N. 386 SENTENZA 17 ottobre - 5 novembre 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Trasporto  -  Non  ammissibilita'  di  stipulazione  di contratti che
 prevedano autotrasporto di cose per conto terzi a prezzi o tariffe in
 deroga a quelli stabiliti dalla legge nonche' a quelli  derivanti  da
 accordi  collettivi - Ragionevolezza della vincolativita' del sistema
 di tariffa a forcella rispondente all'esigenza di impedire l'elusione
 della normativa in considerazione del carattere di servizio  pubblico
 dell'autotrasporto incidente altresi' sui bisogni della collettivita'
 (v. sentenza n. 548/1990) - Non fondatezza.
 
 (D.-L.  29  marzo 1993, n. 82, art. 3, convertito, con modificazioni,
 nella legge 27 maggio 1993, n. 162).
 
 (Cost., artt. 3, 41 e 101).
(GU n.46 del 13-11-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: avv. Mauro FERRI;
 Giudici:  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,    dott. Renato
 GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI,   prof. Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.   Cesare RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,    prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.-l.  29
 marzo  1993,  n. 82 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto
 di cose per conto di terzi),  convertito,  con  modificazioni,  nella
 legge  27  maggio  1993,  n. 162, promosso con ordinanza emessa il 26
 gennaio  1996  dal  Tribunale  di  Livorno  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  Autotrasporti F.& M. Martelli s.a.s. e Canada Maritime
 Service Limited, iscritta al n. 373 del  registro  ordinanze  1996  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 19, prima
 serie speciale, dell'anno 1996;
   Visti gli atti di costituzione della Autotrasporti F.& M.  Martelli
 s.a.s.  e  della  Canada  Maritime Service Limited, nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito nell'udienza pubblica del 15 ottobre 1996 il giudice relatore
 Massimo Vari;
   Uditi gli avvocati Gabriello Giubbilei per la Autotrasporti F.    &
 M.  Martelli  S.a.s.  ed  Emilio Fadda e Giuseppe Conte per la Canada
 Maritime Service Limited.
                           Ritenuto in fatto
   1.1.  -  Nel  corso  del   procedimento   civile   promosso   dalla
 Autotrasporti F. & M. Martelli S.a.s. avverso la societa' Thos Carr e
 Son  S.p.a.,  quale  agente  raccomandataria  della  societa'  Canada
 Maritime Service Limited, per la  dichiarazione  di  risoluzione  del
 contratto  trasporti  containers  stipulato con la convenuta e per il
 riconoscimento della differenza tra le somme pagate e  quelle  dovute
 "in  base  alla  tariffa obbligatoria e inderogabile A/2" di cui alla
 legge 6 giugno 1974, n. 298 e al  decreto  ministeriale  18  novembre
 1982,  il Tribunale di Livorno, con ordinanza del 26 gennaio 1996, ha
 sollevato - in riferimento agli artt. 3, 41 e 101 della  Costituzione
 -  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.-l. 29
 marzo 1993, n. 82 (Misure urgenti per il  settore  dell'autotrasporto
 di  cose  per  conto  di terzi), convertito, con modificazioni, nella
 legge 27 maggio 1993, n. 162.  La disposizione  impugnata  interpreta
 l'ultimo  comma  dell'art. 8 delle norme di esecuzione della legge n.
 298 del 1974, approvate con d.P.R.  9 gennaio 1978, n. 56, nel  senso
 che  non  e'  ammessa  la stipulazione di alcun tipo di contratto che
 preveda l'effettuazione di autotrasporto di cose per conto di terzi a
 prezzi o condizioni tariffarie derogativi rispetto a quelli stabiliti
 dalla medesima legge n.  298  del  1974  e  successivi  provvedimenti
 attuativi,  nonche'  a  quelli  derivanti  dagli  accordi  collettivi
 previsti dall'art. 13 del  decreto  del  Ministro  dei  trasporti  18
 novembre 1982.
   1.2. - In punto di rilevanza, precisa il rimettente che il rapporto
 dedotto in giudizio - al quale va riconosciuta natura di contratto di
 appalto   in   considerazione  della  molteplicita',  sistematicita',
 continuita',  importanza  e  durata  dei  servizi,  non  limitati  al
 semplice   trasferimento   di   cose   da   un   luogo  all'altro,  e
 dell'assunzione del rischio in capo alla societa' di trasporti  -  va
 ricondotto entro la sfera di applicazione dell'art. 3 del d.-l. n. 82
 del  1993, che ha esteso il sistema di regolamentazione tariffaria ad
 ogni contratto nel quale sia prevista l'effettuazione di  prestazioni
 di autotrasporto di cose per conto di terzi.
   1.3.   -  Rilevato  che  l'art.  8  del  d.P.R.  n.  56  del  1978,
 interpretato   dalla   disposizione   impugnata,   nel   vietare   la
 stipulazione  di  contratti  particolari  o  speciali,  "non puo' che
 riguardare i contratti di trasporto in  senso  stretto",  l'ordinanza
 osserva  che  il  menzionato  art. 3 del decreto-legge n. 82 del 1993
 "attrae invece  nel  regime  delle  tariffe  a  forcella  tutti  quei
 contratti in cui si associa alle prestazioni proprie di contratti con
 causa  diversa  quella  tipica  dell'autotrasporto di merci per conto
 terzi, come accade nel caso di appalto di servizi".  Ne consegue  che
 la  disposizione censurata, a causa "della sua natura interpretativa,
 in realta' solo apparente,  vincola  l'interpretazione  del  giudice,
 incompatibilmente con l'art. 101, secondo comma, della Costituzione".
   1.4. - Ulteriore motivo di censura deriva dal fatto che la norma in
 questione,  rendendo  applicabili  le  tariffe  e  le  condizioni del
 decreto ministeriale 18 novembre 1982  a  tutti  gli  altri  tipi  di
 contratto,  parifica  irragionevolmente  "situazioni tra loro diverse
 alle quali impone un  identico  regime  tariffario"  con  conseguente
 violazione  "dell'art.  3,  secondo  comma,  della  Costituzione". Le
 tariffe istituite con il citato decreto ministeriale, infatti,  "sono
 state  determinate  tenendo conto dei costi di esercizio della tipica
 impresa di trasporto", mentre e' evidente la differenza dei costi per
 l'esecuzione di un contratto di trasporto rispetto ad un contratto di
 appalto, o di noleggio, o di locazione di veicoli  senza  conducente.
