N. 383 SENTENZA 17 ottobre - 5 novembre 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza - Personale dipendente dell'Amministrazione
 della  difesa  -  Infermita'  dipendente  da  causa  di  servizio   -
 Riconoscimento    -   Attivazione,   a   cura   dell'amministrazione,
 dell'intervento di  una  commissione  medica  di  seconda  istanza  -
 Carenza  di una disciplina tendente a garantire la partecipazione del
 dipendente  alla  fase   endoprocedimentale   davanti   alla   citata
 commissione  -  Esistenza dei meccanismi procedurali idonei a rendere
 partecipe l'interessato, con possibilita' di un  suo  intervento  con
 memorie ed osservazioni - Non fondatezza.
 
 (Legge 11 marzo 1926, n. 416, art. 5, primo, terzo e quarto comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.46 del 13-11-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici: prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,    dott.  Renato
 GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,   prof. Francesco GUIZZI,  prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.    Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo CHIEPPA,   prof. Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 5, primo, terzo
 e quarto comma, della legge 11 marzo 1926, n. 416 (Nuove disposizioni
 sulle  procedure  da  seguirsi negli accertamenti medico-legali delle
 ferite,  lesioni  ed  infermita'  dei  personali   dipendenti   dalle
 amministrazioni  militari  e  da  altre amministrazioni dello Stato),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  21  marzo  1995  dal  Tribunale
 amministrativo  regionale  della  Toscana  sul  ricorso  proposto  da
 Biccone Gianni contro la Legione Carabinieri  di  Livorno  ed  altri,
 iscritta  al  n.  901  del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  1,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio  del  10  luglio  1996  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1. -  Con ricorso notificato e depositato rispettivamente il 2 e il
 16  aprile  1992,  l'appuntato  (in  congedo  assoluto) dell'Arma dei
 carabinieri Gianni Biccone  richiedeva  al  Tribunale  amministrativo
 regionale  della  Toscana l'annullamento del provvedimento in data 11
 febbraio 1992, con il quale la  Legione  carabinieri  di  Livorno  lo
 aveva  posto  in  congedo assoluto, nella parte in cui esso non aveva
 riconosciuta come dipendente da causa di servizio l'infermita' "esiti
 di  intervento  per   aneurisma   dell'aorta   addominale",   nonche'
 l'annullamento  degli  atti  presupposti  e connessi, con particolare
 riferimento al  verbale  del  23  settembre  1991  con  il  quale  la
 commissione   medica  di  seconda  istanza  di  Firenze  del  Comando
 regionale militare tosco-emiliano aveva dichiarato non dipendente  da
 causa di servizio la predetta infermita'.
   L'adito  Tribunale amministrativo, con ordinanza del 21 marzo 1995,
 pervenuta alla Corte costituzionale il 6 dicembre 1995 (r.o.  n.  901
 del  1995),  ha  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale
 dell'art. 5, primo, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo  1926,
 n.   416  (Nuove  disposizioni  sulle  procedure  da  seguirsi  negli
 accertamenti medico-legali delle ferite, lesioni  ed  infermita'  dei
 personali  dipendenti  dalle  amministrazioni  militari  e  da  altre
 amministrazioni dello  Stato),  nella  parte  in  cui,  ai  fini  del
 riconoscimento  della dipendenza da causa di servizio dell'infermita'
 del personale dipendente dell'amministrazione della difesa,  consente
 all'amministrazione   medesima   di   attivare  l'intervento  di  una
 commissione medica di seconda istanza senza disciplinare e  garantire
 la partecipazione del dipendente alla fase endoprocedimentale davanti
 alla citata commissione.
   Tale normativa appare al collegio rimettente in contrasto anzitutto
 con  i  principi di uguaglianza e di ragionevolezza fissati dall'art.
 3 della Costituzione, in quanto solo per il personale dipendente  del
 Ministero  della difesa, e non anche per il restante personale civile
 dell'amministrazione  statale,  ai   fini   dell'accertamento   della
 dipendenza  della  infermita'  da  causa  di  servizio,  e'  previsto
 l'intervento di una commissione medica di seconda istanza.
   E'  pur  vero  che l'art. 177 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092,
 nel  disporre  l'obbligatorieta'  del  parere  del  Comitato  per  le
 pensioni   privilegiate  ordinarie  (CPPO)  nell'ipotesi  in  cui  la
 competente  commissione  medica  abbia  espresso  il  parere  che  le
 infermita'  o  le  lesioni  accertate  siano  dipendenti  da causa di
 servizio, sostanzialmente prevedeva una commissione di secondo grado,
 peraltro di natura non medica.   Osserva il giudice a  quo  che  tale
 previsione  doveva  ritenersi  applicabile  anche  al personale della
 difesa ma, comunque, l'intervento del CPPO  e'  stato  limitato,  per
 effetto  dell'art.  5-bis  del  d.-l.  21  settembre  1987,  n.  387,
 convertito, con modificazioni, nella legge 20 novembre 1987, n.  472,
 al   verificarsi   delle  condizioni  per  la  concessione  dell'equo
 indennizzo e della pensione privilegiata, mentre e' stato precluso al
 predetto comitato l'accertamento della dipendenza delle infermita' da
 causa di servizio. Ne' varrebbe richiamare l'art. 178,  primo  comma,
 dello   stesso   d.P.R.   n.   1092   del   1973,   che  prevede  che
 l'amministrazione centrale, qualora ritenga  di  non  condividere  il
 parere  del  CPPO,  possa  sentire  l'ufficio medico-legale presso il
 Ministero della sanita': analoga previsione riguarda, infatti,  anche
 il personale militare.
