N. 1112 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 marzo 1996

                                N. 1112
  Ordinanza  emessa  il  4  marzo  1996  dal  pretore  di  Brescia nel
 procedimento civile vertente tra Bani Claudio e la  S.p.a.  Calabrese
 Veicoli Industriali
 Infortuni  sul  lavoro e malattie professionali - Infortuni derivanti
    da reato del datore di lavoro - Diritto del lavoratore infortunato
    o dei suoi aventi causa, nei confronti  delle  persone  civilmente
    responsabili,   al  risarcimento  del  danno  morale  -  Limiti  -
    Esclusione  del  diritto  all'integrale  risarcimento  del   danno
    biologico,  nonostante  le sentenze della Corte costituzionale nn.
    435/1991 e 37/1994, in caso di  importo  del  danno  eccedente  la
    rendita  INAIL  capitalizzata  e  di  impossibilita'  di azione di
    regresso della stessa contro le persone civilmente responsabili  -
    Violazione   del  principio  di  uguaglianza  ed  incidenza  sulla
    garanzia previdenziale.
 (D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 10, sesto e settimo comma).
 (Cost., artt. 3 e 38, secondo comma).
(GU n.42 del 16-10-1996 )
                              IL PRETORE
   Visti:
     gli atti difensivi delle parti;
     l'art. 10, sesto e settimo comma, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124;
     le  sentenze  della  Corte costituzionale n. 485 del 1991 e n. 37
 del 1994;
     l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
     l'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1;
     l'art. 1 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1;
     gli artt. 2, 3, 32, 38, 134 e 136 della Costituzione;
   Ha pronunciato, dandone integrale lettura, la  seguente  ordinanza,
 ai  sensi  dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
 1, e dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,  di  rimessione
 alla    Corte    costituzionale    di   questione   di   legittimita'
 costituzionale, rilevata d'ufficio, nella causa r.g. n. 2578/1994  in
 materia  di  previdenza ed assistenza obbligatoria, promossa da: Bani
 Claudio, elettivamente domiciliato in Brescia,  presso  gli  avvocati
 Pierluigi  Gerardi  e  Mario  Berruti,  i  quali  lo  rappresentano e
 difendono in forma di delega a  margine  dell'atto  introduttivo  del
 giudizio, ricorrente, contro la Calabrese Veicoli Industriali S.p.a.,
 in  persona  di  Lorenzo  Calabrese,  amministratore delegato, legale
 rappresentante  pro-tempore,  elettivamente  domiciliata  in  Brescia
 presso  l'avv.  Vittorio  Roscini  Vitali,  il quale la rappresenta e
 difende in forza  di  procura  a  margine  della  memoria  difensiva,
 convenuta.
  Brevi   premesse sulle deduzioni e conclusioni formulate dalle parti
 in causa
   1. - Nelle conclusioni di parte attrice si chiede a questo Pretore,
 di "previo accertamento  della  responsabilita'  della  convenuta  in
 ordine alla causazione dell'evento, accertare e dichiarare il diritto
 del  ricorrente  a  vedersi riconosciuto il danno biologico, il danno
 morale e i danni tutti non indennizzati dall' INAIL subiti a  seguito
 dell'infortunio  sul  lavoro  occorsogli  in data 20 novembre 1989, e
 conseguentemente condannare la Calabrese Veicoli Industriali  S.p.a.,
 in  persona  del  legale  rappresentante  pro-tempore, al pagamento a
 favore del ricorrente, per i titoli meglio specificati nel  conteggio
 allegato  al  ricorso,  della  somma che risultera' dovuta sulla base
 della  percentuale  d'invalidita'  permanente  accertata,  secondo  i
 parametri che il Pretore vorra' adottare, che si indicano comunque in
 una  cifra  di lire 22.640.860 per il danno biologico ed in una cifra
 di lire 11.340.000 per il danno morale, salvo errori od  omissioni  o
 in  quella  maggiore  o  minore che risultera' in corso di causa, che
 risultera' di giustizia, oltre la rivalutazione monetaria,  calcolata
 ai  sensi dell'art. 150 disp. att. c.p.c., e gli interessi legali sul
 totale rivalutato, per i motivi  tutti  di  cui  al  ricorso  e  alla
 memoria autorizzata".
