N. 1145 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 giugno 1996

                                N. 1145
  Ordinanza  emessa  il  15  giugno  1996 dal pretore di Pordenone nei
 procedimenti civili riuniti  tra  Pepi  Bruno  e  U.S.L.  n.  9  "Del
 Sanvitese" ed altro
 Alimenti  e  bevande  (Igiene e commercio) - Produzione industriale e
    commercio di pasta alimentare secca -  Obbligo  per  i  produttori
    nazionali  di  utilizzare solo ingredienti autorizzati con decreto
    ministeriale - Consentita produzione di pasta alimentare in deroga
    alle prescrizioni previste solo se  destinata  all'esportazione  -
    Consentita  importazione  di  pasta alimentare prodotta all'estero
    con ingredienti diversi da quelli previsti dalla legge nazionale -
    Disparita' di trattamento - Incidenza sul principio di liberta' di
    iniziativa economica.
 (Legge 4 luglio 1967, n. 580, artt. 28, 30 e 36).
 (Cost., artt. 3 e 41, primo comma).
(GU n.43 del 23-10-1996 )
                              Il Pretore
   Nello sciogliere la riserva formulata all'udienza del 7 giugno 1996
 nelle cause promosse con ricorso ex art. 22 della legge  24  novembre
 1981  n.  689  da  Pepi Bruno, con il dott. Fulvio Mancuso di Siena e
 l'avv. Michelangelo Crapisi di Pordenone per mandato  a  margine  dei
 ricorsi, contro Unita' sanitaria locale n. 9 "Del Sanvitese" e contro
 Comune  di  San Vito al Tagliamento, entrambi non costituitisi, emana
 la seguente ordinanza.
   Con ricorso ex art. 22  legge  n.  689  del  1981,  deposito  nella
 cancelleria  della  pretura  circondariale  di  Pordenone  in data 24
 settembre 1994, Pepi Bruno, quale legale rappresentante della  I.S.A.
 s.r.l.  corrente  in  Sovicille  (SI),  proponeva opposizione avverso
 l'ordinanza-ingiunzione emessa dala U.S.L. n.  9  "Del  Sanvitese"  -
 Settore  igiene  pubblica  - n. 5/1994 del 9 maggio 1994 con la quale
 gli veniva  comminata  a  titolo  di  obbligato  in  solido  sanzione
 amministrativa per violazione degli artt. 28, 30 e 36, siccome puniti
 dall'art.  44,  della legge 4 luglio 1967 n. 580 in relazione al d.m.
 27  settembre  1967  per  avere,  quale  legale   rappresentate   del
 pastificio  I.S.A.  s.r.l.,  "...  prodotto  e commercializzato pasta
 alimentare contenente ingredienti non consentiti (aglio, peperoncino,
 nero di seppia e barbabietola) dalle vigenti disposizioni di legge ed
 evidenziati in etichetta, rinvenuta esposta per la vendita presso  la
 ditta  "Pastificio  La Casalinga" corrente in San Vito al Tagliamento
 (PN)..." cosi' contestato il fatto nel verbale  di  accertamento  dei
 N.A.S.  di  Udine n. 888/6-12 "P" del 16 marzo 1994, cui  l'ordinanza
 opposta faceva espresso riferimento.
   Analogo  ricorso  proponeva  in   pari   data   il   Pepi   avverso
 l'ordinanza-ingiunzione  n.  1267  del 26 luglio 1994 emessa nei suoi
 confronti dal sindaco del comune di San Vito al Tagliamento,  con  la
 quale  gli  veniva applicata, sempre a titolo di obbligato in solido,
 diversa sanzione amministrativa per la violazione degli artt. 4 e  18
 del  d.lgs.  27  gennaio  1992  n.    109  per  avere,  quale  legale
 rappresentante della I.S.A. s.r.l. (v.  verbale di  accertamento  dei
 N.A.S  di  Udine  n.  888/6-7  "P"  del  16  marzo 1994 espressamente
 richiamato  dall'ordinanza),  prodotto   e   commercializzato   pasta
 alimentari   recante   in   etichetta   denominazione   di   fantasia
 "specialista  al  peperaglio",  "specialita'  al  nero  di   seppia",
 "specialita'  del  Chianti")  in luogo della denominazione di vendita
 prevista per quel prodotto da specifiche disposizioni di legge  e  da
 usi e consuetudini.
