N. 1258 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 settembre 1996
N. 1258 Ordinanza emessa il 2 settembre 1996 dal giudice istruttore del tribunale di Bologna nel procedimento civile vertente tra FE.FRA. s.r.l. e il comune di Budrio Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) - Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura dei risarcimenti dovuti in conseguenza di illegittime occupazioni acquisitive - Ingiustificata deroga al principio civilistico dell'integrale risarcimento del danno da parte dell'autore dell'illecito - Irrazionale e ingiustificata equiparazione delle espropriazioni regolari e delle ablazioni sine titulo - Incidenza sul diritto di proprieta', sul diritto di difesa, sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a., di tutela giurisdizionale e di responsabilita' dei pubblici funzionari e dipendenti. (Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 65). (Cost., artt. 2, 3, primo e secondo comma, 24, primo comma, 28, 97, primo comma, e 113, primo e secondo comma).(GU n.46 del 13-11-1996 )
IL GIUDICE ISTRUTTORE Ha emesso la seguente ordinanza esaminati gli atti della causa civile iscritta al r.g. n. 2537/1994 e vertente tra la Fe.fra. S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marzio Dallari e Giuseppe Orlando (parte attrice), e il comune di Budrio (Bologna), in persona del sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giancarlo Mengoli (parte convenuta), in riserva nell'udienza del 26 giugno 1996. Rilevato in fatto Con atto di citazione ritualmente notificato in data 11 febbraio 1994, la societa' Fe.fra. conveniva in giudizio il comune di Budrio, esponendo che: il convenuto, in esecuzione del decreto di espropriazione n. 300 deliberato in data 14 settembre 1993 dal commissario straordinario, prendeva possesso di un lotto di terreno edificabile di proprieta' della societa' attrice realizzandovi un parco pubblico con relativo parcheggio; il provvedimento di esproprio veniva emanato in forza della dichiarazione di pubblica utilita' n. 194, deliberata da Consiglio comunale in data 22 luglio 1987 e successivamente impugnata dalla societa' Fe.fra. avanti il T.A.R. dell'Emilia-Romagna; il menzionato decreto di espropriazione doveva considerarsi nullo poiche' disposto dal comune convenuto in assenza del presupposto essenziale della dichiarazione di pubblica utilita' dell'opera, essendo quest'ultima divenuta inefficace a causa del mancato inizio delle opere nel triennio successivo all'approvazione del progetto, ai sensi dell'art. 1 comma terzo della legge 3 gennaio 1978 n. 1; il comune di Budrio, avendo nel frattempo realizzato irreversibilmente le opere pubbliche de quibus nel suddetto immobile, ne acquistava la proprieta', giacche' si erano integrati gli estremi della c.d. accessione invertita a favore della p.a. espropriante, a causa dell'intangibilita' delle opere pubbliche in oggetto. Tutto cio' premesso, la societa' attrice chiedeva al tribunale, previa disapplicazione del decreto di espropriazione, la condanna del comune di Budrio al risarcimento dei danni patiti per l'irreversibile privazione e perdita del proprio lotto di terreno, mediante la corresponsione di una somma pari al valore di mercato che l'immobile aveva al momento dell'assunto spossessamento illecito, oltre alla rivalutazione monetaria e agli interessi. La parte convenuta, nel costituirsi - oltre ad eccepire preliminarmente la carenza di giurisdizione del giudice ordinario adito - sosteneva che il ritardo con cui il comune era pervenuto all'espropriazione del terreno della societa' attrice, era da imputarsi al contenzioso promosso dalla Fe.fra. S.r.l. avanti il T.A.R. dell'Emilia-Romagna avverso la dichiarazione di pubblica utilita'. Il convenuto precisava altresi' che il termine triennale di cui al citato art. 1, comma terzo, della legge n. 1/1978, era stato legittimamente prorogato con provvedimento commissariale n. 197 in data 20 luglio 1993; con questo medesimo provvedimento il comune di Budrio aveva inoltre determinato l'indennita' provvisoria di espropriazione, che veniva fissata - in osservanza dei parametri indicati all'art. 5-bis della legge 8 agosto 1992 n. 359, di conversione del d.