N. 1252 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo - 23 ottobre 1996

                                N. 1252
  Ordinanza   emessa   il   13   marzo   1996  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il  23  ottobre  1996)  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  per il Lazio sul ricorso proposto da Figliolia Luisanna ed
 altre contro il Ministero di Grazia e Gistizia.
 Impiego pubblico - Magistrati - Lavoratrici  madri  -  Esclusione  in
    caso  di  congedo  straordinario  per  maternita'  dell'indennita'
    speciale di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n.  27  -
    Ingiustificato   deteriore   trattamento  della  donna  magistrato
    rispetto alle altre dipendenti statali,  attesa  la  spettanza  di
    detta  indennita'  a  tutti  i  magistrati  senza  distinzioni  di
    funzioni - Incidenza sui principi della tutela  della  lavoratrice
    madre, della famiglia e dell'infanzia.
 (Legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 30, 31 e 37).
(GU n.46 del 13-11-1996 )
                 IL TIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sul ricorso n. 7528/94 r.g.
 proposto  da  Figliolia  Luisanna,  Mingrone  Maria  Luisa,  Arlomedi
 Graziella,  Di  Matteo  Silvia,  Blasutto  Daniela,  Maltese  Elvira,
 Cruciani Marzia,  Garri  Fabrizia,  Montaldi  Alida,  Marcello  Maria
 Gabriella,  Puoti  Maria  Enrica,  Galterio  Donatella,  Falato Maria
 Elena, Falaschi Milena, Amadori Franca, Cesqui Elisabetta,  Calvanese
 Ersilia,  Castagnoli  Silvia,  Gozzer Fiorella, Serafin Maria Grazia,
 Avezzu' Emma, De Martiis Paola, Milesi Silvia, Azzena Plinia, Altieri
 Carla, Pitzorno Elena Maria  Grazia,  Salari  Donatella,  Mariani  M.
 Gabriella,  Diani Isabella, Rava Paola, Ramella Trafighet Claudia, De
 Risi Valeria, Ingrasci' Patrizia, Roilo Elisabeth, Burei  Alessandra,
 Mertin Isabella Maria Edith e Grasso Giovanna, rappresentate e difese
 dall'avvocato   Giovanni   Crisostomo   Sciacca  con  il  quale  sono
 elettivamente domiciliate in Roma, alla via G. B. Vico n. 29,  contro
 il  Ministero  di  grazia  e  giustizia,  in persona del Ministro pro
 tempore, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello  Stato
 presso i cui uffici e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
 per  l'accertamento  del  diritto ad ottenere la corresponsione della
 speciale indennita' di cui all'art.  3 della legge n. 27/1981  per  i
 periodi  di  assenza  obbligatoria  previsti  dagli artt. 4 e 5 della
 legge n. 1204 del 30 dicembre 1971;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'intimato Ministero;
   Viste le memorie difensive depositate dalle parti;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Udito  alla  pubblica  udienza del 13 marzo 1996, relatore il cons.
 Giudo  Romano,  l'avv.  Sciacca  per  la  parte  ricorrente;  nessuno
 comparso per l'amministrazione resistente;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con ricorso notificato il 12 maggio 1994 e depositato il successivo
 giorno  18,  le  ricorrenti,  tutte  magistrati  ordinari in servizio
 presso vari uffici giudiziari, affermano che per i periodi di assenza
 obbligatoria per maternita', goduti a far tempo dalle singole date di
 ingresso in carriera, non  e'  stata  loro  corrisposta  l'indennita'
 speciale di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981 n. 27.
   Le   ricorrenti  Mingrone,  Montaldi,  Marcello,  Falati,  Amadori,
 Castagnoli, Milesi, Altieri, Pitzorno, Salari e Grassi affermano  che
 non  hanno  goduto  della  predetta indennita' neppure nell'ulteriore
 periodo di astensione obbligatoria previsto dall'art. 5  della  legge
 n. 27/1981.
   Precisano  che  alle  specifiche  richieste presentate da alcune di
 esse il Ministero ha risposto che l'art. 3 della  legge  n.  27/1981,
 nell'istituire  una  speciale  indennita'  a  favore  dei  magistrati
 ordinari, ne ha espressamente escluso la corresponsione per i periodi
 di assenza obbligatoria e facoltativa previsti dall'art. 4 e 7  della
 legge n.  1204/1971.