   2.  -  La  societa'  convenuta  ha  espresso le seguenti, riportate
 testualmente, conclusioni: "respingersi ogni e  qualsivoglia  domanda
 di  Bani  Claudio  contro  la  Calabrese  Veicoli  Industriali S.p.a.
 perche' infondata in fatto ed in diritto. Spese e competenze di  lite
 rifuse".
   3.  -  In ordine alla definizione del concetto di danno "biologico"
 le parti in causa non si discostano dalla corrente opinione, aderendo
 sostanzialmente alla costruzione fattane dalla Corte costituzionale e
 dalla giurisprudenza di merito e  di  legittimita'  nel  corso  degli
 anni.
   4.  -  Per  quanto  concernente la risarcibilita', in astratto, del
 danno  biologico   residua   nelle   difese   della   resistente   la
 contestazione  della  configurabilita' del danno biologico come danno
 temporaneo, ma tale aspetto e del tutto irrilevante in  relazione  ai
 contenuti della presente ordinanza.
   5.  -  Non  e'  utile,  ne necessario ricordare altri aspetti della
 controversia, perche', in relazione alla natura della  questione  che
 viene  sollevata,  essi sono ininfluenti, giacche' non sono idonei ad
 incidere sulla valutazione della fondatezza della medesima  questione
 e della sua rilevanza ai fini della decisione del giudizio a quo.
   Premesse di merito sulla questione di legittimita' costituzionale
   A)  E'  necessario,  prima  di tutto evidenziare che questo pretore
 ritiene risarcibile il danno "biologico", poiche' danno patrimoniale,
 ma   cio'   non   in   dipendenza   dell'elaborazione   della   Corte
 costituzionale  e  della  giurisprudenza  di  merito e di legittimita
 faticosaente evolutasi negli anni, bensi' in forza  di  una  semplice
 constatazione:  in  verita' la lesione subita dalla persona e' evento
 fenomenico  rilevabile  e  valutabile   e,   dunque,   danno   sempre
 accertabile  e  la sua riparazione costituisce un costo, ha un prezzo
 ha valenza patrimoniale certa  ed  incontestabile,  poiche'  le  cure
 mediche,  gli  esami  clinico-strumentali,  i farmaci, gli interventi
 chirugici, le terapie di ricupero, i viaggi  per  raggiungere  centri
 specializzati  lontani  dal  domicilio  e  siti  anche all'estero, le
 degenze ospedaliere, l'assistenza di personale  specializzato  e,  in
 breve,  tutto cio' (non solo, dunque, quanto sopra enumerato che puo'
 essere necessario e utile per ripristinare al meglio del possibile  i
 deficit  piu'  diversi  non e' gratuito, ma richiede forti esborsi di
 denaro ovvero e, comunque, valutabile economicamente.
   In sintesi: il danno biologico null'altro e' se non una specie  del
 genus  danno  patrimoniale; in quanto tale e' risarcibile in forza di
 legge,  senza  nessun  problema   in   ordine   alla   sua   astratta
 riconoscibilita'.
   Ne conseque che al danno "biologico" si applicano le norme di legge
 che   regolano   il   risarcimento   del  danno  patrimoniale  ed  in
 particolare, l'art. 2058 cod. civ., essendo suscettibile  di  domanda
 risarcitoria in forma specifica (a nulla rilevando il fatto che nella
 massima  parte dei casi tale forma riparatoria del danno possa essere
 solo  parziale,  a  conferma  dell'esatta  qualificazione  del  danno
 biologico come danno patrimoniale.
   Da  tale  punto di partenza - reso possibile ed agevole grazie alla
 grande elaborazione sul concetto di danno alla persona quale  entita'
 vivente  e non solo quale soggetto produttore di reddito - deriva una
 constatazione: tutta l'elaborazione della Corte costituzionale e  del
 "diritto  vivente"  in  tema  di  danno "biologico" nonostante la sua
 preziosita', non puo' essere seguita, perche' fondata su un parametro
 costituzionale (art. 32, primo comma inconferente  ed  estraneo  alla
 risarcibilita' del danno patrimoniale biologico. Infatti, l'art.  32,
 primo  comma, della Costituzione non ha alcun significato ai fini del
 riconoscimento giuridico del diritto alla  risarcibilita'  del  danno
 biologico, ai sensi degli artt. 2043 e 2059 codice civile quale danno
 patrimoniale, poiche' questo danno non ha caratteristiche particolari
 dal  punto di vista giuridico rispetto a qualsivoglia altra specie di
 danno patrimoniale, sempre  per  quanto  concernente  il  diritto  al
 risarcimento,   differenziandosi  semmai  in  ordine  ai  criteri  di
 determinazione  dell'entita'  del  danno  e  della  misura  del   suo
 risarcimento.
