, 895,
 896, 916, 920 del 1995; reg. ord. nn. 9, 60, 112 e 131 del  1996)  e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  che ha concluso per
 l'inammissibilita'   o   per    l'infondatezza    delle    questioni,
 prospettando, nei diversi atti di intervento, argomentazioni analoghe
 o  complementari.  L'Avvocatura anzitutto osserva che la questione di
 legittimita' costituzionale che investe l'art. 3 del decreto-legge n.
 79 del 1995 e' stata sollevata prima della legge di conversione.  Gli
 atti dovrebbero, pertanto, essere restituiti, perche' sia valutato se
 la  questione  sia  ancora rilevante dopo le modifiche introdotte, in
 sede di conversione, dalla legge n. 172 del 1995.  Nel merito, e  con
 riferimento  alla  varie  questioni  sollevate,  l'Avvocatura ritiene
 inesatto  considerare  irragionevolmente  differenziata la disciplina
 normativa degli scarichi provenienti da pubbliche fognature  rispetto
 a  quelli  provenienti da insediamenti produttivi. Numerosi sarebbero
 gli elementi di distinzione tra questi due tipi di scarico:  le  loro
 caratteristiche  oggettive,  la fonte normativa che li disciplina, il
 contenuto dei limiti di accettabilita' ed il sistema  dei  controlli,
 la pericolosita' sociale della mancata denuncia o autorizzazione.  Si
 tratta  di  elementi  liberamente  apprezzati  dal  legislatore e che
 giustificano    un    differenziato    trattamento     sanzionatorio.
 L'Avvocatura  ritiene  che  l'art.  10  della  Costituzione non possa
 essere in  alcun  modo  assunto  a  parametro  di  valutazione  della
 legittimita' costituzionale della legge, in quanto esso riguarderebbe
 le  norme  di  diritto internazionale consuetudinario e non quelle di
 origine pattizia. Se si ritiene, con riferimento  all'art.  11  della
 Costituzione,  che  vi  sia  violazione  del  diritto comunitario, le
 questioni non sarebbero rilevanti, dovendo questo eventuale contrasto
 essere risolto  dal  giudice,  che  dovrebbe  disapplicare  la  norma
 statale.   Tuttavia  l'Avvocatura  ritiene  che  non  sussista  alcun
 contrasto  con  la  direttiva  91/271/CEE,   indicata   dai   giudici
 rimettenti,  giacche' essa impone di garantire l'effettiva osservanza
 degli obblighi da essa previsti, ma rimane  alla  competenza  statale
 stabilire   le   eventuali  sanzioni,  penali  o  amministrative,  da
 applicare.  Ad avviso dell'Avvocatura sarebbero, inoltre,  del  tutto
 generiche  ed  infondate le questioni prospettate in riferimento agli
 artt. 9 e 32 della Costituzione,  ed  inconferenti  i  richiami  agli
 artt.  25,  secondo comma, e 77 della Costituzione.  Intervenendo nel
 giudizio promosso dal pretore di Vicenza  (reg.    ord.  n.  776  del
 1995),  e  concludendo anche in questo caso per la infondatezza della
 questione, l'Avvocatura non condivide l'interpretazione  del  giudice
 rimettente,  secondo  il  quale la configurazione degli illeciti e le
 sanzioni previste dall'art. 21 della legge n.  319  del  1976,  quale
 risulta  a  seguito  dell'art.  3  del  decreto-legge n. 79 del 1995,
 lascerebbero  del  tutto  impunita  la  violazione  dei   limiti   di
 accettabilita'  da  parte  di  scarichi  da  insediamenti  produttivi
 preesistenti che recapitano in  pubbliche  fognature.  L'art.  3  del
 d.-l. si riferirebbe a tutti gli scarichi provenienti da insediamenti
 produttivi  che  recapitano in pubbliche fognature, senza distinguere
 tra nuovi e preesistenti.  Inammissibili per irrilevanza sarebbero  i
 dubbi  di  legittimita'  costituzionale  -  sollevati  dai pretori di
 Trento (reg. ord. n. 9 del 1996)  e  Padova,  sezione  distaccata  di
 Piove  di  Sacco  (reg.  ord.    nn.  807  e 809 del 1995) - relativi
 all'art. 3, primo comma, ultimo periodo, del decreto-legge n. 79  del
 1995  ovvero all'art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della legge n.
 319 del 1976, nel testo sostituito con l'art. 3 del decreto-legge  n.
 79  del  1995,  in quanto mancherebbe la motivazione sull'esistenza o
 meno di progetti esecutivi, che, in ipotesi,  dovrebbe  escludere  la
 punibilita' dei fatti.
