N. 1141 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 giugno 1996
N. 1141 Ordinanza emessa il 21 giugno 1996 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Dama Rosanna (n.q.) e Caterino Aldo Filiazione - Riconoscimento dei figli naturali - Impugnazione per difetto di veridicita' - Ammissibilita' dell'azione solo quando ritenuta dal giudice rispondente all'interesse del minore - Mancata previsione - Compressione della tutela dei figli nati fuori del matrimonio. (C.C., art. 263). (Cost., artt. 2, 3, 30 e 31).(GU n.43 del 23-10-1996 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 27176 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 1990 avente ad oggetto: impugnativa di riconoscimento per difetto di veridicita', e vertente tra l'avv. Rosanna Dama con studio in Napoli alla via Martucci, 35, nella qualita' di curatore speciale del minore Caterino Raffaele, nato a Villaricca il 17 settembre 1986, giusta decreto di nomina del tribunale per i minorenni di Napoli n. 494/1987, quale procuratrice di se stessa, attrice e Caterino Aldo elettivamente domiciliato in Napoli alla via Giacomo Piscicelli, 73, presso gli avv. Giovanni Verde e Erminia Delcogliano dai quali e' rappresentato e difeso in virtu' di procura a margine della comparsa di costituzione, convenuto, nonche' il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli, interventore ex lege. Conclusioni L'attrice conclude perche' il tribunale voglia: 1) accogliere la domanda e dichiarare che Caterino Aldo non e' il padre del minore Raffaele; 2) ordinare all'ufficiale dello Stato civile del comune di Villaricca di provvedere alla relativa annotazione della sentenza sull'atto di nascita; 3) condannare il Caterino alle spese del giudizio. In subordine ammettere la ctu e la prova contraria a quella articolata dall'altra parte. . Il procuratore del convenuto chiede il rigetto della domanda e in via subordinata che il tribunale voglia ammettere la prova per testi gia' articolata alle udienze del 27 aprile e 26 ottobre 1993, con rigetto di ogni altra richiesta istruttoria formulata dall'attore e dal p.m. Il p.m. ha chiesto accogliersi la domanda, in subordine affinche' il tribunale voglia dare l'ingresso all'ulteriore indagine tecnica come richiesta dal curatore speciale. Svolgimento del processo Con atto notificato in data 27 dicembre 1990, l'avv. Rosanna Dama, premesso di essere stata nominata, con decreto del 14 luglio 1987, del tribunale per i minorenni, curatore speciale del minore Caterino Raffaele con l'incarico di procedere all'impugnazione per falsita' del riconoscimento fatto da Caterino Aldo nei confronti del predetto, denunziato all'ufficiale dello stato civile di Villaricca quale suo figlio naturale concepito con donna che non intendeva essere nominata; che il Tribunale aveva disposto l'allontanamento del minore dal nucleo familiare del Caterino Aldo poiche' dagli atti acquisiti tale riconoscimento risultava non veritiero, essendo inesistente il rapporto di filiazione tra il Caterino Aldo e il piccolo Raffaele; conveniva in giudizio, davanti al tribunale di Napoli, Caterino Aldo per sentir dichiarare non veritiero ex art. 263 c.c. il riconoscimento in questione e per l'effetto ordinare all'ufficiale dello stato civile del comune di Villaricca di provvedere alla trascrizione ed annotazione della sentenza sull'atto di nascita della minore, con la condanna al pagamento delle spese del giudizio. Si costituiva in giudizio Caterino Aldo il quale esponeva che, a seguito di indagini disposte dal tribunale per i minorenni, era stata identificata la madre del minore che non aveva partecipato pero' agli accertamenti effettuati dai consulenti d'ufficio dott. Gianfranco De Dominicis e Antonio Mancini per accertare la patemita' del minore. Tale consulenza, pur lamentando l'acerba eta' del minore, concludeva per l'incompatibilita' delle indagini immunoematologiche e citogenetiche con l'ipotesi di paternita'. Dagli esami svolti dal dott. Alfonso Gifuni, perito di parte, poco dopo quelli dei periti d'ufficio, emergeva invece la prova dell'esistenza di un reale rapporto di sangue tra il Caterino e il piccolo Raffaele nonche' la necessita' di testare anche la madre biologica. Tutto cio' induceva il tribunale ad ordinare una nuova perizia ematologica, nominando ctu il prof. Bartolomeo Farzati il quale effettuava una nuova perizia solo su Caterino Aldo e Raffaele, con il prof. Goffredo Sciaudone come perito di parte. La perizia del dott. Farzati negava i risultati della precedente perizia e concludeva per la non evidenza di