N. 1176 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 luglio 1996
N. 1176 Ordinanza emessa il 15 luglio 1996 dal giudice istruttore presso il tribunale di Bolzano nel procedimento civile vertente tra Pamer Barbara e Gotsch Sala Maria Processo civile - Regione Trentino-Alto Adige - Cittadini di lingua tedesca della provincia di Bolzano - Impossibilita' di modificare nel corso di ciascun grado del giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta - Compressione del diritto di difesa anche tecnica e dei diritti individuali costituzionalmente garantiti. (D.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, art. 20). (Cost., artt. 6 e 24; statuto Trentino-Alto Adige, art. 100).(GU n.44 del 30-10-1996 )
IL GIUDICE ISTRUTTORE Ha pronunciato la seguente ordinanza che promuove giudizio di legittimita' costituzionale nel procedimento civile n. 4987/1993 del ruolo generale promosso da Pamer Barbara contro Gotsch Sala Maria. Con atto di citazione notificato in data 3 dicembre 1993 Pamer Barbara, rappresentata e difesa dall'avvocato Martin Zuegg di Merano, citava in giudizio davanti al tribunale civile di Bolzano Gotsch Sala Maria per veder accertare un suo credito nei confronti di quest'ultima e veder condannare la stessa al pagamento della relativa somma. All'atto di citazione di parte attrice, redatto in lingua tedesca, la convenuta rispondeva per mezzo del suo procuratore avv. Gerhard Brandstatter con comparsa di risposta dd. 23 marzo 1994, parimenti redatta in lingua tedesca. In applicazione dell'art. 20, secondo comma, del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, essendo l'atto introduttivo e la comparsa di risposta redatti nella stessa lingua, il processo proseguiva nella sola lingua tedesca, con la conseguente necessita' di redigere tutti gli atti processuali in tedesco a pena di nullita' (Cass.?). Nel corso della fase istruttoria, precisamente all'udienza del 23 maggio 1996, il procuratore di parte attrice, l'avv. Martin Zuegg, rimetteva il mandato costringendo la sig.ra Pamer a cercarsi un nuovo difensore. Successivamente all'udienza del 4 luglio 1996 si costituva in giudizio l'avv. Arturo Knering, di Bolzano, in rappresentanza e difesa dell'attrice Pamer Barbara, dimettendo e scambiando comparsa di risposta dd. 2 luglio 1996, redatta in lingua italiana, ed allegando alla stessa procura notarile dd. 28 maggio 1996 da cui risultava il mandato difensivo ricevuto da parte attrice. Il nuovo procuratore dell'attrice, evidentemente piu' a suo agio nell'uso della lingua italiana, procedeva a verbalizzare le sue richieste istruttorie in italiano. Il procuratore della convenuta, l'avv. Gerhard Brandstatter, si opponeva alla verbalizzazione in italiano e rilevava che il processo, instaurato monolingue, doveva procedere in lingua tedesca. In effetti l'art. 20, primo comma, del d.P.R. n. 574/1988 dispone che "Nel processo civile ciascuna parte ha facolta' di scegliere la lingua per la redazione dei rispettivi atti processuali. La lingua cosi' prescelta rimane immutata per l'intero grado del giudizio". A questo punto il procuratore dell'attrice sollevava questione di costituzionalita' dell'art. 20, primo comma, del d.P.R. 15 luglio 1988, n. 574, per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione nella parte in cui impone, per l'intero grado del giudizio, la stabilita' della lingua da utilizzare nel processo senza possibilita' alcuna di modifica. Secondo la tesi del procuratore attoreo, il principio stabilito dall'art. 20 comporterebbe una inammissibile lesione del diritto di difesa, limitando la parte processuale nelle scelte della propria difesa anche tecnica. L'eccezione di illegittimita' costituzionale proposta da parte attrice, benche' a nostro modo di vedere si fondi su diversa motivazione, appare rilevante per il processo in corso e non manifestamente infondata. Rilevante perche', ove l'art. 20, primo comma, del d.P.R. n. 574/1988 venisse dichiarato