                        Considerato in diritto
   1.1.  - Tutte le questioni di legittimita' costituzionale investono
 le innovazioni alle norme per la tutela delle acque dall'inquinamento
 (legge 10 maggio 1976, n. 319), introdotte  con  il  d.-l.  17  marzo
 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche
 fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
 fognature),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 17 maggio
 1995, n. 172.
   1.2.  - Alcuni dei dubbi di legittimita' costituzionale coinvolgono
 l'intero decreto-legge n. 79 del 1995, in riferimento agli artt.   3,
 25  e 77 della Costituzione. Le ordinanze di rimessione, emesse prima
 della legge di conversione n. 172 del 1995, sottolineano che  dal  15
 novembre  1993  si  sono  succeduti decreti-legge non convertiti, con
 contenuto parzialmente diverso, i quali hanno  modificato  il  regime
 delle  sanzioni  in  materia  di scarichi delle pubbliche fognature e
 degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche  fognature.
 In  particolare  alcune  condotte  illecite non sono piu' configurate
 come reato, ma  come  illecito  amministrativo  punito  con  sanzioni
 pecuniarie.    I giudici rimettenti ritengono che il decreto-legge n.
 79 del 1995  sia  stato  adottato  in  assenza  degli  indispensabili
 requisiti  di  necessita'  ed urgenza, in una materia, quella penale,
 nella quale l'uso del d.-l. dovrebbe essere  del  tutto  eccezionale,
 per  evitare  il  rischio  di sottrarre al Parlamento una funzione ad
 esso esclusivamente attribuita.   Ad avviso dei  giudici  rimettenti,
 inoltre,  la  successione di decreti-legge dal contenuto parzialmente
 diverso determinerebbe una disparita'  di  trattamento,  giacche'  la
 stessa  condotta  potrebbe  essere  sanzionata  in  modo  diverso, in
 ragione della casualita' delle decisioni secondo il tempo in cui sono
 emesse, cioe' sotto la vigenza dell'uno o dell'altro decreto-legge.
   1.3. - Altre questioni di legittimita' costituzionale riguardano il
 merito della disciplina degli scarichi  provenienti  da  insediamenti
 civili  e  da  pubbliche  fognature,  con  riferimento al trattamento
 sanzionatorio per essi previsto,  che  e'  differenziato  rispetto  a
 quello degli scarichi provenienti da insediamenti produttivi.
   Le questioni investono specificamente:
     a)  le  modifiche che l'art. 3, primo comma, del decreto-legge n.
 79 del 1995 (nel testo originario o in quello  risultante  a  seguito
 della  conversione  nella legge n. 172 del 1995) apporta all'art. 21,
 terzo comma, della legge n. 319 del 1976: per gli scarichi diversi da
 quelli provenienti  da  insediamenti  produttivi  l'inosservanza  dei
 limiti  di  accettabilita'  stabiliti  dalle  Regioni  con i piani di
 risanamento delle acque (art. 14, secondo comma, della stessa  legge)
 costituisce  illecito  amministrativo  punito con sanzione pecuniaria
 (da tre a trenta milioni di lire), anziche' reato;
     b) le modifiche che l'art. 6, secondo comma, del decreto-legge n.
 79 del 1995 apporta all'art. 21 della legge  n.  319  del  1976,  con
 l'aggiunta  di  un  ultimo comma che colpisce con sanzione pecuniaria
 amministrativa   (da dieci a cento milioni  di  lire),  anziche'  con
 sanzione  penale,  l'apertura  o l'effettuazione di scarichi civili e
 delle  pubbliche  fognature  senza  avere  richiesto  la   prescritta
 autorizzazione,  ovvero  dopo  che l'autorizzazione e' stata negata o
 revocata;
     c)  l'esclusione  dell'applicabilita',  per   gli   scarichi   da
 pubbliche  fognature, delle sanzioni amministrative nei confronti dei
 pubblici  amministratori  che  dispongano   di   progetti   esecutivi
 cantierabili  per  opere destinate alla depurazione delle acque (art.