incompatibilita' in relazione ai gruppi ematici mentre il prof. Sciaudone affermava che i risultati della perizia consentivano di ritenere non peregrina l'ipotesi del rapporto di paternita'. Il tribunale per i minorenni, con decreto del 14 luglio 1987, non autorizzava l'inserimento del minore nel nucleo familiare, nominando un curatore speciale per impugnare il riconoscimento in questione ma la Corte d'appello, con decreto del 24 novembre 1988, a parziale modifica del decreto del tribunale, revocava l'ordine di allontanamento del minore dalla residenza familiare. Nel merito, il convenuto rilevava che non esistevano elementi certi dai quali desumere che la dichiarazione raccolta dall'ufficiale dello stato civile non fosse rispondente a verita'. Le dichiarazioni rese dal Caterino al g.d. del tribunale per i minorenni erano state rese senza l'assistenza del difensore ne' da tale deposizione emergevano dubbi sulla veridicita' del riconoscimento, come affermato invece dal tribunale che non aveva dato adeguato risalto al comportamento del Caterino il quale si era detto certo di essere il padre di Raffaele, sottoponendosi spontaneamente all'interrogatorio e alle perizie d'ufficio. Le indagini immunoematologiche erano state condotte poi solo sul padre e sul figlio e non anche sulla madre biologica identificata dal tribunale sin dal 10 dicembre 1986, e non potevano quindi rappresentare una prova certa dei risultati raggiunti, peraltro differenti tra loro, tenuto conto altresi' che il tribunale non aveva esaminato i rilievi contenuti nella consulenza di parte. Chiedeva quindi il rigetto della domanda attrice con vittoria di spese. Veniva acquisita varia documentazione dopodiche', sulle conclusioni in epigrafe trascritte, la causa veniva rimessa al Collegio che si riservava la decisione all'udienza del 14 giugno 1996. Motivi della decisione 1. - Deve essere preliminarmente esaminata e risolta positivamente la questione afferente la regolarita' del contraddittorio. Infatti, mentre in caso di contestazione dello stato di figlio legittimo e in quello di disconoscimento della paternita' devono essere chiamati in giudizio entrambi i genitori (artt. 247 e 248 cod. civ), la necessita' della presenza di entrambi non sussiste nell'ipotesi di impugnazione del riconoscimento di un figlio naturale. Quando e' in discussione lo stato di figlio legittimo, la sentenza non puo' essere emessa che nei confronti di tutti e tre i soggetti interessati al rapporto di filiazione, dato che il rapporto intercorre necessariamente tra il figlio e i due genitori; nella filiazione naturale, invece, il rapporto riguarda esclusivamente il genitore che ha compiuto il riconoscimento ed il figlio. Anche se quest'ultimo e' stato riconosciuto da entrambi i genitori, si hanno due distinti rapporti di filiazione e l'impugnazione del riconoscimento compiuto dal padre non puo' esercitare alcuna influenza su quello operato dalla madre che puo', percio', restare anche estranea al relativo giudizio. Ed infatti, secondo l'insegnamento della suprema Corte, poiche' lo status di figlio naturale e' accertabile individualmente verso ciascun genitore, l'unico legittimato passivo e' appunto il soggetto nei cui confronti si intende accertare la filiazione mentre l'interesse riconducibile ad altri soggetti, ivi compreso l'altro genitore, attribuisce agli stessi la facolta' di intervenire nel processo a tutela delle loro ragioni ma non anche la legittimazione ad essere citati in giudizio come contraddittori necessari (Cass. n. 26 ottobre 1955, n. 3500; 9 dicembre 1960, n. 2993). In definitiva, sia per la mancanza di una previsione normativa espressa, corrispondente agli artt. 247 e 248 c.c., sia per il carattere non inscindibile dell'accertamento da compiersi, che coinvolge direttamente solo il rapporto tra riconosciuto e l'autore di riconoscimento, deve escludersi la necessita' dell'instaurazione del contraddittorio con gli altri soggetti, pur interessati (come la madre o il soggetto al quale potrebbe attribuirsi la paternita' naturale), atteso che anche senza la presenza in giudizio di tali soggetti detto accertamento puo' comunque essere validamente effettuato e la sentenza utilmente emessa. 