N. 1207 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 agosto 1996
N. 1207 Ordinanza emessa il 30 agosto 1996 dal pretore di Milano nel procedimento civile vertente tra CMT di G.A. Romeo e C. S.n.c. e Tamleasing S.p.a. in liquidazione Processo civile - Procedimento davanti al pretore - Rappresentanza in giudizio - Facolta' per le parti, di essere rappresentate da un praticante procuratore, abilitato ai sensi della legge forense - Esclusione di tale facolta' per le parti nei giudizi dinanzi al giudice di pace - Ritenuta assenza di efficacia abrogativa implicita nei confronti dell'art. 8, r.d.-l. n. 1578 del 1933, da parte della norma impugnata - Irragionevolezza - Lesione del diritto di difesa - Riferimento a numerose decisioni della Corte, tra le quali: sentenze nn. 58/1963, 202/1987, 127/1985. (C.P.C., art. 82, comma 3). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.45 del 6-11-1996 )
IL PRETORE Pronuncia la seguente ordinanza nella causa iscritta al n. 26300/1996 r.g., vertente sulla opposizione a decreto ingiuntivo promossa da CMT di G.A. Romeo e C. S.n.c. verso Tamleasing S.p.a. in liquidazione, l'opponente conferi' procura ad litem, come da mandato in calce alla citazione priva di data (ma notificata il 17 gennaio 1996 rispetto al d.i. notificato il 9 dicembre 1995), sia al dott. proc. Francesco Incognito, sia alla dott.ssa Roberta Calanchini, congiuntamente, eleggendo domicilio presso quest'ultima. Il dott. proc. F. Incognito risulta iscritto all'albo dei procuratori di Reggio Calabria. E' pero' noto che, anche nei giudizi davanti al pretore, l'attivita' di rappresentanza della parte puo' essere esercitata soltanto da persona iscritta ad uno degli albi degli ordini circondariali compresi nel distretto in cui rientra l'ufficio giudiziario adito. Il dott. proc. F. Incognito e' dunque un procuratore extra districtum, sicche' l'esercizio da parte sua delle funzioni procuratorie, ove non risultasse la contestuale e valida nomina di un procuratore del distretto, comporterebbe la nullita' insanabile degli atti in tal guisa posti in essere, per difetto dello ius postulandi, ovvero della capacita' del procuratore di stare in giudizio per la parte che rappresenta. Incidentalmente va chiarito che neppure rileverebbe se lo stesso fosse iscritto anche nell'albo degli avvocati (art. unico 5-6 del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, ex plurimis: Cass. I 1548 dell'11 febbraio 1995; Cass. II 991 del 27 gennaio 1995; Cass. II 7857 del 24 settembre 1994; Cass. L 799 del 23 gennaio 1993), salvo che l'atto fosse stato sottoscritto dalla parte personalmente (Cass I 11880 del 7 novembre 1991), cio' che pero' non e' avvenuto nella presente fattispecie. Avuto presente tale profilo, il pretore, all'udienza di prima comparizione, prospettava percio' alle parti la preliminare questione della nullita' del mandato conferito alla dott. R. Calanchini, dovendosi ritenere che l'art. 82/3 c.p.c., come sostituito dall'art. 20 della legge n. 374/1991, non consentisse ormai piu' ad un praticante procuratore di assumere la rappresentanza e difesa della parte nel processo civile. Riteneva invero che l'art. 82/3 c.p.c. non potesse non avere efficacia abrogativa implicita dell'art. 8 R.D.L. n.1578/1933. Cio' reputava di desumere anche dal fatto che ora le parti, non essendo cio' previsto ne' dal ridetto art. 8 ne' da altre norme dell'ordinamento positivo, avanti il giudice di pace non possono mai essere rappresentate da praticanti procuratori. D'altro canto, sempre ad opinione dello scrivente, sarebbe stata incostituzionale una interpretazione estensiva dell'art. 82 c.p.c. che, pur essendo impedito alle parti di stare in giudizio con un praticante per cause di assai minor momento, contemplasse per contro la facolta' di avvalersi dell'opera del praticante per cause piu' importanti. Riteneva, insomma, che tale interpretazione estensiva contrastasse sia coll'art. 3 della Costituzione (per la irragionevolezza del diverso trattamento per situazioni si' diverse, ma in senso opposto a quello postulato da tale esegesi), sia coll'art. 24 della Costituzione, in quanto rendeva possibile una difesa tecnica da parte di soggetto per definizione munito di minore esperienza in cause di importanza (e rischio patrimoniale) ben maggiore di altra, per la quale alla parte e' invece pacificamente precluso tale ministero. Riteneva, ancora, che l'incostituzionalita' di tale interpretazione (che imponeva percio' di preferirle l'altra, restrittiva e non incostituzionale) non venisse meno ne' per la considerazione che, in tal modo, il praticante verrebbe di fatto escluso dalla pratica avanti