N. 37 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 1 ottobre 1996
N. 37 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 1 ottobre 1996 (della regione Lazio) Agricoltura - Regime comunitario di produzione lattiera - "Quote latte" - Criteri da osservarsi riguardo alla compensazione tra le maggiori o minori quantita' di prodotto consegnate - Espletamento di procedure di compensazione nazionale, con effetto dal periodo 1995-1996, da parte dell'AIMA - Inapplicabilita' della compensazione gestita a base provinciale dalle Associazioni di produttori, gia' consentita dall'art. 5, commi da 5 a 9, legge 26 novembre 1992, n. 468, con conseguente sancita inefficacia degli adempimenti gia' svolti in base ad essi per il suddetto periodo - Obbligo per gli acquirenti che abbiano gia' restituito ai produttori, in seguito alle compensazioni operate a livello di associazioni, l'effettuato prelievo, di procedere a nuove trattenute, con conseguente possibile esperibilita', a loro carico, di una riscossione coattiva - Adozione di tale normativa in seguito ad apertura di procedura di infrazione, con lettera 20 maggio 1996 della Commissione CEE, per inottemperanza alle modifiche al regime di "prelievo supplementare" disposte con il regolamento CEE n. 3950/1992 - Predisposizione del decreto-legge senza alcuna partecipazione delle regioni, ancorche' fortemente interessate al problema, neppure nella forma minimale dell'intervento della Conferenza Stato-Regioni, in contrasto, fra l'altro, con il principio di leale cooperazione - Penalizzazione, aggravata, per il periodo 1995-1996, dalla retroattivita' della norma, per le produzioni programmate in base alla abrogata disciplina, in contrasto, fra l'altro, con il principio di leale cooperazione e per le regioni, come il Lazio, dove, a differenza di quelle con forte eccedenza di produzione lattiera, non si sono superate complessivamente le quote concesse, in contrasto, fra l'altro, con i principi posti dagli artt. 38 e segg. del trattato di Roma del 25 marzo 1957 riguardo alla essenziale finalita' di ovviare nella politica agricola comune alle diversita' srutturali e naturali delle singole regioni - Mancato esercizio, da parte del Governo, con conseguente eccesso di potere legislativo, della facolta', accordatagli dal regolamento CEE n. 3950/1992, di optare, in alternativa all'adottato meccanismo di compensazione a livello nazionale, per quello di compensazione a livello di singolo acquirente, in tal modo evitando le rilevate violazioni - Richiamo alle sentenze nn. 520/1995, 338/1994 e 286/1986. (D.-L. 8 agosto 1996, n. 440, art. 11, commi 1, 2 e 3). (Cost., artt. 3, 5, 11, 97, 116, 117 e 118; legge 23 agosto 1998, n. 400, art. 12; d.P.R. 24 luglio 1977, artt. 3 e 50; legge 8 giugno 1990, n. 142, art. 3; regolamento CEE 28 dicembre 1992, n. 3950, artt. 2, par. 1, comma 2; regolamento CEE 31 marzo 1984 n. 856 art. 5-quater, comma 2).(GU n.46 del 13-11-1996 )
Ricorso per la regione Lazio, in persona del presidente della giunta regionale dott. Pietro Badaloni, rappresentata e difesa dal prof. avv. Achille Chiappetti ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, alla via Paolo Emilio n. 7, come da procura speciale a margine del presente ricorso contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore per la declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 11 del d.-l. 8 agosto 1996, n. 440, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 199 del 26 agosto 1996 e portante "Differimento di termini previsti da disposizioni legislative in materia di interventi in campo economico e sociale". F a t t o Per avere contezza della evidente illegittimita' costituzionale delle disposizioni impugnate, deve essere tenuto presente quanto segue. 