 In  particolare, l'estensione delle tariffe previste per il contratto
 di trasporto al contratto di appalto non  terrebbe  conto  del  fatto
 che, di regola, l'oggetto di quest'ultimo e' costituito da un insieme
 di  prestazioni  accessorie, che si somma al trasferimento della cosa
 da un luogo ad  un  altro,  prestazioni  "non  sottoposte  a  tariffa
 obbligatoria,  il cui valore puo' anche non essere inferiore a quello
 di trasporto".
   1.5. -  Infine,  la  norma  censurata,  "nell'operare  la  predetta
 ingiustificata  parificazione  tra  contratti  che  comportano  costi
 minori  e   contratti   che   comportano   costi   maggiori",   viene
 "illegittimamente  a comprimere la liberta' dell'iniziativa economica
 privata, incidendo sul principio della libera concorrenza, attuato in
 sede comunitaria, e  pregiudicando  l'interesse  generale  che  trova
 tutela  nelle  disposizioni di cui al primo e secondo comma dell'art.
 41 della Costituzione".
   2.1. - Nel giudizio di fronte alla  Corte  costituzionale  si  sono
 costituite  le  parti  private.  La  societa'  Autotrasporti  F. & M.
 Martelli S.a.s., parte attrice nel giudizio a quo,  assume  che,  nel
 caso  di specie, il giudice rimettente avrebbe ben potuto ritenere la
 norma impugnata  immune  da  qualsiasi  vizio  di  costituzionalita',
 considerando  l'allegazione  agli  atti di causa della documentazione
 che connota il contratto di trasporto di cose per conto  terzi  (art.
 56 della legge n. 298 del 1974).
   Non  sarebbe,  comunque, fondata la censura di violazione dell'art.
 101  della  Costituzione,  in  quanto  la  disposizione  non  avrebbe
 ampliato l'ambito e la portata dell'art. 8 del d.P.R. n. 56 del 1978,
 ne'   dell'art.   52   della  legge  n.  298  del  1974,  ma  avrebbe
 regolamentato   "quei   contratti   che   prevedono    un    servizio
 onnicomprensivo  al  cui  interno e', pero', compreso il contratto di
 autotrasporto in senso stretto", con la conseguenza che, nel caso  di
 stipulazione  di contratti speciali o particolari, la parte relativa,
 all'interno degli stessi, al contratto di trasporto sarebbe  soggetta
 alla disciplina della cosiddetta tariffa a forcella.
   Il  censurato  art.  3  non  avrebbe  nemmeno  ampliato  la portata
 dell'art.  13 del decreto ministeriale 18 novembre 1982, nella  parte
 in  cui  e'  previsto che accordi economici collettivi possano essere
 conclusi tra le associazioni piu' rappresentative dei vettori, con la
 partecipazione del comitato centrale dell'albo e dell'utenza.
   Osservato che l'inderogabilita' del sistema tariffario  e'  data  -
 oltre  che  dalla  normativa  prevista  dalla legge n. 298 del 1974 -
 anche da detti accordi, si pone in risalto che questi  ultimi,  nella
 naturale evoluzione del mercato, prevedono anche ulteriori servizi (i
 c.d.  "servizi  accessori"),  fermo restando che la parte relativa al
 trasporto, per effetto della lettera di vettura, deve  essere  sempre
 ricompresa nell'ambito della tariffa a forcella.
   2.2.   -   Quanto  al  denunciato  contrasto  con  l'art.  3  della
 Costituzione,  la   societa'   attrice   osserva   che   le   tariffe
 obbligatorie:
     non  violano le norme del Trattato CEE, anche in riferimento alla
 sentenza della Corte di  giustizia  del  5  ottobre  1995,  in  causa
 C-96/1994;
     non parificano situazioni fra loro diverse, essendo lasciata alla
 libera  iniziativa delle parti l'intera esecuzione di un contratto di
 appalto, di noleggio o di locazione di veicoli senza conducente,  con
 la  sola  eccezione  che il contratto di trasporto - consacrato nella
 lettera di vettura - deve essere compreso all'interno della tariffa a
 forcella.
   2.3. - Secondo la memoria, non e' fondata  nemmeno  la  censura  di
 violazione  dell'art.  41, primo e secondo comma, della Costituzione,
 perche' la previsione di un sistema di tariffe  a  forcella  risponde
 alla  avvertita  esigenza  di superare gli squilibri in un settore di
 primario  interesse  sociale,  squilibri   che   hanno   indotto   il
 legislatore  a  limitare il potere dei singoli di autoregolamentare i
 propri interessi in quanto contrastanti con l'utilita' sociale.
   3.1. - Si e'  costituita  in  giudizio  anche  la  Canada  Maritime
 Service  Limited,  per  chiedere  la  declaratoria  di illegittimita'
 costituzionale.
   Premesso che il settore dell'autotrasporto di merci  per  conto  di
 terzi si presenta come un settore a concorrenza limitata, si sostiene
 che  l'estensione del medesimo regime ad ambiti diversi - sia in base
 alla norma impugnata che all'art. 8 del  d.P.R.  n.  56  del  1978  -
 pregiudica  la liberta' di iniziativa economica, anche in riferimento
 ai principi piu' volte affermati dalla Corte di giustizia, secondo  i
 quali  deve  ritenersi  proibita  la  estensione ad un altro mercato,
 senza giustificazione oggettiva, di un diritto esclusivo o  speciale,
 quale  il  regime  tariffario  dell'autotrasporto.  Rilevato  che  il
 rimettente avrebbe potuto disapplicare la norma interna incompatibile
 con il diritto comunitario, si  afferma  che  la  questione  potrebbe
 comunque  essere  dichiarata  inammissibile, nel caso in cui la Corte
 ritenesse  "di  chiara  evidenza"  (sentenza   n.   168   del   1991)
 l'incompatibilita' della normativa nazionale con quella comunitaria.