 3, primo comma, ultimo periodo, del decreto-legge  n.  79  del  1995,
 convertito,  con modificazioni, nella legge n. 172 del 1995; art. 21,
 terzo comma, ultimo periodo, della legge n. 319 del 1976,  nel  testo
 sostituito con l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito,
 con modificazioni, nella legge n. 172 del 1995);
     d)  le  modifiche  che  l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995
 reca alla disciplina delle sanzioni per il superamento dei limiti  di
 accettabilita'  da  parte  di  scarichi  provenienti  da insediamenti
 produttivi,  punito  con   la   pena   alternativa   dell'ammenda   o
 dell'arresto, anziche' con la sola pena dell'arresto, come era invece
 previsto  nel testo originario dell'art. 21, terzo comma, della legge
 n. 319 del 1976;
     e) ancora l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995,  convertito,
 con  modificazioni,  nella  legge n. 172 del 1995, nella parte in cui
 depenalizza il superamento dei  limiti  di  accettabilita'  da  parte
 degli   scarichi   produttivi  esistenti  con  recapito  in  pubblica
 fognatura   dotata   di   impianto   centralizzato   di   depurazione
 funzionante;
     f)   il   procedimento  di  regolarizzazione  degli  scarichi  in
 esercizio (art. 7, commi 2, 3 e 5, del decreto-legge n. 79 del  1995,
 soppressi in sede di conversione in legge);
     g) l'art. 1, secondo comma, della legge n. 172 del 1995, che, nel
 convertire in legge il decreto-legge n. 79 del 1995, rende validi gli
 atti ed i provvedimenti adottati e fa salvi gli effetti prodottisi ed
 i  rapporti  giuridici sorti sulla base dei decreti-legge succedutisi
 in materia, dal n. 454 del 1993 al n. 9 del 1995, non  convertiti  in
 legge nei termini costituzionalmente previsti.
   Il  contrasto  delle  disposizioni  denunciate  con la Costituzione
 viene essenzialmente riferito:
     a)  al  principio  di  eguaglianza  e  ragionevolezza  (art.  3),
 giacche'  la  diversita' di sanzioni (amministrative per gli scarichi
 provenienti da insediamenti civili e da pubbliche  fognature,  penali
 per  gli  scarichi  provenienti  da  insediamenti produttivi) sarebbe
 fondata non sulla diversa gravita' dei  fatti,  ma  sulla  differente
 qualifica di chi effettua lo scarico;
     b)  alla  tutela del paesaggio (art. 9) e della salute (art. 32),
 in quanto la depenalizzazione di alcuni comportamenti, che egualmente
 determinano inquinamento idrico, e la riduzione della gravita'  delle
 sanzioni  diminuirebbero  il  livello  di protezione della salubrita'
 dell'ambiente;
     c) agli artt. 101 e 112, in quanto la depenalizzazione di  talune
 condotte,  introdotta con decreto-legge, inciderebbe sull'obbligo del
 pubblico ministero di esercitare l'azione penale e comporterebbe  una
 soggezione del giudice al potere esecutivo, anziche' alla legge;
     d)  all'obbligo di assicurare il rispetto delle norme comunitarie
 (artt. 10 e 11 della Costituzione), emanate  in  particolare  con  la
 direttiva 91/271/CEE;
     e)  alla  liberta' di iniziativa economica (art. 41), giacche' le
 imprese che non recapitano i loro  scarichi  in  pubbliche  fognature
 sarebbero    svantaggiate,   avendo   dovuto   affrontare   rilevanti
 investimenti per adeguare i propri impianti alla normativa in vigore.
   Alcune  questioni,  pur   concernendo   specifici   aspetti   della
 disciplina  sostanziale  dettata  dal decreto-legge n. 79 del 1995, e
 senza coinvolgere l'atto nella sua interezza, fanno riferimento  agli
 artt.  25 e 77 della Costituzione, per denunciare il contrasto con il
 principio di riserva di legge in materia penale  e  la  mancanza  dei
 requisiti di necessita' ed urgenza.
   2.  -  Tutte le ordinanze di rimessione riguardano il decreto-legge
 n. 79 del 1995, nell'intero testo o in  alcune  sue  disposizioni,  o
 l'art.  21  della  legge  n.  319  del  1976, nel testo che risulta a
 seguito delle modifiche apportate con  il  decreto-legge  n.  79  del
 1995, oppure la legge di conversione n. 172 del 1995.
   Essendo le questioni identiche o analoghe, i relativi giudizi vanno
 riuniti per essere decisi con unica sentenza.
   3.1.  -  Il  primo  gruppo  di  questioni  investe la validita' del
 decreto-legge n. 79 del 1995 nella  sua  interezza.  Viene,  difatti,
 denunciata  la  lesione  dei  principi  costituzionali  in materia di
 decretazione  di  urgenza,  sia  in  relazione  alle  condizioni  che
 legittimano  il  Governo ad adottare tale atto, sia in relazione alla
 materia, quella penale, da esso disciplinata (artt.  77  e  25  della
 Costituzione).
