N. 1070 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 maggio 1996

                                N. 1070
  Ordinanza emessa il 10  maggio  1996  dal  pretore  di  Brescia  sul
 ricorso proposto da Cadei Maria contro l'I.N.P.S.
 Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Pensioni  I.N.P.S.  - Rimborsi
    conseguenti alle sentenze della Corte costituzionale nn.  495/1993
    e  240/1994  -  Previsione  della  estinzione dei giudizi pendenti
    nonche' della perdita di efficacia  dei  provvedimenti  giudiziali
    non  ancora  passati  in giudicato, alla data di entrata in vigore
    della  normativa  impugnata  -   Violazione   del   principio   di
    ragionevolezza.
 Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Pensioni  I.N.P.S.  - Rimborsi
    conseguenti alle sentenze della Corte costituzionale nn.  495/1993
    e  240/1994  -  Esclusione  dal  rimborso  degli interessi e della
    rivalutazione  monetaria  -  Contrasto   con   la   giurisprudenza
    costituzionale   circa  la  natura  di  componenti  essenziali  ed
    integranti del credito previdenziale di detti accessori  (sentenza
    n. 156/1991) - Violazione del principio di ragionevolezza.
 Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Pensioni  I.N.P.S.  - Rimborsi
    conseguenti alle sentenze della Corte costituzionale nn.  495/1993
    e  240/1994 - Attuazione dei rimborsi delle somme maturate fino al
    31 dicembre 1995, mediante assegnazione di titoli di Stato in  sei
    annualita'  -  Determinazione  della  relativa  spesa  solo per il
    triennio 1996-1998 - Violazione del principio di ragionevolezza.
 (D.-L. 28 marzo 1996, n. 166, art. 1, commi 1, 2, 3 e 4).
 (Cost., art. 3).
(GU n.42 del 16-10-1996 )
                              IL PRETORE
   Visti:
     gli atti difensivi delle parti;
     il d.-l. 28 marzo 1996, n. 166;
     l'art. 22 della legge 21 luglio 1965, n. 903;
     la sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 1993;
     l'art. 11, comma 22, legge 24 dicembre 1993, n. 537;
     la sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 1994;
     l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
     l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1;
     l'art. 1 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1;
     gli artt. 3 e 134 della Costituzione;
   Ha pronunciato, dandone integrale lettura, la seguente ordinanza ai
 sensi dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e
 dell'art.  23  della  legge  11 marzo 1953, n. 87, di rimessione alla
 Corte costituzionale di  questione  di  legittimita'  costituzionale,
 rilevata  d'ufficio,  nella  causa  r.g.  n.  6740/95,  in materia di
 previdenza ed  assistenza  obbligatoria,  promossa  da  Cadei  Maria,
 elettivamente  domiciliata  in  Brescia presso l'avv. Danilo Mura, il
 quale la rappresenta e difende in forza  di  procura  a  margine  del
 ricorso,  ricorrente,  contro  l'I.N.P.S.  - Istituto nazionale della
 previdenza  sociale,   in   persona   del   presidente   pro-tempore,
 rappresentato  e  difeso  dai  dott.  proc.  Oreste  Manzi  e Alfonso
 Faienza, procuratori per mandati alle liti a rogito del  dott.  Lupo,
 notaio   in  Roma,  con  domicilio  eletto  nel  proprio  ufficio  di
 avvocatura in Brescia, via Cefalonia n. 49, convenuto.
   Nelle more del presente giudizio - nel quale  la  parte  ricorrente
 chiede  di  veder  riconosciuto il proprio diritto al ricalcolo della
 pensione di riversibilita' in godimento secondo i  criteri  affermati
 dalla  Corte  costituzionale  nella sentenza n. 495 del 1993 - con il
 recente d.-l. 28 marzo 1996, n. 166, in vigore dal 30 marzo 1996,  e'
 stato modificato il quadro normativo di riferimento e, poiche' l'art.
 1  di  tale decreto risulta non conforme alla Costituzione, si impone
 il rilievo d'ufficio della questione di legittimita' che segue.