   Depositati  gli  atti  relativi  alle  ordinanze  impugnate, veniva
 rilevata la contemporanea pendenza avanti il pretore di Pordenone  di
 altri  procedimenti (nr. 1601/1994, 1602/1994, 1642/1994 e 1829/1994)
 involgenti le medesime questioni giuridiche costituenti oggetto della
 presente causa, scaturiti anzi dallo stesso accertamento,  effettuato
 dai N.A.S.  di Udine in data 17 gennaio 1994 presso il pastificio "La
 Casalinga"  di  Catto  Luigi con sede in S. Vito al Tagliamento (PN),
 dove era stato commercializzato l'alimento.
   Come emerge dal rapporto del 26 maggio 1994 dei N.A.S., l'alimento,
 distribuito dalla ditta "Sapori della natura" di Bibano di Godega  di
 S.  Urbano  (TV)  e  messo  in  commercio dal rivenditore Catto Luigi
 (titolare del pastificio "La Casalinga" di S. Vito  al  Tagliamento),
 era  stato  prodotto  dal  I.S.A.  s.r.l.  di  Sovicille  (SI) con la
 denominazione, riportata in etichetta, "Specialita'  al  peperaglio",
 contenente  anche  aglio  e  peperoncino,  "Specialita'  al  nero  di
 seppia", contenente anche nero di seppia e "Specialita' di  Chianti",
 contenente  anche barbietola; l'etichetta (successivamente acquisita)
 indicava tra gli  ingredienti,  oltre  alla  semola  di  grano  duro,
 rispettivamente  l'aglio  ed  il  peperoncino, il nero di seppia, gli
 spinaci e  la  barbabietola;  il  prodotto  era  stato  ritenuto  non
 conforme   alla   legge   n.   580/1967   in  quanto,  in  base  alle
 caratteristiche esteriori, agli ingredienti, al tipo  di  confezione,
 alle   modalita'  di  utilizzo  ed  alle  indicazioni  contenute  nei
 documenti fiscali (fattura), si  trattava  di  "...comunissima  pasta
 alimentare  secca",  contentente  peraltro  ingredienti quali appunto
 l'aglio, il peperoncino, il nero di seppia  e  la  barbabietola,  non
 consentiti  dal  d.m.  27  settembre  1967  (artt.  1 e 2) richiamato
 dall'art.  30 legge cit.
   Inoltre, con riferimento al d.lgs n. 109/1992, si riteneva  che  la
 denominazione  utilizzata  costituisse  "denominazione  di fantasia",
 come tale vietata dall'art. 4, secondo comma,  laddove  esisteva  una
 denominazione di legge o comunque consuetudinaria.
   Parte  ricorrente,  tra  l'altro,  ha  eccepito  la  illegittimita'
 costituzionale degli artt. 30 e 36 della legge n. 580 del 1967, anche
 in riferimento all'art. 50 della stessa legge,  in  quanto  idonei  a
 creare  una ingiustificata disparita' di trattamento tra i produttori
 nazionali di pasta, cui si applica il divieto  di  usare  ingredienti
 diversi  da  quelli  espressamente consentiti dall'art. 1 del d.m. 27
 settembre 1967 in aggiunta a quelli previsti dall'art. 28  (semola  o
 semolato  di grano duro e acqua) e gli importatori nazionali, nonche'
 gli  altri  produttori  esteri,  che   possono   invece   liberamente
 commercializzare in Italia pasta prodotta con gli atri ingredienti.
