N. 1303 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 aprile 1995- 18 novembre 1996

                                N. 1303
  Ordinanza   emessa   il   20   aprile  1995  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 18 novembre 1996)  dal  tribunale    amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso proposto da Rotondo Alfredo contro il
 Ministero delle poste  e telecomunicazioni.
 Pensioni  -  Sospensione  del  diritto a trattamenti pensionistici di
    anzianita' a carico del regime generale obbligatorio, ivi comprese
    le gestioni autonome a decorrere dal 19 settembre  1992  (data  di
    entrata  in  vigore  della  norma  impugnata) - Non applicabilita'
    della normativa ai dipendenti che abbiano  presentato  domanda  di
    dimissioni   accolta  dai  competenti  organi  anteriormente  alla
    predetta data - Disparita' di trattamento di  situazioni  omogenee
    in  dipendenza  dalla  sollecitudine  della p.a. nell'accoglimento
    della  domanda  di  dimissioni  -  Incidenza   nei   principi   di
    imparzialita' e buon andamento della p.a.
 (D.-L.  19 settembre 1992, n. 384, art. 1, nn. 1 e 2, lett. e); legge
    14 novembre 1992, n. 438).
 (Cost., artt. 3 e 97).
(GU n.49 del 4-12-1996 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  4295/1993
 proposto  dal  sig. Alfredo Rotondo, rappresentato e difeso dall'avv.
 Antonio Taramelli, con domicilio eletto a Roma presso lo  studio  del
 medesimo  in  via  Torino,  138;  contro  il  Ministero delle poste e
 telecomunicazioni in persona del Ministro in carica, rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  presso  cui in Roma
 domicilia; per l'accertamento del diritto del ricorrente ad  ottenere
 il  collocamento  a  riposo  con decorrenza 26 ottobre 1992, ai sensi
 dell'art. 124    d.P.R.  n.  1957,  n.  3;  nonche'  del  diritto  al
 trattamento di quiescenza ex art. 42, d.P.R. 1973, n. 1092;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero delle poste;
    Visti gli atti tutti della causa;
   Udita  alla  pubblica  udienza  del 20 aprile 1995 la relazione del
 cons. Ciminelli e udito altresi' l'avv. Taramelli per il ricorrente;
   Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Il sig. Rotondo, dipendente del Ministero delle poste dal 1959, con
 istanza presentata all'Amministrazione il 15 maggio  1992,  ritenendo
 di aver maturato il diritto al collocamento a riposo ex art. 125 t.u.
 1957,  n.  3,  chiedeva  le  dimissioni  dal  servizio  ai  sensi del
 precedente art. 124 dello stesso testo  unico,  con  effetti  dal  26
 ottobre 1992. Sull'istanza pero' l'Amministrazione non adottava alcun
 provvedimento.
   L'interessato  chiede  col  ricorso  che gli venga riconosciuto, ex
 cit. art. 124 il diritto ad ottenere il collocamento a riposo  a  far
 tempo   da   tale   data,   insieme   al  trattamento  pensionistico,
 conseguentemente maturato, quest'ultimo come  previsto  dall'art.  42
 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092.
   A  fondamento  del  ricorso il sig. Rotondo denuncia in primo luogo
 violazione dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241,  sostenendo
 che  l'Amministrazione  aveva  l'obbligo  di  provvedere sull'istanza
 entro i successivi trenta giorni, ditalche' l'inerzia sulla richiesta
 di pensionamento sarebbe illegittima.
   In via subordinata denuncia, poi, illegittimita' dell'art. 1  della
 legge  14 novembre 1992, n. 438 di conversione del d.-l. 19 settembre
 1992, n. 384 - per violazione degli artt. 3, 38, secondo comma  e  53
 della   Costituzione   -   sul  presupposto  che  l'assenza  di  ogni
 determinazione sulla propria domanda di dimissioni sia  dipesa  dalla
 sospensione  di  ogni determinazione in materia pensionistica imposta
 dall'art.  1 del citato decreto-legge come integrato dalla  legge  di
 conversione.
   Nella  specie  la  norma  de  qua  sarebbe palesemente irrazionale,
 atteso che il diritto a fruire del  trattamento  pensionistico  viene
 fatto   materialmente   dipendere   da  un  comportamento  del  tutto
 arbitrario dall'Amministrazione, come  l'accoglimento  o  meno  della
 domanda  di  pensionamento prima o dopo il 19 settembre 1992, fissato
 dalla norma.  La quale ultima, inoltre, sempre secondo il ricorrente,
 violerebbe anche l'art. 38,   secondo comma, della  Costituzione  sul
 diritto  alla pensione, attesa la soppressione, se pur temporanea, di
 tale diritto che la stessa norma prevede mediante la  sospensione;  e
 violerebbe  altresi'  l'art.  53,  secondo comma, della Costituzione,
 potendosi rapportare la situazione di specie, se non proprio  ad  una
 forma di contribuzione, ad una vera e propria menomazione del diritto
 alla pensione.
   Resiste in giudizio l'Amministrazione delle Poste.