   Prima, pero', deve essere chiarito che la presente ordinanza  (come
 le  altre,  emesse  e  da  emettere  in  ogni  controversia avente il
 medesimo oggetto  di  questa)  e'  una  versione  ridotta  delle  due
 precedenti pronunciate in data 1 aprile 1996, nelle cause promosse da
 Rossi  Giacomina  e Manfredini Antonia contro l'.I.N.P.S., ed e' atto
 dovuto e necessario, determinato dall'impossibilita' di  operare  dei
 rinvii "tecnici" in attesa della decisione della Corte costituzionale
 delle  due  citate rimessioni, visto che l'unico residuo atto - oltre
 quello della rimessione  alla  Corte  di  questioni  di  legittimita'
 costituzionale,  qui doverosamente posto in essere - di giurisdizione
 previsto dal terzo comma dell'art.  1 del decreto-legge  n.  166/1996
 impone  di  dichiarare  d'ufficio  l'estinzione  di  tutti  i giudizi
 pendenti a spese compensate.
   Come si e' gia' detto, il Governo ha emanato  il  decreto-legge  n.
 166  del  28 marzo 1996 - entrato in vigore il giorno 30 dello stesso
 mese e, dunque, applicabile alla presente  controversia  -  ove  sono
 dettate,  nell'art.  1, una serie di disposizioni dirette a risolvere
 in via definitiva, sia l'annoso problema della copertura  finanziaria
 necessaria  per il pagamento delle somme "dovute" agli aventi diritto
 in  conseguenza  dell'applicazione   delle   sentenze   della   Corte
 costituzionale  n.  495/1993  e n. 240/1994, sia l'ancora piu' antico
 contenzioso giurisdizionale legato all'accertamento  del  diritto  al
 calcolo  delle  pensioni  di  riversibilita' nella misura del 60% del
 trattamento minimo effettivamente goduto dal  pensionato  deceduto  o
 che sarebbe spettato all'assicurato ed alla "cristallizzazione" delle
 pensioni  a  decorrere  del 1 ottobre 1983 nella misura erogata al 30
 settembre 1983, sui quali sono intervenute le  due  citate  decisioni
 del giudice delle leggi.
   La  realta'  del  decreto-legge  pero'  non e' minimamente idonea a
 raggiungere gli scopi sperati, poiche' da' luogo a numerosi dubbi  di
 legittimita'   costituzionale,   tutti   traducibili   in   questioni
 rilevabili (e gia' rilevate) d'ufficio.
   Tra le tante, qui ne viene sollevata una sola, la seguente:
 Questione   di   legittimita'   costituzionale   dell'art.   1    del
 decreto-legge  n.  166  del  1996  per  violazione  dell'art. 3 della
 Costituzione
   L'art. 1 del decreto-legge n. 166 del 1996 e' "intriso" in ogni suo
 comma di  irragionevolezza  insanabile,  con  flagrante  e  reiterata
 violazione  del  principio  di  ragionevolezza desumibile dall'art. 3
 della Costituzione.
   Si sostiene l'attuazione  e  l'applicazione  delle  sentenze  della
 Corte  costituzionale  n. 495/1993 e n. 240/1994, senza pero' dettare
 alcuna  norma  di  legge  idonea  a  recepirne  i  contenuti,  mentre
 contemporaneamente  si  tenta  (come  sembra)  di escludere i diritti
 degli eredi, dando cosi' vita ad una contraddizione insanabile con le
 suddette decisioni della Corte costituzionale nelle quali  nulla  del
 genere  viene  affermato.    In  argomento  deve  anche, per maggiore
 chiarezza, essere ricordato che una delle critiche rivolte da  questo
 giudice   alla   sentenza  n.     240/1994  e  diretta  a  dimostrare
 l'irrilevanza del passaggio graduale  dal  trattamento  pensionistico
 integrato  al  minimo a quello deteriore della pensione a "calcolo" -
 sul quale la  Corte  ha  fondato  la  dichiarazione  d'illegittimita'
 costituzionale  dell'art. 11, comma 22, della legge 24 dicembre 1993,
 n. 537 - insisteva ed insiste sul rilievo che nelle  controversie  in
 materia    di    "cristallizzazione"   (e   non   occorre   ulteriore
 specificazione, essendo notissima la relativa  problematica)  nessuno
 dei  titolari  di  pensione (e, men che meno, nessuno dei loro eredi)
 "ha mai goduto effettivamente alla data del 30 settembre 1983 di piu'
 pensioni integrate al trattamento minimo, bensi' dai ricorrenti viene
 vantato solo il diritto a percepire  arretrati  per  una  prestazione
 sulla  quale  mai  i  pensionati hanno pututo contare per le esigenze
 primarie di vita" (cfr., tra  le  tante  emesse  da  questo  pretore,
 sentenza n. 1502 del 15 dicembre 1994).
