N. 1256 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 marzo - 23 ottobre 1996

                                N. 1256
  Ordinanza  emessa  il  13   marzo   1996   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il  23  ottobre  1996)  dal  tribunale amministrativo
 regionale per  il  Lazio  sul  ricorso  proposto  da  Chiarini  Maria
 Margherita ed altre contro il Ministero di grazia e giustizia.
 Impiego  pubblico  -  Magistrati  - Lavoratrici madri - Esclusione in
    caso  di  congedo  straordinario  per  maternita'  dell'indennita'
    speciale  di  cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 -
    Ingiustificato  deteriore  trattamento  della   donna   magistrato
    rispetto  alle  altre  dipendenti  statali, attesa la spettanza di
    detta  indennita'  a  tutti  i  magistrati  senza  distinzioni  di
    funzioni  -  Incidenza sui principi della tutela della lavoratrice
    madre, della famiglia e dell'infanzia.
 (Legge 19 febbraio 1981, n. 27, art. 3, primo comma).
 (Cost., artt. 3, 30, 31 e 37).
(GU n.46 del 13-11-1996 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente sentenza sul ricorso n. 10652/1995  r.g.
 proposto  da Chiarini Maria Margherita, Evangelista Patrizia, Rabboni
 Lucia, Olimpia Brocca Raffaella, rappresentate e difese dall'avvocato
 Giovanni  Crisostomo  Sciacca  con  il   quale   sono   elettivamente
 domiciliate  in Roma, alla via G.B. Vico n. 29 contro il Ministero di
 grazia  e   giustizia,   in   persona   del   Ministro   pro-tempore,
 rappresentato  e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso i
 cui uffici e' domiciliato in Roma, via  dei  Portoghesi  n.  12;  per
 l'accertamento  del  diritto  ad  ottenere  la  corresponsione  della
 speciale indennita' di cui all'art.  3 della legge n. 27/1981  per  i
 periodi  di  assenza  obbligatoria  previsti  dagli artt. 4 e 5 della
 legge n. 1204 del 30 dicembre 1971;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'intimato Ministero;
    Viste le memorie difensive depositate dalle parti;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udito  alla  pubblica udienza del 13 marzo 1996, relatore il cons.
 Guido  Romano,  l'avv.  Sciacca  per  la  parte  ricorrente;  nessuno
 comparso per l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Con ricorso notificato il 3 agosto 1995 e depositato il successivo
  giorno  11,  le  ricorrenti,  tutte  magistrati ordinari in servizio
 presso vari uffici giudiziari affermano che per i periodi di  assenza
 obbligatoria per maternita', goduti a far tempo dalle singole date di
 ingresso  in  carriera,  non  e'  stata loro corrisposta l'indennita'
 speciale di cui all'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27.
   Le ricorrenti Rabboni ed Evangelista  affermano,  inoltre,  di  non
 aver  goduto della predetta indennita' neppure nell'ulteriore periodo
 di astensione  obbligatoria  previsto  dall'art.  5  della  legge  n.
 27/1981.
   Precisano  che  alle  specifiche  richieste presentate da alcune di
 esse il Ministero ha risposto che l'art. 3 della  legge  n.  27/1981,
 nell'istituire  una  speciale  indennita'  a  favore  dei  magistrati
 ordinari, ne ha espressamente escluso la corresponsione per i periodi
 di assenza obbligatoria e facoltativa previsti dall'art. 4 e 7  della
 legge n.  1204/1971.
   Contestano  la  legittimita'  di tale avviso e la costituzionalita'
 della norma che tale avviso ha consentito di esprimere,  deducendo  i
 seguenti motivi di diritto:
    1. - Violazione degli artt. 3 e 37 della Costituzione.
    Sostengono  le  ricorrenti  che  la  norma censurata violerebbe il
 principio  di  parita'  uomo-donna,  visto  alla  luce   del   valore
 costituzionale  collegato  alla maternita', in quanto escluderebbe il
 magistrato-donna dalla percezione dell'indennita' in  questione  "...
 sol  perche'  la  sua  struttura  biologica  e  la  norma positiva le
 impongono, con la procreazione della prole,  un  fermo  di  carattere
 fisico  e  la  identita'  materna ed il generale interesse sociale le
 impongono, altrettanto, l'allevamento della prole neonata, il che non
 accade al magistrato di sesso maschile, che con la procreazione della
 prole e con la propria identita'  paterna  non  subisce  alcun  fermo
 biologico  e non ha compiti - nei confronti del neonato - addirittura
 protetti da norme di rango costituzionale ...".
   In tal modo, proseguono le ricorrenti, il legislatore ordinario  ha
 violato  il principio di uguaglianza ed il principio protettivo della
 maternita', perche', "... ha omesso  di  valutare,  da  un  lato,  la
 particolare  struttura  biologica della donna, penalizzandola cosi' a
 ragione del proprio sesso e, dall'altro, non ha considerato che  tale
 diversita'  biologica e', in relazione alla maternita' - che nel caso
 in esame non e' solo condizione di donna che ha partorito ma funzione
 di carattere relazionale ed  affettivo  in  funzione  del  neonato  -
 valore costituzionalmente garantito...".
   2. - Violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione.
   Sostengono  le  ricorrenti  che  - tenuto conto che l'indennita' in
 questione, in un primo tempo riservata ai soli magistrati,  e'  stata
 estesa  al personale di segreteria e cancelleria, mantenendo immutate
 natura e modalita' di corresponsione e tenuto conto che il  contratto
 di   lavoro   del   comparto   Ministeri   ha   consentito,   secondo
 l'interpretazione  concordata  dal  Ministero   resistente   con   il
 Ministero del tesoro, IGOP, consente l'erogazione di detta indennita'
 anche  nell'ipotesi  di  cui  agli  articoli  4  e  5  della legge n.
 1204/1971  -  sussisterebbe  "...  un'inammissibile   disparita'   di
 trattamento  ed  un  trattamento  iniquo in danno e nei confronti del
 personale di magistratura che urta con  i  principi  garantiti  dagli
 artt. 3 e 97 della Costituzione ...".
   Sostegno, altresi', che, alla luce di quanto prevede l'art. 6 della
 legge n. 903 del 9 dicembre 1977 - che ha esteso alle lavoratrici che
 abbiano  adottato  bambini  o  li  abbiano  ottenuti  in  affidamento
 preadottivo alcuni istituti in precedenza riservati alla  sola  madre
 naturale,  tra  i  quali  l'astensione obbligatoria di cui all'art. 4
 della legge n. 1204/1971 durante  i  primi  tre  mesi  dall'effettivo
 ingresso del bambino in famiglia e purche' non abbia eta' superiore a
 sei  anni  -  le stesse censure di incostituzionalita' debbano valere
 anche in relazione  a  tale  fattispecie,  vissuta  da  alcune  delle
 ricorrenti.
   L'Avvocatura    generale    dello   Stato   ha   prodotto   memoria
 nell'interesse   del   Ministero    intimato    argomentando    circa
 l'infondatezza  delle  proposte  questioni,  alla luce della sentenza
 della Corte costituzionale n.  238 del 3-8 maggio 1990.
   All'udienza del 13 marzo 1996 il ricorso e' stato introitato per la
 decisione.
                             D i r i t t o
   Il seguito del  testo  dell'ordinanza  e'  perfettamente  uguale  a
 quello   dell'ordinanza   pubblicata  in  precedenza  (Reg.  ord.  n.
 1252/1996).
 96C1753