   Contestano  la  legittimita'  di tale avviso e la costituzionalita'
 della norma che tale avviso ha consentito di esprimere,  deducendo  i
 seguenti motivi di diritto:
   1. - Violazione degli artt. 3 e 37 della Costituzione.
   Sostengono  le  ricorrenti  che  la  norma  censurata violerebbe il
 principio  di  parita'  uomo-donna,  visto  alla  luce   del   valore
 costituzionale  collegato  alla maternita', in quanto escluderebbe il
 magistrato-donna alla percezione dell'indennita'  in  questione  "...
 sol  perche'  la  sua  struttura  biologica  e  la  norma positiva le
 impongono, con la procreazione della prole,  un  fermo  di  carattere
 fisico  e  la  indentita' materna ed il generale interesse sociale le
 impongono, altrettanto, l'allevamento della prole neonata, il che non
 accade al magistrato di sesso maschile, che con la procreazione della
 prole e con la propria indentita' paterna  non  subisce  alcun  fermo
 biologico  e non ha compiti - nei confronti del neonato - addirittura
 protetti da norme di rango costituzionale ...".
   In tal modo, proseguono le ricorrenti, il legislatore ordinario  ha
 violato  il principio di uguaglianza ed il principio protettivo della
 maternita', perche', "... ha omesso  di  valutare,  da  un  lato,  la
 particolare  struttura  biologica della donna, penalizzandola cosi' a
 ragione del proprio sesso e, dall'altro, non ha considerato che  tale
 diversita'  biologica e', in relazione alla maternita' - che nel caso
 in esame non e' solo condizione di donna che ha partorito ma funzione
 di carattere relazionale ed  affettivo  in  funzione  del  neonato  -
 valore costituzionalmente garantito ...".
   2. - Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
   Sostengono  le  ricorrenti  che  - tenuto conto che l'indennita' in
 questione, in un primo tempo riservata ai soli magistrati,  e'  stata
 estesa  al personale di segreteria e cancelleria, mantenendo immutate
 natura e modalita' di corresponsione e tenuto conto che il  contratto
 di   lavoro   del   comparto   Ministeri   ha   consentito,   secondo
 l'interpretazione  concordata  dal  Ministero   resistente   con   il
 Ministero del tesoro, IGOP, consente l'erogazione di detta indennita'
 anche nell'ipotesi di cui agli artt. 4 e 5 della legge n. 1204/1971 -
 sussisterebbe  "...  un'inammissibile disparita' di trattamento ed un
 trattamento  iniquo  in  danno  e  nei  confronti  del  personale  di
 magistratura  che  urta  con  i principi garantiti dagli artt. 3 e 97
 della Costituzione ...".
   Sostengono, altresi', che, alla luce di  quanto  prevede  l'art.  6
 della  legge  n.  903  del  9  dicembre  1977    - che ha esteso alle
 lavoratrici che abbiano adottato bambini o  li  abbiano  ottenuti  in
 affidamento  preadottivo alcuni istituti in precedenza riservati alla
 sola madre naturale, tra i quali  l'astensione  obbligatoria  di  cui
 all'art.  4  della  legge  n.  1204/1971  durante  i  primi  tre mesi
 dall'effettivo ingresso del bambino in famiglia e purche'  non  abbia
 eta'  superiore a sei anni - le stesse censure di incostituzionalita'
 debbano valere anche in relazione  a  tale  fattispecie,  vissuta  da
 alcune ricorrenti.
   L'Avvocatura    generale    dello   Stato   ha   prodotto   memoria
 nell'interesse   del   Ministero    intimato    argomentando    circa
 l'infondatezza  delle  proposte  questioni,  alla luce della sentenza
 della Corte costituzionale n.  238 del 3-8 maggio 1990.
   All'udienza del 13 marzo 1996 il ricorso e' stato introitato per la
 decisione.
                             D i r i t t o
   1. - Le ricorrenti si dolgono di  essere  illegittimamente  eslcuse
 dalla  percezione  dell'indennita'  di  cui all'art. 3 della legge 19
 febbraio 1981 n. 27 - in  correlazione  a  situazioni  di  astensione
 obbligatoria dal servizio ex artt. 4 e 5 della legge 30 dicembre 1971
 n.   1204  -  e  chiedono  che,  contrariamente  a  quanto  affermato
 dall'Amministrazione resistente in relazione ad  istanze  allo  scopo
 prodotte  da alcune delle ricorrenti, venga accertato il loro diritto
 a tale indennita' nelle anzidette situazioni ed anche nell'ipotesi di
 adozione e di affidamento preadottivo, tenuto  conto  che  l'istituto
 dell'astensione  obbligatoria e' stato esteso a tali  ipotesi ex art.
