N. 1140 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 giugno 1996

                                N. 1140
  Ordinanza emessa il 21 giugno  1996  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il  Tribunale  di Roma nel procedimento penale a
 carico di Federici Elia e Barilla' Domenico
 Processo penale - Udienza preliminare - G.i.p. che abbia disposto una
    misura  cautelare  personale  nei  confronti  degli   imputati   -
    Incompatibilita'  dello  stesso  giudice  a  partecipare  a  detta
    udienza  -  Omessa  previsione  -  Violazione  dei   principi   di
    eguaglianza dei cittadini davanti alla legge, della inviolabilita'
    della  difesa,  del giudice naturale e di terzieta' dello stesso -
    Richiamo ai principi espressi dalle sentenze nn.  131  e  155  del
    1996.
 (C.P.P. 1988, art. 34, comma 2).
 (Cost.,  artt.  3,  24,  25,  76  e 77 in relazione alla legge del 16
    febbraio 1987, n. 81, art, 2, dir. 67).
(GU n.43 del 23-10-1996 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   Agli esiti di complessa attivita' di investigazione preliminare, il
 pubblico ministero presso il tribunale di Roma introduceva  richiesta
 di  rinvio  a giudizio nei confronti di una pluralita' di soggetti e,
 tra gli altri, di Federici Elia e  Barilla'  Domenico  in  ordine  ad
 ipotesi  criminose  riflettenti  reati  di  corruzione  asseritamente
 perpetrati  durante  l'iter  amministrativo  di  assegnazione   degli
 appalti delle c.d. Ferrovie concesse.
   All'udienza  preliminare del 28 novembre 1995 la difesa di Barilla'
 Domenico a carico del quale l'ufficio del  giudice  procedente  aveva
 adottato misura custodiale carceraria eccepiva l'incompatibilita' del
 giudicante a conoscere di quell'udienza preliminare e contestualmente
 poneva  la  questione  di  incostituzionalita'  dell'art.  34,  comma
 secondo, c.p.p., nella parte in cui la  citata  norma  non  prevedeva
 appunto  l'esclusione  dall'udienza preliminare del giudice che aveva
 nella fase investigativa  emesso  le  misure  cautelari.  L'eccezione
 della difesa, con ordinanza pari data allegata al verbale di udienza,
 era  respinta  dall'ufficio  nella considerazione che la stessa Corte
 costituzionale aveva fino a quel momento costantemente sottolineato i
 profili  endoprocessuali  e  rituali  della  pronuncia   del   g.u.p.
 assimilata  a  necessario impulso per l'ulteriore fase dibattimentale
 nel caso del decreto  ex  art.    429  c.p.p.,  nonche'  a  decisione
 comunque  revocabile  per  sopravvenienza  di  nuove  fonti  di prova
 nell'ipotesi di cui all'art. 425 c.p.p.
   L'evoluzione della giurisprudenza costituzionale ed in  particolare
 gli  assunti  innovatori  delle sentenze nn. 131/1996 e 155/1996, che
 hanno notevolmente esteso la sfera di  incompatibilita'  del  g.u.p.,
 determinavano  la  reiterazione  della medesima questione all'udienza
 preliminare del 27 maggio 1996 da parte della difesa di Federici Elia
 per il quale parimenti l'ufficio  giudicante  aveva  adottato  misura
 custodiale.
   L'esito della eccezione era stavolta favorevole alla difesa, avendo
 quest'ufficio  ritenuto  rilevante  e non manifestamente infondata la
 questione  di  incostituzionalita'  prospettata  ed   avendo   quindi
 subordinato  la decisione, anche in ordine alla posizione di Barilla'
 Domenico, agli  esiti  della  pronuncia  della  Corte  costituzionale
 ritualmente adita.
   Il  superamento del criterio dell'evidenza (legge 8 aprile 1993, n.
 105) ha di fatto sensibilmente modificato la  cognizione  del  g.u.p.
 che,  nell'apprezzamento  dei  contenuti  delle indagini preliminari,
 esprime una valutazione tecnicamente endoprocessuale, ma  nel  merito
 significativamente orientata.
   Il  giudicante  preliminare  conosce infatti "allo stato degli atti
 compiuti nel corso della investigazione  preliminare"  atti  che,  in
 caso  di  adozione  della  misura custodiale, ne hanno determinato un
 forte  convincimento  al   punto   da   fargli   ritenere   probabile
 l'affermazione di responsabilita'.
   Ora  non vi e' dubbio che nei casi, peraltro piu' frequenti, in cui
 il complesso degli elementi probatori che hanno integrato  il  quadro
 indiziario  determinante  ai  fini  dell'adozione  del  provvedimento
 custodiale, coincide e si sovrappone alle fonti di prova indicate dal
 p.m. nella richiesta di rinvio a giudizio,  si  propone  allo  stesso
 giudicante  la  medesima  valutazione  che  egli ha gia' compiuto per
 l'emissione della misura cautelare.
   Ne deriva che il principio posto dalla giurisprudenza della  stessa
 Corte  per il quale presupposto della incompatibilita' di chi giudica
 e' "ogni valutazione di merito  circa  l'idoneita'  delle  risultanze
 probatorie a fondare un giudizio di responsabilita'", assume concreta
 rilevanza  anche  nel  presente contesto, dovendosi in caso contrario
 ritenere l'udienza preliminare il formale snodo  di  passaggio  dalla
 fase investigativa a quella dibattimentale.