   Occorre  tenere presente la giurisprudenza della Corte di giustizia
 e delle Comunita' europee (avviata con la sentenza 20 febbraio 1979 -
 Cassis  de  Dijon)  secondo  la  quale  un  prodotto  realizzato   in
 conformita'  alla  legislazione di uno Stato membro deve poter essere
 liberamente commercializzato in ogni altro  Stato  membro  sempreche'
 non  vi  ostino ragioni di tutela del consumatore o altre esigenze di
 carattere imperativo; ed in particolare la sentenza  14  luglio  1988
 della  Corte  di  giustizia,  con  la  quale  e'  stato  affermato il
 principio secondo cui  "l'estensione  ai  prodotti  importati  di  un
 divieto  di vendere pasta prodotta con grano tenero o con una miscela
 di grano tenero e di grano duro, come quello  contenuto  nella  legge
 Italiana  sulle paste alimentari, e' incompatibile con gli artt. 30 e
 36 del trattato CEE".
   Sulla  base  di  tali  pronunce  si  deve  riconoscere il carattere
 meramente  protezionistico  del  divieto  contenuto  nella  normativa
 denunciata.
   Ritiene  il  pretore  che la questione sollevata dal ricorrente sia
 non manifestamente  infondata  e  rilevante  nel  giudizio  in  corso
 (quanto  meno in relazione all'opposizione avverso l'ordinanza emessa
 dalla  U.S.L.  per  violazione  della  normativa  in  tema  di  pasta
 alimentare).
   A) Sulla non manifesta infondatezza.
   Dalla  citata  giurisprudenza della Corte di giustizia si desume il
 principio generale secondo cui il divieto di cui all'art. 36 comma  1
 della legge n. 580 del 1967 non trova piu' applicazione nei confronti
 degli  importatori,  ai  quali  e'  dunque consentito di introdurre e
 commercializzare nel  territorio  italiano  "paste  secche"  prodotte
 all'estero   utilizzando   ingredienti  non  consentiti  dalla  legge
 italiana, sempreche' lo siano secondo le norme nazionali e non ostino
 i divieti sanciti in generale dagli artt. 30 e 36 del  Trattato  CEE,
 sostanzialmente  indentificabili  nel caso in esame nella esigenza di
 tutela della salute (v., con argomentazioni del tutto  condivisibili,
 l'ordinanza  7  luglio 1993 con la quale il pretore di Vicenza rimise
 al giudizio della Corte la questione di illegittimita' costituzionale
 dell'art.  29 della legge citata).
   Di piu', l'art. 50 della legge  n.  580  consente  tra  l'altro  la
 produzione  di  pasta  alimentare  "...  avente  requisiti diversi da
 quelli prescritti dalle norme della presente legge,  del  regolamento
 di  esecuzione  e  dei  provvedimenti  dell'autorita'  amministrativa
 previsti  dalla  legge  medesima,  purche'  si  tratti  di   prodotti
 destinati  all'esportazione  e  non  nocivi alla salute umana, previa
 autorizzazione...".
   Da tale complesso normativo emerge quindi che l'alimento prodotto e
 commercializzato   dalla   ditta   I.S.A.   s.r.l.,    identificabile
 immediatamente  come  "pasta alimentare", contenente come ingredienti
 l'aglio, il  peperoncino,  il  nero  di  seppia  e  la  barbabietola,
 potrebbe  essere  legittimamente  importato  da uno dei Paesi facenti
 parte  della  CEE  ovvero  prodotto  per  la  esportazione,   mentre,
 applicando  la  normativa qui denunciata, non puo' essere prodotto da
 un imprenditore italiano per il mercato interno.