   Non  solo,  pero', l'art. 32, primo comma della Costituzione non ha
 significato ai finii' dell'affermazione sul diritto  al  risarcimento
 del danno patrimoniale biologico, ma neppure ha rilievo ai fini della
 sua  concreta tutelabilita' nell'ambito della responsabilita' civile,
 poiche' e' fortemente errato ritenere che l'obbligo della tutela  del
 bene  della  salute possa essere addossato al responsabile civile del
 danno, anche  se  deve  notarsi  che,  in  un  crescendo  costante  e
 probabilmente  irreversibile,  lo Stato va riducendo progressivamente
 il proprio intervento economico nel settore della  sanita'  pubblica,
 mentre  e'  del  tutto ovvio e logicamente ovvio che l'art. 32, primo
 comma, della Costituzione rivolge il suo dettato non al cittadino  ma
 allo Stato.
   Argomentare  diversamente  in tema di tutela della salute come bene
 primario nel sistema costituzionale, facendo scivolare a  carico  del
 privato  l'obbligo  della tutela medesima, non solo e' giuridicamente
 scorretto,  ma  e',  anche  e  soprattutto,  apertura  di  credito  a
 possibili  gravissime  dismissioni  da  parte  dello Stato di compiti
 primari impostigli dalla Carta costituzionale.
   Semmai l'esistenza, fino a quando vi sara', del servizio  sanitario
 nazionale  (con  prestazioni totalmente o parzialmente gratuite) puo'
 costituire causa  di  riduzione  della  misura  del  danno  biologico
 patrimoniale  da  risarcire a carico del responsabile civile, perche'
 in parte (al limite anche nella totalita') il danno in discorso  puo'
 essere ridotto con ricorso al sistema di sanita' pubblico.
   La  tutela  costituzionale  del  diritto all'integrita' psicofisica
 della persona in quanto tale e non nella sua  capacita'  di  produrre
 reddito   si  rinviene,  in  realta',  nell'art.  2  ("La  Repubblica
 garantisce i diritti inviolabili  dell'uomo,  sia  come  singolo  sia
 nelle  formazioni  sociali ove si svolge la sua personalita'" ... ) e
 nell'art. 3 (primo comma: "Tutti  i  cittadini  hanno  pari  dignita'
 sociale  e  sono  uguali dinanzi alla legge ..... ." e secondo comma:
 "E'  compito  della  Repubblica  rimuovere  gli  ostacoli  di  ordine
 economico  e  sociale,  che  .....impediscono il pieno sviluppo della
 personalita' umana .....", mentre l'art.   32, primo comma,  si  pone
 gia'  come  norma di attuazione dei suddetti principi, imponendo allo
 Stato di provvedere  alla  "tutela  della  salute  come  fondamentale
 diritto  dell'individuo  e interesse della collettivita'", nonche' di
 garantire "cure gratuite agli indigenti".
   Si deve affermare, invece,  che  il  secondo  comma,  dell'art.  32
 conferma  l'assoluto  rilievo  costituzionale  della persona umana in
 se', gia' solennemente sancito negli  artt.  2  e  3,  rilievo  tanto
 elevato  da  imporre  al  legislatore  costituzionale di disporre che
 "nessuno puo' essere obbligato a un determinato trattamento sanitario
 se non per disposizione di legge" e di vietare sempre alla legge  "di
 violare  i  limiti  imposti dal rispetto della persona umana": resta,
 cosi, rafforzata la tesi di questo pretore che nega la validita'  del
 parametro  costituito  dal  primo  comma  dell'art.  32  al  fine  di
 affermare  l'assistenza  del  diritto  al  risarcimento   del   danno
 biologico, poiche' lo stesso valore costituzionale della tutela della
 salute perde forza dinanzi al superiore e assai piu' complesso valore
 della persona umana.