costituzionalmente illegittimo nel senso sopra indicato, l'attrice Pamer Barbara potrebbe optare, in funzione delle esigenze della difesa tecnica e senza che cio' comporti l'invalidita' degli atti da essa posti in essere, per una lingua diversa da quella inizialmente prescelta, essendosi trovata nella necessita' di nominare, nel corso del primo grado di giudizio, un nuovo difensore ed essendo questi di madrelingua diversa dal primo. Non manifestamente infondata, perche' e' ipotizzabile una situazione di contrasto tra la norma citata e gli artt. 6 e 24 della Costituzione e 1'art. 100 dello statuto di autonomia della provincia di Bolzano, come noto norma di rango costituzionale. Sembra invece manifestamente infondata la progettata incompatibilita' dell'art. 20, primo comma, del d.P.R. n. 574, in contrapposizione all'art. 17 dello stesso atto avente forza di legge, e l'art. 3 della Costituzione, per la diversita' di trattamento di cui sarebbero oggetto l'imputato nel processo penale e la parte nel processo civile. Invero, a parte la diversa natura dei due procedimenti, la possibilita' per l'imputato di modificare dopo il primo interrogatorio la lingua inizialmente prescelta (art. 17 d.P.R. n. 574), piu' che costituire una discriminazione nei confronti della parte civile a cui tale modifica rimane interdetta, si giustifica in base alla considerazione che proprio a seguito del primo interrogatorio l'imputato, o meglio l'indagato, viene compiutamente a conoscenza dei fatti e circostanze ascritte a suo carico, con la conseguenza che solo in tale momento puo' sorgere in lui l'eventuale interesse ad una difesa in lingua diversa da quella inizialmente prefigurata. Fatta questa premessa, va preliminarmente evidenziato che la normativa di cui al d.P.R. n. 574/1988, entrata in vigore l'8 maggio 1993, ha dato attuazione a quanto previsto dall'art. 100 dello statuto di autonomia della provincia di Bolzano che riconosce il diritto dei cittadini di lingua tedesca di usare la loro lingua nei rapporti con gli organi giurisdizionali. Tale disciplina costituisce espressione del principio fondamentale di tutela delle minoranze linguistiche riconosciute, garantito dall'art. 6 della Costituzione. Cio' nondimeno, la Corte costituzionale ha avuto modo di rilevare come la facolta' di scelta della lingua del processo, che tutela la singola parte quale appartenente alla minoranza linguistica, vada raccordata alla tutela connessa alla garanzia, prevista dall'art. 24 della Costituzione, del diritto di difesa inteso anche come difesa tecnica. Appare infatti necessario assicurare alla parte la liberta' di scegliere il proprio avvocato anche in un gruppo linguistico diverso da quello di appartenenza, "potendo la scelta della lingua del processo essere fatta in funzione delle esigenze della difesa tecnica", intesa quest'ultima quale libera e consapevole scelta del proprio difensore (v. sentenza della Corte costituzionale 12-19 gennaio 1995, n. 16). In tale prospettiva la Corte osservava che, benche' l'effettivita' della difesa tecnica possa conseguire la sua realizzazione migliore ove la lingua del processo venga a coincidere sia con la lingua della parte che con quella del difensore, tale principio, nella speciale disciplina posta dal d.P.R. n. 574 a tutela della minoranza tedesca, puo' essere derogato, ma solo in relazione all'esigenza di garantire piu' intensamente il diritto di difesa, "consentendo all'interessato una piu' ampia liberta' di scelta del proprio difensore" (v. sentenza citata). Ebbene, una disposizione normativa, quale l'art. 20 del d.P.R n. 574, che impedisca alla parte di mutare la lingua processuale per l'intero grado del giudizio comprime in modo ingiustificato il diritto di difesa anche tecnica garantito dall'art. 24 della Costituzione, essendo innegabile che tale diritto non comporti solo la facolta' di scegliere liberamente ed in modo consapevole il proprio difensore nella fase iniziale di ogni grado del