 6 della legge 9 dicembre 1977 n. 903.
   Affermano, inoltre, che, in caso  di  ritenuta  infondatezza  della
 loro  pretesa, debbasi porre in dubbio - alla stregua dei motivi gia'
 riassunti  nella  parte  in  fatto  della  presente  ordinanza  -  la
 correttezza  costituzionale  della  citata  disposizione  dell'art. 3
 della legge n. 27/1981, per  contrasto  con  i  parametri  ricavabili
 dalle  norme  degli  artt.  3,  37  e  97 della Costituzione, secondo
 profili o non esaminati (art.  37)  dal  giudice  delle  leggi  nella
 sentenza  3-8  maggio  1990  n. 238 ovvero prospettati in relazione a
 circostanze diverse (artt. 3 e 97).
   2.  -  La  pretesa  patrimoniale  avanzata  dalle   ricorrenti   e'
 contrastata,  dal chiaro ed inequivoco disposto del comma primo della
 norma   in   esame   che   espressamente   eslcude   la    percezione
 dell'indennita'   (anche)  nell'ipotesi  di  astensione  obbligatoria
 prevista dall'art. 4 della legge n. 1204/1971 nonche' nell'ipotesi di
 cui all'art. 5 della stessa  legge,  per  effetto  dell'equiparazione
 operata dal successivo art.  6.
   Ed  invero,  e'  evidente  che  il  legislatore ordinario ha voluto
 riconoscere il diritto all'indennita' soltanto in  correlazione  alla
 prestazione di effettivo servizio, eslcudendone, conseguentemente, la
 percezione  in tutte le ipotesi - peraltro puntualmente individuate -
 in cui difetti detto essenziale presupposto, tra le quali,  per  quel
 che qui rileva, l'astensione obbligatoria dal servizio per maternita'
 nelle sue varie e sopra citate ipotesi.
   3.   -   Tale   circostanza   e'  rilevante  per  la  questione  di
 costituzionalita' sollevata dalle medesime  poiche'  nell'ipotesi  in
 cui  il  giudice  delle  leggi  dovesse ritenerla fondata, ovviamente
 muterebbe radicalmente ed in senso favorevole la sorte della  domanda
 giudiziale.
   4.  -  E' ben noto alla Sezione che la Corte costituzionale ha gia'
 esaminato  analoga  questione  "invero  limitata  al  profilo   della
 violazione  del  principio  di  eguaglianza" e che la stessa e' stata
 ritenuta non fondata.
   E', altresi', noto che in  tale  occasione  la  Corte  non  ebbe  a
 pronunziarsi  sulla  questione,  pur nominalmente sollevata, relativa
 all'art. 37 della  Costituzione  poiche'  la  stessa  Corte  affermo'
 essere  inuscettibile  di  "...  considerazione autonoma ..." la "...
 ulteriore censura riferita all'art.  37  Cost.  ...  omissis  ...  in
 quanto  e'  prospettata  in  modo  cosi'  sommario  e generico da non
 consentire di apprezzare i termini dell'asserita violazione  di  tale
 disposizione  ed  in  particolare  di  chiarire se si lamenti una non
 adeguata protezione della  lavoratrice  madre  ovvero  -  come  opina
 l'Avvocatura  -  una  violazione  della garanzia di pari retribuzione
 rispetto al lavoratore ...".
   4.1. - Orbene, con riguardo al profilo evidenziato con  il  secondo
 motivo  inerente l'asserita disparita' di trattamento sussistente tra
 le ricorrenti ed il personale di cancelleria e  di  segreteria  "dopo
 che a tale ultimo personale e' stata estesa in via ordinaria, ex lege
 n.  221/1988,  la  percezione  di  tale  indennita' e che al medesimo
 personale detta indennita' e' erogata, in applicazione del d.P.R.  n.
 44 del 17 gennaio 1990 di  recepimento  dell'accordo  di  lavoro  del
 comparto   "Ministeri""  nonche'  l'altrettanto  asserita  violazione
 dell'art.   97 della Costituzione, non puo'  non  convenirsi  con  il
 Ministero  resitere nel senso che rimangono insuperabili, allo stato,
 le motivazioni rese dalla Corte costituzionale con la gia' richiamata
 sentenza n.  238/1990.