   La  mancanza  oggettiva di eventuali vantaggi di interesse generale
 renderebbe, in ogni caso,  palese  la  illegittima  compressione  del
 diritto  di  iniziativa economica privata previsto dall'art. 41 della
 Costituzione.
   3.2.  -  Quanto  alla  violazione  del  principio  di eguaglianza -
 premesso che  la  legge  puo'  intervenire  a  contenere  l'autonomia
 negoziale  dei  privati  solo  ove  sia necessario per equilibrare la
 forza contrattuale delle parti - si sostiene che le tariffe istituite
 con decreto ministeriale 18 novembre 1982  sono  state  calcolate  in
 ragione  dei  costi  di esercizio di una tipica impresa di trasporto,
 come definita negli artt. 3, 4 e 5 del d.P.R. n. 56 del 1978,  mentre
 i  costi  variano  quando,  anziche'  un  contratto  di trasporto, si
 eseguano  contratti  diversi,  come  il  contratto  di  noleggio  con
 conducente,  il contratto di locazione senza conducente, il contratto
 di subtrasporto in cui il primo vettore si accolli  parte  dei  costi
 che  dovrebbero  essere a carico del subvettore, il contratto di mera
 trazione  di  rimorchi,  il  contratto  di  appalto  di  servizi   di
 trasporto.
   Si  soggiunge, al riguardo, che la disposizione impugnata, la quale
 mira  ad  imporre  un  identico  regime  tariffario   alle   suddette
 fattispecie  contrattuali  diverse  dal  trasporto,  potrebbe  essere
 legittima solo ove significasse che, per gli altri tipi di contratto,
 debbono essere approvate tariffe specifiche, come la  stessa  lettera
 della  norma  e  la  relazione  che accompagna il disegno di legge di
 conversione potrebbero far supporre.
   Invero, a parte il diverso regime delle obbligazioni che di per se'
 giustifica una differente remunerazione della prestazione,  e'  sotto
 il  profilo  del  rapporto  fra  i  costi  di  esercizio  delle varie
 attivita' di trasporto e le tariffe  di  cui  al  piu'  volte  citato
 decreto   ministeriale  18  novembre  1982  che  appare  ancora  piu'
 marcatamente discriminatorio l'assoggettamento ad uno  stesso  regime
 tariffario.    Dopo  aver  analizzato  la differenza fra i costi e le
 condizioni  di  esecuzione   dei   vari   contratti,   si   ribadisce
 l'inadeguatezza dell'applicazione del sistema tariffario al contratto
 di  appalto, rilevando altresi' che il vettore potrebbe far pagare le
 tariffe e poi eludere la disciplina cogente,  fornendo  gratuitamente
 prestazioni  accessorie e complementari.  Ne', a superare il sospetto
 di incostituzionalita', puo' valere la considerazione che le  tariffe
 in questione sono strutturate "a forcella", in quanto i valori minimi
 devono  essere  comunque  sufficienti  a remunerare ragionevolmente i
 costi di esercizio.
   3.3. - Circa la violazione  dell'art.  41  della  Costituzione,  si
 osserva   che   le  limitazioni  poste  nella  specie  all'iniziativa
 economica  privata  non  trovano  alcun  fondamento  ne'  in  criteri
 razionali  o  interessi  generali,  ne'  nelle  regole  ed  indirizzi
 espressi dall'Autorita' garante  della  concorrenza  e  del  mercato.
 Rilevato  che  la  estensione  del  regime tariffario ai contratti di
 appalto costringe l'imprenditore a sopportare oneri non correlati  al
 tipo  di  servizio  reso  -  senza  neppure  avere la possibilita' di
 organizzare, con propri  mezzi,  tale  servizio,  in  dipendenza  del
 contingentamento delle licenze (giusta l'art. 41, decimo comma, della
 legge  n.  298  del  1974)  -  si  deduce  che la normativa censurata
 potrebbe  contrastare  anche  con  l'art.  23   della   Costituzione,
 potendosi  assimilare  la  determinazione autoritativa di tariffe non
 disposte per legge ad una vera e propria imposizione  illegittima  di
 prestazioni patrimoniali.
   Ne'  l'art.  3  impugnato  potrebbe  trovare giustificazione in una
 ipotetica volonta' del legislatore di  evitare  elusioni  alle  norme
 imperative  che istituiscono tariffe obbligatorie per il contratto di
 autotrasporto, in quanto i giudici di merito ben potrebbero  valutare
 e  sanzionare  l'eventuale  ipotesi  di  contratti posti in essere in
 frode alla legge.
   3.4. - Quanto all'art. 101 della Costituzione, si  afferma  che  la
 norma  impugnata  va  oltre il dettato della disposizione originaria,
 che precludeva la possibilita' di stipulare "contratti particolari  o
 speciali"  solo  in  riferimento  ai  contratti di trasporto in senso
 "proprio". Ne risulterebbe inciso il  secondo  comma  dell'art.  101,
 nella  interpretazione  che  ne  ha  dato la Corte costituzionale, in
 quanto: si ignora il principio della liberta' di iniziativa economica
 privata;   si   disattendono   le   regole   cardine   dell'autonomia
 contrattuale;  si viola il principio che riconosce al giudice il piu'
 ampio potere nella individuazione della natura di  un  contratto;  si
 introduce,  qualificandola  come  norma  interpretativa,  una  regola
 cogente, tale da  precludere  la  stessa  possibilita'  di  stipulare
 contratti  di  tipo  diverso  da  quello di cui alla legge n. 298 del
 1974; s'impone al giudice - ogni volta che emerge l'esistenza  di  un
 rapporto avente ad oggetto l'effettuazione dell'autotrasporto di cose
 per  conto di terzi - di applicare la disciplina di cui alle leggi n.
 162 del 1993 e n. 298 del 1974.