   B)  La  sentenza  della  Corte  costituzionale  n.  485 del 1991 ha
 testualmente affermato che "E'  costituzionalmente  illegittimo,  per
 contrasto  con l'art. 32, primo comma, della Costituzione, l'art. 10,
 sesto e settimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 ...,  nella
 parte  in  cui  prevede che il lavoratore infortunato o i suoi aventi
 causa  hanno  diritto,  nei  confronti   delle   persone   civilmente
 responsabili  per  il  reato  da  cui  l'infortunio  e'  derivato, al
 risarcimento del danno biologico non  collegato  alla  perdita  della
 capacita'  lavorativa  generica solo se e solo nella misura in cui il
 danno risarcibile, complessivamente considerato,  superi  l'ammontare
 delle indennita' corrisposte dall'INAIL".
   La  sentenza  Corte costituzionale n. 37 del 1994 ha dichiarato che
 "E' infondata la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.
 10,  sesto e settimo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nella
 parte in cui prevede che il lavoratore infortunato o  i  suoi  aventi
 causa   hanno   diritto,   nei  confronti  delle  persone  civilmente
 responsabili per  il  reato  da  cui  l'infortunio  e'  derivato,  al
 risarcimento del danno morale solo se e' nella misura in cui il danno
 risarcibile,  complessivamente  considerato, superi l'ammontare delle
 indennita' corrisposte dall'INAIL, in riferimento all'art.  32  della
 Costituzione".
   In  relazione  alla  sentenza n. 37/1994 deve solo dirsi che la sua
 natura interpretativa di rigetto, come da tutti affermato, ne esclude
 l'obbligatorieta'.
   Per quanto  concerne,  invece,  la  sentenza  n.  455/1991,  questo
 giudice  deve  confermare  anche  in questa sede senza esitazione, in
 piena coerenza con la propria giurisprudenza, che l'art. 10, sesto  e
 settimo  comma,  del  d.P.R.  30  giugno 1965, n. 1124, e' rimasto in
 vigore nella sua integrale formulazione  letterale,  quale  norma  di
 legge   dello   Stato,   regolarmente   approvata   (art.   72  della
 Costituzione) dal Parlamento regolarmente promulgata  dal  Presidente
 della   Repubblica   e   regolarmente   pubblicata   (art.  73  della
 Costituzione), poiche' la sentenza  "legislativa"  (manipolativa)  n.
 485  del 1991 della Corte costituzionale non e' giuridicamente idonea
 a determinare la cessazione  dell'efficacia  della  norma  dichiarata
 illegittima  in  una  parte  non  scritta (nella parte in cui prevede
 ......  posto  che,  ai  sensi  dell'art.  136,  primo  comma,  della
 Costituzione,  l'evento  dell'inefficacia  si realizza solo quando la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale  colpisce  la  lettera
 dell'intera norma o di una sua parte (scritta: deve essere ribadito),
 causandone la semplice caducazione.
   C)  Deve essere anche messo in rilievo che non e' possibile neppure
 giungere in sede di interpretazione della normativa  a  risultati  in
 linea  con le decisioni della Corte, perche' non ne sono condivise le
 premesse in  tema  di  danno  biologico,  come  gia'  rilevato  nella
 premessa  A), con la conseguenza che questo pretore trova immutato il
 sistema normativo del d.P.R. n. 1124/1965 e, in  particolare,  sempre
 vigente  come  scritto l'art. 10, sesto e settimo comma, da applicare
 alla  presente  fattispecie,  con  certa  rilevanza  ai  fini   della
 decisione della causa.