gli uffici giudiziari (che' invece la pratica ben puo'prescindere dalla autonoma esplicazione della difesa delle parti in giudizio, cosi' come - per esemplificare - la pratica dell'uditore giudiziario senza funzioni notoriamente non comporta l'autonoma pronuncia di provvedimenti, ma al piu' la redazione di minute), ne' dalla considerazione che, trattandosi di mera facolta', la parte potrebbe pur sempre farsi assistere da un procuratore legale o da un avvocato (in proposito e' superfluo ricordare le molte pronunce della Corte costituzionale che escludono la rinunciabilita' della difesa tecnica; rispetto a cui si reputa che la pretesa di una difesa tecnica coerente colla importanza e il valore della materia trattata sia tutt'altro che irragionevole). Reputava inoltre, il pretore, che vi fosse incompatibilita' tra l'art. 82/3 c.p.c. e l'art. 8 della legge professionale, proprio per le ragioni sopra esposte, e tenuto conto del fatto che, fino alla novella del c.p.c., la disposizione professionale trovava giustificazione nella davvero marginale competenza civile ordinaria del pretore, laddove il notorio rilevantissimo incremento del limite massimo dell'attuale suo scaglione rende arduo supporre e spiegare come il legislatore del 1991, disegnando ex novo il patrocinio avanti il giudice di pace (per il quale ora non e' mai prevista la facolta' della rappresentanza ad opera di un praticante) e ridisegnando completamente quello avanti il pretore (ora accostato topologicamente e logicamente al tribunale ed alla Corte d'appello), abbia potuto manifestare l'intento di conservare una legittimazione all'esercizio del patrocinio che poteva trovar fondamento solo con un ben diverso assetto del riparto di competenze. Invitava percio' tale procuratore praticante abilitato, dott.ssa R. Calanchini, ad argomentare circa la efficacia e validita' della procura ad essa conferita. La dott.ssa Calanchini, allora, osservava che l'interpretazione restrittiva del c.p.c. novellato "contrasterebbe con il principio lex posterioris generalis non derogat priori speciali recentemente ribadito dalla suprema Corte, sez. lavoro, del 20 aprile 1995, n. 4420. Tale indirizzo e' stato inoltre ribadito dalla Commissione pareri del consiglio nazionale forense il quale ha precisato che la limitazione dell'attivita' del praticante procuratore e' priva di supporto normativo". Per parte sua, il procuratore dell'opposta dichiarava di rimettersi. La questione sopra delineata risulta pero' gia' espressamente affontata, e decisa in modo opposto, da alcuni giudici di merito (mentre non soccorrono ai presenti fini le uniche due pronunce di codesta onorevole Corte relative all'art. 82 c.p.c., ossia Corte costituzione 16 marzo 1971, n. 47 e 28 febbraio 1996, n. 61). In particolare, e' nota al remittente l'ordinanza 6 novembre 1995 (est. Verardi, causa Scaramucci e Zippo vs IACP, edita), con cui il pretore di Bologna, richiamato il parere espresso nella delibera 9 ottobre 1995 dal consiglio dell'ordine degli avvocati e procuratori, anche alla luce del nuovo testo dell'art. 2 c.p.c., ha concluso che il praticante procuratore abilitato al patrocinio nei procedimenti pretorili, deve essere ancora considerato (praticante) procuratore legalmente esercente. E' pure nota la sentenza 2722/1995 della s.c. che, in contrasto con la precedente 7909/1994, ha dichiarato infondata la denunciata nullita' dei precedenti giudizi di merito per esser stato nominato, quale difensore d'ufficio nel processo (penale) pretorile, un praticante procuratore. Eppero', va anzitutto sgombrato il campo da un possibile equivoco, giacche' non v'ha chi non veda che rientra nella discrezionalita' del legislatore di diversamente disciplinare, ad esempio nel processo penale e in quello civile, la materia della rappresentanza e difesa processuale. Cio' consente quindi di superare agevolmente il relativo argomento del pretore di Bologna, secondo cui, accedendo alla tesi restrittiva, si porrebbe il problema di costituzionalita' per violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione in riferimento alla irragionevole differenza della disciplina del patrocinio in sede penale ed in sede civile. Reputa al contrario il remittente che la eventuale irragionevolezza della disciplina stabilita per il processo penale non potrebbe certo costituire parametro di valutazione della ipotizzata analoga irragionevolezza della disciplina fissata per il processo civile. Peraltro, va qui incidentalmente rilevato che nel processo penale non vi e' alcun giudice ordinario che abbia competenza inferiore a quella del pretore, dunque, per quanto si illustrera', la