N. 366 ORDINANZA 17 - 30 ottobre 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Immigrazione  -  Cittadini  provenienti  da  paesi  non  appartenenti
 all'Unione europea - Regolamentazione dell'ingresso e  soggiorno  nel
 territorio  nazionale  -  Intervento  con la decretazione d'urgenza -
 Sopravvenute consistenti modifiche al quadro normativo di riferimento
 - Mancata conversione in legge nei  termini  dei  relativi  reiterati
 decreti-legge   -   Insussistenza   del   nesso  di  pregiudizialita'
 presupposto dalla questione di costituzionalita'  -  Esigenza  di  un
 riesame  circa  la  rilevanza  della  questione  da parte del giudice
 rimettente  -  Restituzione  degli  atti   al   giudice   a   quo   -
 Inammissibilita'.
 
 (D.-L. 17 maggio 1996, n. 269).
 
 (Cost., art. 77).
(GU n.45 del 6-11-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
  Giudici:  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,   dott. Renato
 GRANATA,
  prof. Giuliano VASSALLI,   prof. Francesco  GUIZZI,    prof.  Cesare
 MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv. Massimo VARI,  dott.
 Cesare RUPERTO,  dott. Riccardo CHIEPPA,  prof. Gustavo ZAGREBELSKY,
  prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei giudizi di legittimita'  costituzionale  del  d.-l.  18  novembre
 1995,   n.   489   (Disposizioni   urgenti  in  materia  di  politica
 dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno
 nel territorio nazionale dei cittadini  dei  Paesi  non  appartenenti
 all'Unione  europea);  dell'art. 7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989, n.
 416, recante,  "Norme  urgenti  in  materia  di  asilo  politico,  di
 ingresso   e   soggiorno   dei   cittadini   extracomunitari   e   di
 regolarizzazione  dei  cittadini  extracomunitari  e   apolidi   gia'
 presenti nel territorio dello Stato" (convertito in legge 28 febbraio
 1990,  n. 39), introdotto dall'art. 7, comma 3, del d.-l. 18 novembre
 1995, n. 489; dell'art. 7-ter del d.-l.  30  dicembre  1989,  n.  416
 (convertito  in  legge 28 febbraio 1990, n. 39), introdotto dall'art.
 7, comma 3, del d.-l. 18 gennaio 1996, n. 22 (Disposizioni urgenti in
 materia di  politica  dell'immigrazione  e  per  la  regolamentazione
 dell'ingresso  e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei
 Paesi non appartenenti all'Unione  europea);  nonche'  del  d.-l.  17
 maggio  1996,  n.  269  (Disposizioni  urgenti in materia di politica
 dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e soggiorno
 nel territorio nazionale dei cittadini  dei  Paesi  non  appartenenti
 all'Unione  europea),  promossi  con  ordinanze emesse il 25 novembre
 1995, il 29 novembre 1995, il 1 dicembre 1995, il  29  novembre  1995
 (n.  2  ordinanze),  l'11  dicembre  1995  (n.  2 ordinanze) ed il 24
 novembre  1995  (n.  2 ordinanze) dal pretore di Roma, il 16 dicembre
 1995 dal pretore di La Spezia, il 27 novembre 1995 (n.  3  ordinanze)
 dal  pretore di Roma, il 19 febbraio 1996 dal pretore di Genova ed il
 14 giugno 1996 dalla Corte costituzionale rispettivamente iscritte al
 n. 936 del registro ordinanze 1995 ed ai nn. 27,  28,  29,  30,  240,
 241,  252,  253, 265, 346, 347, 348, 365 e 937 del registro ordinanze
 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 3, 6,
 12, 13, 17, 19 e 34, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visti gli atti di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  2 ottobre 1996 il giudice
 relatore Enzo Cheli;
   Ritenuto che con tre ordinanze di identico contenuto (r.o.  n.  936
 del  1995,  nn.  240 e 241 del 1996), emesse nel corso di altrettanti
 procedimenti  penali  conseguenti   all'arresto   in   flagranza   di
 stranieri,  a  seguito  della  richiesta  del  pubblico  ministero di
 applicazione della misura dell'espulsione dal territorio dello  Stato
 prevista  dall'art.  7-ter  del  d.-l.  30  dicembre  1989,  n.  416,
 convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990,  n.  39,
 inserito  dall'art.    7, comma 3, del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489
 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione e  per
 la   regolamentazione   dell'ingresso   e  soggiorno  nel  territorio
 nazionale  dei  cittadini  dei  Paesi  non  appartenenti   all'Unione
 europea),  il  pretore di Roma ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale del suddetto decreto-legge  n.  489  del  1995  e,  in
 particolare,  del  citato  art.    7-ter del decreto-legge n. 416 del
 1989, come introdotto dall'art.  7, comma 3, del decreto-legge n. 489
 del 1995, in  riferimento  agli  artt.  2,  3,  24,  25  e  77  della
 Costituzione;
     che  con tre ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 346, 347 e
 348 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il pretore
 di  Roma  ha  sollevato   la   stessa   questione   di   legittimita'
 costituzionale,  in riferimento ai medesimi parametri costituzionali,
 nonche' agli artt. 11 e 113 (recte: 13 e 111) della Costituzione;
     che con quattro ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 27, 28,
 29 e 30 del 1996), emesse in  analoghe  circostanze  processuali,  il
 pretore di Roma ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  7-ter,  commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 416 del 1989,
 in riferimento agli artt. 3, 13, primo e secondo comma,  24,  secondo
 comma, e 27, secondo e terzo comma, della Costituzione;
     che  con  due ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 252 e 253
 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il pretore  di
 Roma  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 7-ter della legge n. 39 del 1990 (recte: del decreto-legge n. 416 del
 1989, da essa convertito), in  riferimento  agli  artt.  24,  secondo
 comma, 3 e 25, terzo comma, della Costituzione;
     che  con  ordinanza  emessa nel corso di un procedimento penale a
 carico di uno straniero  arrestato,  ai  sensi  dell'art.  7-septies,
 commi  4  e  5,  del  decreto-legge  n.  416  del  1989 (inserito dal
 decreto-legge n.  489  del  1995),  a  seguito  della  richiesta  del
 pubblico  ministero  di applicazione della misura dell'espulsione, il
 pretore  di  La  Spezia  ha  sollevato  questione   di   legittimita'
 costituzionale dell'art. 7-ter, commi 1, 3 e 4, della legge n. 39 del
 1990  (recte: del decreto-legge n. 416 del 1989, da essa convertito),
 in  riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione (r.o. n. 265
 del 1996);
     che,  infine,  anche  il  pretore  di  Genova,  a  seguito  della
 richiesta  di  applicazione  della  misura dell'espulsione presentata
 dalla difesa di uno straniero condannato con sentenza non passata  in
 giudicato  e  sottoposto  alla  misura  cautelare  della  custodia in
 carcere,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'   costituzionale
 dell'art.  7-ter della legge n. 39 del 1990 (recte: del decreto-legge
 n. 416 del 1989, da essa convertito), inserito dall'art. 7, comma  3,
 del  d.-l.  18  gennaio  1996, n. 22, in riferimento all'art. 3 della
 Costituzione (r.o. n. 365 del 1996);
     che, secondo la prospettazione dei giudici rimettenti,  il  d.-l.
 18  novembre 1995, n. 489 e, in particolare, la disposizione prevista
 dall'art. 7, comma 3, dello stesso decreto - inserita all'art.  7-ter
 del  d.-l.  30  dicembre  1989,  n.  416,  convertito  nella legge 28
 febbraio 1990, n. 39 - sarebbero costituzionalmente  illegittimi,  in
 riferimento:      all'art.   2   della  Costituzione,  in  quanto  la
 possibilita' che lo straniero, anche se incensurato, sia assoggettato
 alla misura dell'espulsione sarebbe in  contrasto  con  i  doveri  di
 solidarieta' sociale; all'art.  3 della Costituzione, dal momento che
 l'introduzione  -  con  la  misura dell'espulsione prevista dall'art.