   Le questioni sono infondate.
   Il  decreto-legge  n.  79  del  1995  e'  l'ultimo  di una serie di
 analoghi atti aventi forza di legge, decaduti e  reiterati.  Esso  e'
 stato  convertito  in  legge  e le situazioni alle quali, nei giudizi
 principali,  deve  essere  applicato  precedono  tutte  la  legge  di
 conversione.      La   valutazione   preliminare  dell'esistenza  dei
 presupposti di necessita' ed urgenza, richiesti  dall'art.  77  della
 Costituzione, e' riferita solo alla fase della decretazione d'urgenza
 esercitata  dal  Governo  e  non  si  estende alle norme adottate dal
 Parlamento (sentenza n.  391 del 1995). Questa  valutazione  riguarda
 esclusivamente  la  evidente mancanza di quei presupposti, tale cioe'
 da far palesemente ritenere che l'atto sia stato adottato dal Governo
 al   di   fuori   dell'ambito    delle    possibilita'    applicative
 costituzionalmente  previste  per il d.-l. (sentenza n. 29 del 1995).
 Nel caso  del  decreto-legge  n.  79  del  1995  non  ricorre  quella
 "evidente  mancanza"  dei  requisiti,  che  deve essere affermata per
 giustificare una pronuncia di illegittimita' costituzionale (sentenze
 n. 84 del 1996 e  n.  161  del  1995).  Il  decreto-legge  in  esame,
 difatti,  pur  succedendo  ad  altri  precedenti,  analoghi  atti non
 convertiti e decaduti, e' sostenuto  da  una  specifica  motivazione,
 resa  esplicita nella relazione governativa che accompagna il disegno
 di  legge  di  conversione.    Quanto  al  dubbio   di   legittimita'
 costituzionale  del  decreto-legge  n.  79  del  1995, prospettato in
 relazione alla materia penale che ne costituisce  l'oggetto,  non  si
 puo'  affermare,  in  linea  di  principio,  che  i decreti-legge non
 possano toccare fattispecie e  sanzioni  penali.    Se  cosi'  fosse,
 verrebbe  introdotto  un  limite  al  contenuto dei decreti-legge non
 previsto dall'art. 77  della  Costituzione  e  che  non  puo'  essere
 desunto dal principio di riserva di legge in materia penale (art.  25
 della  Costituzione),  venendo  tale  riserva osservata anche da atti
 aventi forza di legge (cfr. sentenza n. 184 del  1974),  purche'  nel
 rigoroso  rispetto  dei  presupposti costituzionali ad essi inerenti.
 Il  rischio  di  sottrazione  al  Parlamento  del  potere   e   della
 responsabilita'  delle  scelte  in  materia  penale,  che  i  giudici
 rimettenti ritengono possa derivare dall'uso del d.-l. come  atto  di
 normazione  penale  del tutto precario e non imputabile alla volonta'
 del  legislatore,  non  ha,  comunque,   ragion   d'essere   per   il
 decreto-legge n. 79 del 1995, che e' stato convertito in legge.
   3.2.  -  Altri  dubbi  di legittimita' costituzionale che investono
 l'intero decreto-legge sono stati prospettati in riferimento all'art.
 3 della Costituzione. Alcune ordinanze di rimessione considerano  che
 la successione di atti normativi diversi, dotati di vigenza precaria,
 possa portare alla mutevolezza delle norme da applicare, determinando
 una  varieta'  di  decisioni  giurisdizionali,  che dipende dal tempo
 della loro  pronuncia.    Questi  esiti  irragionevoli  non  possono,
 tuttavia,  essere riferiti al decreto-legge in esame, che, convertito
 in legge, ha acquistato stabile e definitivo  valore  normativo.  Ne'
 puo' essere assunta quale elemento di comparazione, per la disciplina
 da  esso  dettata,  quella  contenuta in precedenti decreti-legge non
 convertiti, che hanno ormai perso  efficacia ed i cui  effetti,  gia'
 prodotti  solo  in  via  eccezionale,  sono  stati,  poi,  sanati nel
 contesto della legge di  conversione.