processo, ma garantisce altresi' la possibilita' di modificare successivamente in corso di causa, in ogni fase e grado del giudizio, le proprie strategie difensive nominando all'occorrenza un nuovo difensore, eventualmente anche di un gruppo linguistico diverso. Il diritto alla difesa cosi' articolato non puo' non trovare tutela in tutti quei casi in cui e' la stessa legge ad imporre alla parte la nomina di un nuovo difensore, in caso di morte o rimessione del mandato da parte di quest'ultimo, non potendo questa stare da sola in giudizio. In siffatte ipotesi, in cui la parte decida, o si trovi costretta a nominare un nuovo difensore nel corso di un qualsiasi grado del giudizio, non si puo' negare che l'immutabilita' della lingua processuale si ripercuota in una limitazione di fatto delle possibilita' di scelta del nuovo difensore, essendo la parte costretta a scegliere lo stesso nell'ambito del gruppo linguistico di appartenenza del difensore da sostituire e vedendosi cosi' negata, in questa fase del giudizio, quella piu' ampia liberta' nella scelta del proprio difensore ad essa garantita dall'art. 24 della Costituzione. Nel caso de quo, la sig.ra Pamer Barbara dovrebbe rinunziare, almeno per l'intero primo grado del giudizio, a scegliere un nuovo difensore tra coloro che appartengono al gruppo linguistico italiano, essendo improbabile che uno di essi sia in grado di sostenere la difesa in lingua tedesca. Appare difficilmente sostenibile che l'art. 24 della Costituzione abbia inteso garantire la piu' ampia facolta' di scelta del proprio difensore solo nella fase iniziale di ogni singolo grado del giudizio, anziche', come sembra piu' probabile, in ogni fase e grado del procedimento. Ma c'e' di piu': la disciplina dettata dall'art. 20, infatti, non solo comprime in modo ingiustificato il diritto di difesa anche tecnica garantito dall'art. 24 della Costituzione, ma rischia di integrare allo stesso tempo una lesione dei diritti garantiti dell'art. 6 della Costituzione, in particolare dei diritti garantiti in sua applicazione dall'art. 100 dello Statuto di autonomia della provincia di Bolzano. Tale articolo, come sopra accennato, garantisce al singolo, quale appartenente alla minoranza linguistica tedesca, il diritto di utilizzare la propria lingua nei rapporti con l'autorita' giudiziaria. Qualora la parte rinunzi a tale diritto solo in funzione delle esigenze di difesa tecnica, avendo deciso di avvalersi di un difensore appartenente ad un altro gruppo linguistico, appare non solo irragionevole, ma addirittura punitivo nei confronti di questa stessa parte impedirle di mutare la lingua processuale inizialmente prescelta, qualora nel corso del primo grado di giudizio voglia, ovvero debba sostituire il proprio difensore con un avvocato o procuratore appartenente al proprio gruppo linguistico. Venute meno quelle ragioni di fiducia, dettate dalle esigenze di difesa tecnica, che abbiano indotto una parte a rinunciare ad ottenere che il processo si svolga nella propria madrelingua per nominare un difensore appartenente all'altro gruppo linguistico, non si vede perche' la stessa parte non possa nel corso dello stesso grado del giudizio modificare la propria lingua processuale, qualora subentri la necessita' di nominare un nuovo difensore e la parte decida di farsi rappresentare da un difensore appartenente al proprio gruppo linguistico. Tanto piu' che, come rilevato piu' sopra, proprio nel caso in cui la lingua del processo venga a coincidere sia con la lingua della parte che con quella del difensore l'effettivita' della difesa tecnica puo' conseguire la sua realizzazione migliore. Il fatto che l'art. 20, disponendo l'immutabilita' della lingua processuale per l'intero grado del giudizio, lasci aperta la possibilita' di modificare la lingua all'inizio del successivo grado non vale a compensare il forte pregiudizio che la parte potrebbe subire nel non poter, gia' nel corso del primo grado del giudizio, modificare