N. 1236 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 1996

                                N. 1236
  Ordinanza emessa il 22 aprile 1996 dal magistrato di sorveglianza di
 Palermo nel procedimento penale a carico di Brandaleone Stefano
 Ordinamento  penitenziario  -  Beneficio della detenzione domiciliare
    (nella  specie  per  condannato  affetto  di  AIDS)  -   Lamentata
    previsione,  in  caso  di denunzia per il reato di evasione, della
    sospensione automatica del beneficio - Irragionevole disparita' di
    trattamento rispetto a quanto previsto in  caso  di  denuncia  per
    reati piu' gravi - Incidenza sulla funzione rieducativa della pena
    - Lesione del diritto alla salute.
 (Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 47-ter, ultimo comma).
 (Cost., artt. 3, 27, secondo e terzo comma, e 32).
(GU n.46 del 13-11-1996 )
                     IL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA
   Ha pronunciato la seguente ordinanza.
   Premesso  che,  nell'ambito  del  procedimento  di esecuzione della
 misura alternativa della detenzione domiciliare, Brandaleone Stefano,
 nato a Milano il 12 gennaio 1961, residente in Palermo, via  Cluverio
 n.  9  p.t.,  e' stato denunziato per reato di evasione, giacche', in
 occasione di un intervento di vigilanza in data  7  aprile  1996  ore
 11,15,  non  e'  stato  trovato  all'interno  della  sua  abitazione,
 essendosi, come riferito dallo  stesso,  allontanato  temporaneamente
 per effettuare una telefonata (cfr. comunicazione di notizia di reato
 del 9 aprile 1996 in atti).
   Premesso che l'ordinanza del 16 marzo 1996, con cui il tribunale di
 sorveglianza  di Palermo ha concesso ai sensi dell'art. 47-ter, primo
 comma, n. 2, ordin. penit. la detenzione domiciliare al  Brandaleone,
 prevede  il  divieto  di  allontanarsi  dalla  propria abitazione, ad
 eccezione degli spostamenti da e per i presidi sanitari territoriali,
 secondo le modalita' previamente concordate con il Centro di servizio
 sociale  per  adulti  di  Palermo  e  con  obbligo  di  comunicazione
 all'organo di vigilanza dell'uscita e del rientro nell'abitazione.
   Premesso  che  il Brandaleone e' persona che versa in condizioni di
 salute  particolarmente  gravi,  non  compatibili   con   il   regime
 carcerario,  essendo  affetto  da  AIDS conclamato con severo deficit
 linfocitario, epatopatia cronica, TBC polmonare e  crisi  lipotimiche
 (cfr.     relazioni     sanitarie    e    nota    del    Dipartimento
 dell'amministrazione penitenziaria del 22 marzo 1996 in atti)  e  che
 lo  stesso  abita  da  solo,  in un alloggio ubicato in un sottoscala
 costituito da una stanza e  da  un  piccolissimo  servizio  igienico,
 sprovvisto  di  telefono, con problemi di approvvigionamento idrico e
 carente delle condizioni obiettive per poter cucinare i  pasti  (cfr.
 relaz. del C.S.S.A. del 12 aprile 1996 in atti).
   Premesso che, in presenza di una denuncia per il reato di evasione,
 l'art.  47-ter,  ultimo comma, dell'ordinamento penitenziario prevede
 l'automatica sospensione del beneficio della detenzione  domiciliare,
 imponendo  al magistrato di sorveglianza una acritica "presa d'atto",
 un provvedimento, cioe', meramente dichiarativo della voluntas legis,
 senza alcun margine di  discrezionalita'  e  di  apprezzamento  delle
 circostanze  concrete e senza un adeguato profilo motivazionale circa
 le concrete ragioni che possono giustificare  o  meno  l'interruzione
 della misura alternativa secondo i suoi presupposti ed i suoi fini.
   Ritenuta  l'incostituzionalita'  di tale norma per violazione degli
 artt. 27, secondo e terzo comma, 32 e 3 della Costituzione.
   In  primo  luogo,  sotto  il  profilo  inerente  al  secondo  comma
 dell'art.    27  della Costituzione, la denunciata norma configura un
 grave vulnus al principio della presunzione di non colpevolezza  sino
 alla condanna definitiva.
