N. 1203 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 febbraio - 4 ottobre 1996
N. 1203 Ordinanza emessa il 3 febbraio 1996 (pervenuta alla Corte costituzionale il 4 ottobre 1996) dal pretore di Lecce sul ricorso proposto da Cotardo Tiziana ed altre c/Ditta Luel ed altri. Lavoro (rapporto di) - Trattamento di disoccupazione - Indennita' di mobilita' in seguito a licenziamento collettivo per cessazione dell'attivita' aziendale - Diritto condizionato all'iscrizione del lavoratore, su iniziativa del datore di lavoro, nelle liste di mobilita' - Mancata previsione dell'alternativa possibilita' del lavoratore interessato, in caso di inerzia del datore di lavoro, di attivazione della procedura per l'iscrizione nelle liste di mobilita' - Irrazionale subordinazione del diritto a prestazione previdenziale e al comportamento di un soggetto (datore di lavoro) estraneo al rapporto previdenziale ed indifferente alle conseguenze economiche del suo inadempimento soprattutto nell'ipotesi di cessazione di attivita' prodromica a procedura di liquidazione dell'impresa - Incidenza sulla garanzia previdenziale - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 413/1995. (Legge 23 luglio 1991, n. 223, artt. 4, commi 4 e 9, 6, comma 1, 7, comma 1). (Cost., artt. 3 e 8).(GU n.45 del 6-11-1996 )
IL PRETORE A scioglimento della riserva che precede, osserva, in punto di fatto, che la ditta Luel ha verbalmente proceduto al licenziamento di tutti i dipendenti, in data 31 dicembre 1992, per cessazione di attivita', senza avere preventivamente attivato e perfezionato la procedura prevista dall'art. 4, commi da 2 a 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223. 1. - Cio' posto, rileva che, ai sensi dell'art. 24, comma 2, della stessa legge, la predetta procedura sarebbe dovuta essere osservata dal datore di lavoro, oltre che per l'ipotesi di licenziamenti collettivi per riduzione di personale, anche in caso di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita'. Dall'esame delle disposizioni di cui all'art. 4, commi da 2 a 9, della legge n. 223/1991 appare evidente il loro preciso riferimento all'ipotesi di licenziamenti collettivi per riduzione di personale: la c.d. procedura di mobilita' trova, pertanto, applicazione, per il caso di cessazione di attivita' aziendale, soltanto per la parte compatibile. Ed invero, in questa fattispecie non rilevano le norme che pongono limiti formali al potere di recesso del datore di lavoro poiche' appare irragionevole ritenere che possa essere disposta la reintegrazione di un lavoratore in un'azienda che esista soltanto giuridicamente, qualora sia dichiarata l'invalidita' o l'inefficacia del recesso: l'art. 18 della legge n. 300/1970, richiamato dall'art. 5, comma 3, della legge n. 223/1991, assicura una tutela reale, mentre, non essendo possibile un'effettiva reintegrazione, la tutela del lavoratore illegittimamente licenziato ai sensi dell'art. 4, comma 9, della stessa legge potrebbe essere soltanto risarcitoria, qualora l'azienda dovesse aver cessato la sua attivita' produttiva. Egualmente, nell'ipotesi di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita', non rivestono importanza alcuna i motivi della decisione imprenditoriale, risultando insindacabili dal giudice e dalle altre parti sociali, come pure i criteri di scelta dei lavoratori da licenziare, investendo la decisione aziendale tutti i suoi dipendenti. La procedura di mobilita' e' stata, quindi, estesa ai lavoratori licenziati per cessazione di attivita' non gia' per la parte che vale a salvaguardare i dipendenti da un potere di recesso del datore di lavoro arbitrario, indiscriminato e immotivato, quanto, invece, per la parte che tende ad assicurare ai lavoratori la tutela previdenziale (art. 7) e sociale (art. 8) conseguente all'iscrizione nelle liste di mobilita'. La procedura di mobilita' si esaurisce, pertanto, in questo caso, in adempimenti soltanto formali, quali la comunicazione alle rappresentanze sindacali e all'Ufficio provinciale del lavoro, della volonta' di cessare l'attivita' aziendale (commi 2 e 4) e la successiva comunicazione dell'esaurita procedura, contestualmente all'elenco dei lavoratori licenziati con i rispettivi profili, all'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, competente per la compilazione della lista dei lavoratori in mobilita' (comma 9). 