              La questione di legittimita' costituzionale
   In  forza  delle  superiori  premesse,  poiche'  il sesto e settimo
 comma, dell'art. 10 consentono la liquidazione del danno patrimoniale
 (dunque anche di quello biologico) solo se  la  determinazione  della
 somma  da  liquidare  e'  superiore  alla  misura della rendita INAIL
 capitalizzata e solo per la parte risultante dalla differenza tra  il
 quantum della liquidazione e l'entita' della capitalizzazione, appare
 evidente  che  vi  e'  la  possibilita'  di  giungere  al diniego del
 risarcimento del danno  "biologico",  o  ad  una  decurtazione  della
 misura  del  suo  risarcimento, ma cio' non per tutti gli assicurati,
 giacche', in caso di mancata  concessione  dalla  rendita  per  danno
 inferiore   al  minimo  indennizzabile,  il  risarcimento  del  danno
 patrimoniale biologico risulta risarcibile nella sua interezza:  cio'
 determina  una  illegittima  disparita' di trattamento tra situazioni
 soggettive del tutto  omogenee,  con  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione  nel  principio d'uguaglianza, espressamente nella norma
 affermato, ed, inoltre, nel principio di  razionalita',  dalla  norma
 desumibile,  non  risultando  sorretto  da  alcun logica il deteriore
 trattamento dell'infortunato titolare di rendita  INAIL  rispetto  al
 non titolare.
   Non  basta:  l'irrazionalita'  si  fa ancora piu chiara, se solo si
 consideri che - esclusa,  come  si  e  visto  sopra|  ogni  rilevanza
 dell'art.      32,   primo   comma,   della   Costituzione,  ai  fini
 dell'affermazione  del  danno  biologico  quale  danno   patrimoniale
 risarcibile  -  nessuna  logica  sorregge le limitazioni previste nel
 sesto e settimo comma dell'art.   10 del  d.P.R.  n.  1124/1965,  non
 sussistendo  alcuna possibilita' di duplicazione del risarcimento del
 danno biologico, giacche' le somme versate all'assicurato  dall'INAIL
 non  possono  sotto  nessun  profilo  ritenersi destinate a creare la
 provvista economica necessaria per il (tentativo di)  recupero  della
 perdita  dell'integrita' della persona, bensi' solo a ripristinare il
 reddito.
   Il  danno  "biologico"  e'  ontologicamente  diverso,  pur  essendo
 patrimoniale,  dal  danno  conseguente alla riduzione o perdita dalla
 capacita' di produrre reddito e non e' possibile  neppure  ipotizzare
 che  le  somme  destinate  a risarcire la perdita del reddito possano
 essere destinate al ricupero dell'integrita' della persona e, dunque,
 non e' razionale la previsione dell'art. 10, sesto e  settimo  comma,
 giacche'  essa  determina  a  danno  del titolare di rendita INAIL la
 privazione  di  una  quota  o  della  totalita'  della   misura   del
 risarcimento  destinato  al recupero, gia' di difficile realizazione,
 della persona umana.
   Deve essere, invero, chiarito che il sistema di tutela  del  d.P.R.
 n.  1124/1965  non  trova  origine (se non in quella minima parte che
 prevede prestazioni temporanee, quali le  prestazioni  mediche  e  le
 indennita'   per   l'inabilita'   temporanea   parziale  e  assoluta)
 costituzionale nell'art. 32 della Costituzione, ma nel secondo  comma
 dell'  art.    38  e,  dunque,  non  sussiste  alcuna possibilita' di
 ritenere  costituzionale  l'art.  10,  sesto  e  settimo  comma,  sul
 presupposto  che le rendite corrisposte dall'INAIL, contemplate nella
 suddetta  norma  (ai  sensi  dell'ottavo  comma:  "Agli  effetti  dei
 precedenti  sesto  e  settimo  comma,  l'indennita'  d'infortunio  e'
 rappresntata dal valore capitale della rendita  liquidata,  calcolato
 in  base  alle tabelle di cui all'art.  39"), siano comprensive della
 tutela della salute, giacche' cio' non e' vero neppure in parte.