   4.1. - Le questioni attinenti a singoli contenuti  normativi  della
 disciplina dettata dal decreto-legge n. 79 del 1995, e dalla legge di
 conversione  n.  172  del  1995,  riguardano  anzitutto  la  natura e
 l'entita' delle sanzioni per le condotte qualificate  come  illecite;
 sanzioni che le ordinanze di rimessione considerano inadeguate e tali
 da determinare incoerenze nella tutela delle acque dall'inquinamento,
 come  delineata  dalla legge n. 319 del 1976.  I vizi di legittimita'
 costituzionale   discenderebbero,   difatti,    essenzialmente    dal
 differente  trattamento  degli  scarichi  provenienti da insediamenti
 produttivi, rispetto a quelli provenienti da insediamenti civili e da
 pubbliche fognature. L'apertura, l'effettuazione  o  il  mantenimento
 senza  la  prescritta  autorizzazione  costituisce  solo  per i primi
 reato,  mentre   per   i   secondi   si   configura   come   illecito
 amministrativo, sanzionato con pene pecuniarie. Anche l'effettuazione
 di  scarichi  che  superano  i  limiti  di accettabilita' continua ad
 essere  configurata  come  reato  solo  per  quelli  provenienti   da
 insediamenti  produttivi.  L'unificazione  delle  figure, previste in
 ogni caso come reato senza che assuma rilievo  la  provenienza  dello
 scarico,  e'  mantenuta  invece  per  il  superamento  dei  limiti di
 accettabilita'  inderogabili  per  i  parametri  di  natura  tossica,
 persistente  e  bioaccumulabile.   La distinzione dei tipi di scarico
 (provenienti da insediamenti civili e da pubbliche fognature,  da  un
 lato,  o  provenienti  da  insediamenti produttivi, dall'altro), e la
 conseguente diversita' nella natura delle sanzioni, costituiscono una
 scelta di fondo del legislatore, intervenuto  a  seguito  del  mutato
 orientamento  della  giurisprudenza nell'interpretazione dell'art. 21
 della legge n. 319 del 1976, le cui sanzioni penali, previste per gli
 scarichi non autorizzati o che superano i limiti  di  accettabilita',
 si  riteneva  in  precedenza  fossero  riferite solo agli scarichi da
 insediamenti produttivi. Dopo che la giurisprudenza, stabilizzata dal
 piu' recente e ripetuto orientamento  della  Corte  di  cassazione  a
 sezioni  unite, ha affermato l'uniformita' della disciplina per tutti
 gli scarichi, applicando le sanzioni previste dall'art. 21,  primo  e
 terzo  comma,  della legge n. 319 del 1976 anche a quelli provenienti
 da pubbliche fognature e da insediamenti civili,  il  legislatore  ha
 ritenuto  di  attuare una correzione normativa del sistema. E' stata,
 cosi',  introdotta   l'espressa   differenziazione   di   trattamento
 sanzionatorio  degli  scarichi provenienti da insediamenti produttivi
 rispetto  a  quelli  provenienti  da   pubbliche   fognature   e   da
 insediamenti civili. L'apertura, l'effettuazione o il mantenimento di
 uno scarico senza la prescritta autorizzazione, ed il superamento dei
 limiti  di accettabilita' (eccettuati quelli previsti per i parametri
 di natura tossica, persistente e bioaccumulabile, il cui  superamento
 e'  sempre  sanzionato  penalmente), rimangono configurati come reato
 solo per  i  primi,  mentre  per  i  secondi  costituiscono  illecito
 amministrativo,  sanzionato  con  pene  pecuniarie.    Venuta meno la
 possibilita' di definire gli scarichi delle pubbliche fognature  come
 scarichi  indiretti  degli  insediamenti  a monte, acquista specifico
 rilievo la fissazione dei limiti di accettabilita' determinati  dalle
 Regioni  nell'ambito  dei piani di risanamento, di loro competenza, e
 dai regolamenti dell'autorita' locale; mentre l'assoluta  uniformita'
 di  disciplina  rimane  per  i limiti inerenti ai parametri di natura
 tossica, persistente e  bioaccumulabile.  Diversamente,  configurando
 come  reato il superamento dei limiti di accettabilita' fissati dalle
 Regioni nell'ambito dei piani di risanamento delle acque, l'autonomia
 attribuita alle stesse nello stabilire  tali  limiti,  affermata  sul
 piano  amministrativo,  non  potrebbe  essere esercitata, ritenendosi
 necessario rendere uniforme, quanto ai limiti di  accettabilita',  la
 configurazione delle condotte penalmente sanzionate.