   4. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata  inammissibile  o,
 comunque,  infondata.  L'ordinanza non conterrebbe, infatti, elementi
 sufficienti  circa  la  rilevanza  e,  in   particolare,   circa   la
 riconducibilita' del rapporto dedotto nel giudizio a quo al genus del
 contratto  di trasporto ovvero ad altra tipologia contrattuale, quale
 il  contratto  di  appalto  di  servizi,   anche   perche',   secondo
 l'Avvocatura,  non sarebbe ostativa alla qualificazione del contratto
 come contratto di trasporto l'evenienza che si fosse trattato non  di
 una pluralita' di rapporti riferibili ad una pluralita' di contratti,
 ma  di  una  serie di rapporti riconducibili ad uno stesso contratto,
 come risulta dalla dottrina e  dalla  giurisprudenza,  nonche'  dalla
 legge  n. 298 del 1974 (art. 52, ultimo comma) e dal d.P.R. n. 56 del
 1978 (art. 13).
   La questione sarebbe comunque infondata, anzitutto  in  riferimento
 all'art. 101 della Costituzione, in quanto la norma censurata sarebbe
 sostanzialmente  interpretativa, individuando, tra le interpretazioni
 possibili, quella piu' corretta, "specie  se  si  tiene  conto  delle
 finalita'  del sistema tariffario che e' riferito essenzialmente alle
 prestazioni di trasporto in quanto tali, piuttosto che alla fonte del
 rapporto".
   Si deduce, altresi', quanto alla sospettata violazione dell'art.  3
 della Costituzione, che sia la norma di  interpretazione  che  quella
 interpretata   sarebbero  razionalmente  dirette  ad  assicurare  che
 prestazioni oggettivamente  identiche,  ossia  quelle  di  trasporto,
 siano  soggette  ad un medesimo sistema tariffario, "anche al fine di
 impedire  elusioni  ed  evasioni  da  un  regime  dettato  non   solo
 dall'esigenza di tutela del contraente piu' debole, ma altresi' della
 sicurezza  dei  lavoratori  del settore e della stessa circolazione".
 Riguardo alla ipotizzata violazione dell'art. 41 della  Costituzione,
 si  rileva, infine, che il giudice non ha tenuto presente la sentenza
 della Corte  di  giustizia  5  ottobre  1995,  che  ha  affermato  la
 compatibilita'  del sistema delle tariffe a forcella con le norme del
 Trattato CEE.
   5. - In prossimita' dell'udienza hanno presentato memorie la difesa
 sia  della  Autotrasporti  F.  & M. Martelli S.a.s., che della Canada
 Maritime Service Limited.
   6.1. - La difesa  della  Autotrasporti  F.  &  M.  Martelli  s.a.s.
 ribadisce  che, fra il minimo ed il massimo della tariffa a forcella,
 sussiste  la  possibilita'  di   regolare   diversamente   situazioni
 differenti  quanto  a  costi ed organizzazione di impresa. E questo a
 tacere delle ulteriori  modificazioni  alla  tariffa  che  sono  rese
 possibili: da "situazioni soggettive quali il contratto diretto con o
 senza  intermediari,  che consente una riduzione del 5% sulla tariffa
 altrimenti  obbligatoria";  da  situazioni  "oggettive,  dovute  allo
 sconto  durata  o  durata  quantita',  e/o ripetitivita' dei viaggi";
 dagli accordi collettivi nazionali.
   6.2.  -  Quanto  alla  dedotta  violazione  dell'art.   101   della
 Costituzione,  si  rileva  che  la  norma  impugnata  e' una norma di
 garanzia che si limita a prevedere che, in presenza di  un  contratto
 quale  l'appalto  di  servizi  di  trasporto,  il  mittente  si debba
 attenere, per quel che concerne il mero trasporto, al  sistema  delle
 tariffe a forcella.
   6.3.  -  Circa  la  violazione  dell'art. 41 della Costituzione, si
 osserva altresi' che la previsione di un sistema di prezzi vincolati,
 diretto ad evitare l'abuso di posizione dominante, ben puo' rientrare
 nell'ambito della previsione costituzionale, anche  alla  luce  della
 recente  giurisprudenza della Corte di giustizia, che ha affermato la
 piena compatibilita' del sistema delle  tariffe  a  forcella  con  il
 Trattato CEE.
   7.1.   -  La  difesa  della  Canada  Maritime  Service  Limited  ha
 presentato a sua volta  un'ampia  memoria,  nella  quale,  dopo  aver
 sottolineato  i caratteri che il giudizio di ragionevolezza e' venuto
 ad assumere nella  giurisprudenza  costituzionale  -  in  particolare
 quale  "ricerca  dei  fini  oggettivo  e  soggettivo della disciplina
 impugnata" - si evidenzia che scopo della normativa in  questione  e'
 quello  di assicurare un equilibrio tra domanda e offerta dei servizi
 di autotrasporto, in un campo nel quale la seconda e' superiore  alla
 prima,  evitando  cosi'  la  concorrenza  al  ribasso.  A tal fine il
 legislatore  e'  intervenuto  con  due  strumenti:   la   limitazione
 dell'accesso  al  mercato  e  la imposizione autoritativa dei prezzi;
 tuttavia, il primo intervento sarebbe stato  sufficiente  allo  scopo
 perseguito,  mentre  l'intervento  sui prezzi "sembra aver poco a che
 vedere con gli obiettivi ufficiali della  legislazione  in  esame,  e
 cioe'  quelli  di ridurre l'offerta di autotrasporto".  Esso finisce,
 anzi,   per   incentivare   l'ingresso   sul   mercato    di    nuovi
 autotrasportatori, ma poiche' tale ingresso non e' possibile, a causa
 delle restrizioni quantitative all'accesso, consegue alla imposizione
 dei prezzi un vantaggio solo per coloro che sono gia' nel mercato.
