N. 377 ORDINANZA 17 ottobre - 2 novembre 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 I.S.I.  (Imposta  straordinaria  immobiliare)  Istituzione  disgiunta
 dalle  capacita'  contributive  dei  soggetti  passivi  di  imposta -
 Inesattezza  delle  premesse  interpretative  da  parte  del  giudice
 rimettente  -  Progressivita'  applicabile  unicamente  alle  imposte
 personali (vedi sentenza n. 159/1985) - Manifesta infondatezza.
 
 (D.-L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 7, convertito, con modificazioni,
 nella legge 8 agosto 1992, n. 359).
 
 (Cost., art. 3 e 53).
(GU n.45 del 6-11-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
  Giudici:  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,   dott. Renato
 GRANATA, prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare  MIRABELLI,  avv.  Massimo  VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo  ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 7 del d.-l.  11
 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della  finanza
 pubblica),  convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992,
 n. 359, promossi con  le  ordinanze  emesse  il  13  ottobre,  il  10
 novembre,  il  17  novembre,  il 13 ottobre (n. 2 ordinanze) ed il 15
 dicembre 1993 (n. 3 ordinanze) dalla commissione tributaria di  primo
 grado  di Torino, rispettivamente iscritte ai nn. 543, 544, 545, 546,
 547, 548, 549 e 550 del registro ordinanze 1996  e  pubblicate  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 25 - prima serie speciale -
 dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  2 ottobre 1996 il giudice
 relatore Massimo Vari;
   Ritenuto che la commissione tributaria di primo grado di  Torino  -
 con  8 ordinanze di identico contenuto emesse, rispettivamente, il 13
 ottobre 1993 (r.o. nn. 543, 546 e 547 del 1996), il 10 novembre  1993
 (r.o.  n.  544 del 1996), il 17 novembre 1993 (r.o. n 545 del 1996) e
 il 15 dicembre 1993 (r.o. nn. 548, 549 e 550 del 1996), nel corso  di
 giudizi   aventi  ad  oggetto  il  silenzio-rifiuto  sull'istanza  di
 rimborso dell'imposta straordinaria immobiliare (ISI) per l'anno 1992
 - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della  Costituzione,
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 7 del d.-l. 11
 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della  finanza
 pubblica),  convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992,
 n.  359,  nella  parte  in  cui  istituisce  l'imposta  straordinaria
 immobiliare per l'anno 1992;
     che, ad avviso del giudice rimettente, la disposizione denunciata
 si pone in contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione in
 quanto  "nel  caso  di  specie,  ricorrerebbero  situazioni  omogenee
 (stesso bene immobile) sotto il  profilo  oggettivo  e  non  omogenee
 sotto  il  profilo soggettivo", sicche' il legislatore, prevedendo la
 tassazione sulla base  del  valore  del  bene,  a  prescindere  dalle
 condizioni   soggettive   del   contribuente,  avrebbe  disatteso  il
 principio di ragionevolezza, che impone di tener conto delle  singole
 "capacita' contributive dei soggetti passivi d'imposta";
     che,  del  pari,  sarebbe  violato  l'art. 53, primo comma, della
 Costituzione,  il  quale,  riferendosi   "ad   indici   concretamente
 rivelatori   di   ricchezza   e  non  gia'  a  stati  soggettivi  del
 contribuente", consente "di commisurare il carico tributario in  modo
 uniforme   nei   confronti  dei  vari  soggetti  allorche'  sia  dato
 riscontrare per essi  una  perfetta  identita'  della  situazione  di
 fatto, presa in considerazione dalla legge";
     che  il  legislatore  si  sarebbe  discostato  da tale principio,
 imponendo il pagamento della "stessa somma al  salariato,  che,  dopo
 una  vita di lavoro, si e' finalmente comprato la casetta in cui vive
 ed al capitano d'industria che, per caso,  tra  i  suoi  innumerevoli
 beni  annovera  anche  la  medesima  casetta",  senza tener conto - a
 parita' di  carico  tributario  -  del  notevole  sacrificio  che  la
 predetta  imposta  assume  per  il  primo rispetto all'insignificante
 rilevanza che assume, invece, per il secondo;
     che e' intervenuto, per il giudizio relativo  alla  ordinanza  di
 cui  al  r.o.  n.  545  del  1996,  il  Presidente  del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, per chiedere che la questione venga dichiarata non fondata;
   Considerato   che   i   giudizi,  in  quanto  propongono  questioni
 identiche, vanno riuniti e congiuntamente decisi;
     che il giudice rimettente, nel lamentare che il legislatore abbia
 imposto il pagamento del  tributo  senza  considerare  le  condizioni
 soggettive   dei   contribuenti,   muove   da   un'inesatta  premessa
 interpretativa  giacche',  contrariamente  a   quanto   assumono   le
 ordinanze,  il  legislatore  risulta essersi dato carico, nell'ambito
 della valutazione discrezionale al medesimo spettante, di distinguere
 fra  le  varie  possibili  situazioni,  tant'e'  che,  nel  caso   di
 destinazione  dell'immobile  ad abitazione principale, ha fissato nel
 2, anziche' nel 3 per mille,  l'aliquota,  con  una  riduzione  della
 medesima  pari  ad un terzo e con un'ulteriore detassazione derivante
 dall'abbattimento dell'imponibile nella misura di  cinquanta  milioni
 di   lire   (art.   7,   comma  3,  quarto  periodo,  del  menzionato
 decreto-legge n. 333 del 1992);
     che, comunque, le ordinanze, nel  censurare  la  mancanza  di  un
 criterio   che   commisuri   la  tassazione  alle  diverse  capacita'
 contributive, non considerano che, per le imposte  di  natura  reale,
 come   quella   qui   all'esame,   la   previsione  di  una  aliquota
 proporzionale   non   contrasta   con    gli    invocati    parametri
 costituzionali,  dal  momento  che,  come gia' affermato dalla Corte,
 sono le  imposte  personali  a  dover  essere  tecnicamente  adeguate
 all'attuazione   del   principio  di  progressivita',  nel  senso  di
 prevedere  aliquote  che  aumentano  con  il  crescere  del   reddito
 (sentenza n. 159 del 1985);
     che,  pertanto,  la questione, per i diversi e concorrenti motivi
 sopra esposti, e' da reputare manifestamente  infondata,  tanto  piu'
 che viene in discussione una imposta straordinaria circoscritta ad un
 solo  anno,  tale  da  non  alterare  il  sistema  tributario nel suo
 complesso.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87  e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza   della
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 7 del d.-l. 11
 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della  finanza
 pubblica),  convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992,
 n.  359,  sollevata,  in  riferimento  agli  artt.  3  e   53   della
 Costituzione,  dalla commissione tributaria di primo grado di Torino,
 con le ordinanze in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
                          Il Presidente: Ferri
                           Il redattore: Vari
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 2 novembre 1996.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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