   4.2.  -  I  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  investono,  in
 particolare, gli artt. 3 e 6 del decreto-legge n. 79 del  1995,  che,
 sostituendo  il testo del terzo comma dell'art. 21 della legge n. 319
 del 1976, ed aggiungendo ad esso un  ultimo comma,  configurano  come
 illecito  amministrativo, sanzionato con pena pecuniaria, l'apertura,
 l'effettuazione o il mantenimento di uno scarico non autorizzato o il
 superamento dei limiti  di  accettabilita'  da  parte  di    scarichi
 provenienti  da  insediamenti civili o da pubbliche fognature, mentre
 rimane reato l'apertura, l'effettuazione o  il  mantenimento  di  uno
 scarico  non  autorizzato  o  il superamento dei limiti tabellari, se
 proveniente da  insediamenti produttivi.  La scelta  del  legislatore
 e'  contestata  dalle  ordinanze  di  rimessione,  le quali assumono,
 sostanzialmente, come necessaria la statuizione di sanzioni penali, e
 non solo amministrative, per  le  condotte  considerate  e  ritengono
 irragionevole  il differente trattamento, per esse, rispetto a quello
 previsto  per  gli  stessi  comportamenti  riferiti   agli   scarichi
 provenienti  da  insediamenti  produttivi.  Come  pure  e'  posta  in
 discussione la prevista attenuazione delle sanzioni  penali  (ammenda
 come possibile alternativa all'arresto) per il superamento dei limiti
 di   accettabilita'   per   scarichi   provenienti   da  insediamenti
 produttivi.  Ancor prima di valutare la  fondatezza  delle  questioni
 che vengono prospettate, in relazione ai molteplici profili proposti,
 ne  deve essere rilevata l'inammissibilita'.  Le questioni tendono ad
 introdurre, o reintrodurre, figure di reato e aggravamenti  di  pena,
 chiedendo  una  pronuncia  che  esula  dai  poteri spettanti a questa
 Corte, giacche' il potere di creare fattispecie penali o di aggravare
 le pene e' esclusivamente riservato  al  legislatore,  in  forza  del
 principio  di  stretta  legalita'  dei  reati  e  delle pene, sancito
 dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione  (tra  le  molte,  da
 ultimo,  sentenza n. 411 del 1995 e, nella materia della tutela delle
 acque dall'inquinamento idrico, sentenze nn.  314  e  226  del  1983;
 ordinanze nn. 132 e 25 del 1995).
   5. - Il pretore di Vicenza (reg. ord. n. 776 del 1995) dubita della
 legittimita'   costituzionale   dell'art.  3  (primo  comma,  secondo
 periodo) del  decreto-legge  n.  79  del  1995,  ritenendo  che  tale
 disposizione   abbia  depenalizzato  il  superamento  dei  limiti  di
 accettabilita' da parte  degli  scarichi  produttivi  esistenti,  che
 recapitano in pubbliche fognature dotate di impianto centralizzato di
 depurazione funzionante.  Il dubbio di legittimita' costituzionale e'
 prospettato  in  relazione  agli  artt.  3,  10,  11,  77  e 25 della
 Costituzione.  La disposizione denunciata richiama l'art.  12,  primo
 comma,  numero  2, della legge n. 319 del 1976 solo per stabilire che
 gli scarichi provenienti da insediamenti produttivi che recapitano in
 pubbliche  fognature   devono,   prima   dell'entrata   in   funzione
 dell'impianto  centralizzato  di  depurazione, rispettare i limiti di
 accettabilita' previsti dalla legge n.  319  del  1976  (tabella  C);
 mentre  dopo  l'entrata  in funzione dell'impianto di depurazione gli
 stessi scarichi  si  devono  adeguare  ai  limiti  di  accettabilita'
 stabiliti,  in relazione alla capacita' dell'impianto di depurazione,
 dalle amministrazioni che provvedono alla gestione di tale  servizio.
 Il  richiamo  all'art.  12  non e' diretto a distinguere tra scarichi
 nuovi o preesistenti, ma individua i criteri  di  determinazione  dei
 limiti  di  accettabilita'  in  relazione  all'esistenza o meno di un
 impianto  di  depurazione.  Questa  interpretazione  rispecchia,  del
 resto,  l'orientamento della Corte di cassazione, che ha ritenuto non
 rilevante, ai fini ora considerati, la distinzione tra scarichi nuovi
 o preesistenti.  La questione e', dunque,  infondata  per  erroneita'
 del presupposto interpretativo.
   6.  -  Alcune questioni di legittimita' costituzionale investono la
 disposizione che stabilisce la  non  applicabilita'  delle  sanzioni,
 relative  all'inosservanza  dei  limiti  di  accettabilita'  per  gli
 scarichi  da  pubbliche  fognature,  nei   confronti   dei   pubblici
 amministratori  che,  alla  data  di  accertamento  della violazione,
 dispongano  di  progetti  esecutivi  cantierabili,  finalizzati  alla
 depurazione delle acque.  Le questioni sono poste individuando questa
 norma  nell'art. 3, primo comma, ultimo periodo, del decreto-legge n.