1. - Con la legge 26 novembre 1992, n. 468, portante "Misure urgenti nel settore lattiero-caseario", lo Stato italiano ha formulato alcune disposizioni relative alle modalita' per l'attuazione del c.d. "prelievo supplementare" introdotto dalla Comunita' europea a carico dei produttori o degli acquirenti di latte. Detto prelievo e' stato previsto dall'art. 5-quater del Regolamento CEE 856/1984 del 31 marzo 1984 con lo scopo di mantenere sotto controllo la crescita della produzione lattiera e si applica ai predetti operatori di settore che superino il proprio quantitativo di riferimento. Lo stesso regolamento n. 856/1984 ha pure previsto che "il regime del prelievo e' attuato in ciascuna Regione del territorio degli Stati membri...". Su tale normativa e su quella del regolamento n. 857/1984, di pari data del precedente, si e' fondato il legislatore italiano che ha, appunto, previsto all'art. 5 della legge n. 468 del 1992 il regime per il prelievo supplementare organizzato su base regionale. Nello stesso art. 5 (commi V, VI, VII, VIII e IX) il legislatore italiano ha previsto un meccanismo di compensazione interno alle Associazioni di produttori del latte, riconosciute (e volute) dal Regolamento CEE, n. 1360/1978 e ribadita dall'art. 12, lett. c, del Regolamento CEE n. 857/1984 del 31 marzo 1984. 2. - Sulla base di tale normativa nazionale si e' svolto "il periodo" (o campagna produttiva) 1995-1996. Tant'e' che sono intervenute per tale "periodo" le Associazioni di produttori che avevano tempo fino al 31 luglio 1996 per l'effettuazione delle compensazioni tra associati prevista dal V comma dell'art. 5 della legge n. 468/1992. Di talche' ne e' conseguito che, per tale "periodo", gli splafonamenti individuali che si sono verificati nell'intera Regione Lazio e che non sono stati assorbiti nonostante tale meccanismo di compensazione, ammontano soltanto a 105.500 quintali (pari ad "un prelievo supplementare" di circa 8 miliardi di lire) a fronte di una produzione complessiva di 4 milioni 900 mila quintali circa. Cio' mentre in alcune altre Regioni i produttori hanno enormemente sfondato il complesso delle quote assegnate. 3. - E' pero' avvenuto che le disposizioni del Regolamento comunitario n. 857/1984, cui ha fatto riferimento il legislatore nazionale nel dettare la legge n. 468 del 1992, sono state rielaborate, con effetto dal 1 aprile 1993, dal successivo regolamento CEE n. 3950/1992 del 28 dicembre 1992. Quest'ultima fonte comunitaria ha modificato il regime del "prelievo supplementare", prevedendo all'art. 2, paragrafo 1, II comma, che "a seconda della decisione dello Stato membro, il contributo dei produttori al pagamento del prelievo dovuto e' stabilito, previa riassegnazione o meno dei quantitativi di riferimento inutilizzati, a livello dell'acquirente in base al superamento sussistente dopo la ripartizione, proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore, dei quantitativi di riferimento inutilizzati oppure a livello nazionale in base al superamento del quantitativo di riferimento a disposizione di ciascun produttore". Poiche', praticamente fino ad oggi, il regime vigente in Italia per il "prelievo supplementare" e' rimasto fermo alle disposizioni dell'art. 5 della legge n. 468 del 1992, e' avvenuto che la Commissione europea ha ritenuto con lettera D/771 del 20 maggio 1996 (e quindi a "periodo" 1 aprile 1995/31 marzo 1996 ampiamente concluso) di aprire una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia. Detta procedura e' stata aperta perche' la Commissione considera non piu' ammessa dall'ordinamento europeo la compensazione degli esuberi, e quindi del prelievo supplementare, a livello delle associazioni di produttori. La Commissione ha pure richiamato l'attenzione sulla circostanza che la vigente normativa comunitaria prevederebbe, ai sensi dell'art. 2 del Regolamento n. 3950/1992, che "la compensazione delle consegne puo' essere operata esclusivamente a livello dell'acquirente o a livello nazionale" e che, pertanto, "la sfera di discrezionalita' lasciata agli Stati membri ... e' chiaramente circoscritta e consiste nella scelta tra i due suddetti modelli di compensazione. 