N. 43 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 11 novembre 1996
N. 43 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'11 novembre 1996 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Regione Lombardia - Parchi e riserve naturali - Modifiche a norme della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 - Nuova tipologia di aree protette nell'ambito della regione - Prevista istituzione di "parchi regionali" comprensivi, assieme ad aree di alta naturalita', di altre aree di scarsa naturalita' o addirittura degradate - Consentito esonero dal divieto di caccia per entrambi i tipi di aree, anche se, per le aree di alta naturalita', solo in via transitoria, fino alla individuazione, all'interno dei confini dei "parchi regionali", ad opera delle leggi di piano, di "aree a parco naturale" - Contrasto con i principi delle leggi quadro statali sul divieto di caccia nei parchi naturali, con possibili eccezioni solo per le aree a naturalita' degradata - Conseguente violazione dei limiti della potesta' legislativa regionale. (Legge regione Lombardia 1 ottobre 1996, artt. 9, 1, 6, 8, 11 e 13). (Cost., art. 117; legge 6 dicembre 1991, n. 394, art. 22, comma 6; legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 21, comma 1, lett. b)).(GU n.49 del 4-12-1996 )
Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro la regione Lombardia, in persona del presidente della giunta regionale in carica per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della delibera legislativa "integrazioni e modifiche alla legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 ''Piano generale delle aree regionali protette, norme per l'istiutzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali, nonche' delle aree di particolare rilevanza naturale ed ambientale'' e successive modificazioni", approvata dal Consiglio regionale della regione Lombardia nella seduta del 16 luglio 1996, comunicata al commisario del Governo il 6 agosto 1996, rinviata a nuovo esame con atto 6 novembre 1996, riapprovata dal consiglio regionale a maggioranza assoluta nella seduta del 1 ottobre e comunicata il 17 ottobre 1996. Art. 9 in relazione agli artt. 1, 6, 8, 11 e 13. In ordine alla delibera legislativa indicata in epigrafe, il rinvio govenativo comunicato il 6 settembre 1996 aveva rilevato che: "come risulta dall'ampia relazione inviata dall'Assessore competente alla S.V. la politica dei parchi adottata da codesta regione fin dai primi anni '70 ha messo insieme aree di alta naturalita' con altre aree di scarsa naturalita' o addirittura degradate, con la conseguenza che il divieto di caccia nei parchi e' nelle riserve naturali non si giustificherebbe per le suddette aree di scarsa naturalita' degradate. Con la legge suddetta, invece che prevedere la caccia soltanto su tali aree, se ne consente lo svolgimento su tutti i territori degli attuali parchi, rinviando ad un futuro adempimento l'individuazione delle zone interne ai parchi di alta naturalita', dove ripristinare il divieto di caccia. Ne consegue che consentira', sia pure transitoriamente, la caccia anche nelle zone dei parchi ad alta naturalita', violando i principi fondamentali della materia espressi dagli artt. 22, comma 6, della legge n. 394/1991, e 21, comma 1, lettera c) della legge n. 157/1992". Come risulta anche dalla relazione dei consiglieri relatori, il Consiglio regionale non ha condiviso le osservazioni del Governo e ha riapprovato a maggioranza assoluta il medesimo testo gia' deliberato. Il Consiglio dei Ministri ha pertanto deliberato l'impugnazione ai sensi dell'art. 127 della Costituzione dinanzi alla Corte costituzionale, che si propone con il presente atto per i seguenti M o t i v i Violazione dell'art. 117 della Costituzione, dell'art. 22, comma 6, della legge n. 394/1991 e dell'art. 21, comma 1, lett. b) della legge n. 157/1992. 1. - I regolamenti dei parchi nazionali prevedevano generali divieti di caccia nei relativi territori (Abruzzo: art. 8 r.d. n. 1331/1935; Gran Paradiso: art. 7 r.d. n. 1332/1935; Stelvio: art. 10 d.P.R. n. 1178/1951; Calabria: art. 3 legge n. 503/1968). Successivamente, la legge n. 968/1977 sulla protezione della fauna selvatica ha stabilito ((art. 20, lett. b)) il divieto di esercizio venatorio nei parchi nazionali, nei parchi regionali e nelle riserve statali. La legge quadro sulle aree protette n. 394/1991 ha confermato il divieto di caccia nei parchi nazionali ((art. 11, commi 3, lett. a) e 4)) e ha rafforzato il medesimo divieto per i parchi naturali regionali, includendolo tra le "norme quadro" (art. 22, comma 6) cui devono uniformarsi le leggi regionali in tema di istituzione, organizzazione e regime di tutela naturalistica dei parchi regionali. Infine, la nuova legge sulla protezione della fauna selvatica omeoterma n. 157/1992 ha confermato i dispositivi della legge n. 394/1991 cui debbono adeguarsi, entro il 1 gennaio 1995, i regimi dei parchi naturali regionali costituiti anteriormente all'entrata in vigore della legge-quadro sulle aree protette. 