 79 del 1995, convertito con modificazioni nella legge n. 172 del 1995
 (pretore di Padova, sezione distaccata di Piove di  Sacco,  ordinanze
 n.  807  e n. 809 del reg. ord. del 1995), ovvero nell'art. 21, terzo
 comma, ultimo periodo, della legge n. 319 del 1976, il cui  testo  e'
 stato  appunto  sostituito  con  l'art. 3 del decreto-legge n. 79 del
 1995 (pretore di Trento, ordinanza n. 9 del reg. ord. del 1996).    I
 dubbi  di legittimita' costituzionale sono prospettati in riferimento
 all'art.  25  della  Costituzione  per  la   indeterminatezza   della
 fattispecie  penale,  che  non  preciserebbe  la  nozione di progetto
 "cantierabile".  E' anche denunciata la violazione dell'art. 3  della
 Costituzione,    tanto    per   disparita'   di   trattamento   degli
 amministratori pubblici nei  confronti  di  ogni  altro  soggetto  in
 possesso  di  progetti esecutivi per depuratori da realizzare, quanto
 per l'irrazionale indeterminatezza dei limiti temporali previsti  per
 la  realizzazione  delle opere.  Le questioni sono inammissibili.  Le
 ordinanze di rimessione, difatti, non motivano la  rilevanza  che  la
 soluzione  del  dubbio  di  legittimita'  costituzionale  avrebbe nei
 giudizi principali. In questi erano imputati pubblici amministratori,
 ma non viene in alcun modo  valutato  se  esistessero  quei  progetti
 esecutivi,  idonei  a  far  escludere l'applicabilita' delle sanzioni
 penali.
   7. - Alcune  questioni  di  legittimita'  costituzionale  investono
 l'art.  7  (piu' precisamente, i commi 2, 3 e 5) del decreto-legge n.
 79 del 1995, che prevede un procedimento  di  regolarizzazione  degli
 scarichi  in  esercizio alla data di entrata in vigore della legge di
 conversione del  d.-l.  (consentendo  ai  titolari  degli  stessi  di
 presentare, entro novanta giorni da tale data, la relativa domanda) e
 dispone che il rilascio dell'autorizzazione estingue i reati previsti
 dall'art.  21, primo e secondo comma, della legge n. 319 del 1976.  I
 dubbi di legittimita' costituzionale sono prospettati in  riferimento
 agli artt. 3, 9, 32, 25 e 77 della Costituzione.  La norma denunciata
 e' stata soppressa dalla legge n. 172 del 1995 in sede di conversione
 del  decreto-legge,  senza che sia prevista la salvezza degli effetti
 prodotti. Le questioni sono, pertanto, inammissibili (cfr.  ordinanza
 n. 84 del 1993).
   8.  -  Il  pretore  di  Perugia,  sezione  distaccata  di  Todi, ha
 sollevato questione di legittimita'  costituzionale,  in  riferimento
 agli artt.  9, 10 e 32 della Costituzione, anche dell'art. 1, secondo
 comma,  della  legge  n. 172 del 1995.  La disposizione denunciata fa
 salvi gli atti, i provvedimenti adottati e gli effetti prodottisi  in
 base  ai  precedenti  decreti-legge  non  convertiti e decaduti.   Il
 giudice rimettente ritiene che la sanatoria si riferisca  anche  alle
 domande   di  autorizzazione  presentate,  in  base  all'art.  7  del
 decreto-legge n. 79 del 1995, nel tempo della sua vigenza. Ma  questa
 interpretazione   non  puo'  essere  seguita,  giacche'  in  sede  di
 conversione l'art. 7 (commi 2 e seguenti) del decreto-legge n. 79 del
 1995 e' stato soppresso, senza che ne siano stati  salvaguardati  gli
 effetti.    La  questione  e', pertanto, infondata per erroneita' del
 presupposto interpretativo.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
     1)  dichiara   non   fondate   le   questioni   di   legittimita'
 costituzionale:
      a)  del  d.-l.  17  marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina
 degli scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti  civili
 che non recapitano in pubbliche fognature), sollevate, in riferimento
 agli  artt.  3,  25  e 77 della Costituzione, dal pretore di Ferrara,
 sezione distaccata di Comacchio, e dal  pretore  di  Ferrara  con  le
 ordinanze indicate in epigrafe;
      b) dell'art. 3, primo comma, secondo periodo, del d.-l. 17 marzo
 1995,  n.  79,  convertito,  con modificazioni, nella legge 17 maggio
 1995, n. 172, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 10, 11, 25 e 77
 della Costituzione, dal pretore di Vicenza con  l'ordinanza  indicata
 in epigrafe;
      c)  dell'art.  1,  secondo comma, della legge 17 maggio 1995, n.