4. - Di fronte all'ingiustizia ed infondatezza dei richiami formulati dalla Commissione, il Governo italiano, invece di contrastare nelle opportune sedi comunitarie, anche giudiziarie, le argomentazioni poste a fondamento della diffida, ha adottato il d.-l. 8 agosto 1996, n. 440, credendo, in tale modo, di risolvere la procedura di infrazione comunitaria. Infatti, l'art. 11 del menzionato decreto-legge ha previsto che "con effetto dal periodo 1995-1996 di regolamentazione della produzione lattiera, cessa l'applicazione della procedura di compensazione prevista dall'art. 5, commi 5, 6, 7, 8 e 9, della legge 26 novembre 1992, n. 468 e gli adempimenti gia' svolti ai sensi delle predette disposizioni non hanno effetto" (I comma). Detto art. 11 stabilisce altresi' che "i versamenti e le restituzioni delle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare, previsti dalla legge 26 novembre 1992, n. 468 e successive modificazioni, sono effettuati a seguito dell'espletamento delle procedure di compensazione nazionale da parte dell'AIMA. Sulle somme residue spettanti ai produttori restano dovuti gli interessi calcolati al tasso legale" (II comma) e che "gli acquirenti che hanno gia' disposto la restituzione delle somme ai produttori ai sensi dell'art. 5, ottavo comma, della legge n. 468 del 1992, procedono a nuove trattenute nei confronti dei produttori interessati, pari all'ammontare delle somme restituite. Ove cio' non fosse possibile, si applicano le disposizioni di cui all'art. 7 della suddetta legge n. 468 del 1992" (III comma). Tale atto legislativo e' palesemente illegittimo per i seguenti M o t i v i Violazione degli artt. 5, 11, 97, 117, e 118 della Costituzione anche con riferimento all'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400. Violazione del principio di leale cooperazione tra lo Stato e le Regioni. 1. - In primo luogo va rilevato che l'art. 2, paragrafo 1, II comma, del regolamento CEE n. 3950 del Consiglio del 28 dicembre 1992, lascia allo Stato membro una scelta discrezionale nell'ambito della riassegnazione dei quantitativi di latte inutilizzato, consentendo di scegliere il livello - "livello dell'acquirente" oppure "livello nazionale" - in cui operare la compensazione fra le maggiori o minori produzioni consegnate e, quindi, stabilire il contributo dei produttori al pagamento del "prelievo supplementare" dovuto. Inoltre, lo stesso art. 2 non esclude assolutamente forme organizzative per operare la compensazione a "livello nazionale" con l'esclusione della partecipazione regionale. Partecipazione regionale, peraltro, che risulta perfino prevista se non imposta dalla legislazione comunitaria laddove, all'art. 5-quater, I comma, del Regolamento n. 804/1968, come modificato dal Regolamento n. 856/1984, non abrogato, sancisce che "il regime del prelievo e' attuato in ciascuna regione del territorio degli Stati membri..." La discrezionalita' demandata al legislatore nazionale, attenendo ad indirizzi di politica generale suscettibili di incidere in una materia attribuita alla competenza regionale dagli artt. 117 e 118 della Costituzione, avrebbe dovuto essere utilizzata coinvolgendo le Regioni - titolari di poteri propri, costituzionalmente garantiti - di programmazione e vigilanza nel settore lattiero-caseario, secondo quanto previsto dall'art. 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400. Del resto, la stessa normativa comunitaria, nel disciplinare il regime di "prelievo supplementare" a carico dei produttori o degli acquirenti di latte, fa riferimento alle singole Regioni del territorio degli Stati membri (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 520 del 15-28 dicembre 1995). Appare dunque costituzionalmente illegittimo l'estemporaneo e scarno II comma dell'art. 11 impugnato che si limita a prevedere lo "espletamento delle procedure di compensazione nazionale da parte dell'AIMA". Il non avere previsto in questa