   Nel   primo   e  nel  secondo  comma  si  parla  reiteratamente  di
 "rimborsi", ma davvero nulla deve essere rimborsato.
   Tra i (presunti) aventi diritto ai "rimborsi",  nel  secondo  comma
 dello  stesso  articolo,  si  individua la categoria dei "superstiti"
 (aventi titolo alla pensione di reversibilita' alla data  di  entrata
 in  vigore  del  "decreto" dei "soli soggetti interessati", ma non e'
 chiaro se tale  riferimento  sia  davvero  diretto  ad  escludere  il
 diritto   degli   eredi   -   anche  se,  nei  giorni  precedenti  ed
 immediatamente successivi  all'annuncio  del  decreto  da  parte  del
 Governo  e  alla  presentazione  del  suo  contenuto, questa e' stata
 l'opinione comune -, ne' e' possibile  prevedere  la  sorte  di  tale
 interpretazione nella giurisprudenza.
   Ancora,  nel  secondo  comma  si  dice  che  "nella  determinazione
 dell'importo  maturato  al  31  dicembre  1995  non  concorrono   gli
 interessi  e  la  rivalutazione monetaria" e con tale affermazione si
 crede di negare il diritto ai  suddetti  accessori  del  credito,  ma
 trattasi  di  volonta'  non  risultante  dalla  dichiarazione, che da
 questa emerge con sicurezza solo che interessi legali e rivalutazione
 monetaria non devono essere compresi  nel  calcolo  degli  arretrati,
 com'e' del tutto ovvio, mentre non sembra altrettanto agevole dedurne
 che essi non spettano.
   Nel  terzo  comma  si  ha la pretesa di eliminare la giurisdizione,
 senza pero' risolvere per tutti gli attuali e  potenziali  ricorrenti
 in modo univoco ed untario il contenzioso giurisdizionale.
   Nel quarto comma, destinato ad individuare i mezzi per la copertura
 finanziaria  della  nuova  legge  di spesa, inoltre, vengono posti in
 essere equilibrismi finanziari  di  raro  riscontro,  assumendosi  di
 poter  pagare  un debito con un nuovo debito e di poter indicare solo
 per tre annualita' sulle sei previste i mezzi di finanziamento.
   Appare di solida evidenza che la massiccia presenza nell'art. 1 del
 d.-l. 28 marzo 1996, n. 166  di  gravissime  lacune  -  quelle  sopra
 rilevate,    determinate    da   linguaggio   atecnico,   da   palese
 contraddittorieta' e da semplicismo imperante  -  non  solo  dimostra
 l'assenza  di  ragionevolezza  di  tutte  le disposizioni dell'intero
 articolo e la conseguente violazione dell'art. 3 della  Costituzione,
 ma   rende  assai  dubbia  la  stessa  sussistenza  nell'art.  1  del
 decreto-legge n. 166/1996 dei requisiti di un atto  avente  forza  di
 legge,  potendovisi  riscontrare  piu'  che  altro i contenuti di una
 sentenza generalizzata (frettolosa e priva di motivazione).
   La questione non e' manifestamente infondata ed  e'  rilevante  nel
 giudizio,    poiche'    la    dichiarazione    della   illegittimita'
 costituzionale dell'art. 1  del  decreto-legge  n.  166/1996  avrebbe
 l'effetto  di  ripristinare  la  vigenza  della normativa precedente,
 restituendo nel contempo a questa Autorita' giudiziaria competente la
 funziona attribuitale dalla Costituzione di amministrare la giustizia
 secondo la legge costituzionalmente vigente (art. 22,  legge  n.  903
 del 1965).
                                P. Q. M.
   Solleva   d'ufficio   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  1, commi primo, secondo, terzo  e  quarto,  del  d.-l.  28
 marzo 1996, n. 166, per violazione dell'art. 3 della Costituzione;
   Sospende il giudizio;
   Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
 disponendo la notifica al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 oltre   alla   comunicazione  ai  Presidenti  delle  due  Camere  del
 Parlamento;
   Manda alla cancelleria per l'esecuzione.
     Brescia, addi' 10 maggio 1996
                            Il pretore: Onni
 96C1501