la propria difesa tecnica con la nomina di un difensore appartenente ad un gruppo linguistico diverso rispetto a quello cui apparteneva il difensore inizialmente prescelto. Tale pregiudizio appare ancora maggiore se pensiamo alla provvisoria esecutorieta' di cui godono le sentenze di primo grado ai sensi dell'art. 282 c.p.c., nella sua nuova formulazione. La limitazione della facolta' di modificare la lingua processuale nel corso del primo grado di giudizio, costituendo una compressione di diritti individuali costituzionalmente garantiti ai singoli dalla Costituzione, potrebbe trovare una giustificazione solamente nelle esigenze di tutela di altri diritti od interessi costituzionalmente rilevanti. Nel caso in esame potrebbero essere invocati quegli interessi collettivi alla economicita' e speditezza dei procedimenti civili, interessi che potrebbero essere messi in gioco dalla necessita' di apprestare, gia' nel corso del primo grado del giudizio, la traduzione degli atti a spese d'ufficio perche' una delle parti abbia deciso di modificare la lingua processuale. A tale proposito va rilevato come sia principio logicamente intrinseco ad ogni ordinamento giuridico democratico che ogni qualvolta un diritto individuale costituzionalmente garantito debba essere compresso per tutelare interessi collettivi, di cui la societa' od un gruppo sia portatore, cio' debba avvenire nella misura in cui tali interessi possano essere soddisfatti con il minor pregiudizio possibile dell'interesse individuale da comprimere (principio di proporzionalita'). Alla luce di suddetto principio appare innegabile come gli interessi collettivi, sopra richiamati, alla speditezza ed economicita' dei procedimenti civili potrebbero essere tranquillamente soddisfatti consentendo alle parti di modificare in ogni fase del giudizio la lingua processuale da esse prescelta, ma prevedendo, in caso di modifica, che cio' non determini l'interruzione dei termini processuali, ne' possa causare ritardi nello svolgimento del processo ovvero comportare la traduzione d'ufficio degli atti precedenti. Del resto, questa soluzione e' conforme a quella gia' adottata dal legislatore con l'art. 17, settimo comma, del d.P.R. n. 574 per il caso in cui l'imputato modifichi, dopo il primo interrogatorio, la lingua scelta in precedenza. In questo modo ogni parte rimarrebbe libera di nominare, gia' nel corso del primo grado di giudizio, un nuovo difensore appartenente ad un gruppo linguistico diverso da quello cui apparteneva il difensore precedentemente prescelto, ma, qualora cio' avvenisse, essa dovrebbe provvedere a proprie spese alla eventuale traduzione degli atti precedenti senza che cio' possa comportare un'interruzione del processo. Alla luce di queste considerazioni, ingiustificato, perche' sproporzionato rispetto allo scopo da perseguire, appare dunque il divieto, sancito dall'art. 20 del d.P.R. n 574, di modificare in qualsiasi fase del primo e secondo grado del giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta dalla parte.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge n. 87 dell'11 marzo 1953; Dichiara la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 20, primo comma, del d.P.R. n. 574/1988 nella parte in cui impedisce alla parte di modificare nel corso di ciascun grado del giudizio la lingua processuale inizialmente prescelta, fatti salvi, in caso di modifica, la prosecuzione del giudizio senza interruzioni o ritardi ed il divieto di ottenere a spese d'ufficio la traduzione degli atti precedenti, per violazione degli artt. 6 e 24 della Costituzione e 100 dello Statuto di autonomia della provincia di Bolzano; Dispone la sospensione del giudizio; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notificazione della presente ordmanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione della stessa ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Bolzano, addi' 15 luglio 1996 Il giudice istruttore: Martin 96C1608