differente disciplina trova adeguata giustificazione anche logica. Per le medesime ragioni non e' necessario soffermarsi sulla questione della necessita' o no, per la costituzione di parte civile nel processo penale, dei requisiti occorrenti invece per il patrocinio nel processo civile. Venendo appunto al processo civile (l'unico che possa qui rilevare), prima della sostituzione dell'art. 82 c.p.c., la situazione era tale per cui avanti il pretore (cui era dedicato un apposito comma, il secondo, dell'art. 82 c.p.c.) le parti - oltre che stare in giudizio personalmente a determinate condizioni - potevano altresi' venire rappresentate da un praticante procuratore, a norma del ripetuto art. 8 dell'ordinamento professionale forense ex R.D.L. n. 1578/1933. A sensi dell'art. 319 c.p.c. previgente, invece, avanti il giudice conciliatore che fosse fuori dalla sede di pretura le parti potevano attribuire lo ius postulandi a chiunque, fosse o no tecnico del diritto, e quindi anche a persona che neppure fosse praticante abilitata (da ultimo, in tal senso Cass. III 7550 del 9 luglio 1993). Da cio' si inferiva che, per contro, davanti al giudice conciliatore che avesse sede nel comune capoluogo del mandamento di pretura le parti, sempre che non si fossero avvalse della facolta' di stare in giudizio di persona, avrebbero dovuto invece utilizzare soltanto persone ammesse al patrocinio davanti al pretore (Cass. II 9079 del 24 agosto 1991), e dunque anche praticanti abilitati. In altri termini, prima della novella, i praticanti procuratori, abilitati al patrocinio in pretura, potevano rappresentare le parti sia davanti al pretore, sia avanti il giudice conciliatore, ossia avanti un giudice competente a decidere (oltre alle cause di sua esclusiva competenza funzionale) cause di valore inferiore a quelle devolute alla cognizione del pretore, il che non comportava alcuna violazione dei principi di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Dopo l'entrata in vigore della novella, per converso, il diritto vivente, come si e' visto nella pronuncia del pretore di Bologna, ma come e' ancor piu' evidente nella quotidiana pratica giudiziaria, in cui la questione e' talmente scontata da non esser neppure affrontata, e comunque tanto pacifica da non formare neppure oggetto di eccezione di parte o rilievo di ufficio nei pur non intrequenti casi in cui si presenterebbe almeno astrattamente, va cosi' ricostruito: davanti al pretore, competente per valore fino a cinquanta milioni, ossia per la generalita' delle cause che fino a qualche mese addietro appartenevano alla cognizione del tribunale, le parti possono stare in giudizio anche con un praticante procuratore, purche' abilitato nelle forme previste dal relativo ordinamento professionale; davanti al giudice di pace, competente sulle cause per le quali fino a ieri era competente il pretore, per converso, le parti non possono avvalersi della prestazione di un praticante procuratore. Infatti esse, mentre possono sempre stare in giudizio personalmente per cause di valore non eccedente i due milioni (art. 82/1 c.p.c. sostituito dall'art. 20 della legge n. 374/1991), nelle altre esse potrebbero ottenere la relativa autorizzazione a sensi dell'art. 82/2 ultima parte c.p.c., sostituito come sopra, ma in difetto di tale autorizzazione esse "non possono stare in giudizio se non col ministero o con l'assistenza di un difensore". E' appena il caso di ricordare che, ad esempio Cass. I, 11880 del 7 novembre 1991, e Cass. II 07857 del 24 settembre 1994 hanno definito l'assistenza come l'attivita' che puo' essere svolta dagli iscritti in un qualsiasi albo di avvocati o procuratori legali (ma dunque non anche da un praticante). Ancora, sugli elementi differenzali della nozione di "ministero" e di "assistenza", pare qui sufficiente richiamare Cass. II 05683 del 20 maggio 1991, la quale ravvisa nell'assistenza di un difensore, la mera difesa "consultiva", esercitabile senza limiti territoriali, laddove per ministero di un difensore ricorda che deve intendersi il conferimento di procura a rappresentare in giudizio (cosiddetta "difesa attiva"). In entrambi i casi, comunque, per difensore deve intendersi un avvocato od un procuratore legale. Se cosi' e', e cosi' non puo' che essere alla luce delle superiori considerazioni, non puo' neppure ritenersi manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 82/3 c.p.c., nella parte in cui, colla locuzione "salvi i casi in cui la legge dispone diversamente", essa intende (secondo la interpretazione datane dalla assolutamente prevalente giurisprudenza) far salvo il disposto dell'art. 8 r.d.