   Ricostruendo  la situazione precedente alla entrata in vigore della
 norma   impugnata,   si   evidenzia   come   un   gran   numero    di
 autotrasportatori  abbia cercato di sottrarsi alla applicazione delle
 tariffe a forcella attraverso la adozione  di  sconti  segreti  o  la
 stipulazione  di  contratti  atipici  di  trasporto non soggetti alla
 tariffa  obbligatoria,  salvo   richiedere   all'utente,   ex   post,
 l'applicazione   delle   tariffe   medesime  ampliando  in  tal  modo
 "enormemente" il contenzioso tra autotrasportatori ed utenti. Proprio
 per  cautelarsi  rispetto  ad  azioni  di  rimborso  intentate  dagli
 autotrasportatori, gli utenti hanno fatto sempre piu' spesso  ricorso
 a contratti di appalto di servizi di autotrasporto, rispetto ai quali
 le norme in tema di tariffe obbligatorie non risultavano applicabili.
   Le  modifiche  introdotte  con  la legge n. 162 del 1993 sono volte
 proprio a "contrapporsi"  a  tali  situazioni,  e  a  riaffermare  la
 necessita' di un'applicazione capillare delle tariffe obbligatorie, a
 beneficio esclusivo dei vettori.
   Ma,  ad avviso della parte deducente, la norma non sarebbe idonea a
 raggiungere lo scopo che sembra voler conseguire,  "cioe'  quello  di
 riequilibrare  il mercato riducendo l'offerta di autotrasporto"; "ne'
 perseguirebbe un interesse costituzionalmente  apprezzabile,  essendo
 in  realta' unicamente diretta a sgravare gli uffici giudiziari dalle
 controversie relative al recupero di differenze tariffarie".
   Anche in termini economici, le conseguenze della applicazione delle
 tariffe gia' in vigore a tutti  i  tipi  di  contratto  di  trasporto
 evidenzierebbero la violazione del principio di eguaglianza.
   La  memoria,  nell'esporre  i  dati  relativi ai costi di esercizio
 delle varie  imprese,  in  relazione  anche  alle  diverse  tipologie
 contrattuali,  osserva  che,  oltretutto, nel contratto di appalto di
 trasporti l'applicazione delle  tariffe  obbligatorie  non  ha  alcun
 senso,  perche'  il  vettore  potrebbe non farsi pagare le operazioni
 accessorie e complementari, violando cosi', di fatto,  la  disciplina
 obbligatoria.
   7.2.  -  Circa  l'art.  41  della Costituzione, si ribadisce che la
 normativa  censurata  pregiudica   ed   ostacola,   senza   razionale
 giustificazione,  l'esercizio  di  una  attivita'  economica privata,
 osservando in particolare che l'estensione delle  tariffe  a  settori
 precedentemente  affidati  ad  una  libera  formazione  dei prezzi si
 potrebbe  giustificare  solo  per  promuovere  gli  interessi   della
 collettivita',  e  non  per  giovare  ad una determinata categoria di
 operatori economici, come fa la normativa in questione, che favorisce
 i vettori rispetto agli utenti dei servizi di trasporto.
   7.3. - Infine, sull'art. 101 della Costituzione, si rileva  che  la
 disposizione  censurata,  sotto una parvenza di norma interpretativa,
 impedisce, in realta', al giudice "di procedere  alla  individuazione
 della  concreta  fattispecie sottoposta al suo esame", precludendogli
 di accertare se il contratto sottoposto a giudizio  sia  suscettibile
 di  essere considerato "particolare" o "speciale", dal momento che si
 dispone che ogni  contratto,  il  quale,  in  qualsiasi  modo  ed  in
 qualsiasi  forma,  preveda  la effettuazione di autotrasporto di cose
 per conto terzi, e' comunque soggetto alle disposizioni  della  legge
 n. 298 del 1974.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Con l'ordinanza in epigrafe, il Tribunale di Livorno solleva
 questione di legittimita' costituzionale dell'art.  3  del  d.-l.  29
 marzo  1993,  n. 82 (Misure urgenti per il settore dell'autotrasporto
 di cose per conto di terzi),  convertito,  con  modificazioni,  nella
 legge  27  maggio  1993,  n.  162,  secondo  il  quale l'ultimo comma
 dell'art.  8 delle norme di esecuzione della legge 6 giugno 1974,  n.
 298,  approvate  con  d.P.R. 9 gennaio 1978, n. 56, si interpreta nel
 senso che non e' ammessa la stipulazione di alcun tipo  di  contratto
 che  preveda  l'effettuazione  di  autotrasporto di cose per conto di
 terzi a prezzi o condizioni tariffarie derogativi rispetto  a  quelli
 stabiliti   dalla  medesima  legge  n.  298  del  1974  e  successivi
 provvedimenti  attuativi,  ed  a  quelli  derivanti   dagli   accordi
 collettivi  previsti  dall'art.    13  del  decreto  del Ministro dei
 trasporti 18 novembre 1982.
   2. -  Secondo  il  giudice  rimettente  la  disposizione  censurata
 sarebbe incostituzionale in quanto:
     pur  qualificandosi  quale norma interpretativa, "sembra incidere
 profondamente sul dato testuale della norma interpretata, ampliandone
 l'ambito e l'operativita'", con  la  conseguenza  che,  per  "la  sua
 natura   interpretativa,   in   realta'   solo   apparente,   vincola
 l'interpretazione del  giudice,  incompatibilmente  con  l'art.  101,
 secondo comma, della Costituzione";
     prevede  un  identico regime tariffario (nella specie, le tariffe
 istituite con decreto  ministeriale  18  novembre  1982,  determinate
 "tenendo  conto  dei  costi  di  esercizio  di  una tipica impresa di
 trasporto"), sia per il caso della  esecuzione  di  un  contratto  di
 trasporto  che di un contratto di appalto di servizi, parificando, in
 modo irragionevole, situazioni tra loro diverse, quanto  a  costi  da
 sostenere, in violazione dell'art. 3 della Costituzione;
     applica  a  contratti  che  comportano  costi maggiori le tariffe
 determinate per quelli che implicano  costi  minori,  comprimendo  la
 liberta'  di  iniziativa  economica  privata, incidendo sul principio
 della libera concorrenza attuato in sede comunitaria e  pregiudicando
 l'interesse  generale  che  trova tutela nelle disposizioni di cui al
 primo e al secondo comma dell'art. 41 della Costituzione.
