N. 1335 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 novembre 1996
N. 1335 Ordinanza emessa l'8 novembre 1996 dal tribunale di Palermo sul ricorso proposto da Pezzino Vincenzo contro Di Betta Emanuele ed altri Elezioni - Regione siciliana - Elezione a membro dell'Assemblea regionale siciliana - Ineleggibilita' per commissari, liquidatori, presidenti o componenti di consigli di amministrazione di enti pubblici soggetti a vigilanza o tutela della regione (nella specie membro del comitato direttivo e del consiglio di amministrazione del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Agrigento) per mancata cessazione dalla carica entro il novantesimo giorno anteriore alla scadenza della precedente legislatura - Violazione del principio di uguaglianza per la diversa disciplina rispetto alla legislazione nazionale, nonche' dei principi dell'elettorato passivo dei limiti della competenza regionale - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 105/1957, 26/1965, 171/1984, 432/1987, 235/1988 e 162/1995. (Legge regione Sicilia 20 marzo 1951, n. 29, art. 10, primo comma, n. 4, e 10, secondo comma). (Cost., artt. 3, 122 e 51).(GU n.1 del 3-1-1997 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 5092 del registro generale degli affari civili contenziosi dell'anno 1996 promosso da Pezzino Vincenzo, nato il 23 marzo 1947 a Ragusa, elettivamente domiciliato ai fini del giudizio a Palermo, via Noto n. 12, nello studio dell'avvocato Liborio Armao, dal quale e' rappresentato e difeso per mandato a margine del ricorso contro Di Betta Emanuele, elettivamente domiciliato ai fini del giudizio a Palermo, via Rodi n. 1, nello studio dell'avvocato Guido Corso, dal quele e' rappresentato e difeso per mandato a margine del controricorso e nei confronti del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale du Palermo, la Regione siciliana, in persona del legale rappresentante in carica; l'Assemblea della regione siciliana, in persona del legale rappresentante in carica; l'Ufficio centrale circoscrizionale di Agrigento costituito per l'elezione dell'Assemblea regionale siciliana svoltasi il 16 giugno 1996, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo. Visto il ricorso depositato il 6 settembre 1996 con cui Vincenzo Pezzino in qualita' di primo dei candidati - nelle liste elettorali del comune di Licata - non eletti nella lista avente il contrassegno "Dini - Rinnovamento Italiano" alle elezioni per il rinnovo dell'Assemblea regionale siciliana svoltesi il 16 giugno 1996, ha chiesto che venga accertata e dichiarata, nei confronti di Emanuele Di Betta (candidato eletto nella medesima lista), la sussistenza della causa di ineleggibilita' prevista dall'art. 10, primo comma, n. 4, e secondo comma, della l.r. 20 marzo 1951 n. 29 e succ. mod. e int. Visti i controricorsi con i quali il Di Betta e l'Ufficio centrale circoscrizionale di Agrigento si sono opposti alla domanda sollecitandone conseguentemente il rigetto. Sentite le parti, visti gli atti, e sentito il giudice relatore. Osserva Il ricorrente invoca l'applicazione dell'art. 10, primo comma, n. 4 e secondo comma, della l.r. 20 marzo 1951 n. 29, a mente del quale non sono eleggibili alla carica di deputato nazionale "i commissari, i liquidatori, i presidenti o componenti di consigli di amministrazione ... di enti pubblici soggetti per legge alla vigilanza o tutela della Regione, ovvero enti in genere che siano ammessi a godere o godano effettivamente in via ordinaria in dipendenza di disposizione di legge, o di atti amministrativi vincolanti, di contributi, concorsi o sussidi da parte della Regione" che, per tempestive dimissioni o per altra causa, non abbiano cessato effettivamente la loro funzione almeno 90 giorni prima della scadenza della precedente legislatura, lamentando appunto che il Di Betta, non essendosi dimesso entro il 16 marzo 1996 (novantesimo giorno precedente alla data di scadenza della precedente legislatura) verserebbe in tale condizione, avendo rivestito la carica di membro del comitato direttivo e del consiglio di amministrazione del Consorzio per l'area di sviluppo industriale della provincia di Agrigento almeno fino al 20 giugno 1996 (data di presentazione delle dimissioni, come risulta dalla