   Si   osservi   che   se   tale   principio,   secondo  il  precetto
 costituzionale, assiste l'imputato, importando  il  divieto  di  ogni
 misura  restrittiva  e  di ogni limitazione della sua sfera giuridica
 che non siano finalizzate a reali esigenze di carattere cautelare,  a
 maggior  ragione  tale  garanzia  deve  assistere la persona che, pur
 denunziata per un reato,  non  ha  neppure  assunto  la  qualita'  di
 imputato.
   Invero,  nel  caso in esame, la misura restrittiva costituita dalla
 sospensione automatica della detenzione domiciliare si determina ipso
 facto, in forza della mera comunicazione della notitia  criminis,  in
 pregiudizio  di  un  soggetto che e' si denunciato ma non imputato ai
 sensi dell'art. 60 c.p.p., e si determina indipendentemente  e  prima
 ancora  di  qualsivoglia verifica, anche sommaria, della fondatezza o
 meno di tale denuncia,  della  sussistenza  o  meno  di  giustificati
 motivi o di circostanze esimenti, nonche' in modo del tutto sganciato
 da  ogni  valutazione  circa  la sussistenza di esigenze di carettere
 cautelare che giustifichino il provvedimento restrittivo.
   E', cioe', sufficiente una semplice denunzia, ancorche' infondata o
 riferentesi  ad  un  comportamento  oggettivamente   giustificato   o
 soggettivamente  scusabile,  per  provocare  l'automatica sospensione
 della  detenzione  domiciliare  e  la  conseguente  carcerazione  del
 soggetto.
   La  norma  in esame consente, in altre parole, che la mera denunzia
 determini una sorta di effetto potestativo nella sfera giuridica  del
 denunciato,  comprimendone  la liberta' personale, effetto tanto piu'
 grave ove si consideri che, nulla indicando al riguardo la legge, non
 puo' escludersi che la denunzia  possa  provenire,  oltre  che  dagli
 organi di polizia giudiziaria, anche da soggetti privati.
   Si  aggiunga,  data  la  cronica  lentezza  della  giustizia penale
 italiana, come sia preventivabile che -  mancando  la  previsione,  a
 differenza  dell'ipotesi  dell'art. 51-ter ord. penit., di un termine
 finale d'efficacia  del  provvedimento  sospensivo  di  cui  all'art.
 47-ter, ultimo comma, ord. penit., la cui durata e' legata alla sorte
 del  giudizio  penale  - la misura restrittiva de qua possa protrarsi
 anche per tempi lunghi, in attesa del  definitivo  esito  giudiziario
 della denunzia per evasione.
   In  secondo  luogo,  sotto  il  profilo  inerente  al  terzo  comma
 dell'art.  27 della Costituzione, la denunziata norma contraddice  il
 principio  del  finalismo rieducativo della pena, giacche' ricorrente
 l'automatico effetto interruttivo  della  detenzione  domiciliare  al
 mero  dato  della  denunzia  per  evasione, indipendentemente da ogni
 valutazione della concreta condotta del soggetto, della sua gravita',
 della sua rilevanza prognostica nel quadro della personalita' e delle
 condizioni di vita del soggetto, indipendentemente da  ogni  verifica
 della  idoneita'  di  tale  condotta, in relazione alla natura e alla
 funzione del beneficio, ad interrompere o meno il rapporto  esecutivo
 ed   il   percorso   risocializzativo,  riabilitativo  e  terapeutico
 intrapreso, indipendentemente  da  ogni  valutazione  della  gravita'
 degli  effetti desocializzanti, antieducativi e potenzialmente lesivi
 di beni costituzionalmente protetti che in tali casi la  carcerazione
 puo'  determinare  (cfr. a tal proposito gli insegnamenti della Corte
 costituzionale nella sentenza n. 186 del 17-23 maggio 1995).
