N. 336 SENTENZA 30 settembre - 8 ottobre 1996
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Esecuzione di rogatoria di autorita' straniera - Attivita' di acquisizione probatoria - Ricomprensione anche di ulteriori attivita' di indagine discrezionali e generalizzate - Materia disciplinata dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale - Ragionevolezza di una disciplina funzionalmente ispirata per il compimento di atti di piu' svariata natura ed attinente a fasi o forme del procedimento estero non sempre riconducibili agli schemi dell'ordinamento processuale italiano - Non fondatezza. (C.P.P., artt. 723, primo comma, e 725, secondo comma). (Cost., artt. 3, 24 e 76)(GU n.42 del 16-10-1996 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: avv. Mauro FERRI; Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
ha pronunciato la seguente Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 723, primo comma, e 725, secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 luglio 1991 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, nel procedimento di esecuzione della rogatoria internazionale nel procedimento penale a carico di Oscar Sporchia ed altri, iscritta al n. 736 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1995; Udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1996 il giudice relatore Carlo Mezzanotte. Ritenuto in fatto Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, delegato dalla Corte d'appello di Milano alla esecuzione di rogatoria internazionale per attivita' di acquisizione probatoria, richiesta dal giudice istruttore presso il Tribunale di Grande Istanza di Thonon-les Bains (Francia), ha sollevato, d'ufficio, con ordinanza del 23 luglio 1991, pervenuta a questa Corte il 4 ottobre 1995, questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione, degli artt. 723, primo comma, e 725, secondo comma, del codice di procedura penale. L'attivita' oggetto di rogatoria, che il rimettente era stato chiamato ad eseguire, consisteva, oltre che nella audizione di alcune persone, anche in indagini ad ampio raggio, dirette alla identificazione dei complici delle persone accusate in Francia di smercio di falsa valuta, alla individuazione della destinazione di falsi biglietti della Banca centrale d'America, alla ricostruzione dei fatti e alla acquisizione di capillari informazioni sugli indagati e sulle persone a loro legate, procedendo alle attivita' complementari (perquisizioni e sequestri). Il giudice a quo, prima di sollevare la questione di legittimita' costituzionale, aveva, in data 23 maggio 1991, chiesto chiarimenti alla Corte d'appello delegante, poiche', a suo avviso, l'indiscriminata attivita' di indagine a lui delegata sarebbe stata in contrasto "con i principii di fondo del nuovo codice di rito". La Corte d'appello aveva pero' disposto che il giudice delegato procedesse senz'altro all'esecuzione della rogatoria, ritenendo che "(...) la richiesta dell'autorita' straniera di svolgimento di indagini di polizia giudiziaria non puo' considerarsi inibita all'autorita' giudiziaria italiana, posto che l'art. 725 cod. proc. pen. effettua un generico richiamo alle norme del codice stesso, senza alcuna specifica esclusione". Il giudice delegato alla esecuzione della rogatoria, nel sollevare la questione di legittimita' costituzionale, rileva pertanto che, secondo l'interpretazione della Corte d'appello di Milano, alla quale egli aveva dovuto adeguarsi, la "attivita' di acquisizione probatoria", prevista dall'art. 723 cod. proc. pen. tra quelle rogabili da autorita' straniera, comprenderebbe non solo specifici atti espressamente richiesti dalla autorita' rogante, ma anche attivita' discrezionali e generalizzate di indagine: conseguentemente la disposizione di cui all'art. 725, secondo comma, cod. proc. pen. ("Per il compimento degli atti richiesti si applicano le norme di questo codice (...)") comporterebbe il riconoscimento, in capo all'organo chiamato alla esecuzione della rogatoria, dei poteri che, in base agli artt. 358 e segg. cod. proc. pen., sarebbero riservati al pubblico ministero. Ad avviso del rimettente, cio' determinerebbe violazione dell'art. 76 della Costituzione, poiche' la legge 16 febbraio 1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale) non prevederebbe alcuna disposizione espressa in materia di rapporti con autorita' straniere, regolati dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale e solo residualmente dal legislatore nazionale; e, tuttavia, fisserebbe per il legislatore delegato un vincolo di adeguamento di tutti gli istituti processuali ai principii e criteri risultanti dall'art. 2 (punto 104), fra i quali avrebbe