2. - Orbene, l'inesistenza o il mancato perfezionamento della procedura di mobilita' porta conseguentemente alla mancata iscrizione di un lavoratore licenziato per cessazione di attivita' nelle liste di collocamento; lo stesso lavoratore, pertanto, anche se in possesso del requisito dell'anzianita' aziendale previsto dall'art. 16, comma 1, della legge n. 223/1991, non potrebbe aver diritto all'indennita' di mobilita', quale prevista dall'art. 7 della stessa legge. Detta norma dispone, infatti, che i lavoratori abbiano diritto all'indennita' di mobilita', se "collocati in mobilita' ai sensi dell'art. 4"; prescrive cioe' che sia seguita una procedura che si concluda con l'iscrizione di un lavoratore nelle liste di mobilita' perche' questi possa godere dell'indennita' di mobilita': l'iscrizione, come sottolineato nella sentenza della Corte costituzionale n. 413 del 20-27 luglio 1995, ha, pertanto, natura costitutiva di uno status da cui discendono per il lavoratore diritti e obblighi. 3. - Dall'iscrizione dei lavoratori in mobilita' nell'apposita lista nasce il diritto all'indennita' di mobilita', che ha natura previdenziale e viene riconosciuto dall'INPS a quei soggetti che siano anche in possesso di determinati requisiti di anzianita', legislativamente previsti. In questa materia l'INPS non esercita, quindi, alcun potere di discrezionalita' amministrativa, ma svolge attivita' meramente ricognitiva; il lavoratore iscritto nelle liste di mobilita', che sia in possesso dei prescritti requisiti soggettivi, sottratti a qualsiasi valutazione discrezionale, vanta, pertanto, un diritto nei confronti dell'INPS per il pagamento dell'indennita' di mobilita'. 4. - Obbligatoria per legge e', altresi', l'attivita' dell' Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, relativamente all'iscrizione di un lavoratore collocato in mobilita' nell'apposita lista, quando riceve dall'impresa le comunicazioni di cui all'art. 4, commi 4 e 9, della legge n. 223/1991; l'aspetto tecnico attiene soltanto alle modalita' di compilazione della lista, ma non incide sul diritto all'iscrizione, quando sia completata la procedura di mobilita' di cui all'art. 4 citato, commi da 2 a 9. 5. - A questo punto devesi stabilire se un lavoratore non iscritto in un elenco da compilarsi a cura di un Ufficio pubblico abbia la possibilita' di adire il giudice ordinario perche' questi accerti incidentalmente l'illegittimita' della mancata iscrizione, al fine del riconoscimento di una prestazione previdenziale. Detta questione pregiudiziale, riservata soltanto al giudice di merito e non anche a quello delle leggi, va risolta in senso affermativo quando si discuta di un diritto soggettivo, quale il diritto ad una prestazione previdenziale, collegato ad un provvedimento amministrativo privo di qualsiasi discrezionalita' amministrativa (vedasi Cass. sez. un. n. 10033 del 25 settembre 1991). La disciplina di cui alla legge n. 223/1991 non consente, tuttavia, un'indagine sulla legittimita' del comportamento del soggetto pubblico perche' la mancata iscrizione e' dipesa unicamente dalla condotta omissiva di un soggetto (datore di lavoro) estraneo all'ufficio regionale del lavoro; questo, invece, legittimamente ha rifiutato l'iscrizione negli elenchi dei lavoratori collocati in mobilita', non essendo stata esaurita la procedura di mobilita' secondo le disposizioni di legge e per non aver ricevuto dall'impresa le previste comunicazioni scritte. Deve prendersi, altresi', atto che la Corte costituzionale, con la citata sentenza n. 413/1995, ha riconosciuto la legittimita' dell'art. 7, comma 1, della legge n. 203/1991, nella parte in cui non aveva previsto che l'indennita' di mobilita' potesse spettare anche a soggetti non iscritti nelle liste di mobilita', ma che sarebbero potuti essere iscritti qualora il datore di lavoro avesse attivato ed esaurito la procedura di moblita', sul presupposto che ragionevolmente ed equitativamente soltanto dall'iscrizione nelle liste di mobilita' puo' nascere il diritto all'indennita' di mobilita', poiche' dall'iscrizione medesima discendono per l'interessato collaterali obblighi. Orbene, il giudice ordinario, se pure non puo' disapplicare un provvedimento amministrativo di mancata iscrizione di un lavoratore nelle liste di mobilita', perche' l'atto e' stato adottato conformemente alle norme di legge, puo', tuttavia, essendogli stata riservata l'esclusiva cognizione delle controversie previdenziali, valutare la conformita' ai precetti costituzionali delle norme di legge dettate per la formazione del provvedimento amministrativo medesimo: questo e', infatti, presupposto indispensabile per il riconoscimento di un diritto soggettivo ad una prestazione previdenziale. 