documentazione in atti disponibile), laddove appunto tale Consorzio e' sottoposto a vigilanza e tutela dell'assessore regionale per l'industria, ed e' anche ammesso a godere di contributi a carico del bilancio regionale (si vedano gli artt. 2 e 29 della l.r. 4 gennaio 1984 n. 1). In relazione a tale allegazione, il resistente eccepisce l'incostituzionalita' della norma in commento, stigmatizzandone la contrarieta' con i precetti di cui agli artt. 3, 122 e 51 della Costituzione della Repubblica italiana. L'eccezione appare fondata, e giustifica senz'altro la rimessione degli atti alla Corte costituzionale. E' noto, invero, che la giurisprudenza avviata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 129 del 1975 tende a dare al precetto dell'art. 51 della Costituzione la piu' ampia estensione applicativa. In numerosi altri casi la Corte ha peraltro avuto modo di affermare che la disciplina di accesso alle cariche elettive deve essere strettamente limitata dai principi della legislazione statale, laddove poi eventuali deroghe ai principi e ai criteri adottati da tale legislazione sul diritto fondamentale di elettorato passivo - riconosciuto e garantito con carattere di inviolabilita' dall'art. 2 della Costituzione - sono ammissibili soltanto in presenza di condizioni del tutto peculiari alla regione interessata e, in ogni caso, per motivi adeguati e ragionevoli, e finalizzati comunque alla tutela di un interesse generale (in tal senso, v. sent. n. 105 del 1957; 26 del 1965; 171 del 1984; 162 del 1985; 235 del 1988; 162 del 1995). Con specifico riferimento a casi del tutto analoghi a quello che qui ci occupa e relativi alla regione siciliana, la stessa Corte ha peraltro precisato che la previsione di determinate ipotesi in termini di ineleggibilita', anziche' di incompatibilita', costituisce violazione dei principi cui si e' teste' fatto riferimento (si veda in particolare la sent. n. 432 del 1987), e con la sentenza n. 171 del 20 giugno 1984 addirittura ha dichiarato l'incostituzionalita' proprio della specifica norma in esame, sia pur con riferimento ai componenti del consiglio di amministrazione di enti ospedalieri (il che, sia detto per inciso, esclude la possibilita', invocata dal resistente, di considerare sostanzialmente non piu' in vigore, anche con riferimento agli amministratori di Consorzi, l'art. 10, primo comma n. 4 e secondo comma, della legge regionale 20 marzo 1951 n. 29). Nella specie, si ha che l'esercizio di funzioni di amministrazione di enti soggetti a vigilanza regionale o ammessi a fruire di sovvenzioni di tipo facoltativo, e' disciplinata dalla regione siciliana appunto in termini di ineleggibilita', mentre la parallela disciplina dettata (con riferimento ad amministratori di enti soggetti a vigilanza regionale o ammessi a godere in via continuativa di sovvenzioni facoltative) dall'art. 3 n. 1 della legge 3 aprile 1981 n. 154 (norme in materia di eleggibilita' ed incompatibilita' alle cariche di consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale e in materia di incompatibilita' degli addetti al servizio sanitario nazionale) prevede siffatta ipotesi in termini di incompatibilita', di tal che la normativa siciliana in materia di accesso alla carica di componente dell'assemblea regionale si palesa appunto discriminatoria rispetto alle maggiori opportunita' offerte dalla legislazione nazionale, e contrastante con gli indicati precetti costituzionali, specie ove si consideri che non sembrano ricorrere le "ipotesi di peculiarita' relative alla Sicilia" che potrebbero altrimenti legittimare la compressione del diritto di elettorato passivo in concreto sussistente. Con riferimento alla rilevanza della questione, e' poi il caso di sottolineare che gli effetti dell'incompatibilita' sono ben diversi da quelli dell'ineleggibilita', visto che quest'ultima impedisce radicalmente l'accesso alla carica elettiva, mentre la prima consente all'eletto - una volta divenuto tale - di rimuovere la situazione impeditiva (costituita dalla coesistenza di funzioni o attivita' che la legge considera inconciliabili con la carica di che trattasi), di tal che nella specie la previsione in termini di incompatibilita', anziche' di ineleggibilita', della fattispecie rilevata