   3.  -  In  via   pregiudiziale,   va   esaminata   l'eccezione   di
 inammissibilita'  della  questione  sollevata  dalla Avvocatura dello
 Stato, la quale assume  che  l'ordinanza  non  sarebbe  adeguatamente
 motivata  in  punto  di  rilevanza e, in particolare, non conterrebbe
 elementi sufficienti sulla sussistenza di connotati  "speciali"  tali
 da  poter  far  ricondurre il rapporto dedotto nel giudizio a quo nel
 genus del contratto di appalto di servizi,  anziche'  in  quello  del
 contratto di trasporto.
   Nei limiti del vaglio che compete a questa Corte, consistente nella
 verifica   di   una  ragionevole  possibilita'  che  la  disposizione
 denunciata  sia  applicabile  nel  giudizio  a  quo,  l'eccezione  va
 disattesa.   Secondo   costante  giurisprudenza,  la  valutazione  di
 rilevanza dalla quale il giudice a quo muove, nel ritenere  di  dover
 fare  applicazione  della  norma  al  caso  a lui sottoposto, si puo'
 disattendere  soltanto   quando   la   stessa   risulti   del   tutto
 implausibile, giacche', altrimenti, la Corte verrebbe ad occuparsi di
 un  problema la cui risoluzione compete al giudice rimettente e cioe'
 quello attinente, da un canto,  alla  definizione  della  fattispecie
 concreta  e, dall'altro, all'individuazione delle disposizioni che la
 regolano.
   Sotto il primo profilo e' sufficiente, dunque,  che  il  rimettente
 descriva  la  fattispecie  sottoposta al suo esame quanto occorre per
 dar conto dell'avvenuto apprezzamento della rilevanza,  senza  essere
 tenuto,  per questo, ad esporre compiutamente le vicende del giudizio
 principale. A tale onere l'ordinanza non si e' sottratta, richiamando
 sostanzialmente, nel definire la  fattispecie  oggetto  di  giudizio,
 quelle  connotazioni che la costante giurisprudenza considera tipiche
 del contratto di appalto di servizi di  trasporto.  Alla  definizione
 cosi'  accolta  non  contraddicono  gli  altri  dati  desumibili  dal
 contesto   della   ordinanza  stessa  in  ordine  agli  elementi  che
 caratterizzavano, in punto di fatto, il rapporto  intercorso  fra  le
 parti.
   Anche sotto il secondo profilo, che concerne l'applicabilita', alla
 fattispecie,  della  norma  censurata,  il  vaglio  di rilevanza puo'
 reputarsi positivamente svolto. Infatti, in base al tenore  letterale
 della  disposizione  denunciata  -  che si riferisce ad "ogni tipo di
 contratto che preveda l'effettuazione di autotrasporto per  conto  di
 terzi"  -  non  appare  implausibile il significato che il rimettente
 attribuisce  alla  medesima,  ritenendola  di  latitudine   tale   da
 ricomprendere nel regime delle tariffe a forcella "ogni contratto nel
 quale sia prevista l'effettuazione di prestazioni di autotrasporto di
 cose per conto di terzi".
   4.  -  Nel  merito, la questione - da esaminare, come e' ovvio, nei
 limiti delle prospettazioni  dell'ordinanza,  senza  tener  conto  di
 eventuali  altri profili che emergano dalle memorie delle parti - non
 e' fondata.
   I dubbi di  legittimita'  costituzionale  sollevati  dall'ordinanza
 hanno  quale  comune  premessa  la  considerazione  che  l'art. 3 del
 decreto-legge  n.  82   del   1993,   al   di   la'   della   formale
 autoqualificazione,  non  esprima  l'interpretazione  autentica della
 precedente disposizione, ma modifichi, per di piu'  retroattivamente,
 la  disciplina, con finalita', pertanto, diverse da quella di rendere
 inequivoco il contenuto della disposizione in essa richiamata.
   Ne discenderebbe il lamentato contrasto con gli invocati  parametri
 costituzionali,  in  ragione  dell'incidenza  che  la norma censurata
 avrebbe sulla funzione interpretativa spettante al  giudice,  nonche'
 per  l'irragionevole  parificazione di situazioni non sussumibili, in
 ragione delle  loro  differenti  caratteristiche,  sotto  una  comune
 disciplina.
   5.  - Si ripropongono, dunque, i problemi gia' piu' volte esaminati
 dalla giurisprudenza costituzionale la quale,  come  e'  noto  -  pur
 ammettendo   la   facolta'   del   legislatore   di   emanare   leggi
 interpretative, con il connaturale elemento  della  retroattivita'  -
 non  ritiene  sufficiente,  per  poterle  considerare  tali,  la sola
 autoqualificazione,   riconoscendo   il   carattere   di   norma   di
 interpretazione  autentica  soltanto alle norme dirette a chiarire il
 senso di quelle preesistenti, ovvero ad escludere o ad enucleare  uno
 dei   sensi   tra   quelli  ragionevolmente  ascrivibili  alle  norme
 interpretate (sentenza  n.  94  del  1995).  A  detto  fine  occorre,
 peraltro,  che  la scelta imposta dalla norma rientri tra le varianti
 di senso compatibili con il tenore letterale del testo  interpretato,
 si'  da  stabilire  un  significato  che ragionevolmente possa essere
 ascritto alla legge anteriore.
   6. - La legge 6 giugno 1974, n. 298, nel  disciplinare  l'attivita'
 di  autotrasporto  di  cose  per  conto  di  terzi  che si svolge sul
 territorio nazionale, contempla un regime di carattere pubblicistico,
 che ha uno  dei  suoi  tratti  fondamentali  nell'istituzione  di  un
 apposito   albo   nel  quale  vanno  iscritti  coloro  che  intendano
 esercitare detta attivita', la quale assume, percio', connotazioni di
 vera e propria attivita'  professionale,  al  punto  che  l'esercizio
 abusivo  dell'autotrasporto  e'  colpito  con  le  sanzioni  previste
 dall'art. 348 del codice penale (art.  26  della  legge  n.  298  del
 1974).