-l. 11 luglio 1992 n. 333 - in L. 45.384.000. Tanto premesso, la parte convenuta chiedeva la reiezione della domanda dell'attrice. In corso di causa veniva disposta ed espletata una consulenza tecnica per accertare gli aspetti tecnici della controversia. Con memoria istruttoria depositata all'udienza del 19 marzo 1996, la difesa del comune di Budrio convenuto invocava un supplemento di consulenza tecnica, in quanto era entrata in vigore medio tempore la legge 28 dicembre 1995 n. 549, la quale, all'art. 1, comma 65, stabilisce che i parametri per la determinazione dell'indennita' di espropriazione di cui all'art. 5-bis della legge n. 359/1992, debbano applicarsi anche "in tutti i casi in cui non sono stati ancora determinati in via definitiva il prezzo, l'entita' dell'indennizzo e/o del risarcimento del danno, alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto". Con successivo foglio di deduzioni depositato all'udienza del 26 giugno 1996, la difesa della societa' Fe.fra. attrice sollevava l'eccezione di incostituzionalita' del suddetto art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995, poiche' essa norma - sostituendo il comma 6 dell'art. 5-bis della legge n. 359/1992 - aveva esteso pure alla liquidazione del risarcimento dei danni la disciplina dettata in tema di indennita' di esproprio, nonostante la radicale diversita' dei due istituti. Con cio' - a giudizio della societa' attrice - si appalesava la violazione di varie norme costituzionali, identificate negli artt. 3, 24, 28, 97 e 113 Cost., per cui, ove il giudice istruttore ritenesse applicabile tale norma innovativa per lo scioglimento della riserva istruttoria, gli atti dovevano essere senz'altro rimessi alla Corte costituzionale per l'esame della relativa questione. Rilevato in diritto La questione di incostituzionalita' sollevata dalla difesa della Fe.fra. S.r.l. appare rilevante e non manifestamente infondata. L'art. 5-bis della legge n. 359/1992, di conversione del precedente decreto-legge n. 333/1992., recante "Misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica", stabilisce, "fino all'emanazione di un'organica disciplina per tutte le espropriazioni preordinate alla realizzazione di opere o interventi da parte o per conto dello Stato, delle regioni, delle province, dei comuni e degli altri enti pubblici" (comma 1, art. cit.), i criteri da osservarsi ai fini della determinazione dell'indennita' di espropriazione per pubblica utilita', criteri rimasti poi sostanzialmente definitivi per la mancata emanazione dell'auspicata disciplina organica di tale delicata materia. La recente legge n. 549/1995, recante "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica", disponendo all'art. 1, comma 65, la sostituzione del comma 6 del suddetto art. 5-bis, estende ora i criteri per la determinazione dell'indennita' di esproprio anche alla liquidazione del risarcimento del danno; cio', peraltro, "in tutti i casi" e, quindi, anche nel caso della c.d. accessione invertita, ossia nell'ipotesi in cui l'acquisizione della proprieta', a favore della p.a. procedente, del bene oggetto dell'espropriazione sia la conseguenza - benche' in presenza di un'occupazione sine titulo e in virtu' di un provvedimento ablatorio illegittimo - dell'ormai irreversibile realizzazione di quelle opere di pubblico interesse che avevano necessitato ab origine l'avvio, da parte della p.a., della procedura espropriativa. La questione e' senz'altro rilevante nel presente giudizio ai fini dello scioglimento della riserva istruttoria di cui in epigrafe, sia nel caso di accoglimento della richiesta - proposta dalla parte convenuta - di supplemento della consulenza tecnica, sia nel caso di rigetto della medesima. Nel primo caso, perche' l'eventuale accoglimento della richiesta istruttoria determinerebbe la formulazione al consulente tecnico di ulteriori quesiti sul presupposto dell'applicazione della nuova normativa di cui all'art. 1, comma 65, legge n. 549/1995, che si ritiene costituzional-mente illegittima. Nel secondo caso, perche' il rigetto stesso della richiesta istruttoria di cui alla memoria difensiva del 19 marzo 1996, dovrebbe motivarsi sull'assunto dell'inapplicabilita' alla fattispecie della suddetta normativa, pur nell'impossibilita', tuttavia, di fondare tale giudizio su alcun riferimento positivo che non sia l'auspicabile provvedimento di censura dell'articolo della citata legge da parte del Collegio costituzionale. L'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995 appare decisamente incostituzionale principalmente sotto il profilo del principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ex art. 3, comma secondo, Cost., giacche' assoggetta irragionevolmente alla medesima disciplina giuridica due situazioni radicalmente differenti. Una cosa, infatti, e' l'indennita' di esproprio, prevista dagli artt. 42, comma terzo, Cost. e 834, comma primo, cod. civ., che e' disciplinata da leggi speciali di evidente natura pubblicistica e che e' senz'altro dovuta al proprietario allorche' sia destinatario di un legittimo