procedura la necessaria partecipazione delle Regioni comporta che il Governo ha del tutto obliterato il ruolo e le competenze costituzionalmente garantite delle Regioni, non prevedendo la loro partecipazione al procedimento neppure nella forma minimale del parere della Conferenza Stato-Regioni. Per il vero, il procedimento avrebbe dovuto comportare (in una materia cosi' delicata e nella quale sorgono necessariamente netti contrasti tra le varie Regioni: si pensi che alcune Regioni settentrionali hanno avuto un'enorme eccedenza di produzione lattearia e si contrappongono alle altre Regioni, quali il Lazio, che non hanno superato complessivamente le quote concesse) la partecipazione al procedimento di tutte le singole Regioni. Risulta, pertanto, evidente, anche per questa ragione, la violazione del principio di leale cooperazione nei rapporti tra lo Stato e le Regioni che rende necessario, ai fini del rispetto del riparto delle competenze tra Stato e Regioni, il coinvolgimento paritario dei due livelli di governo per la gestione dei settori di comune competenza (Corte costituzionale 25 luglio 1994, n. 338). 2. - Va d'altra parte tenuto presente il contenuto provvedimentale insito dell'art. 11 medesimo nelle parti in cui determina l'automatica caducazione di tutte le operazioni compiute nel "periodo" 1995-1996 ("gli adempimenti gia' svolti ... non hanno effetto"). Tale circostanza evidenzia vieppiu' che le Regioni avrebbero dovuto essere quantomeno sentite anche nel procedimento per l'adozione del decreto-legge impugnato. Non essendo stato acquisito il parere della Conferenza per i rapporti tra Stato e Regioni deve ritenersi che il decreto-legge impugnato sia - pure per questa ragione - costituzionalmente illegittimo per violazione delle disposizioni costituzionali indicate nell'epigrafe del presente motivo, nonche' dell'art. 2 della legge n. 400/1988. II Violazione degli artt. 3, 5, 116, 117, 118 e 97 della Costituzione. Violazione degli artt. 3 e 50 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Violazione art. 3 della legge 8 giugno 1990, n. 142. 1. - Deve essere pure denunciata l'assoluta incongruita' ed illogicita' del meccanismo di compensazione a livello nazionale previsto dal II comma del l'art. 11 del decreto-legge n. 440/1996. La compensazione effettuata dall'AIMA a livello nazionale penalizza fortissimamente, ingiustamente ed illogicamente proprio le Regioni piu' meritevoli, ripartendo con esse il surplus causato da altre Regioni. In altre parole, vengono sacrificati i produttori lattieri di quelle Regioni che hanno svolto - nell'ambito delle loro attribuzioni istituzionali in materia agricola e di sviluppo economico - programmi di razionalizzazione e di ristrutturazione delle aziende di settore. Programmi ed interventi che restano sostanzialmente privi di effetti o comunque sono in buona parte vanificati, per quanto attiene al prelievo supplementare, in quanto la compensazione nazionale come prevista dal decreto-legge impugnato ripartisce tale prelievo in modo paritetico tra le varie Regioni. 2. - Il meccanismo "secco" della compensazione dei prelievi a livello nazionale, determina altresi' una grave disparita' di trattamento dei singoli produttori di latte, laddove essi si vengono a trovare artificiosamente "parificati" in un coacervo complessivo nazionale di compensazione. Cio' mentre sarebbe bastato, ad esempio, applicare il meccanismo della compensazione a "livello dell'acquirente", previsto espressamente dal Regolamento CEE n. 3950/1992 per evitare la violazione dell'art. 3 della Costituzione. III Violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, nonche' dell'art. 11 della Costituzione per violazione dell'art. 2, paragrafo 1, II comma, del regolamento CEE n. 3950/1992 del 28 dicembre 1992 nonche' dell'art. 5-quater, paragrafo 1, II comma, del regolamento CEE n. 856/1984 del 31 marzo 1984. Il meccanismo di compensazione a livello nazionale affrettatamente