   In particolare, la norma  denunziata  viola,  altresi',  l'art.  32
 della   Costituzione,   stante   l'indifferenza  normativa  verso  le
 conseguenze  lesive  del  bene  della  salute  che   la   sospensione
 automatica   della  detenzione  domiciliare  (beneficio  preordinato,
 specie nell'ipotesi di cui al n. 2  dell'art.  47-ter  o.p.,  proprio
 alla tutela di tale bene) puo' determinare nei confronti di soggetti,
 come il Brandaleone, in condizioni di salute particolarmente gravi.
   Si   consideri   che,   nel  sistema  della  legge,  la  detenzione
 domiciliare non si configura come una  rigida  reclusione  domestica,
 sibbene prevede un regime di costanti contatti con i presidi sanitari
 territoriali,  stante  la  sua  funzione terapeutica, con conseguenti
 frequenti allontanamenti del soggetto dall'abitazione e si consideri,
 pertanto, alla luce di tale natura e funzione del beneficio in esame,
 che non ogni allontanamento volontario dall'abitazione, ancorche' non
 autorizzato, assume necessariamente il  significato  di  rottura  del
 rapporto  esecutivo  e  di  violazione  dell'interesse tutelato della
 norma incriminatrice dell'evasione, dovendo invece  tale  significato
 valutarsi   nel  contesto  delle  concrete  circostanze  oggettive  e
 soggettive presenti.
   Si aggiunga che se  e'  stata  censurata  l'indifferenza  normativa
 verso  ogni  apprezzamento  concreto  e  ritenuto ingiustificato, per
 contrasto con l'art. 27, terzo comma, della  Costituzione,  l'arresto
 del   processo   risocializzativo   del   condannato,  in  dipendenza
 dell'automatismo  della  revoca  di  un beneficio come la liberazione
 anticipata propedeutico agli altri benefici extramurari, in  presenza
 di  una  condanna  definitiva  per un delitto non colposo commesso in
 corso di esecuzione (cfr.  la citata sentenza n. 186 del  1995),  con
 quanta    maggior   ragione   dovra'   ritenersi   costituzionalmente
 illegittimo  l'automatico  effetto  interruttivo  di   un   beneficio
 extramurario   come  la  detenzione  domiciliare  a  forte  contenuto
 terapeutico  e  risocializzativo  ed  in  presenza  di  una  semplice
 denunzia|
   Infine,  sotto  il  profilo  di  cui all'art. 3 della Costituzione,
 inerente  alla  ragionevolezza  ed  alla  razionale  uniformita'  del
 trattamento  normativo  nella disciplina de qua, devesi rilevare come
 il legislatore riservi in modo irragionevole un trattamento deteriore
 nell'ipotesi di denuncia per  evasione  del  detenuto  domiciliare  -
 assumendo  tale  denuncia  quale  rigido,  automatico ed inderogabile
 indice presuntivo della rottura del rapporto esecutivo - laddove,  in
 presenza  di denunzie o, addirittura, di procedimenti penali pendenti
 per fatti di reato molto piu' gravi  dell'evasione,  verificatisi  in
 corso  d'esecuzione  (magari  fatti  di reato della stessa indole del
 reato di cui si espia pena in  detenzione  domiciliare  e  come  tali
 molto piu' indicativi della avvenuta rottura del rapporto esecutivo),
 lo stesso legislatore opportunamente rimette la valutazione, circa la
 sospensione    cautelativa    della    misura    alternativa,    alla
 discrezionalita' del magistrato di sorveglianza  ai  sensi  dell'art.
 51-ter  ord.  penit.,  (norma  che  puo'  assumersi  nel ragionamento
 illustrato quale tertium comparationis).
                                P. Q. M.
   Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della  legge  11  marzo
 1953,  n.  87,  dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la
 questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  47-ter,  ultimo
 comma,  ord.  penit., nella parte in cui prevede, in caso di denunzia
 per il reato di evasione, la sospensione automatica della  detenzione
 domiciliare, per violazione degli artt. 3, 27, secondo e terzo comma,
 e 32 della Costituzione;
   Ordina  la  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale e la
 sospensione del giudizio in corso;
   Dispone che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza  sia
 notificata all'interessato, al p.m. e al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e sia comunicata ai Presidenti del Senato e della Camera dei
 deputati.
     Palermo, addi' 22 aprile 1996
               Il magistrato di sorveglianza: Mazzamuto
 96C1706