   A  tale  assetto  fa  riscontro  un  sistema  di tabelle tariffarie
 (cosiddette tariffe a forcella)  reso  obbligatorio  dal  divieto  di
 "stipulazione   di  contratti  che  comportino  prezzi  di  trasporto
 determinati al di fuori dei limiti massimi e minimi  delle  forcelle"
 (art.  51, terzo comma), sia pure con la contestuale previsione della
 possibilita'  di  fissare  "condizioni  e   prezzi   particolari   di
 esecuzione  dei trasporti in funzione del tonnellaggio complessivo di
 merce trasportato da una stessa  impresa  per  conto  di  uno  stesso
 mittente in un determinato periodo di tempo" (art.52, ultimo comma).
   La   tassativita'   delle  tariffe  e'  ribadita  dall'art.  8  del
 regolamento di esecuzione della legge contenuto nel d.P.R. 9  gennaio
 1978,  n.  56, che, nell'indicare i criteri per la composizione delle
 relative tabelle, stabilisce, all'ultimo comma, che "non  e'  ammessa
 la  stipulazione  di contratti particolari o speciali sotto qualsiasi
 forma, i quali prevedano  prezzi  di  trasporto  non  compresi  nella
 forcella  e  comunque  non  rientranti  nella  disciplina  tariffaria
 prevista dalla legge 6 giugno 1974, n. 298".
   Quanto ai contratti particolari, l'art. 13 del decreto ministeriale
 18 novembre 1982, con il quale sono state approvate le tariffe  e  le
 rispettive  disposizioni  generali  e  condizioni di applicazione, ne
 specifica ulteriormente i  caratteri,  prevedendo  che  essi  vengano
 stipulati sulla base di accordi di categoria.
   Dal  richiamato  quadro  normativo  possono  trarsi,  in  linea  di
 principio,   due   interpretazioni,   come   risulta   anche    dalla
 giurisprudenza  e  dalla  dottrina  in  materia:  una,  fatta propria
 dall'ordinanza  di  rimessione,  considera  la  disciplina   riferita
 strettamente  a quei rapporti che traggano origine solo dal contratto
 di  trasporto;  l'altra,  invece,   da'   preminente   rilievo   alla
 prestazione in se', si' da ricomprendere anche altre figure negoziali
 (tra  cui,  in  particolare,  l'appalto  di  servizi  di  trasporto),
 nell'ambito delle quali la disciplina  tariffaria  va,  naturalmente,
 riferita  alla prestazione di trasporto in quanto tale, piuttosto che
 alla fonte del rapporto.
   L'art.  3  del  decreto-legge  n.  82  del  1993,  emanato  con  il
 dichiarato  intento di chiarire il significato dell'art. 8 del d.P.R.
 n. 56 del 1978, e con quello, che si desume dalla stessa disposizione
 denunciata, di conferire base legislativa agli accordi  di  categoria
 in  materia  di  contratti  particolari,  rientra  nell'ambito  delle
 possibili interpretazioni della normativa preesistente.
   In sostanza - a muovere da  una  lettura  dell'art.  3  conforme  a
 quella  accolta  dal rimettente, nel senso cioe' che il riferimento a
 tutti i tipi di contratto valga ad attrarre nella sfera di disciplina
 anche  i  contratti  di  appalto  di  servizi  di  trasporto   -   la
 disposizione   denunciata  puo'  ben  essere  intesa  a  chiarire  il
 significato dell'art.   8 del d.P.R.  n.  56  del  1978  e,  piu'  in
 generale,  la  portata della precedente disciplina, nell'ambito delle
 possibili opzioni ermeneutiche dalla stessa  consentite,  rispondendo
 cosi' ai requisiti propri della legge interpretativa.
   Si  puo',  pertanto,  concludere  che la disposizione denunciata e'
 correttamente qualificata di interpretazione autentica e, come  tale,
 e' caratterizzata dalla retroattivita'.
   7.  -  Cio'  posto,  il contenuto della disposizione denunciata non
 appare in contrasto con alcuno dei parametri invocati  nell'ordinanza
 di rimessione.
   Non   sussiste,  anzitutto,  il  contrasto  con  l'art.  101  della
 Costituzione, in quanto il  carattere  di  norma  di  interpretazione
 autentica  che  va  riconosciuto  all'art. 3 del d.-l. n. 82 del 1993
 permette  di  escludere  che   la   disposizione   interferisca   con
 l'esercizio  della funzione giurisdizionale, essendosi il legislatore
 mosso sul piano delle  fonti,  ed  avendo  esercitato  il  potere  di
 attribuire alla disposizione interpretata un significato obbligatorio
 per  tutti  (da  ultimo,  sentenza  n.  15  del  1995).  Del resto la
 retroattivita' in  se'  non  puo'  ritenersi  elemento  che,  assunto
 isolatamente,  sia  idoneo ad integrare un vizio della legge, come la
 giurisprudenza costituzionale ha  riconosciuto  (sentenza  n.  6  del
 1994).
   8.  -  Si  perviene  cosi' alle altre due censure, che a ben vedere
 costituiscono il reale fulcro della questione  prospettata,  e  cioe'
 quella  attinente  alla pretesa violazione dell'art. 3, secondo comma
 (recte: primo comma) della Costituzione, nel presupposto che la norma
 censurata, imponendo un identico  regime  tariffario,  determini  una
 ingiustificata  ed irragionevole parificazione di situazioni tra loro
 diverse; e quella concernente il dubbio di violazione  dell'art.  41,
 primo  e  secondo  comma,  della Costituzione, sotto il profilo della
 compressione della liberta' di iniziativa economica privata  e  della
 lesione   del   principio  di  libera  concorrenza  attuato  in  sede
 comunitaria.   Dubbio che, essendo  imperniato  essenzialmente  sulla
 lamentata  parificazione  tra contratti che comportano costi minori e
 contratti che comportano costi maggiori, si risolve,  in  definitiva,
 nella  riproposizione  della doglianza di violazione del principio di
 eguaglianza.