 172 (Conversione in legge, con  modificazioni,  del  d.-l.  17  marzo
 1995,  n.  79, recante modifiche alla disciplina degli scarichi delle
 pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in
 pubbliche fognature), sollevata, in riferimento agli artt. 9, 10, 25,
 32  e  77  della  Costituzione,  dal  pretore  di  Perugia,   sezione
 distaccata di Todi, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
     2)   dichiara   inammissibili   le   questioni   di  legittimita'
 costituzionale:
      a) degli artt. 1, 2 e 3, primo comma, primo periodo,  del  d.-l.
 17  marzo  1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17
 maggio 1995, n. 172, ovvero dell'art. 21, terzo comma, primo periodo,
 della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela  delle  acque
 dall'inquinamento),  nel  testo  sostituito con l'art. 3 del d.-l. 17
 marzo 1995, n. 79, convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  17
 maggio  1995,  n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 10,
 11, 25, 32, 41, 77, 101 e 112  della  Costituzione,  dai  pretori  di
 Busto  Arsizio,  Mantova,  sezione  distaccata  di  Castiglione delle
 Stiviere,  Pordenone,  sezione  distaccata  di  Spilimbergo,  Trento,
 Udine,  Grosseto,  dal  giudice per le indagini preliminari presso la
 Pretura circondariale di  Udine,  dal  pretore  di  Pistoia,  sezione
 distaccata  di Pescia, dal giudice per le indagini preliminari presso
 le Preture circondariali di Pisa, Trieste e Livorno, dai  pretori  di
 Padova,  sezione  distaccata di Piove di Sacco, Palmi e Pisa, sezione
 distaccata di San Miniato, con le ordinanze indicate in epigrafe;
      b) dell'art. 3, primo comma, secondo periodo, del d.-l. 17 marzo
 1995, n. 79, convertito, con modificazioni,  nella  legge  17  maggio
 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 25, 32 e
 77  della Costituzione, dai pretori di Perugia, sezione distaccata di
 Todi, e Grosseto con le ordinanze indicate in epigrafe;
      c) dell'art. 3, primo comma, ultimo periodo, del d.-l. 17  marzo
 1995,  n.  79,  convertito,  con modificazioni, nella legge 17 maggio
 1995, n. 172, ovvero dell'art. 21, terzo comma, ultimo periodo, della
 legge 10 maggio 1976, n. 319, nel testo sostituito con l'art.  3  del
 d.-l.  17  marzo  1995,  n.  79, convertito, con modificazioni, nella
 legge 17 maggio 1995, n. 172, sollevate, in riferimento agli artt.  3
 e 25 della Costituzione, dai pretori di Padova, sezione distaccata di
 Piove di Sacco, e Trento con le ordinanze indicate in epigrafe;
      d) dell'art. 6 del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79,  convertito,  con
 modificazioni,  nella  legge  17  maggio  1995, n. 172, sollevate, in
 riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11 25,  32,  77,  101  e  112  della
 Costituzione,  dai pretori Mantova, sezione distaccata di Castiglione
 delle Stiviere, Pordenone, sezione distaccata di Spilimbergo, Trento,
 Brescia, dal giudice per le indagini preliminari  presso  la  Pretura
 circondariale di Lecce, dal pretore di Perugia, sezione distaccata di
 Assisi,  dal  giudice  per  le indagini preliminari presso la Pretura
 circondariale di Pisa, e dal pretore di Padova, sezione distaccata di
 Piove di Sacco, con le ordinanze indicate in epigrafe;
      e) dell'art. 7, commi 2, 3 e 5, del d.-l. 17 marzo 1995, n.  79,
 sollevate, in riferimento  agli  artt.  3,  9,  32,  25  e  77  della
 Costituzione,  dai  Pretori  di  Perugia, sezione distaccata di Todi,
 Mantova, sezione distaccata di Castiglione delle Stiviere, Pordenone,
 sezione distaccata di Spilimbergo, e Trento con le ordinanze indicate
 in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 luglio 1996.
 Il Presidente: Ferri
 Il redattore: Mirabelli
 Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 29 luglio 1996.
 Il direttore della cancelleria: Di Paola
 96C1276