fondamentale risalto la ripartizione di compiti e la "ordinaria dialettica" tra giudice e pubblico ministero, nel senso che solo quest'ultimo sarebbe titolare di poteri di indagine (punto 37, art. 2, secondo comma, dovendosi in questo senso interpretare l'erronea indicazione, nell'ordinanza di rimessione, del punto 57). In particolare, ad avviso del giudice a quo, il giudice chiamato alla esecuzione della rogatoria, dotato - secondo l'ampia interpretazione accennata - di veri e propri poteri discrezionali di indagine, potrebbe anche essere investito dei compiti di valutare se sussistano gravi indizi di colpevolezza a fronte di conseguenti richieste di estradizione e di applicare eventuali misure cautelari: cio' contrasterebbe con i principii della legge di delegazione, in quanto in tal modo potrebbe verificarsi una non consentita sovrapposizione tra organo dell'indagine e organo della decisione. Oltre all'art. 76, risulterebbero violati anche gli artt. 3 e 24 della Costituzione, poiche', nella procedura avviata su richiesta della autorita' giudiziaria straniera, la persona sottoposta ad indagine verrebbe posta "di fronte ad un giudice-inquisitore, con evidente affievolimento della ordinaria dialettica processuale e della tendenziale parita' tra accusa e difesa". Considerato in diritto 1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, delegato dalla Corte d'appello di Milano alla esecuzione di rogatoria di autorita' straniera (francese) per attivita' di acquisizione probatoria, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione, degli artt. 723, primo comma, e 725, secondo comma, del codice di procedura penale. Secondo l'interpretazione della Corte d'appello di Milano, alla quale si attiene l'ordinanza di rimessione, la "attivita' di acquisizione probatoria", prevista dall'art. 723 cod. proc. pen. tra quelle rogabili da autorita' straniera, comprenderebbe non solo specifici atti richiesti dalla autorita' rogante, ma anche attivita' di indagine discrezionali e generalizzate. In tal modo, il giudice chiamato a dare esecuzione alla rogatoria, ai sensi dell'art. 725, secondo comma cod. proc. pen., verrebbe investito di poteri, che, nel nostro ordinamento processuale, sarebbero riservati al pubblico ministero in base agli artt. 358 e ss. cod. proc. pen. Cio' comporterebbe innanzitutto violazione dell'art. 76 della Costituzione, per contrasto con la legge di delegazione (legge 16 febbraio 1987, n. 81), la quale, pur non contenendo - ad avviso del rimettente - alcuna specifica disposizione in materia di rapporti con autorita' straniere, regolati, di norma, da fonti di diritto internazionale pattizio e solo residualmente dalla disciplina generale interna, porrebbe comunque al legislatore delegato un vincolo di adeguamento di tutti gli istituti processuali all'insieme dei principii e criteri risultanti dall'art. 2 (punto 104), e in particolare a quello concernente la diversa posizione del giudice rispetto al pubblico ministero (punto 37, art. 2, secondo comma). Sarebbero inoltre violati gli artt. 3 e 24 della Costituzione, poiche', nella procedura avviata su richiesta della autorita' straniera, si verrebbe a porre la persona sottoposta ad indagine di fronte "a un giudice-inquisitore, con evidente affievolimento della ordinaria dialettica processuale e della tendenziale parita' tra accusa e difesa", tanto piu' in quanto lo stesso giudice potrebbe essere chiamato a pronunciarsi su eventuali richieste di misure cautelari, o a intervenire nel conseguente procedimento di estradizione. 2. - La questione e' infondata. Poiche' la rogatoria passiva coinvolge rapporti con ordinamenti di Stati esteri, ai fini della verifica di conformita' della disciplina posta dagli artt. 723, primo comma, e 725, secondo comma, del codice di procedura penale alla legge di delegazione si deve avere riguardo non tanto ai principii che in questa ispirano le relazioni tra giudice e pubblico ministero nel processo penale italiano, quanto a quelli ai quali devono conformarsi i rapporti giurisdizionali con autorita' straniere. Soccorre, in proposito, l'art. 2, primo comma, prima parte, della legge di delegazione, secondo il quale il codice di procedura penale deve adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale. E' in attuazione di tale principio che l'art. 696 cod.proc.pen stabilisce che l'intera materia dei rapporti con autorita' straniere relativi alla amministrazione della giustizia penale, che include le rogatorie internazionali, e' disciplinata dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale; solo se tali norme mancano, o non dispongono diversamente, si applicano le disposizioni del nostro codice. E' innanzitutto