introdotto dal decreto-legge n. 440/1996 non rispetta, in realta', neppure la voluntas espressa dal legislatore comunitario come evidenziata, in particolare, nelle disposizioni indicate in epigrafe. In effetti, la normativa comunitaria ha sempre ritenuto preferenziale la valorizzazione della dimensione regionale come unita' operativa degli interventi dettati allo Stato nello specifico settore. Tale preferenza ha ricevuto per lo specifico ambito del "prelievo supplementare" l'espresso riconoscimento di cui all'art. 5-quater, paragrafo 1 del Regolamento n. 856/1984, che e' tutt'oggi in vigore. Cio' significa che la previsione normativa comunitaria di un "ivello nazionale" di compensazione non esclude, anzi, da' per scontato che il meccanismo stesso debba tenere presente la ripartizione del territorio statale in regioni, potendo queste ultime valere come bacini da tenere presenti nella complessiva ponderazione a livello nazionale. Numerose regioni italiane hanno fatto presente al Governo l'assoluta necessita' di prevedere una siffatta strutturazione del meccanismo di compensazione a livello nazionale, che si articoli in primo luogo sulla base di bacini regionali, derivanti dalla sommatoria delle quote individuali assegnate ai produttori delle singole regioni. Di talche' l'affrettata e pertanto errata scelta governativa che configura il sistema di compensazione a "livello nazionale" con un bacino unico e non differenziato "cancella totalmente" la configurazione regionale dello Stato italiano e viola perfino le disposizioni comunitarie indicate in epigrafe. IV Violazione dell'art. 3, 97, 117 e 118 della Costituzione. Particolarmente irrazionale ed illegittima si denota la portata retroattiva della disposizione impugnata che lede le posizioni soggettive piene consolidate acquisite dai produttori, siano essi associati che singoli. Nel contempo viene pure vanificata la programmazione regionale nel settore. Il decreto-legge, emanato l'8 agosto 1996, da' infatti disposizioni da applicare in relazione alla campagna di produzione 1995/1996, chiusa il 31 marzo 1996. Da sottolineare infatti che le aziende agricole hanno fatto conto, per determinare il livello da raggiungere con la propria produzione lattiera, sulle indicazioni previsionali date dalle proprie associazioni che, in vigenza dei commi dell'art. 5 della legge n. 468/1992 la cui applicabilita' e' stata fatta cessare dal decreto (compensazioni per associazione), potevano valutare anticipatamente, anche in virtu' dei compiti e degli obblighi operativi sanciti dal Regolamento CEE n. 1360/1978, il monte quote non utilizzato da trasferire in compensazione. In sintesi, in virtu' della propria retroattivita', il decreto interviene in maniera fortemente peggiorativa su decisioni attuate sulla base di norme vigenti al momento dell'assunzione di dette decisioni, ledendo in maniera sostanziale il principio di libera imprenditorialita'. V Violazione dell'art. 3 della Costituzione sotto altro profilo. 1. - Il provvedimento legislativo impugnato e' pure evidentemente viziato per sviamento di potere legislativo, irrazionalita' ed incongruita' con i fini esplicitamente perseguiti dal legislatore. Deve, infatti, essere tenuto presente che il provvedimento legislativo, adottato d'urgenza dal Governo, e' stato palesemente mirato - per quanto concerne l'art. 11 impugnato - a superare la procedura di infrazione recentemente avviata dalla Commissione europea in ragione della pretesa illegittimita' (dal punto di vista comunitario) del procedimento di compensazione previsto dalla parte dell'art. 5 della legge n. 468 del 1992 che e' stata inopinatamente abrogata. Orbene, non sembra proprio che il decreto-legge - nella sua illegittima formulazione - sia il necessario e logico strumento per superare la contestazione europea. In effetti la pretesa lesione del regolamento n. 3950/1992, ove mai sussistente, pendeva sin dalla data di decorrenza del vigore del regolamento