   Notasi  poi  che  l'aglio,  il  peperoncino  e  la  barbabietola  -
 indubbiamente nel caso in esame "ortaggi freschi" - potrebbero essere
 impiegati   con   tutta  tranquillita'  per  il  confezionamento  del
 "ripieno" della pasta ai sensi dell'art.  3  del  d.m.  27  settembre
 1967, ulteriore argomento per evidenziare da un lato la non nocivita'
 dell'uso di tali ingredienti e, dall'altro, la irragionevolezza della
 disciplina  in  esame.  Analoghe  considerazioni possono farsi per il
 nero di seppia, posto che l'art. 3  citato  prevede  l'utilizzo,  nel
 ripieno, del pesce fresco e preparato.
   Si  ravvisa  dunque  un  contrasto  tra gli artt. 28, 30 e 36 della
 legge n. 580 del 1967 e gli artt.  3  e  41  della  costituzione,  in
 particolare  poiche'  introducono  una  irragionevole  disparita'  di
 trattamento:
     tra produttori italiani  ed  importatori  italiani  del  medesimo
 prodotto,  in  quanto  i primi, se l'alimento e' destinato al mercato
 interno, non possono produrre  "pasta"  contenente  nel  suo  impasto
 ingredienti quali l'aglio, il peperoncino, la barbabietola ed il nero
 di  seppia,  laddove  l'importatore potrebbe invece introdurre per la
 vendita in Italia e vendere "pasta" cosi' preparata;
     tra il produttore italiano  che  destini  l'alimento  al  mercato
 interno  ed  il produttore che invece lo destini all'esportazione, il
 quale potrebbe legittimamente commercializzare all'estero un tipo  di
 "pasta" contenente i gia' indicati ingredienti;
     tra  chi  utilizzi l'aglio, il peperoncino, la barbabietola ed il
 nero  di  seppia  per  la  preparazione  del  "ripieno"  della  pasta
 (operazione legittima) e chi invece li utilizzi per la partecipazione
 dell'impasto (operazione incomprensibilmente illegittima).
   Evidenti i profili di contrasto con l'art. 41 della Costituzione in
 quanto  tali  limitazioni all'utilizzo di ingredienti si traducono in
 altrettanti  limiti  alla  liberta'  di  iniziativa   economica   dei
 produttori  italiani  la  cui attivita', per le ragioni sovraesposte,
 viene ad essere irragionevolmente compressa.
   B) Sulla rilevanza.
   La questione incide all'evidenza  sulla  decisione  di  entrambi  i
 ricorsi,  dei quali pertanto appare opportuno disporre in questa sede
 la riunione.
   L'eventuale dichiarazione di  illegittimita'  costituzionale  della
 normativa  denunciata,  in  accoglimento  delle  tesi del ricorrente,
 determinerebbe l'annullamento dell'ordinanza emessa dalla U.S.L.
   Ne discenderebbe poi che, una  volta  ammessa  la  possibilita'  di
 produrre  "pasta"  con  tali ingredienti, non sarebbe piu' necessario
 ricorrere a denominazioni di fantasia per la sua commercializzazione,
 sicche' anche la violazione  in  materia  di  etichettatura  potrebbe
 venire meno.
   Va  pertanto ordinata la sospensione del giudizio e la trasmissione
 degli  atti  alla  Corte  Costituzionale  per  le  risoluzione  delle
 questioni esaminate.
                                P. Q. M.
   Dispone  la  riunione  al presente procedimento (n. 1606/1994 r.g.)
 del  fascicolo  n.  1607/1994  r.g.,  avente  per  oggetto  questione
 connessa;
   Visti  gli  artt.  134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953 n. 87, dichiara rilevante  e  non  manifestamente  infondata  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  degli  artt. 28, 30 e 36
 della legge 4 luglio 1967 n. 580 per contrasto con gli artt. 3  e  41
 primo comma della Costituzione;
   Sospende il giudizio in corso;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  la  presente  ordinanza  sia notificata alle parti in
 causa, al Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  e  comunicata  ai
 Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.
     Pordenone, addi' 15 giugno 1996
                    Il pretore: (firma illeggibile)
 96C1576