N. 1119 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 aprile 1996
N. 1119 Ordinanza emessa il 9 aprile 1996 dal pretore di Rieti sui ricorsi riuniti proposti da Marchetti Terzo ed altri contro l'ENPAV Previdenza e assistenza sociale - Ente nazionale previdenza e assistenza veterinari - Previsione, con norma autoqualificata interpretativa, dell'obbligatorieta' dell'iscrizione all'E.N.P.A.V. anche per i medici veterinari gia' avvalentisi di altre forme di previdenza nonche' della nullita' dei provvedimenti di cancellazione adottati dall'ente predetto nei confronti dei veterinari obbligatoriamente iscritti all'ente stesso e che si siano avvalsi della facolta' di richiedere la cancellazione ai sensi della normativa precedente (art. 32 legge 12 aprile 1991, n. 136) - Violazione del principio di uguaglianza sotto il profilo della disparita' di trattamento e della lesione del principio della certezza del diritto per effetto della retroattivita' della norma impugnata - Incidenza sulla garanzia previdenziale e sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 155/1990. (Legge 24 dicembre 1993, n. 537, art. 11, comma 26). (Cost., artt. 3, 38 e 97).(GU n.42 del 16-10-1996 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza a scioglimento della riserva formulata nel procedimento n. 139/1994 r.g. tra: Marchetti Terzo; Bussi Cesare; Orlandi Ottavio; Masotti Gianfranco; Antonini Antonio; Toni Angelo; Imperatori Mario; Paolucci Tito; Calderini Pietro e l'Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari. Con il ricorso in epigrafe i ricorrenti chiedono lo accertamento della inesistenza di obblighi contributivi nei confronti dell'ENPAV per gli anni 1991, 1992 e 1993 ove del caso previa remissione degli atti alla Corte costituzionale in ipotesi di delibata rilevanza e non manifesta infondatezza da parte di questo Pretore della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, ventiseiesimo comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537 (finanziaria 1994), in relazione agli artt. 2, 3, 38 e 97 della Costituzione. Cio' rilevato, e Premesso in fatto che i ricorrenti si trovano tutti nella condizione prevista dall'art. 24, undicesimo comma, della legge n. 136/1991; che in base alla previgente disciplina di cui allo art. 2, secondo comma, della legge 18 agosto 1962 n. 1357 l'iscrizione all'ENPAV era obbligatoria per tutti i veterinari iscritti agli albi professionali, anche se svolgenti esclusivamente lavoro dipendente, con conseguente obbligo di contribuzione all'Ente (art. 16 legge n. 1357); che con legge n. 136/1991 l'iscrizione all'ENPAV per i veterinari svolgenti esclusiva attivita' lavorativa dipendente e autonoma con altra forma di previdenza obbligatoria era stata resa meramente facoltativa; che, in ottemperanza alla facolta' loro concessa da tale ultima normativa, tutti i ricorrenti hanno rinunziato all'iscrizione all'ENPAV; che, successivamente, l'art. 11, ventiseiesimo comma, della legge n. 537/1993, ha di fatto ripristinato l'obbligo di iscrizione all'ENPAV per tutti i medici veterinari iscritti all'albo, con conseguente nullita' di diritto dei provvedimenti di cancellazione ed obbligo di pagamento dei contributi maturati a far data dalla cancellazione stessa; che l'ENPAV ha pertanto richiesto a tutti gli iscritti agli albi professionali l'adeguamento a tale ultima normativa, ed avverso tale richiesta sono insorti i ricorrenti, dando luogo al giudizio in epigrafe; Considerato in diritto I. - La questione prospettata a questo Giudice e' senz'altro rilevante stante la posizione soggettiva di lavoratori dipendenti dei ricorrenti, i quali, in quanto tenuti ad altra forma di contribuzione obbligatoria, avevano tutti esercitato il diritto di rinunzia all'iscrizione all'ENPAV, di talche' l'eventuale accoglimento della prospettata questione di incostituzionabilita' avrebbe diretta incidenza sul presente giudizio. II. - In ordine al requisito della non manifesta infondatezza puo' osservarsi quanto segue: la norma in esame, di la' dall'autoqualificazione come norma interpretativa, ha senz'altro efficacia innovativa, non foss'altro che per la previsione contenuta nella norma in esame, della "nullita' di diritto" dei provvedimenti di cancellazione; e' noto, difatti, che la nullita' si distingue dagli altri vizi