dal ricorrente, consentirebbe di valutare sotto un'angolazione prospettica del tutto diversa la lagnanza in commento. Ne' varrebbe obbiettare che la concreta rilevanza della questione di incostituzionalita' sarebbe assorbita dalla tardiva proposizione del ricorso, ove si consideri che l'immediata proponibilita' (ammessa dalla sentenza n. 58 emessa dalla C.G.A. il 12 marzo 1992) del ricorso avverso la proclamazione degli eletti (avvenuta il 29 giugno 1996), anziche' dalla data di convalida degli eletti (non ancora intervenuta), non puo' ragionevolmente risolversi addirittura nell'introduzione pretoria di un termine decadenziale non previsto dal Legislatore, in danno per gli stessi interessati che vedrebbero consunta, col decorso del termine di trenta giorni dalla data della proclamazione, quella possibilita' di ricorrere ad autorita' giudiziaria che l'art. 82 del d.P.R. n. 570/1960 (nel testo introdotto dalla legge 23 dicembre 1966 n. 1147) ammette fino al trentesimo giorno successivo alla convalida degli eletti. Ancora con riferimento alla concreta rilevanza della questione, merita un cenno a parte l'eccezione formulata dall'Ufficio centrale circoscrizionale di Agrigento, secondo il quale il caso sottoposto all'esame di questo Collegio esulerebbe dalla fattispecie regolata dalla norma citata dal ricorrente. All'uopo, l'Ufficio resistente prende le mosse dalla sentenza della Corte di cassazione n. 391 del 18 gennaio 1994, che ha individuato la ratio dell'ineleggibilita' dei presidenti dei Consorzi nel rapporto di dipendenza tra le Regioni ed i Consorzi stessi, e nella rappresentativita' esterna dell'amministratore, laddove solo nel caso in cui le Regioni siano in grado di ingerirsi effettivamente nelle scelte dei Consorzi riducendoli a meri strumenti di volonta' direttive superiori, e solo nel caso in cui l'amministratore sia dotato di rappresentativita' esterna, sarebbe configurabile l'astratta previsione di ineleggibilita' alla carica di consigliere regionale. Nella specie, l'assoggettamento del Consorzio A.S.I. a mera "vigilanza", e non gia' ad effettiva direzione, da parte dell'assessore alll'industria, e la mancanza di rappresentativita' esterna delle cariche rivestite dal Di Betta, dovrebbero portare percio' ad escludere la sussistenza dell'ipotesi di ineleggibilita' ravvisata invece dal ricorrente. L'assunto, pero', non puo' condividersi per il semplice fatto che la sentenza della Corte di cassazione n. 391/1994 attiene all'ipotesi di ineleggibilita' prevista dall'art. 2, n. 11, della legge 23 aprile 1981 n. 154 (a mente del quale sono ineleggibili gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dalla regione, provincia o comune), ed ha riguardo percio' ad un caso di dipendenza tra enti, affatto diversa da quella - che e' e resta di mera vigilanza, e non ha alcun riferimento a funzioni di rappresentativita' esterna - disciplinata in termini di incompatibilita' dall'art. 3, n. 1, della stessa legge. Visto che tale ultima norma non puo' essere interpretata nel modo suggerito dal resistente sulla scorta di una non condivisibile lettura della sentenza n. 391/1994, e che - mediatamente - non puo' interpretarsi in tal modo neanche l'art. 10, primo comma n. 4 e secondo comma, della 20 marzo 1951 n. 29, restano valide, pertanto, tutte le considerazioni sopra svolte con riferimento al contrasto tra la normativa regionale e quella statale contenuta nell'art. 3 n. 1 della legge 3 aprile 1981 n. 154. Considerato, pertanto, che la questione prospettata risulta rilevante per il giudizio in corso che non puo' essere definito senza la sua decisione:
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione; 1 della legge 9 febbraio 1948 n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, primo comma, n. 4 e, secondo comma, della legge della rgione siciliana 20 marzo 1951 n. 29, con riferimento agli arrt. 3, 122 e 51 della Costituzione; Dispone la sospensione del giudizio e l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, ed ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia comunicata in copia al presidente dell'Assemblea regionale ed al presidente della regione siciliana. Palermo, addi' 8 novembre 1996 Il presidente: Battaglia Il giudice estensore: D'Antoni 96C1335