N. 337 ORDINANZA 30 settembre - 8 ottobre 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  - Imputato - Inutilizzabilita' di tutti gli atti di
 indagine compiuti tra il momento  di  assunzione  della  qualita'  di
 persona  sottoposta  alle  indagini  e  il  momento di iscrizione nel
 registro  degli  indagati  -  Incertezza  circa  i   presupposti   di
 pregiudizialita'  della  questione - Difetto di rilevanza - Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P.P., art. 407, terzo comma, 405,  secondo  comma,  e  335,  primo
 comma).
 
 (Cost., artt. 3, 76 e 112).
(GU n.42 del 16-10-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
  Giudici:  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI, prof.
 Cesare MIRABELLI, prof.  Fernando  SANTOSUOSSO,  avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  del  combinato  disposto
 degli artt. 407, terzo comma, 405, secondo comma, e 335, primo comma,
 del  codice  di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10
 ottobre 1995 dal  giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale  di  Lanusei  nei  procedimenti  penali riuniti a carico di
 Pasquale Bentivegna  ed  altri,  iscritta  al  n.  913  del  registro
 ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 1, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  10  luglio  1996  il  giudice
 relatore Enzo Cheli;
   Ritenuto  che  il  Giudice  per  le  indagini preliminari presso il
 Tribunale di Lanusei, in sede di  udienza  preliminare  nel  processo
 penale  nei  confronti  di  Maria  Teresa Vella, Pasquale Bentivegna,
 Giulio Donnini e Cardia Roberto, per il concorso nel reato  di  abuso
 d'ufficio,  ha sospeso il procedimento nei confronti degli ultimi tre
 imputati   e   sollevato   d'ufficio   questione   di    legittimita'
 costituzionale  del  combinato disposto degli artt. 407, terzo comma,
 405, secondo comma e  335,  primo  comma,  del  codice  di  procedura
 penale, in riferimento agli artt. 3, 76 e 112 della Costituzione;
     che,  secondo  le  norme impugnate, il pubblico ministero iscrive
 immediatamente ogni notizia di reato nonche', contestualmente  o  dal
 momento  in  cui  risulta,  il  nome  della  persona  alla  quale  e'
 attribuito il reato (art. 335); dalla data in cui il nome e' iscritto
 nel  registro  decorrono  i  termini  per  la  richiesta  di rinvio a
 giudizio (art. 405); gli atti di indagine compiuti dopo  la  scadenza
 del  termine  - previsto dalla legge o prorogato dal  giudice - senza
 che  il  pubblico  ministero  abbia  esercitato  l'azione  penale   o
 richiesto l'archiviazione, non possono essere utilizzati (art. 407);
     che  il  giudice rimettente prospetta l'incostituzionalita' delle
 norme suddette nella parte in cui non prevedono  l'inutilizzabilita',
 nei  confronti  dell'imputato, di tutti gli atti di indagine compiuti
 tra il momento in cui ha assunto la qualita'  di  persona  sottoposta
 alle  indagini  -  perche' raggiunto da indizi di colpevolezza - e il
 momento in cui e' stato iscritto nel registro di cui all'art. 335 del
 codice di procedura penale;
     che dall'ordinanza risulta che - a  seguito  di  un  esposto  per
 irregolarita'  nella  procedura di aggiudicazione di una gara e della
 successiva acquisizione della documentazione  attraverso  la  polizia
 giudiziaria,  la  quale  procedeva  a segnalare le irregolarita' e le
 generalita' di tutti gli attuali  imputati  -  la  notizia  di  reato
 veniva iscritta nel relativo registro solo nei confronti della Vella,
 e  che, all'esito delle indagini, il rinvio a giudizio veniva chiesto
 per lo stesso reato nei confronti di tutte le persone originariamente
 segnalate dalla polizia giudiziaria, con contestuale  iscrizione  nel
 registro delle notizie di reato per quelle non ancora iscritte;
     che,  sempre dall'ordinanza, risulta che la difesa aveva eccepito
 l'inutilizzabilita' degli atti di indagine successivi  alla  scadenza
 del  termine computato a partire dall'esposto, data in cui si sarebbe
 dovuto provvedere all'iscrizione nel registro delle notizie di reato,
 e, in via subordinata, l'incostituzionalita' dell'art. 335 del codice
 di procedura penale, in riferimento agli artt.  3,  24  e  112  della
 Costituzione,  ove  interpretato  nel  senso che il dies a quo per la
 decorrenza delle indagini  preliminari  e'  computato  dalla  formale
 iscrizione  nel  registro,  anziche'  dal  momento in cui il pubblico
 ministero avrebbe dovuto iscrivere;
     che il giudice  a  quo  ritiene  inammissibile  ed  infondata  la
 suddetta  eccezione, da un lato, perche' l'individuazione del momento
 iniziale di decorrenza dei  termini  per  le  indagini  implicherebbe
 valutazioni  inerenti  alla sfera della discrezionalita' legislativa,
 potendo solo il legislatore stabilire un criterio  oggettivo  cui  il
 giudice  dovrebbe  ispirarsi  nel controllare l'iscrizione effettuata
 dal pubblico ministero;  dall'altro  perche',  essendo  nulli  -  per
 violazione del principio del contraddittorio e, piu' in generale, dei
 diritti  di  difesa  -  gli atti d'indagine compiuti nei confronti di
 persona raggiunta da indizi di  colpevolezza,  ma  non  iscritta  nel