   Ma non solo vi e' violazione dell'art. 3 della  Costituzione:  come
 si  e' detto appena sopra, infatti, il sistema di tutela previsto dal
 d.P.R. n. 1124 del 1965 trova  fonte  nell'art.  38,  secondo  comma,
 avendo  il  fine  di  prevedere e assicurare in favore dei lavoratori
 "mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di" infortuni  sul
 lavoro   e  malattie  professionali,  cosicche'  le  prestazioni  (le
 rendite)  dell'INAIL  hanno  il  fine di garantire agli assicurati un
 reddito (sostitutivo di quello perduto a causa della riduzione  della
 capacita'  lavorativa)  adeguato per le esigenze di vita e non quello
 (assai diverso) di servire  al  ricupero  dell'integrita'  (totale  o
 parziale)  della  persona:  per  le  stesse  ragioni che escludono la
 possibilita' di ricomprendere in tutto o in  parte  l'indennizzo  del
 danno  patrimoniale biologico nella rendita INAIL capitalizzata, deve
 essere negata la legittimita' costituzionale dell'inverso  risultato,
 giacche'  tale  da modificare senza ragionevolezza la finalita' della
 rendita INAIL, che, come si e'  detto,  e'  quella  di  risarcire  la
 perduta capacita' di produrre reddito e non quella di consentire alla
 persona umana di (tentare di) ritrovare la propria integrita'.
   E'  importante,  a  questo  punto,  chiarire  che  -  per quanto il
 risultato finale al quale tende  la  questione  sopra  esaminata  sia
 identico  a  quello  gia'  raggiunto dalla Corte costituzionale nella
 sentenza n.  485 del 1991 - non puo' essere  seguita  la  tesi  della
 Corte,  non  solo perche' (come gia' detto) la decisione suddetta non
 e' vincolante e non e' efficace per mutare  il  testo  normativo,  ma
 anche  perche'  il  suo presupposto logico, che insiste sul fatto che
 nell'assicurazione INAIL non e'  compreso  il  danno  biologioco,  e'
 irrilevante,  poiche' la correlazione dell'assicurazione ex d.P.R. n.
 1124/1965 all'esonero della responsabilita', di cui  al  primo  comma
 dell'art.   10,   svanisce  e  perde  ogni  rilevanza  giuridica  nei
 successivi  commi,  che  espressamente  escludono   l'esonero   della
 responsabilita' civile (al secondo comma)
  "di  coloro  che  abbiano riportato condanna penale per il fatto dal
 quale l'infortunio e' derivato" e (al terzo  comma)  "del  datore  di
 lavoro  quando  la  sentenza  penale  stabilisca che l'infortunio sia
 avvenuto per fatto imputabile a coloro che egli ha  incaricato  della
 direzione  e  sorveglianza  del  lavoro,  se  del fatto di essi debba
 rispondere  secondo  il  codice  civile",   risultando   chiaro   che
 l'esclusione    dell'esonero   della   responsabilita'   fa   perdere
 significato e valore all'assicurazione  che  ne  costituiva  causa  e
 dunque,  non permette di ritenere connesi il sesto e settimo comma al
 primo, con conseguente  impossibilita' di affermare l'esclusione  del
 danno  biologico  patimoniale  dalla  previsione  del sesto e settimo
 comma in forza dell'argomento legato alla  determinazione  del  danno
 oggetto   dell'assicurazione   INAIL  solo  come  danno  patrimoniale
 "tipico" e cioe' legato alla capacita' di produrre reddito.
   Sulla base di tali argomenti  deve  essere  rilevata  d'ufficio  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  10,  sesto  e
 settimo comma, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, per  violazione  degli
 artt.  3 e 38, secondo comma, della Costituzione.
   Le  stesse considerazioni sopra sviluppate con riferimento al danno
 patrimoniale biologico valgono rispetto al danno morale,  con  ancora
 maggiore  evidenza,  poiche'  tale danno - caratterizzato dall'essere
 l'unica ipotesi di danno non  patrimoniale  risarcibile  nel  vigente
 diritto  positivo  -  e'  del  tutto avulso dal sistema di tutela del
 d.P.R. n. 124/1965: anche per tale solo  aspetto  risulta  chiara  la
 violazione degli artt. 2, 3 e 38, secondo comma, della Costituzione a
 carico del sesto e settimo comma del d.P.R. 30 giugno 1965.