 7-ter  -  di  una  nuova  misura  cautelare  personale,   applicabile
 esclusivamente    nei   confronti   degli   stranieri,   integrerebbe
 un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  nei  loro  confronti;
 all'art.  24  della Costituzione, precludendo l'esercizio del diritto
 di difesa rispetto all'adozione del provvedimento  di  espulsione  e,
 nell'ipotesi  di  giudizio  direttissimo, impedendo la partecipazione
 dell'imputato al dibattimento; agli artt. 25 e 77 della Costituzione,
 violando il principio della riserva di  legge  in  materia  penale  -
 secondo  cui le scelte di politica criminale sono monopolio esclusivo
 del Parlamento - e non sussistendo  i  presupposti  di  straordinaria
 necessita'    ed    urgenza,    dal   momento   che   l'esigenza   di
 razionalizzazione    normativa,    in    relazione    al     fenomeno
 dell'immigrazione,  era  gia' da tempo esistente; agli artt. 13 e 111
 della Costituzione, nel senso che, ove si interpreti la norma in modo
 che in presenza dei presupposti indicati il pubblico ministero  debba
 chiedere  l'espulsione,  la motivazione del provvedimento del giudice
 sarebbe solo formale, mentre, ove si interpretasse la norma nel senso
 che il pubblico ministero possa chiedere l'espulsione, mancherebbe la
 specificazione  dei  presupposti  che  consentono  l'adozione  di  un
 provvedimento restrittivo della liberta' personale, in violazione del
 principio  della  riserva  di  legge e di giurisdizione in materia di
 limitazioni della liberta' personale; all'art. 27,  secondo  e  terzo
 comma, della Costituzione, determinando l'equiparazione della notizia
 di  reato  al  giudizio di colpevolezza mediante l'applicazione della
 misura  dell'espulsione  prima  che  sia  accertata  la  colpevolezza
 dell'arrestato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile;
     che,  secondo  il pretore di Genova, l'art. 7, comma 3, del d.-l.
 18 gennaio 1996, n. 22,  sarebbe  costituzionalmente  illegittimo  in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  dal  momento che, per
 l'ipotesi  dell'espulsione  dello  straniero  sottoposto  a  custodia
 cautelare,   comporterebbe  una  ingiustificata  discriminazione  nei
 confronti del cittadino italiano;
     che  nei  giudizi  iscritti nel registro ordinanze ai nn. 936 del
 1995, 27, 29, 30, 240, 241, 252, 253, 265, 348  e  365  del  1996  e'
 intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
 difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  chiedendo  che  le
 questioni siano dichiarate inammissibili o infondate;
     che, nel corso dei giudizi in via  incidentale  instaurati  dalle
 suddette  ordinanze  di  rimessione,  la  Corte  costituzionale - con
 ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996 (r.o.  n.  937  del  1996)  -  ha
 sollevato,   in   riferimento  all'art.  77  della  Costituzione,  la
 questione di legittimita' costituzionale del d.-l. 17 maggio 1996, n.