stesso, ossia dal 1 marzo 1993. L'intervento correttivo apportato oggi dal Governo e' comunque tardivo. Tale circostanza non solo denota l'assoluta irrilevanza di un eventuale richiamo all'urgenza per giustificare la lesione dei principi costituzionali denunciata nei motivi che precedono, ma dimostra come l'adozione, sin dal "periodo" 1995-1996, dell'affrettato ed incongruo decreto-legge - provvedimento sia, in realta', inutile. Sarebbe infatti bastata l'approvazione di un decreto-legge, ben piu' meditato e anche con decorrenza sin dal prossimo periodo 1996-1997 per presentare alla Comunita' europea l'accettazione delle sue contestazioni e per transigere l'insorgente contenzioso. 2. - D'altra parte l'intempestiva formulazione dell'art. 11 contestata, va ben al di la' delle richieste comunitarie che non hanno mai imposto il solo "livello nazionale" per la compensazione e tanto meno un "livello nazionale" che sacrifichi il ruolo delle regioni italiane e le loro attribuzioni costituzionalmente garantite. Il decreto-legge n. 440/1996 contrasta non solo con il regolamento n. 3950/1992 del Consiglio, laddove, al secondo considerando, evidenzia che la nuova regolamentazione intende "rispettare esigenze di semplicita' e chiarezza atte a garantire la certezza giuridica dei produttori e degli altri operatori economici", ma soprattutto contrasta (e in tal senso la competenza a sindacare e' di certo della Corte costituzionale - sentenza C.C. n. 286/1986) con i principi fondamentali dell'ordinamento comunitario che, agli articoli 38 e seguenti del Trattato di Roma del 25 marzo 1957, come successivamente modificato, delineano le finalita' e le modalita' della politica agricola comune. La prima finalita' della politica agricola comune e' di "incrementare la produttivita' dell'agricoltura ... assicurando lo sviluppo razionale della produzione agricola", mentre l'elaborazione della stessa politica dovra' considerare le "disparita' strutturali" e naturali fra le diverse regioni agricole e "la necessita' di operare gradatamente gli opportuni adattamenti" (v. art. 39 Trattato di Roma, come modificato). E' evidente che la normativa retroattiva del decreto-legge penalizza ogni sviluppo razionale perseguito dalle aziende agricole e penalizza altresi' la dimensione regionale delle attivita' produttive agricole. D'altra parte il meccanismo introdotto dall'art. 11, II comma, impugnato, non risolve ed anzi aggrava il paventato ritardo dei versamenti del prelievo straordinario al FEAOG. 2. - Ne deve mancarsi di osservare come del tutto illogicamente il Governo italiano abbia improvvisamente ed immotivatamente rinunciato a fare valere le proprie ragioni, contestando nelle opportune sedi comunitarie le osservazioni della Commissione europea e sacrificando senz'altra motivazione le attribuzioni delle proprie ragioni e le posizioni dei singoli produttori italiani. Cio' mentre, per addivenire ad un accordo in sede comunitaria, sarebbe bastato - oltre alla introduzione di correttivi alla legge n. 468 del 1992 per i futuri "periodi" - sanare le attivita' finora svolte per il periodo 1995-1996 in base a tale legge, eliminando buona parte dei rischi paventati dalla Commissione europea (sarebbe bastato ad esempio lo svolgimento di una verifica per garantire la trasparenza delle compensazioni all'interno delle Associazioni di produttori e l'accelerazione delle procedure per il versamento del "prelievo supplementare" al FEAOG). 3. - Ne', infine, va tralasciato che la normativa comunitaria consente anche la scelta degli Stati membri per la compensazione a "livello dei produttori" una scelta questa che non comporterebbe la lesione delle prerogative regionali. E' quindi palese lo sviamento di potere legislativo denunciato.
Conclusioni Si chiede l'accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione anche in ordine ed onorari dispese di giudizio. Roma, addi' 25 settembre 1996 Prof. avv. Achille Chiappetti 96C1625