indubitabile, alla luce della legge di delegazione e delle fonti da essa richiamate, che oggetto di rogatoria puo' essere anche l'attivita' di indagine e di ricerca delle fonti di prova. Cio' trova conferma nella convenzione europea di assistenza giudiziaria, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, di cui alla legge di esecuzione 23 febbraio 1961, n. 215 (che regola i rapporti anche con la Francia), secondo la quale la richiesta di assistenza giudiziaria puo' riguardare non solo il compimento di atti istruttori, intesi quali mezzi di formazione della prova, o la trasmissione di corpi di reato, di fascicoli o di documenti (art. 3, primo comma), ma anche attivita' di indagine preliminare a procedimento penale (art. 15, comma 4), che possono comportare un certo grado di iniziativa e discrezionalita' per l'organo che deve compierle. Del resto, l'art. 727 del codice di procedura penale, nel disciplinare la rogatoria attiva, individua quale possibile soggetto richiedente della attivita' di acquisizione probatoria il pubblico ministero, il quale, nel no-stro ordinamento processuale, e' organo di indagine: conferma questa che la nozione di "attivita' di acquisizione probatoria", di cui all'art. 723 cod. proc. pen, deve essere intesa in senso ampio, comprendente anche l'attivita' di indagine. 3. - Resta da chiarire se le norme internazionali, alle quali rimanda la legge di delegazione, siano violate per il fatto che l'esecuzione delle indagini richieste dalla autorita' straniera sia affidata, dall'art. 723, primo comma, del codice di procedura penale, al giudice anziche' al pubblico ministero. E' da osservare in proposito che dalla disciplina internazionale non discende alcun vincolo per gli Stati aderenti in ordine alla individuazione dell'organo competente, nei rispettivi ordinamenti, all'espletamento della rogatoria. L'art. 3, primo comma, della convenzione di Strasburgo stabilisce infatti che "la Parte richiesta fara' eseguire, nelle forme previste dalla propria legislazione, le rogatorie relative ad un procedimento penale che verranno a lei dirette dalle autorita' giudiziarie della Parte richiedente che hanno per oggetto il compimento di atti istruttori o la trasmissione di corpi di reato, di fascicoli o di documenti". Si versa, pertanto, in materia in cui la scelta degli organi competenti e delle "forme" processuali e' rimessa al diritto interno. Attese le molteplici utilizzazioni che delle rogatorie possono darsi nei diversi ordinamenti, il legislatore italiano ha disposto, con valutazione che non appare irragionevole ne' contrastante con le garanzie della difesa, che tutte le attivita' di acquisizione probatoria siano compiute non dal pubblico ministero, che e' istituzionalmente parte nel processo penale italiano, ma dal giudice, che, per la sua posizione di terzieta', conferisce all'attivita' rogata il livello piu' elevato di affidamento che lo Stato sia in grado di assicurare. Anche la scelta del legislatore delegato di attribuire alla Corte d'appello, competente a concedere l'exequatur, il potere di delegare le operazioni esecutive a un suo componente, o al locale giudice per le indagini preliminari, non appare irragionevole, poiche' chiaramente ispirata all'esigenza di inquadrare in una competenza funzionale il compimento di atti che possono avere la natura piu' varia ed attenere a fasi o forme del procedimento estero non sempre agevolmente riconducibili agli schemi propri dell'ordinamento processuale italiano. Si deve aggiungere che - a mente dell'art. 725, secondo comma, del codice di procedura penale - l'attivita' in rogatoria deve essere svolta secondo le norme del nostro codice, e quindi nelle forme e con tutte le garanzie proprie, nel nostro ordinamento processuale, dei diversi atti da compiere. Quanto all'ultimo profilo di censura, secondo il quale il giudice incaricato della esecuzione della rogatoria sarebbe lo stesso che, nel sistema del codice, sara' poi chiamato a decidere su conseguenti richieste di estradizione e ad applicare eventuali misure cautelari (con una asserita e non consentita sovrapposizione tra organo dell'indagine ed organo della decisione), esso e' irrilevante, non emergendo dagli atti che il rimettente versi nella situazione prospettata.
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 723, primo comma, e 725, secondo comma, del codice di procedura penale, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 76 della Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1996. Il Presidente: Ferri Il redattore: Mezzanotte Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria l'8 ottobre 1996 Il direttore della cancelleria: Di Paola 96C1631