2. - Nel merito, l'impugnazione proposta ex art. 263 c.c. - avente ad oggetto il riconoscimento naturale del minore Caterino Raffaele da parte di Caterino Aldo - risulta fondata. E' principio comunemente ricevuto in giurisprudenza che la dimostrazione dell'impossibilita' che il soggetto, il quale ha effettuato il riconoscimento, sia il padre del soggetto riconosciuto come figlio, puo' essere data con qualsiasi mezzo di prova, anche presuntivo; e tale prova negativa, al contrario di quella positiva (che esige il raggiungimento di un elevato grado di probabilita'), non richiede una pluralita' di esami ematologici e genetici, eseguiti in base a diversi tipi di indagine anche in combinazione tra loro, dovendosi ritenere di per se' acquisita in presenza anche di uno solo di detti esami, quando risulti nel patrimonio genetico del figlio un gene assente nella madre e nel preteso padre, e quindi necessariamente trasmesso da altro soggetto (Cass. n. 2820/1991). Nella fattispecie, la falsita' del riconoscimento impugnato si evince anzitutto dall'approfondita attivita' istruttoria effettuata dal tribunale per i minorenni. In proposito, possono certamente condividersi i risultati ai quali sono pervenute le indagini tecniche espletate dai c.t.u. nominati in detta sede, le cui conclusioni si fondano su analitiche e convincenti argomentazioni e sull'applicazione alla fattispecie di criteri tecnici corretti ed esatti. La prima consulenza effettuata dai dott. De Dominicis e Mancini ha rilevato, a seguito dell'analisi del sistema HLA che consente una valutazione precisa ed affidabile dei patrimoni genetici dei soggetti esaminati, una assoluta incompatibilita' tra il patrimonio genetico del Caterino Aldo e quello del minore Caterino Raffaele. Anche la successiva consulenza d'ufficio espletata dal prof. Farzati, compiuta quando il bambino aveva oltre sei mesi, e' pervenuta alla conclusione che, pur non essendovi evidenza di incompatibilita' tra i due soggetti relativamente ai sistemi ematici esplorati, il diverso corredo antigeno relativo al sistema HLA presente nei due soggetti esaminati rende incompatibile l'ipotesi che vi possa essere una relazione di paternita' tra gli stessi. Peraltro, a fronte di tali univoche risultanze tecniche, entrambi i consulenti di parte non sono stati in grado di sostenere positivamente la conclusione opposta ma si sono limitati ad affermare che "non e' possibile escludere" (dott. Gifuni) e che "non e' peregrina" (prof. Sciaudone) la paternita' di Caterino Aldo nei riguardi del piccolo Raffaele. Tali rilievi pertanto non appaiono idonei ad inficiare la conclusione - espressa in termini di assoluta certezza - della netta incompatibilita', quanto al patrimonio genetico, dei gruppi sanguigni in esame, conclusione cui sono pervenuti i consulenti d'ufficio in modo convergente (assoluta discordanza tra i loci A e B e la mancanza nel padre del locus C), di talche' non si ravvisa la necessita' di disporre altra consulenza d'ufficio. E cio' anche perche' tale conclusione trova conforto nelle altre risultanze processuali, tra cui le dichiarazioni rese nel corso delle indagini penali dalla madre del minore (Bonavita Maria) sulla reale paternita' dello stesso, nonche' la scarsa attendibilita' della versione dei fatti resa dal Caterino al tribunale per i minorenni circa una presunta relazione avuta con la madre del bambino, della quale non e' stato nemmeno in grado di riferire il cognome, l'abitazione ne' altre concrete condizioni di vita, oltre che per il rilievo secondo cui la falsa attribuzione al Caterino della paternita' del minore risulta perfettamente plausibile, anche sotto il profilo logico, alla luce della situazione del predetto ("Sono sposato da tredici anni, mia moglie ha 41 anni e non ha mai fatto domanda di adozione"). In ogni caso, poi, la falsita' del riconoscimento in questione e' stata accertata definitivamente in sede penale dove il Caterino e' stato assolto per difetto dell'elemento soggettivo (che invece nessun rilievo esplica ai fini del presente giudizio), sul presupposto della obiettiva non veridicita' del riconoscimento operato ed a causa del dubbio in ordine alla effettiva conoscenza da parte del predetto della contestata falsita'. Ne' del resto contrasta con tale conclusione la decisione emessa dalla Corte di appello sez. per i minorenni in data 24 novembre 1988, invocata dal convenuto, con la quale era stata disposta la revoca dell'allontanamento del minore dalla famiglia del Caterino in attesa del presente giudizio, posto che anche in tale decisione si condivide il giudizio di falsita' del riconoscimento ma si adotta un simile provvedimento di natura provvisoria solo per evitare un trauma psichico al minore ormai perfettamente inserito in detta famiglia. In altri termini, l'unica ricostruzione dei fatti logicamente attendibile ed aderente alle univoche risultanze istruttorie, conduce ad un giudizio di falsita' del riconoscimento effettuato, giudizio espresso concordemente sia dal tribunale e dalla Corte d'appello per i minorenni sia dal tribunale penale ordinario. 