   Ed infatti, non puo' restare immutato l'avviso:
     a) della specialita' dell'indennita', atteso che questa  ha  come
 sua  "...  caratteristica  ... " quella di essere "... specificamente
 connessa allo status dei magistrati ..." e di essere "... assoggetata
 al medesimo meccanismo di rivalutazione automatica previsto  per  gli
 stipendi  ..."  tant'e'  che  "...  il  legislatore,  anche quando ha
 ritenuto di estendere l'indennita' al personale delle  cancellerie  e
 segreterie  giudiziarie ed a quello amministrativo delle magistrature
 speciali (leggi  22 giugno 1988 n. 221 e 15 febbraio 1989 n. 51) l'ha
 attribuita in misura fissa, escludendo l'applicabilita' del  suddetto
 meccanismo di adeguamento ...";
     b)  della  non  equiparabilita'  delle situazioni perche' "... e'
 proprio la  circostanza  che  il  trattamento  economico  di  costoro
 (n.d.r.    i  magistrati) e' soggetto a regolamentazione autonoma che
 preclude di apprezzare, in riferimento al principio  di  eguaglianza,
 la   diversa  disciplina  adottata  per  i  periodi  di  assenza  per
 maternita' ...".
   4.2. - Invece, non manifestamente infondata puo'  valutarsi  -  con
 l'integrazione  di  alcune  osservazioni  che  di  ufficio la Sezione
 ritiene di poter effettuare, in relazione  alle  norme  di  cui  agli
 artt.  30 e 31 della Costituzione - l'eccezione proposta con il primo
 motivo di ricorso.
   4.2.1. -  La  norma  di  cui  si  dubita  individua  una  serie  di
 preclusioni  alla percezione dell'indennita' indistintamente comuni a
 tutti  i  magistrati,  tranne  che  per  le  ipotesi  dell'astensione
 obbligatoria  prevista  dall'art.  4  della legge n. 1204/1971 ovvero
 dell'interdizione dal lavoro disposta dall'Ispettorato del lavoro  ex
 art. 5 della stessa legge.
   Infatti,  sia  per  il congedo straordinario, sia per l'aspettativa
 per  qualsiasi  causa,  sia  per  la  sospensione  dal  servizio  per
 qualsiasi  causa,  il  sesso  non  assume alcun valore qualificante o
 differenziante le posizioni dei destinatari della stessa  norma,  per
 cui  trova  razionale  e  paritaria  giustificazione l'esclusione, in
 quelle circostanze, di tutti  i  magistrati,  indistintamente,  dalla
 percezione dell'indennita' in questione.
   All'inverso,  la  condizione  femminile,  vista  sotto il peculiare
 profilo della maternita', diventa, in violazione del parametro di cui
 all'art. 3 della Costituzione, presupposto scriminante di  fatto  nel
 rapporto   paritario   uomo-donna   laddove,   come   nella   specie,
 l'astensione dal  servizio  sia  riconnessa  ad  un  evento  naturale
 (maternita')  esclusivamente propio del sesso femminile, in relazione
 al quale l'interesse pubblico e' talmente rilevante e  pregnante  che
 ne  vengono  assunte in garanzia e la tutela direttamente dalla norma
 costituzionale.
   In tali peculiari condizioni,  la  previsione  di  una  ipotesi  di
 eslcusione della percezione dell'indennita' "peraltro rilevante nella
 sua  entita'  ed  incidente  sui  soli magistrati di sesso femminile"
 vulnera di fatto anche la condizione  della  lavoratrice-madre  (art.
 37)  e  la  particolare  tutela garantita dall'art. 31 della medesima
 Carta costituzionale alla familgia, intesa come cellula  fondamentale
 della  societa'  ,  la cui liberta' di formarsi ed accrescersi appare
 notevolmente menomata.