6. - Resta, pertanto, da verificare se, sotto un profilo costituzionale, possa essere legittima una norma che subordini l'iscrizione nelle liste di mobilita' alla sola iniziativa del datore di lavoro, mediante le comunicazioni scritte della cessazione dell'attivita' produttiva e dell'elenco dei lavoratori collocati in mobilita'. Ad avviso di questo pretore, l'iscrizione nelle liste di mobilita', da cui discendono diritti di natura previdenziale ed anche sociale, non puo' essere condizionata dal comportamento arbitrario di un soggetto che sia estraneo ai rapporti di natura obbligatoria che conseguirebbero all'iscrizione medesima, tanto piu' quando lo stesso soggetto puo' risultare indifferente ai riflessi economici negativi della sua condotta. Come si puo' argomentare dalle stesse disposizioni dettate in materia di condizioni apposte ad un negozio giudico, e' giuridicamente irragionevole far dipendere un diritto da un fatto volontario, il cui adempimento o la cui omissione non sia giustificato da seri e apprezzabili motivi, ma da ragioni arbitrarie. 7. - Per quanto gia' esposto, dovrebbe essere chiaro che non si dubita della legittimita' di una norma per il fatto che l'indennita' di mobilita' venga corrisposta agli iscritti nelle liste di mobilita' e non anche a quelli non iscritti che avrebbero potuto averne diritto, bensi' per il rilievo che taluni lavoratori, non potendo essere iscritti nelle liste di mobilita' per comportamento omissivo di un soggetto estraneo al rapporto previdenziale o sociale, non vengono posti nella condizione di poter godere dell'indennita', nella coesistenza di altri requisiti. 8. - Alla luce delle suesposte considerazioni, prendendo atto dei rilievi mossi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 413/1995, si ritiene che l'art. 4, commi 4 e 9 della legge 23 luglio 1991, n. 223, in combinato disposto con l'art. 6, comma 1, e con l'art. 7, comma 1, della stessa legge n. 223/1991, possa confliggere con gli articoli 3 e 38 della Costituzone, nella parte in cui riserva soltanto al datore di lavoro l'iniziativa, mediante le previste comunicazioni scritte, per l'iscrizione nelle liste di mobilita' dei lavoratori collocati in mobilita', non prevedendo che la stessa iniziativa possa essere alternativamente assunta dai lavoratori interessati nell'ipotesi di licenziamento collettivo per cessazione di attivita'. Appare, invero, contrastante con il principio di eguaglianza fissato dall'art. 3 della Costituzione una disposizione di legge che dovesse creare situazioni sperequate nei confronti di lavoratori licenziati per lo stesso motivo (cessazione di attivita'), per il solo fatto che un soggetto, indifferente rispetto ai rapporti che conseguono alla sua condotta, provveda o meno al compimento di atti formali, quale e' appunto la procedura di mobilita' nell'ipotesi di licenziamenti collettivi per cessazione di attivita'. Risulta, inoltre, contrastante con gli artt. 3 e 38 della Costituzione una norma che dovesse subordinare il diritto ad una prestazione previdenziale ad una condizione, l'iscrizione nelle liste di mobilita', quando questa, senza serie ragioni, dovesse dipendere da comportamenti arbitrari di soggetti estranei e indifferenti al rapporto previdenziale. La dedotta questione e', inoltre, rilevante nel presente giudizio poiche' tutti i ricorrenti, licenziati per cessazione di attivita', avrebbero potuto essere iscritti nelle liste di mobilita' se il datore di lavoro avesse attivato e completato la procedura di mobilita', con conseguente possibilita' di godere dell'indennita' di mobilita', nel rispetto dei conseguenti obblighi.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione, dell'art. 4, commi 4 e 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, in combinato disposto con gli artt. 6, comma 1, e 7, comma 1, della stessa legge n. 223/1991, nella parte in cui riserva soltanto al datore di lavoro l'iniziativa o il compimento degli atti indispensabili per l'iscrizione dei lavoratori licenziati per cessazione di attivita' nelle liste di mobilita' da compilarsi a cura dell'Ufficio regionale del lavoro e della massima occupazione, non prevedendo alternativamente che l'iniziativa o il compimento degli stessi atti possa essere rimessa ai lavoratori interessati; Sospende il giudizio e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e alle parti costituite. Lecce, addi' 3 febbraio 1996 Il pretore: Benfatto 96C1649