provvedimento ablativo del proprio dominio da parte della p.a. per ragioni di pubblico interesse. Altro, invece, e' il risarcimento del danno ex art. 2043 cod. civ., che e' altresi' dovuto qualora il medesimo proprietario subisca la privazione del proprio bene a causa di una condotta illegittima da parte della p.a. che si concretizza nell'occupazione sine titulo del detto bene e nella sua definitiva acquisizione in capo alla stessa p.a., a seguito dell'irreversibilita' e dell'intangibilita' delle opere pubbliche gia' realizzate. La radicale diversita' di questi due istituti giuridici mal si concilia con la previsione che ad entrambi possa applicarsi un medesimo regime normativo, secondo la voluntas legis - che si assume costituzionalmente viziata - dell'art. 1, comma 65, della citata legge n. 549/1995. L'irragionevolezza di un siffatto artificio giuridico e' ribadito, oltretutto, non solo dalla pacifica considerazione che l'indennita' di esproprio ha natura di debito di valuta (giurisprudenza costante della Corte di cassazione), mentre il risarcimento del danno e' un debito di valore, ma anche dal corretto insegnamento degli stessi giudici costituzionali: nelle sentenze n. 442 del 2-16 dicembre 1993 e n. 188 del 23 maggio 1995 la Corte aveva gia' avuto occasione di affermare chiaramente l'incompatibilita' e l'intrinseca diversita' dei suddetti istituti giuridici, stigmatizzando come costituzionalmente illegittima un'eventuale norma che avesse parificato tali distinte situazioni attraverso l'applicazione di un'identica disciplina normativa, palesemente offensiva del principio di eguaglianza. La difesa della societa' attrice denuncia giustamente l'incostituzionalita' della norma in oggetto anche secondo il profilo ex art. 3 comma primo, Cost.; precisamente, si fa rilevare come il cittadino nei cui confronti si sia realizzata l'accessione invertita del proprio bene, non ne possa convenire la cessione volontaria ai sensi dell'art. 5-bis, comma 2, della legge n. 359/1992 (con la riduzione del 40% dell'importo di cui al comma 1), mentre tale facolta' sarebbe consentita soltanto a colui che avesse invece subito la regolare procedura espropriativa. L'art. 1, comma 65, della legge n. 549/95 appare inoltre in contrasto con gli artt. 24, comma primo, e 113, commi primo e secondo, Cost., dal momento che esso finisce con il violare il diritto del cittadino al corretto procedimento amministrativo. Difatti, l'indiscriminata e irragionevole estensione dei criteri per la determinazione dell'indennita' di esproprio anche alla liquidazione del risarcimento del danno per l'occupazione acquisitiva, penalizza fortemente il cittadino sotto il profilo della difesa contro gli atti illegittimi della p.a. Tale norma finisce sostanzialmente con l'abrogare il requisito della dichiarazione di pubblica utilita' ex art. 42, comma terzo, Cost. del bene soggetto alla procedura espropriativa, con la conseguente inutilita' dei termini previsti dalla legge per l'efficacia di detta dichiarazione e per la durata dell'occupazione d'urgenza e della realizzazione dei lavori. L'art. 1, comma 65, della legge n. 549/1995 appare altresi' urtare con il disposto di cui agli artt. 28 e 97, comma primo, Cost. Il piano di sostanziale identita' su cui il legislatore colloca l'istituto dell'indennita' di esproprio e quello del risarcimento del danno si traduce in pratica in un deprecabile incentivo e in un discutibile avallo a una distorta prassi che rischia di favorire il ricorso frequente e sistematico della p.a. all'occupazione acquisitiva in luogo della procedura secundum legem dell'espropriazione. Tutto cio', fra l'altro, con la certezza, da parte della p.a., di potere "impunemente" violare l'obbligo del buon andamento e dell'imparzialita' dell'azione amministrativa ex art. 97, comma primo, Cost. e - cosa quanto mai piu' grave - di non dovere rispondere civilmente ex artt. 28 Cost. e 2043 cod. civ. (bensi' nelle forme ben piu' "convenienti" previste dall'impugnata norma) per il danno ingiustamente causato ai cittadini che si trovino illegittimamente espropriati dei propri beni.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87, dichiara ammissibile e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 1, comma 65, della legge 28 dicembre 1995 n. 549, con riferimento agli artt. 3, commi primo e secondo, 24, comma primo, 28, 97, comma primo e 113, commi primo e secondo della Costituzione; Sospende il processo e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e venga, inoltre, comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Bologna, addi' 2 settembre 1996. Il giudice istruttore: Arceri 96C1755