2. - Questo principio, ben radicato nella legislazione dello Stato e pienamente vincolante per regioni, che sancisce una ben comprensibile incompatibilita' della cattura venatoria della fauna selvatica con le finalita' di protezione della natura propria della figura istituzionale del parco, e' stato vulnerato, anche in violazione dell'obbligo di adeguamento alla legge quadro nazionale, dal denunciato art. 9 della delibera legislativa impugnata. Questa disposizione, novellando la lett. d) dell'art. 17.4 della legge regionale n. 86/1983, ha limitato la vigenza del divieto di caccia "nell'ambito delle riserve naturali e delle aree a parco naturale" escludendola per "le rimanenti aree dei parchi regionali". La violazione della norma di principio stabilita dalle leggi dello Stato, nei sensi e per gli effetti rilevati nel rinvio governativo e al di la' di ogni differenza puramente terminologica cui sembra affidarsi la regione Lombardia, risulta piu' chiara dall'analisi delle altre disposizioni innovative recate dalla delibera impugnata, funzionalmente collegate al predetto art. 9. 3. - L'art. 1 della legge regionale n. 86/1983 prevedeva cinque tipologie di aree protette: parchi naturali, riserve naturali, monumenti naturali, altre zone di particolare rilevanza naturale e ambientale, parchi di cintura metropolitana. Nel testo novellato dall' art. 1 della delibera impugnata, e' soppresso il parco di cintura metropolitana ed introdotto il parco regionale; tuttavia, la definizione data di parco regionale corrisponde nella sostanza a quella precedentemente attribuita al parco naturale. Il successivo art. 6 della delibera introduce una classificazione dei parchi regionali secondo criteri geomorfologici (fluviali, montani, etc.) cui si aggiunge la recuperata classifica di parco di cintura metropolitana (dalla nuova tabella dei parchi regionali di cui al successivo art. 11 risulta che un parco regionale puo' avere una classificazione plurima). L'art. 7 della delibera concerne l'istituzione dei parchi regionali con legge regionale, che deve stabilire gli elementi costitutivi del parco (misure di salvaguardia, ente di gestione, piano del parco). Il successivo art. 8 prevede la individuazione dei parchi naturali "all'interno dei confini dei parchi regionali" ad opera della legge di approvazione del piano del parco regionale. 4. - Dal complesso di queste disposizioni risulta che, secondo la nuova disciplina, in Lombardia esisterebbero solo parchi regionali: lo conferma testualmente la nuova intitolazione data al Capo II della legge n. 86/1983: "Regime dei parchi regionali" (art. 5 della delibera impugnata). Il cosiddetto "parco naturale" di cui alla nuova lett. a) dell'art. 1, invece, non possiede ne' la forma ne' la sostanza del parco: gli difettano gli elementi essenziali di un territorio proprio, di un proprio apparato istituzionale e organizzativo (ente di gestione) e di un proprio apparato di governo (piano del parco). Esso e' soltanto un'area interna ad un parco regionale, delimitata in sede di pianificazione del territorio del parco regionale; non a caso per il parco regionale l'art. 7 parla di istituzione mentre l'art. 8 parla di individuazione del parco naturale, atto che si risolve in sostanza in una operazione di zonizzazione a fini di graduazione del regime conservativo di protezione naturalistica (cosi come e' previsto, per i parchi nazionali, dall'art. 12.2 della legge n. 394/1991). Per contro, tutti gli attributi fisionomici e costitutivi dei "parchi naturali regionali" secondo la legge-quadro statale (art. 2.2, 22, 23 e 24) sono pienamente ad esclusivamente riscontrabili, malgrado ogni artifizio terminologico, nei parchi regionali cosi' come concepiti dalla delibera impugnata; e dunque e' il regime complessivo del parco regionale a dover risultare conforme, anche in tema di caccia, ai principi della legge-quadro. 5. - Conviene da ultimo sottolineare che il rinvio governativo aveva preso atto del problema che la regione Lombardia intendeva risolvere, nella sua autonomia, in relazione alle aree - di scarsa naturalita' o degradate - incluse nei parchi regionali. Il rinvio aveva peraltro rilevato che una soluzione era possibile restando in armonia, e non violando, i principi della legislazione statale. L'art. 21 lett. b) della legge n. 157/1992 contempla una - eventuale riperimetrazione - dei parchi naturali regionali in connessione con il successivo art. 32.3 relativo alla costituzione di "aree contigue" aperte alla caccia controllata. L'armonia con i principi della legislazione quadro statale esigeva pero' l'operazione esattamente inversa a quella compiuta dalla delibera impugnata: subordinare e limitare l'esonero del divieto di caccia alla positiva individuazione delle aree a scarsa naturalita' o degradate, e non sopprimere generalmente il divieto di caccia nei parchi regionali (corrispondenti ai parchi naturali regionali della legge-quadro) affidandone il parziale ripristino all'evento futuro, se non anche incerto, della individuazione di "aree a parco naturale" in sede di approvazione del piano del parco. Nella logica e nello spirito dell'istituto Parco, l'esercizio venatorio non puo' che essere un regime di eccezione, ed il divieto la regola; non il contrario.
Per gli esposti motivi si chiede che la Corte, in accoglimento del presente ricorso, dichiari fondata la proposta questione di legittimita' costituzionale della impugnata delibera legislativa della regione Lombardia. Roma, addi' 31 ottobre 1996 L'avvocato dello Stato Pier Giorgio Ferri 96C1780