   Ne'     la    evidenziata    differente    disciplina    troverebbe
 giustificazione, ad avviso del giudice a quo, nella  circostanza  che
 parte  del  personale  del  Ministero della difesa abbia lo status di
 militare, atteso che, ai fini del riconoscimento di  cui  si  tratta,
 non assumerebbe rilevanza tale particolare status.
   La  normativa  denunciata,  inoltre,  sarebbe  in  contrasto  con i
 principi di imparzialita' e buon andamento di cui all'art.  97  della
 Costituzione.   Essa, infatti, nel consentire alla commissione medica
 di  seconda  istanza   di   pronunciarsi   inaudita   altera   parte,
 attribuirebbe   all'amministrazione   una   posizione  dominante  non
 giustificabile, anche alla luce della legge 7 agosto  1990,  n.  241.
 Infatti,  non  essendo garantita la possibilita' per l'interessato di
 venire a conoscenza della discordanza tra il  parere  del  comandante
 del  Corpo  o  del  capo  ufficio,  e quello della commissione medica
 ospedaliera, discordanza che rende necessario, in base alla normativa
 denunciata,  il  ricorso  alla  commissione   di   seconda   istanza,
 l'interessato  non  sarebbe posto in grado, ove detta commissione non
 decida di procedere a visita  diretta,  di  conoscere  la  necessita'
 dell'intervento   di  tale  commissione,  e,  quindi,  di  richiedere
 l'assistenza di un medico di fiducia. Ne' le norme di cui agli  artt.
 7   e   22   della   legge   n.  241  del  1990,  con  il  prevedere,
 rispettivamente,  la  comunicazione  dell'avvio  del  procedimento  e
 l'esercizio  del diritto di accesso, garantirebbero la partecipazione
 del dipendente:  ed infatti, la comunicazione di cui all'art.  7  non
 riguarderebbe  l'avvio  della  singola  fase  subprocedimentale, e il
 diritto di accesso non sarebbe praticamente attuabile per la  mancata
 conoscenza,  da  parte  dell'interessato,  della detta discordanza di
 pareri.
   2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  con il patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato, che
 ha concluso per la  infondatezza  della  questione  alla  luce  della
 evoluzione maturata nell'ordinamento positivo in ordine ai diritti di
 partecipazione    dei    cittadini   all'attivita'   della   pubblica
 amministrazione.  Ritiene, al riguardo, l'autorita'  intervenuta  che
 il  combinato disposto degli artt. 7 e 10 della legge n. 241 del 1990
 consenta all'interessato, ove egli eserciti una minima diligenza,  di
 seguire  l'iter  della  pratica di cui si tratta, con possibilita' di
 prendere  visione  in  ogni  momento   degli   atti   intermedi   del
 procedimento   e   di   presentare  memorie  e  documentazione  anche
 sanitaria, a conforto della propria tesi.
                        Considerato in diritto
    1. -  Le questioni sottoposte all'esame della Corte costituzionale
 concernono l'art. 5, primo, terzo e  quarto  comma,  della  legge  11
 marzo  1926,  n.  416 (Nuove disposizioni sulle procedure da seguirsi
 negli accertamenti medico-legali delle ferite, lesioni ed  infermita'
 dei  personali  dipendenti  dalle amministrazioni militari e da altre
 amministrazioni dello  Stato),  nella  parte  in  cui,  ai  fini  del
 riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermita'
 del  personale dipendente dell'Amministrazione della difesa, consente
 all'amministrazione  stessa   di   attivare   l'intervento   di   una
 commissione  medica di seconda istanza, senza, peraltro, disciplinare
 e   garantire   la   partecipazione   del   dipendente   alla    fase
 endoprocedimentale   davanti   a   tale  commissione,  con  lamentata
 violazione:
     a) dell'art. 3 della Costituzione, per contrasto con  i  principi
 di  uguaglianza  e  di  ragionevolezza,  non  essendo prevista per il
 restante personale civile dell'amministrazione  statale  una  analoga
 procedura;
     b)  dell'art. 97 della Costituzione, per contrasto con i principi
 di buon andamento e  imparzialita'  della  pubblica  amministrazione,
 consentendosi   alla   commissione   medica  di  seconda  istanza  di
 pronunciarsi  inaudita   altera   parte   e   inibendosi,   pertanto,
 all'interessato  la  possibilita'  di  farsi  assistere nel corso del
 giudizio medico di secondo grado da un sanitario di fiducia.