dei negozi per la sua incidenza sul momento genetico del negozio, con conseguente retroattivita' dal momento dell'accertamento fino al momento della (apparente) venuta ad esistenza del negozio stesso. Dunque, la norma in esame e' senz'altro innovativa, e (come sembra innegabile) essa e' dotata di efficacia retroattiva; ora, per autorevole insegnamento della giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale 4 aprile 1990 n. 155), il principio di irretroattivita' della legge ex art. 11 preleggi, sia pure non costituzionalizzato per la materia extrapenale, costituisce principio ontologico del diritto, cui il legislatore deve attenersi secondo il generale principio di ragionevolezza, discostandosene, dunque, solo in presenza di una ragionevole causa giustificatrice. Nel caso di specie, non sembra infondato ritenere la insussistenza di cause giustificatrici di sorta. Inoltre, andando piu' specificamente ad osservare la tecnica attraverso la quale il legislatore ha prodotto l'effetto innovativo di cui si diceva, si deve affermare che esso e' stato ottenuto mediante una norma abrogatrice; l'effetto di abrogazione e', di per se', inconciliabile con quello di interpretazione autentica, dal momento che quest'ultima determina la coesistenza temporale delle due norme (quella intepretativa e quella interpretata) mentre l'abrogazione ha come effetto tipico quello di determinare la successione temporale di diverse norme. Quanto sopra costituisce ulteriore manifestazione del difetto di razionalita' della disciplina, denunciato dai ricorrenti sotto il profilo della violazione dell'art. 3 della Costituzione. L'art. 3 della Costituzione puo' ritenersi altresi' violato sotto il profilo della disparita' di trattamento operato dalla norma impugnata tra coloro che si trovano nella posizione dei ricorrenti, ed i veterinari liberi professionisti, essendo i primi tenuti rispetto agli altri ad un "raddoppio" dei contributi previdenziali senza alcuna ragionevole giustificazione. Anche sotto il parametro dell'art. 38 della Costituzione la sollevata questione di incostituzionalita' non sembra manifestamente infondata; e, invero, l'assicurazione obbligatoria e' vista dalla norma costituzionale come diritto, e non gia' come dovere, sotto questo profilo, l'obbligo della doppia contribuzione puo' essere visto come vincolo che, andando oltre il disposto della norma costituzionale, di fatto ne viola lo spirito, imponendo ai lavoratori oneri ulteriori rispetto a quelli ragionevolmente necessari perche' sia loro garantito un equo trattamento previdenziale. Ancora, puo' ritenersi non manifestamente infondata la questione sollevata in relazione al parametro dell'art. 97 della Costituzione. Cio' in quanto l'art. 11, ventiseiesimo comma, della legge n. 537/1993 limita la propria efficacia agli iscritti agli albi professionali in epoca anteriore all'entrata in vigore della legge stessa. In tal modo, l'Ente di previdenza puo' legittimamente pretendere prestazioni previdenziali nei confronti di una sola parte dei soggetti che si trovano nelle condizioni soggettive previste dall'art. 24 e 11 della legge n. 136/1991, e cioe' solo nei confronti di coloro che si siano iscritti all'albo prima dell'entrata in vigore della legge n. 537/1993. Cio' (oltre a costitutire ulteriore profilo di violazione dell'art. 3) induce a ritenere violato anche l'art. 97 della Costituzione, laddove impone l'imparzialita' della condotta dell'Amministrazione nei confronti della generalita' dei consociati, e dunque vieppiu' nei confronti di coloro tra i consociati che si trovino in una identica posizione soggettiva.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge 9 febbraio 1948 n. 1, 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiarata non manifestamente infondata, nonche' rilevante ai fini del decidere, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11, ventiseiesimo comma, della legge 24 dicembre 1993 n. 537 in relazione agli artt. 3, 38 e 97 della Costituzione; Sospende il presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti della Corte costituzionale; Dispone altresi' la notificazione della presente ordinanza, a cura della cancelleria, al Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Rieti, addi' 9 aprile 1996 Il Consigliere pretore dirigente: Paolillo 96C1550