 269 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell'immigrazione  e
 per  la  regolamentazione  dell'ingresso  e  soggiorno nel territorio
 nazionale  dei  cittadini  dei  Paesi  non  appartenenti   all'Unione
 europea),  avendo lo stesso decreto, mediante reiterazione, rinnovato
 l'efficacia di norme di un precedente  decreto,  decadute  a  seguito
 della   mancata   conversione   nel   termine   fissato  dalla  norma
 costituzionale;
     che, nell'ordinanza di autorimessione, la Corte - premesso che le
 disposizioni  impugnate  dai  giudici  rimettenti   avevano   perduto
 efficacia  ex  tunc  per mancata conversione ed erano state reiterate
 dal d.-l. 19 marzo 1996, n. 132, anch'esso  non  convertito,  nonche'
 dal  d.-l.  17 maggio 1996, n. 269, all'epoca vigente - ha richiamato
 la sentenza n. 84 del 1996, secondo la  quale  il  trasferimento  del
 giudizio  di  costituzionalita'  e'  possibile ove la norma impugnata
 permanga nell'ordinamento, in quanto riprodotta nella  sua  identita'
 precettiva  essenziale da altra disposizione successiva, in vigore al
 momento della pronuncia;
     che  la  Corte,  nel  verificare  la  sussistenza  dei  requisiti
 necessari  per  il  trasferimento al d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, in
 vigore al momento della pronuncia, del giudizio di  costituzionalita'
 instaurato   in   via   incidentale,  ha  ritenuto  pregiudiziale  la
 valutazione della legittimita' della reiterazione  dei  decreti-legge
 n. 489 del 1995 e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui la richiamata
 disciplina in vigore, prevista dal decreto-legge n. 269 del 1996, era
 stata introdotta nell'ordinamento;
     che  in  tale giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  chiedendo  che  la questione sia dichiarata inammissibile per
 sopravvenuto difetto  di  rilevanza,  essendo  decaduto  per  mancata
 conversione    il    decreto-legge   oggetto   della   questione   di
 costituzionalita' (d.-l.  17 maggio 1996, n. 269), ed  essendo  stato
 espunto  dall'ordinamento  l'art.  7,  comma  3,  non  contenuto  nel
 successivo d.-l. 16 luglio 1996, n. 376, con la conseguenza  che  non
 potrebbe  trovare  applicazione  nei processi che hanno dato luogo al
 giudizio di legittimita' costituzionale nel corso del quale la  Corte
 ha sollevato la questione di costituzionalita';
   Considerato  che  tutte  le  ordinanze  di rimessione riguardano le
 disposizioni relative all'espulsione dal territorio dello  Stato,  su
 richiesta di parte, dello straniero arrestato in flagranza di reato o
 sottoposto  a  custodia  cautelare,  mentre  la  questione  sollevata
 dall'ordinanza di autorimessione  e'  strettamente  connessa  a  tali
 disposizioni;
     che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi
 congiuntamente;
     che,   per   quanto   riguarda   le   questioni  di  legittimita'
 costituzionale del d.-l.  18  novembre  1995,  n.  489  (Disposizioni
 urgenti   in   materia   di   politica  dell'immigrazione  e  per  la
 regolamentazione dell'ingresso e soggiorno nel  territorio  nazionale
 dei  cittadini dei Paesi non appartenenti all'Unione europea) - e, in
 particolare, della disposizione prevista dall'art. 7, comma 3,  dello
 stesso  decreto, inserita all'art.  7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989,
 n. 416, convertito nella legge  28  febbraio  1990,  n.  39  nonche',
 relativamente  all'inserimento  del suddetto art. 7-ter, dell'art. 7,
 comma 3, del d.-l. 18 gennaio  1996,  n.  22,  che  ha  reiterato  il
 precedente  -  sono  intervenute,  successivamente  alle ordinanze di
 rimessione, consistenti modifiche nel quadro normativo;
     che, in particolare, i decreti-legge n. 489 del 1995 e 18 gennaio
 1996, n. 22, non sono stati convertiti in legge entro il  termine  di
 sessanta  giorni  dalla  pubblicazione  (come  risulta dai comunicati
 pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio  1996  e  n.