                       Considerazioni conclusive
   Non  puo'  essere  di  ostacolo  all'accoglimento  eventuale  delle
 questioni qui sollevate il timore  dei  vuoti  normativi  conseguenti
 alla  dichiarazioni d'illegittimita' costituzionale solo caducatorie,
 correlato al dubbio (non certo  privo  di  riscontri  storici,  della
 Corte costituzionale sulla reale capacita' o volonta' del legislatore
 di  riempire  tali  vuoti con nuove leggi costituzionalmente corrette
 (quello che e' stato definito  horrror  vacui  da  valida  dottrina),
 giacche'  e', su tutto, prioritario il ripristino della legalita' e',
 comunque, anche in caso di fondato timore sul mancato intervento  del
 legislatore,  non  e'  giustificabile  ne'  la conservazione di norme
 illegittime,  ne'  la  loro  modifica  tramite  decisioni   meramente
 interpretative  e  sentenze  "leggi"  non  in sintonia con l'art. 136
 della Costituzione, poiche' non rispondenti  ai  poteri  ed  obblighi
 attribuiti dalla Costituzione al giudice delle leggi, mentre non puo'
 dimenticarsi, in primo luogo, che il sistema giuridico e' in grado di
 sanare  in  parte  i  vuoti normativi in sede giudiziaria, in secondo
 luogo, che la  responsabilita'  del  legislatore  inandempiente  puo'
 essere  sanzionata  politicamente  in sede di manifestazione del voto
 popolare e,  in  terzo  luogo,  che  esistono  nella  societa'  forti
 strumenti   di  pressione  politica  per  indurre  il  legislatore  a
 legiferare.
   Peraltro, con riferimento  all'odierna  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  deve  essere notato che nessun reale vuoto normativo
 si verificherebbe, posto che, comunque, ad evitare il rischio  di  un
 indebito   arricchimento  dell'infortunato,  restano  a  presidio  le
 ordinarie disposizioni del codice civile, pienamente applicabili  una
 volta  caducata ex art. 136 della Costituzione, la norma speciale qui
 imputata d'incostituzionalita'.
   Appare,  del  resto,  pienamente   in   linea   con   la   costante
 giurisprudenza  della  Corte  costituzionale  il risultato finale del
 totale assogettamento del danno  patrimoniale  biologico  al  sistema
 civilistico della responsabilita' e liberazione dal sistema di tutela
 previsto dal d.P.R. n. 1224 del 1965.
   Non  sembra necessaria una motivazione ulteriore sulla fondatezza e
 sulla rilevanza della questione sopra trattata, stanti gli  argomenti
 sviluppati  in  relazione  alla  controversia del giudizio a quo e ai
 precisi riferimenti normativi  costituzionali  indicati  sui  singoli
 temi;   ne'   appare  utile  sollevare  nuovamente  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 23 della legge 11  marzo  1953,
 n.  87, in relazione agli artt. 101, 104, primo comma, 111, 134 e 137
 della Costituzione, gia' rimessa all'esame del giudice  delle  leggi,
 poiche'   nell'odierna   fattispecie   la   questione   sarebbe  solo
 ridondante.
   Puo' solo aggiungersi che, rimeditata la problematica relativa alla
 rilevanza   delle   questioni   portate   all'esame    della    Corte
 costituzionale,  deve  essere  chiarito che il giudice remittente non
 puo' manifestare le sue valutazioni sulle  risultanze  probatorie  o,
 men  che meno, esprimere una preventiva opinione su quale delle parti
 abbia  ragione  o  torto,  lasciando  solo  alla  risoluzione   della
 questione di legitimita' costituzionale l'esito del giudizio, poiche'
 cio'  si  traduce  in  scorretta  anticipazione della decisione della
 causa.
   Il presente giudizio  pretoriale  deve  essere  sospeso,  ai  sensi
 dell'art.    23  legge  11 marzo 1953, n. 87, tuttora vigente, pur se
 anch'esso imputato d'incostituzionalita' in precedenti ordinanze gia'
 trasmesse alla Corte costituzionale.
                                P. Q. M.
   Solleva   d'ufficio   questione   di   legittimita'  costituzionale
 dell'art.  10, sesto e settimo comma, del d.P.R. 30 giugno  1965,  n.
 1124,  per  violazione  degli  artt.  3  e  38,  secondo comma, della
 Costituzione;
   Sospende il giudizio;
   Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
 disponendo  la  notifica  al  Presidente  del Consiglio dei Ministri,
 oltre  alla  comunicazione  ai  Presidenti  delle  due   Camere   del
 Parlamento;
   Manda alla cancelleria per l'esecuzione.
     Brescia, addi' 4 marzo 1996
                           Il pretore: Onni
 96C1543