   Nelle stesse condizioni, non di  meno  vengono  in  evidenza  anche
 esigenze   di  tutela  del  minore,  tenuto  conto  che  la  funzione
 dell'astensione obbligatoria dal lavoro -  secondo  quanto  ha  avuto
 modo di chiarire da tempo il giudice delle leggi con la sentenza n. 1
 del  14-19  gennaio 1987 - nei primi tre mesi di vita del bambino non
 si esaurisce nella tutela della salute della madre, ma va  ricondotta
 anche   "o  nei  casi  di  adozione  e  di  affidamento  preadottivo,
 esclusivamente" alle esigenze di tutela del  minore,  al  quale  deve
 essere   assicurata,  nell'ambito  della  famiglia,  quell'assistenza
 materiale ed affettiva che e' indispensabile per  lo  sviluppo  della
 sua personalita'.
   Orbene,   non  pare  irragionevole  ritenere  che  la  decurtazione
 economica cui va incontro il magistrato-madre per effetto della norma
 indubbiata,  possa  avere  incidenza  anche   sulle   condizioni   di
 efficienza  dell'assistenza  materiale  del  minore, sol che si tenga
 conto dell'entita' dell'indennita' in rapporto al livello stipendiale
 del  magistrato  che sia obbligato ad astenersi dal lavoro ex lege n.
 1204/1971, specialmente  se  di  prima  nomina,  e  si  consideri  la
 possibilita' di situazioni familiari monoreddito.
   Consegue  il  ravvisato contrasto anche con il parametro ricavabile
 dal primo comma dell'art. 30 della Costituzione.
   In breve, soltanto eliminando dall'ordinamento la norma  denunciata
 "ovviamente  considerata per il solo aspetto concernente l'astensione
 obbligatoria anche nelle ipotesi di cui all'art. 5 della stessa legge
 per effetto dell'equiparazione operata dal successivo art. 6"  sembra
 potersi  prestare  il  dovuto  ossequio  al  parametro di eguaglianza
 sostanziale di fronte alla  legge  di  soggetti  che  si  trovino  in
 identica   condizione   giuridica  e  rimuovere,  concretamente,  gli
 ostacoli che di fatto attentano alla parita' di trattamento.
   Alla luce dei principi evidenziati dal giudice delle leggi  con  la
 sentenza  n.  163  del 2-15 aprile 1993 non pare revocabile in dubbio
 che vi sia indennita'  di  condizione  giuridica  tra  i  magistrati,
 indipendentemente  dal  sesso  di  questi,  e  che  la condizione del
 magistrato di sesso femminile, invece - in quanto  vincolata,  da  un
 lato, dalle leggi naturali che governano la maternita' e, dall'altro,
 da  norme  imperative che impongono alla lavoratrice un comportamento
 obbligato - si sostanzi in scriminante  di  fatto  all'interno  dello
 stesso,   identico  tipo  di  destinatario,  senza  alcuna  razionale
 giustificazione e per di piu' obliterando  valori  costituzionalmente
 affermati (famiglia, maternita' e tutela del minore) e protetti.
   5.  -  In conclusione, stante il gia' rilevato carattere assorbente
 delle  censure  che  si   fondano   sulle   predette   questioni   di
 costituzionalita',  il  giudizio  deve essere sospeso in attesa della
 pronunzia della Corte costituzionale al riguardo.
                                P. Q. M.
   Il tribunale amministrativo regionale per  il  Lazio,  sez.  prima,
 visti   gli   artt.   134   della   Costituzione  e  23  della  legge
 costituzionale 11 marzo 1953 n. 1, cosi' dispone:
     dichiara rilevante e non manifestamente  infondata,  nei  modi  e
 limiti  di  cui  in  motivazione,  la  questione di costituzionalita'
 sollevata in relazione  all'art.  3,  primo  comma,  della  legge  19
 febbraio  1981  n.  27 - nella parte in cui esclude la corresponsione
 della speciale indennita' dal medesimo articolo istituita  durante  i
 periodi  di  assenza  obbligatoria  prevista  dagli artt. 4 e 5 della
 legge 20 dicembre 1971 n. 1204 - per contrasto  con  le  norme  degli
 artt.  3, 30, 31 e 37 della Costituzione, secondo quanto precisato in
 motivazione;
     sospende il giudizio e dispone l'invio  dei  relativi  atti  alla
 Corte  costituzionale,  a  cura  della  segreteria della sezione, che
 provvedera'  altresi'  alla  notifica  della  presente  ordinanza  al
 Presidente  del  Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti della Camera
 dei Deputati e del Senato della Repubblica.
   Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del 13 marzo 1996.
                        Il presidente: Schinala
                                                   L'estensore: Romano
 96C1749