   Il giudizio di eguaglianza come giudizio di relazione - per  cui  a
 situazioni  eguali  deve  corrispondere  una  identica  disciplina e,
 all'inverso, discipline differenziate andranno collegate a situazioni
 differenti - comporta che la disamina della conformita' di una  norma
 a  quel  principio  deve  svilupparsi  secondo  un  modello dinamico,
 incentrandosi sul perche' una  determinata  disciplina  operi  quella
 specifica distinzione; solo a seguito della verifica della carenza di
 una  causa  della  disciplina introdotta si potra' dire realizzato un
 vizio di legittimita' costituzionale  della  norma,  proprio  perche'
 fondato  sulla  irragionevole  scelta  di  un  regime che finisce per
 omologare  fra  loro  situazioni  diverse  o,   al   contrario,   per
 differenziare  il trattamento di situazioni analoghe (sentenze nn. 89
 e 193 del 1996).
   Per  comprendere  la  "causa"  della   norma   censurata,   occorre
 considerare  il quadro normativo nel quale l'art. 3 del decreto-legge
 n. 82 del 1993 si colloca, a partire dalla legge n. 298 del 1974.
   L'autotrasporto di cose per conto di terzi, al quale si applica  il
 sistema  delle  tariffe a forcella, introdotto dalla legge n. 298 del
 1974, va  inteso,  secondo  l'art.  40  della  medesima  legge,  come
 "l'attivita'   imprenditoriale  per  la  prestazione  di  servizi  di
 trasporto verso un determinato corrispettivo", definizione che  mette
 in  evidenza  profili  che sono comuni anche al contratto di appalto,
 vale a dire l'organizzazione imprenditoriale (art. 1655  cod.civ.)  e
 la prestazione di servizi (art. 1677 cod.civ.).
   Gli  obiettivi  del sistema pubblicistico delle tariffe a forcella,
 quali si evincono dagli stessi lavori preparatori della  legge,  sono
 quelli  di  garantire  alle  imprese  un  margine  di utile, evitando
 situazioni di concorrenza sleale che, deprimendo i noli,  costringano
 le imprese stesse ad operare in condizioni di difficolta', si' da non
 procedere  ad ammortamenti e da non garantire ai lavoratori il dovuto
 trattamento economico e  normativo.  A  tali  finalita'  si  aggiunge
 quella   di  realizzare  la  trasparenza  del  mercato,  e  cioe'  la
 conoscenza dei prezzi sia da parte delle imprese di autotrasporto che
 dell'utenza.
   Al fine di "permettere alle  imprese  di  trasporto  di  conseguire
 un'equa  remunerazione"  i  criteri  dettati  dal  legislatore per la
 determinazione delle tariffe (art. 52, primo comma,  della  legge  n.
 298  del  1974) fanno riferimento al costo medio delle prestazioni di
 trasporto,  "per  imprese  ben  gestite  e  che  godono  di   normali
 condizioni  di  impiego  della  loro capacita' di trasporto", tenendo
 conto, altresi', della situazione di mercato.
   In   questo   ambito   non   puo'   reputarsi    irragionevole    e
 ingiustificatamente   discriminatoria,   in  relazione  al  parametro
 dell'art. 3 della Costituzione, una disposizione che, nel ribadire la
 vincolativita'  del  sistema  di  tariffe  a  forcella  per  tutti  i
 contratti che comunque prevedano l'autotrasporto di cose per conto di
 terzi,  ponga  l'accento  piu'  sulla prestazione convenuta che sulla
 tipologia negoziale in cui essa si inquadra, rispondendo, cosi', alla
 esigenza di impedire  la  elusione  della  relativa  normativa,  alla
 stregua  di  una  ratio  legislativa  che,  nella disciplina unitaria
 dell'autotrasporto di cose per conto di terzi, considera il carattere
 di servizio pubblico proprio  di  quest'ultimo,  nonche'  l'incidenza
 diretta  sui  bisogni  della  collettivita' di una siffatta attivita'
 (sentenza n. 548 del 1990).
   Quanto all'art. 41 della Costituzione, non vale appellarsi, come fa
 l'ordinanza,  al  principio  di  liberta'  di  iniziativa   economica
 privata,  giacche'  questo,  come  piu' volte posto in evidenza dalla
 Corte,  va  bilanciato  con  l'utilita'  sociale;  ne'  ai   principi
 dell'ordinamento comunitario, essendo stata riconosciuta dalla stessa
 giurisprudenza  della  Corte di giustizia la compatibilita' con detto
 ordinamento del sistema tariffario dell'autotrasporto di  merci.  Per
 il     resto,     occorre     solo     evidenziare    l'inconsistenza
 dell'argomentazione del rimettente,  relativa  ai  maggiori  costi  a
 carico  di  talune  imprese,  giacche',  come emerge anche dai lavori
 preparatori sopra ricordati, l'obiettivo del legislatore, gia' a  suo
 tempo,  consisteva  proprio  nell'assicurare  condizioni remunerative
 minime a tutti gli operatori del settore.
   D'altro canto, la presenza di elementi di differenziazione  tra  le
 varie  situazioni, consente di configurare il sistema delle tariffe a
 forcella come un sistema sufficientemente elastico nell'ambito di  un
 mercato  amministrativamente  regolato,  come  dimostra  la  prevista
 facolta' delle parti di fissare non  solo  il  corrispettivo  tra  il
 limite   massimo   e  il  limite  minimo  della  tariffa  a  forcella
 corrispondente (art. 51, terzo comma, della legge n. 298  del  1974),
 ma anche condizioni e prezzi particolari (art. 52, terzo comma, della
 medesima  legge);  e  cosi' pure la possibilita' di applicare tariffe
 speciali per particolari esigenze del trasporto (art. 12  del  d.P.R.
 n. 56 del 1978) nonche' di remunerare i servizi accessori (artt. 14 e
 16 del medesimo d.P.R.).
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3 del d.-l. 29 marzo 1993, n. 82  (Misure  urgenti  per  il
 settore  dell'autotrasporto  di cose per conto di terzi), convertito,
 con modificazioni, nella legge 27 maggio 1993, n. 162, sollevata,  in
 riferimento  agli artt. 3, 41 e 101 della Costituzione, dal Tribunale
 di Livorno con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
                         Il presidente: Ferri
                          Il redattore: Vari
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 96C1743