 registro,  risulterebbero  assicurati  i  diritti  e  le  garanzie di
 difesa,  con  conseguente  mancato  contrasto  con  l'art.  24  della
 Costituzione;
     che,  tuttavia,  sempre  secondo  la  prospettazione  del giudice
 rimettente, l'utilizzabilita' degli atti compiuti, tra il momento  in
 cui  una  persona  e'  stata raggiunta da indizi di colpevolezza e il
 momento in cui  e'  stata  iscritta  nel  registro,  integrerebbe  la
 lesione di altri parametri costituzionali;
     che,  in  particolare,  sarebbe  leso l'art. 3 della Costituzione
 sotto il profilo della ingiustificata e irragionevole  disparita'  di
 trattamento tra colui che viene iscritto tempestivamente e colui che,
 pur   trovandosi  nelle  identiche  condizioni  di  indiziato,  viene
 iscritto  con  ritardo;  l'art.  112  della  Costituzione,  in quanto
 l'obbligatorieta'  dell'azione  penale  comporta  che   l'azione   e'
 attribuita  al  pubblico ministero senza margine di discrezionalita',
 esigendo tale principio certezza sui presupposti che ne  condizionano
 l'esercizio  e  sui  tempi entro i quali l'esercizio deve aver luogo;
 l'art. 76 della Costituzione - in relazione all'art.  2  della  legge
 delega 16 febbraio 1987, n.  81, che richiama le norme internazionali
 recepite   nel   nostro  ordinamento  -  non  essendo  rispettata  la
 previsione dell'art. 6 della  convenzione  per  la  salvaguardia  dei
 diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, che assicura ad ogni
 persona  che  la  sua  causa sia esaminata in un tempo ragionevole da
 parte di un organo giurisdizionale;
     che nel giudizio dinanzi alla Corte e' intervenuto il  Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
 generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della  questione
 nei  termini  che la ratio dell'art. 407 - in correlazione con l'art.
 191 del codice di procedura penale - consente di ritenere, quantomeno
 nei casi di ritardo abnorme e ingiustificato desumibile con  evidenza
 dagli   atti,   che   il   giudice  abbia  il  potere  di  dichiarare
 inutilizzabili anche gli atti che interessano  una  persona  iscritta
 tardivamente nel registro delle notizie di reato;
   Considerato   che  il  giudice  rimettente,  da  un  lato,  ritiene
 inammissibile  l'eccezione  di  incostituzionalita'  sollevata  dalla
 difesa,    con   riferimento   agli   atti   di   indagine   compiuti
 successivamente al termine di chiusura, computato dal momento in  cui
 il   pubblico   ministero   ha  proceduto  all'iscrizione  nominativa
 dell'indagato nel registro delle notizie di reato, anziche' da quello
 in cui il pubblico ministero avrebbe  dovuto  iscrivere,  sulla  base
 della  considerazione che solo il legislatore potrebbe individuare un
 criterio oggettivo cui il giudice dovrebbe ispirarsi nel  controllare
 il   momento   dell'iscrizione  effettuata  dal  pubblico  ministero;
 dall'altro  invoca  un  intervento  additivo  della   stessa   natura
 chiedendo  alla Corte di dichiarare l'incostituzionalita' degli artt.
 407, terzo comma, 405, secondo comma e 335, primo comma,  del  codice
 di  procedura penale, nella parte in cui non consentono al giudice di
 individuare il momento in  cui  l'iscrizione  avrebbe  dovuto  essere
 effettuata,  allo  scopo  speculare di consentire l'inutilizzabilita'
 degli atti di indagine compiuti dal momento in  cui  una  persona  e'
 raggiunta   da   indizi   di  colpevolezza  a  quello  dell'effettiva
 iscrizione;
     che, inoltre, lo stesso svolgimento dell'ordinanza di  rimessione
 non   consente   di   ricostruire  con  certezza  i  presupposti  che
 renderebbero la  questione  pregiudiziale  e  rilevante  rispetto  al
 giudizio  a quo stante la contraddittorieta' che e' dato rilevare tra
 la qualificazione come nulli  -  per  violazione  del  principio  del
 contraddittorio  e,  piu'  in generale, dei diritti di difesa - degli
 atti d'indagine compiuti nei confronti di persona raggiunta da indizi
 di colpevolezza  e  sottoposta  ad  indagini,  ma  non  iscritta  nel
 registro,  atti come tali inefficaci in quanto affetti da nullita' di
 ordine generale non sanabile,  e  la  richiesta  alla  Corte  di  una
 pronuncia  che  consenta  di  considerare  inutilizzabili,  e  quindi
 inefficaci,  gli  atti  compiuti  nello  stesso   periodo   temporale
 considerato;
     che  la  questione  sollevata  deve  essere, pertanto, dichiarata
 manifestamente  inammissibile,  in   quanto   prospettata   in   modo
 contraddittorio e perplesso;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt.  407,  terzo  comma,  405,
 secondo comma, e 335, primo comma, del codice  di  procedura  penale,
 sollevata,  in riferimento agli artt. 3, 76 e 112 della Costituzione,
 dal giudice per l'indagini preliminari presso il Tribunale di Lanusei
 con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 30 settembre 1996.
                          Il Presidente: Ferri
                          Il redattore: Cheli
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria l'8 ottobre 1996
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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