 66  del  19  marzo  1996)  e,  pertanto,  hanno  perso  efficacia sin
 dall'inizio, mentre i decreti-legge 19 marzo 1996, n. 132 e 17 maggio
 1996, n.   269, di  reitera,  hanno  perso  anch'essi  efficacia  fin
 dall'inizio  in quanto non convertiti entro il suddetto termine (come
 risulta dai comunicati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del
 18 maggio 1996 e n. 166 del 17 luglio 1996);
     che, inoltre, con il successivo d.-l. 16  luglio  1996,  n.  376,
 anch'esso  non  convertito  nel  termine prescritto (come risulta dal
 comunicato  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  217  del   16
 settembre   1996),   non  e'  stata  reiterata,  nell'ambito  di  una
 regolamentazione parzialmente diversa della materia, la  disposizione
 di  cui  all'art.    7, comma 3, che introduceva, tra l'altro, l'art.
 7-ter  al  d.-l.  30  dicembre  1989,   n.   416   (convertito,   con
 modificazioni,  nella  legge  28  febbraio  1990, n. 39), concernente
 l'espulsione a richiesta di parte;
     che,  infine,  anche  il  d.-l.  13  settembre  1996,   n.   477,
 attualmente  in  vigore, non contiene la disposizione che introduceva
 l'art. 7-ter suddetto;
     che, pertanto, occorre disporre la  restituzione  degli  atti  ai
 giudici  a  quibus  affinche'  valutino  la rilevanza delle questioni
 sollevate, alla luce della modifica normativa sopravvenuta;
     che,  per  quanto   riguarda   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale  sollevata da questa Corte, il decreto-legge 17 maggio
 1996, n. 269, non e' stato convertito in legge entro  il  termine  di
 sessanta  giorni  dalla  sua  pubblicazione  e,  pertanto,  ha  perso
 efficacia sin dall'inizio;
     che il successivo d.-l. 16 luglio 1996,  n.  376,  anch'esso  non
 convertito,  ed  il  d.-l.  13 settembre 1996, n. 477, attualmente in
 vigore, contengono disposizioni  parzialmente  diverse,  introducendo
 consistenti modifiche nel quadro normativo;
     che,  in  particolare,  nel vigente decreto-legge n. 477 del 1996
 non  si  rinviene  alcuna  disposizione  contenente   la   disciplina
 dell'espulsione  dello  straniero  a  richiesta  di  parte,  inserita
 all'art. 7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989, n.  416  (convertito,  con
 modificazioni,   nella   legge   28   febbraio   1990,  n.  39),  dal
 decreto-legge  n.  269  del  1996,   che   reiterava   i   precedenti
 decreti-legge;
     che  la  Corte,  proprio al fine di verificare la sussistenza dei
 requisiti necessari per il trasferimento - ai sensi della sentenza n.
 84 del 1996 - al d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, in vigore  al  momento
 della  pronuncia,  dei  giudizi  di  costituzionalita' instaurati nei
 confronti dei precedenti decreti-legge, aveva ritenuto  pregiudiziale
 la    valutazione   della   legittimita'   della   reiterazione   dei
 decreti-legge n. 489 del 1995 e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui
 la disciplina prevista dal decreto-legge n. 269 del  1996  era  stata
 introdotta nell'ordinamento;
     che,  per  effetto  del  sopra  descritto  mutamento  del  quadro
 normativo, viene a cadere il nesso  di  pregiudizialita'  presupposto
 dalla questione di costituzionalita' sollevata da questa Corte;
     che, pertanto, la stessa deve essere dichiarata inammissibile per
 difetto di rilevanza;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al pretore  di
 Roma,  al pretore di La Spezia e al pretore di Genova, per il riesame
 della rilevanza delle questioni sollevate con le  ordinanze  indicate
 in epigrafe;
   Dichiara  inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 del d.-l. 17 maggio 1996, n. 269 (Disposizioni urgenti in materia  di
 politica  dell'immigrazione e per la regolamentazione dell'ingresso e
 soggiorno nel  territorio  nazionale  dei  cittadini  dei  Paesi  non
 appartenenti  all'Unione  europea),  da  essa  medesima sollevata con
 ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996, in riferimento all'art. 77 della
 Costituzione.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
                         Il Presidente: Ferri
                         Il redattore: Guizzi
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 30 ottobre 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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