-l. n. 1578/33. L'interpretazione prevalente, insomma, per sintetizzare gli argomenti gia' svolti, va sospettata di incostituzionalita' poiche' e' irragionevole ex art. 3, e viola il diritto di difesa tecnica ex art. 24 della Costituzione, la previsione della facolta' di farsi rappresentare in un giudizio civile davanti al giudice superiore da un praticante ancorche' abilitato, mentre davanti al giudice avente competenza inferiore la medesima facolta' non e' prevista. E' appena il caso di sottolineare che in questo caso viene in considerazione la cd. impertinenza della normativa denunciata, alla luce della illustrata mancanza di correlazione logica fra il disposto della legge e l'obiettivo che il legislatore doveva prefiggersi (Corte costituzionale 207/1988, 44/1988, 54/1975 e molte altre), nonche' la palese inadeguatezza della scelta attribuita, dalla prevalente interpretazione giurisprudenziale, al legislatore. Per il raffronto tra la disciplina del patrocinio in esame, qui impugnata, con la diversa ma omogenea (e piu' adeguata, nell'interesse delle parti sostanziali) disciplina del patrocinio avanti il giudice di pace, deve inoltre sottolinearsi che la questione viene sollevata previa comparazione con tale tertium che rappresenta appunto il parametro per la valutazione di irragionevolezza (Corte costituzionale 277/1983, 166/1982, 10/1980), senza che possa dirsi pretermesso l'esame complessivo della materia (Corte costituzionale nn. 314, 252, 137 del 1983) atteso lo specifico richiamo alla disciplina dettata per il tribunale e la corte d'appello, ai quali infatti il pretore e' accostato proprio dalla collocazione comune nel medesimo comma, il terzo, dell'art. 82 c.p.c. La differente disciplina tra pretore e giudice di pace, d'altro canto, non puo' considerarsi una mera disparita' di fatto, dacche' la irragionevolezza prospettata discende direttamente dalla norma denunciata, e ne costituisce conseguenza diretta. In ogni caso, ove pure si ritenesse che cio' integri una disparita' di mero fatto, si dovrebbe pur sempre riconoscere che essa incide sull'esercizio di diritti costituzionalmente garantiti (quello alla difesa tecnica, appunto). Inoltre, non e' forse inutile ricordare le pronunce con cui codesta onorevole Corte costituzionale ha gia' dichiarato illegittime alcune disposizioni che consentivano una difesa tecnica inadeguata avanti il pretore (Corte costituzionale nn. 202/1987, 127/1985, dopo il precedente rigetto di cui a Corte costituzionale 58/1963), anche se con riferimento all'art. 33 della Costituzione (dunque assorbito in cio' il contrasto coll'art. 24). La questione e' rilevante (a differenza che se fosse posta dal giudice di pace, il quale non potrebbe dolersi dei maggiori requisiti prescritti per il patrocinio avanti di lui) giacche' dalla dichiarazione di sua fondatezza discenderebbe la declaratoria di nullita' della procura conferita dall'opponente e la irrevocabilita' del decreto ingiuntivo pronunciato dal pretore di Milano il 24 novembre 1995. Vanno percio' adottati i provvedimenti di cui al dispositivo.
P. Q. M. Letti ed applicati gli artt. 134 della Costituzione, 11 della legge n. 87/1953; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante ai fini del decidere la questione di legittimita' costituzionale dell'articolo 82/3 c.p.c. nella parte in cui tale norma, nel diritto vivente, non ha efficacia abrogativa implicita dell'art. 8 r.d.-l. 25 novembre 1933, n. 1578, e percio', qualificando il praticante procuratore esercente ai sensi dell'art. 8 medesimo come procuratore legalmente esercente, attribuisce alle parti di un giudizio civile instaurato avanti il pretore la facolta' di essere rappresentate da un praticante procuratore abilitato ai sensi della menzionata norma dell'ordinamento professionale forense, benche' la stessa facolta' sia invece esclusa per i giudizi avanti il giudice di pace, il quale ha competenza su cause di minore importanza; In riferimento ai parametri costituzionali rappresentati dagli artt. 3 e 24 della Costituzione, per gli argomenti meglio illustrati in motivazione, e in particolare per la irragionevolezza della situazione che ne discende, nonche' per il possibile pregiudizio al diritto di difesa tecnica delle parti nei processi civili devoluti alla cognizione del pretore; Sospende pertanto il processo in corso; Dispone che tutti gli atti del presente giudizio siano tempestivamente trasmessi alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che ne venga data comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati della Repubblica, oltre che ai difensori delle parti. Milano, addi' 30 agosto 1996 Il pretore: Pertile 96C1653