   Si  osserva  inoltre  che  ove il tema di prova risulti non piu' in
 fieri ma recepito in fonti documentali non suscettibili di  ulteriori
 sviluppi  la  cognizione  del  g.u.p.  e' sicuramente equipollente al
 giudizio di merito,  in  quanto  ragioni  di  logica  e  di  economia
 processuale  imporrebbero  la piu' ampia valutazione di quelle fonti:
 sul punto si osserva che la coincidenza di queste  con  gli  elementi
 valutati   in  sede  di  adozione  della  misura  cautelare  comprime
 inevitabilmente  la  valenza  cognitiva   della   fase   dell'udienza
 preliminare, nell'ambito della quale il contraddittorio instaurato in
 modo   formale,   e'   strumentalmente   preordinato   al  successivo
 dibattimento. Rimane infatti esclusa qualsiasi possibile  alternativa
 in  ordine  all'adozione  della  pronuncia  liberatoria  ex  art. 425
 c.p.p., giacche' ragioni di rigore, o se si vuole anche  di  coerenza
 formale,  precludono  al  giudicante  il  difficile  iter autocritico
 necessario ai fini dell'ardua  distinzione  fra  indizi  e  contenuti
 dell'indagine preliminare.
   Nella recente sentenza n. 155/1996, nonche' argomentando in materia
 di   giudizi   abbreviati,   la   Corte   osserva   che  l'estensione
 dell'incompatibilita' a tale caso, e' motivata dalla  preclusione  di
 modifica  del quadro probatorio "cosicehe' e' facilmente ipotizzabile
 che le prove a base del giudizio siano gli stessi  indizi  sulla  cui
 base  e' stata adottata la cautela". Il ragionamento e' assolutamente
 persuasivo anche e soprattutto  in  ordine  allo  sbocco  processuale
 previsto   dall'art.      425   c.p.p.,   dovendosi  concludere  che,
 nell'ipotesi di  sovrapponibilita'  delle  fonti  di  prova  indicate
 dall'accusa  col  tema  probatorio  cautelare, l'incompatibilita' del
 giudicante  preliminare  deriva   dalla   certezza   logico-giuridica
 dell'adozione di un provvedimento di rinvio a giudizio.
   In   tale   contesto,   anche  considerando  la  forte  aspettativa
 dell'imputato a che il giudicante valuti il piu' ampiamente possibile
 i  risultati  dell'indagine  preliminare,  si  determina  una   grave
 vulnerazione  del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla
 legge ex art.   3  della  Costituzione,  nonche'  dell'inviolabilita'
 della  difesa  ex  art. 24 della Costituzione, risultando evidente la
 disparita' di trattamento per colui  la  cui  posizione  deve  essere
 valutata  dal  giudicante  preliminare che ha gia' adottato la misura
 custodiale  fondata  sulle   medesime   fonti   probatorie,   nonche'
 l'inevitabile   affievolirsi   del   diritto   di   difesa   le   cui
 argomentazioni sono gia' note al giudicante  preliminare,  anche  per
 gli  inevitabili  gravami che hanno attinto la misura custodiale, nel
 caso in cui risulti sovrapposta l'identita' fisica del giudice che ha
 adottato il  provvedimento  cautelare  con  quella  del  giudice  per
 l'udienza preliminare.
   La  ravvisata  incompatibilita'  incide  altresi' sul principio del
 giudice naturale sancito dall'art. 25 della Costituzione,  posto  che
 nel  caso  all'esame  l'imputato  e'  tratto  a  giudizio  davanti al
 medesimo giudicante che ha ammesso il provvedimento custodiale e  che
 pertanto  e',  o  comunque  appare,  fortemente  orientato,  tanto da
 perdere i connotati propri del giudice naturale, e cioe'  dell'organo
 giudicante precostituito per legge.
   Parimenti  violato  dalla  mancata  previsione  di incompatibilita'
 all'esame il  principio  di  terzieta'  del  gludice  recepito  nella
 direttiva  n.  67  legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, in relazione
 agli artt.   76 e 77 della Costituzione,  di  tal  che  le  decisioni
 proprie  dell'udienza prelimarie si profilano gravemente condizionate
 dalla concentrazione in capo al  medesimo  giudicante  di  competenze
 della fase investigativa e giurisdizionale.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.  23,  primo  e secondo comma, della legge 1 marzo
 1953, n. 87, 134 della Costituzione, vorra'  codesta  eccellentissima
 Corte dichiarare la illegittimita' costituzionale dell'art. 34, comma
 secondo,  del  c.p.p. nella parte in cui la prefata norma non prevede
 l'incompatibilita' del g.i.p. che ha adottato la misura custodiale  a
 partecipare alla successiva udienza preliminare;
   Manda  la cancelleria per gli adempimenti di rito e per la notifica
 della presente ordinanza alle parti e al pubblico ministero,  nonche'
 per  la  comunicazione  della  stessa alla Presidenza del Consiglio e
 alla Presidenza delle Camere.
     Roma, addi' 21 giugno 1996
      Il giudice per le indagini preliminari: (firma illeggibile)
 96C1571