   2. - Le questioni sono infondate.
   L'esame della normativa vigente in materia di riconoscimento  della
 causa  di servizio per il personale militare (legge 11 marzo 1926, n.
 416 come integrata dal regolamento di attuazione  -  r.d.  22  giugno
 1926,  n.  1067  - e dalla sopravvenuta legge 7 agosto 1990, n. 241),
 porta ad escludere che vi sia alcuna discriminazione o  irragionevole
 differenziazione  di  procedura  ovvero  menomazione  dei  diritti di
 partecipazione e di intervento del personale militare nella  fase  di
 seconda  istanza  del procedimento di riconoscimento della dipendenza
 da causa di servizio delle infermita'.
   Ed infatti, in base all'art. 12 del  regolamento  per  l'esecuzione
 della  legge  11  marzo 1926, n. 416 (r.d. 22 giugno 1926, n. 1067) -
 che ha sostituito l'art. 35 del r.d. 5 settembre 1895, n. 603 -  deve
 essere  data  partecipazione  agli  interessati delle conclusioni del
 processo verbale in cui e' espresso  il  giudizio  della  commissione
 medico-ospedaliera  nei riguardi della dipendenza delle infermita' da
 causa di servizio.
   Nel caso di specie, risulta dagli atti di causa che il  verbale  fu
 sottoscritto  dall'interessato,  il  che  consente  di  affermare che
 costui fu posto in grado di conoscere la discordanza  tra  il  parere
 del   comandante   del   Corpo   e  la  decisione  della  commissione
 medico-ospedaliera, che ha reso necessario, ai sensi del terzo  comma
 dell'art.  4  della legge 11 marzo 1926, n. 416, il deferimento della
 pratica alla commissione di seconda istanza.
   Peraltro,  deve essere, in generale, sottolineato che, alla stregua
 dei sopravvenuti principi introdotti dalla legge n. 241 del  1990  in
 materia  di trasparenza dell'azione amministrativa, l'amministrazione
 e' tenuta a predisporre un meccanismo procedurale  (formula  espressa
 apposta  in  calce al documento comunicato all'interessato, avviso ad
 hoc o altro mezzo) che assicuri  il  raggiungimento  dello  scopo  di
 consentire  all'interessato  la  chiara  percezione  dell'avvio della
 nuova  fase,  in  modo  da  porlo  nella  effettiva  possibilita'  di
 interloquire  nella anzidetta ulteriore fase procedimentale. In altri
 termini, occorre, salvo che sussista  una  urgenza  qualificata,  che
 l'amministrazione  adotti  una  procedura  di  comunicazione idonea a
 porre in grado il soggetto interessato di venire a  conoscenza  della
 successiva   eventuale   fase  endoprocedimentale  (avente  carattere
 autonomo, nella specie per la  natura  di  secondo  grado  e  per  il
 diverso  organo  che  deve  provvedere)  che  possa  risolversi in un
 pregiudizio per lo stesso soggetto, con esclusione delle  ipotesi  in
 cui  tali  successive  fasi siano dovute alla iniziativa del medesimo
 interessato.
   Del resto, nel caso della  norma  in  questione,  il  "deferimento"
 della  pratica  all'esame  di una commissione di seconda istanza puo'
 considerarsi  "avvio"  di  un  nuovo   procedimento,   essendosi   il
 precedente  gia'  concluso con la "decisione della commissione medica
 ospedaliera", comunicata all'interessato; mentre deve ammettersi  che
 il  secondo grado possa correttamente svolgersi sulla base degli atti
 acquisiti quando non vi sia esigenza di nuova visita diretta (solo in
 tal caso - nella fattispecie non verificatosi -  potendo  sorgere  la
 esigenza  di  assistenza dell'interessato da parte di un sanitario di
 fiducia), ferma la possibilita' per l'interessato di partecipare  con
 memorie ed osservazioni fornendo ogni utile elemento.
   3.  - Infine, non puo' assumere rilievo, ai fini del giudizio sulla
 legittimita' costituzionale di una norma, l'eventuale cattivo uso dei
 poteri-doveri dell'amministrazione, che non si sia comportata secondo
 regole di lealta' procedimentale previste dalla normativa in  vigore,
 in  quanto  cio' puo' avere riflessi solo in sede di legittimita' dei
 provvedimenti  adottati  dall'amministrazione  quando  vi  sia  stata
 lesione delle posizioni protette del soggetto interessato.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 5, primo, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo  1926,
 n.   416  (Nuove  disposizioni  sulle  procedure  da  seguirsi  negli
 accertamenti medico-legali delle ferite, lesioni  ed  infermita'  dei
 personali  dipendenti  dalle  amministrazioni  militari  e  da  altre
 amministrazioni dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt.  3
 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della
 Toscana con l'ordinanza indicata in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
                          Il Presidente: Ferri
                         Il redattore: Chieppa
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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