3. - Deve pero' considerarsi che l'accoglimento dell'impugnazione determinerebbe inevitabilmente l'allontanamento del minore dalla famiglia in cui egli e' cresciuto e che tale effetto della decisione risulterebbe senza dubbio fortemente pregiudizievole per l'interesse del minore medesimo. Non vi e' dubbio invero che tale pregiudizio, gia' ravvisato dalla Corte d'appello sez. minorenni quando il bambino aveva circa due anni, si rivela ancor piu' drammatico oggi che il bambino ha quasi dieci anni e riconosce da sempre, come propri genitori il Caterino e la moglie di quest'ultimo, con i quali si e' consolidato un legame affettivo profondo. Il forzoso allontanamento dall'ambiente familiare in cui il minore e' oggi perfettamente inserito, rappresenterebbe certamente un atto di violenza nei suoi confronti che, incidendo sui rapporti affettivi con le figure genitoriali e sul suo corretto sviluppo psicologico, potrebbe provocargli notevoli traumi psichici e rischia di pregiudicarne, in modo anche irreversibile, gli equilibri affettivi, l'educazione e la collocazione sociale. Ne' a cio' potrebbe ovviarsi con il ricorso all'adozione ex art. 44, lett. c) della legge n. 184/1983, come ritenuto dalla Corte d'appello nella decisione sopra citata; infatti, l'applicabilita' di tale istituto all'ipotesi in esame e' quantomeno dubbia sotto il profilo giuridico, ed e' comunque pur sempre soltanto un'eventualita', affidata all'iniziativa di terzi e alla valutazione positiva di altra autorita' giudiziaria, senza considerare poi che non eviterebbe il distacco del minore dalla famiglia in cui si trova attualmente quanto meno nel non breve periodo di tempo necessario per l'esaurimento della pratica di adozione. Neppure autorizza una diversa conclusione la possibile valutazione negativa della condotta del Caterino, peraltro attenuata dall'esito del giudizio penale (che ha dubitato dell'esistenza di una sua dolosa preordinazione al falso riconoscimento), dato che anche tale apprezzamento appare soccombente rispetto al preminente interesse del minore alla conservazione del suo attuale ambiente familiare dove risulta assistito e curato in modo adeguato. Detto interesse, ad avviso del Collegio, non puo' non essere valutato anche al momento della decisione che altrimenti si risolverebbe nella mera "certificazione" della corrispondenza tra il dato naturale e la situazione giuridica, senza alcuna considerazione dell'esigenza di tutela del minore che trova invece un solido fondamento a livello costituzionale nei principi stabiliti dagli artt. 2, 3, 30 e 31. Al contrario di quanto suggerito dal convenuto, l'evidente lacuna normativa dell'art. 263 c.c. puo' essere superata unicamente attraverso l'intervento della Corte costituzionale e non anche tramite un'inammissibile operazione interpretativa che finirebbe per assumere carattere decisamente creativo (cfr., quanto alla dichiarazione giudiziale di paternita' o maternita' naturale, Corte cost. 20 luglio 1990, n. 341). Solo tale intervento, cioe', potrebbe attribuire al tribunale il potere di valutare, nel merito, la rispondenza dell'azione all'interesse del minore (al di la' di quanto ritenuto al momento della nomina del curatore speciale) e consentire di conseguenza di rigettare o dichiarare l'inammissibilita' della stessa nell'ipotesi in cui, pur sussistendo - come nel caso concreto - tutti i presupposti normativi, gli effetti dell'accoglimento potrebbero rivelarsi pregiudizievoli per il minore medesimo (valutazione questa non preclusa di per se' al tribunale ordinario che del resto e' chiamato normalmente ad esprimere giudizi analoghi per l'affidamento dei minori nei procedimenti di separazione e divorzio). Stante quindi la rilevanza e la non manifesta infondatezza del dubbio di costituzionalita' sopra illustrato, si impone la sospensione del presente processo e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, con gli adempimenti di rito indicati in dispositivo.
P. Q. M. Letto l'art 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 263 cod. civ., in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicita' del figlio minorenne possa essere accolta solo quando sia ritenuta dal giudice rispondente all'interesse del minore stesso; Dispone la sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti, al pubblico ministero, al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 21 giugno 1996. Il presidente: (firma illeggibile) 96C1572