                             D i r i t t o
   1. - Come premesso in fatto, il ricorrente, dipendente delle Poste,
 ha  inoltrato  il  15  giugno 1992 domanda di pensionamento, avendone
 maturato    l'anzianita'    prescritta,    sulla    quale     domanda
 l'Amministrazione  ha  omesso di provvedere in base a quanto disposto
 dall'art. 1 del decreto-legge n. 384 del 1992  come  integrato  dalla
 legge di conversione n. 438 dello stesso anno.
   Stabilisce  l'art. 1 n. 1 del decreto-legge n. 384, ora citato, che
 in attesa  della  legge  di  riforma  del  sistema  pensionistico,  a
 decorrere dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto e sino
 al 31 dicembre 1993 (data di seguito prorogata al 1 febbraio 1995 dal
 d.-l.  28  settembre  1994, n. 553) e' sospesa l'applicazione di ogni
 disposizione di legge e di regolamento che  preveda,  con  decorrenza
 nel   predetto   periodo,   trattamenti  pensionistici  a  favore  di
 dipendenti privati o pubblici. In sede di conversione, poi, la  legge
 n.  438  del 1992, in sostituzione del secondo comma di detto art. 1,
 ha ulteriormente stabilito che la disposizione in discorso,  relativa
 alla  sospensione.  dei trattamenti pensionistici, non e' applicabile
 - lett. e)  -  "ai  dipendenti  che  abbiano  presentato  domanda  di
 dimissioni  da  un  pubblico  impiego,  accolta dai competenti organi
 anteriormente alla data di entrata in vigore del  presente  decreto",
 ovvero  alla  data del 19 settembre 1992, giorno di entrata in vigore
 del citato decreto.
   2. - Il ricorrente, nel chiedere il riconoscimento del  diritto  ad
 ottenere  il  trattamento  di  pensione,  a norma dell'art. 42 d.P.R.
 1973, n. 1092, con decorrenza fissata nella domanda di collocamento a
 riposo, ha in primo luogo denunciato  illegittimita',  a  carico  del
 comportamento omissivo dell'Amministrazione, per violazione dell'art.
 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo.
   In  particolare,  si sostiene nel ricorso che l'Amministrazione non
 poteva esimersi dal provvedere sulla domanda di collocamento a riposo
 ed avrebbe invece dovuto prendere atto  della  stessa  non  oltre  il
 trentesimo giorno dalla data della sua presentazione.
   La censura non ha fondamento.
   E' vero che la norma invocata, e precisamente l'art. 2, n. 3, della
 legge   n.   241,   fissando  il  termine  di  trenta  giorni  (salvo
 regolamento)   per   la   conclusione    dei    procedimenti,    pone
 all'Amministrazione   un   obbligo   preciso   a   provvedere,   pena
 l'illegittimita' (per violazione di legge)  del  provvedimento  fuori
 termine o la comminatoria dell'inadempimento (eventualmente anche sul
 piano  risarcitorio)  ove  non  intervenga nessun atto prescritto per
 legge, ma, trattandosi di  una  norma  di  principio  e  comunque  di
 carattere   generale   (integrata   poi,  come  accennato,  dai  vari
 regolamenti attuativi), nella specie il Ministero ben poteva sfuggire
 al predetto termine in presenza  di  una  norma  speciale  di  tenore
 contrario.  E  precisamente  di  una  norma soprassessoria in materia
 pensionistica, come quella di cui al citato art. 1 del  decreto-legge
 n.  384,  nel  testo  integrato dalla legge di conversione n. 438, il
 quale espressamente escludeva - come si e' visto - una determinazione
 sul trattamento pensionistico a meno che la domanda di  pensionamento
 non risultasse gia' accolta alla data del 19 settembre 1992.
   3.  -  Il  tema  del  giudizio  si sposta quindi sulle eccezioni di
 incostituzionalita' sollevate, in subordine, dal ricorrente  su  tale
 specifica normativa.
   In  particolare,  si  denuncia  illegittimita'  -  con  riferimento
 all'at.  3 della Costituzione - dall'art. 1, n. 2, del  decreto-legge
 n.  384  dal  1992  come  sostituito alla lett. e) dello stesso comma
 dettato dalla legge di conversione, nel quale si  stabilisce  che  la
 sospensione  sul  tipo  di  domande  in  discorso  non  si applica ai
 pubblici dipendenti la cui domanda di dismissioni sia  stata  accolta
 alla data di entrata in vigore dal decreto.
   L'eccezione non sembra manifestamente infondata.
   Ed  invero  sembra al Collegio irragionevole e soprattutto fonte di
 disparita' di trattamento, per tutti  i  dipendenti  in  possesso  di
 identici  requisiti  ai  fini  pensionistici,  affidare alla pubblica
 amministrazione - come fa la citata normativa - la piena liberta'  di
 influire  sul  regime pensionistico del dipendente, e quindi sui suoi
 fondamentali bisogni di vita, a seconda che  essa  stessa  accolga  o
 meno  la  domanda  di  collocamento  a riposo entro il termine del 19
 settembre 1992, nella prospettiva della riforma sulla materia cui  fa
 riferimento l'art. 1 del medesimo decreto-legge.
   Non   e'  chi  non  veda,  infatti,  come  l'aggancio  o  meno  del
 collocamento a riposo alla riforma  preannunciata  dalla  norma,  con
 tutte  le  conseguenze  anche in ordine all'entita', alle modalita' o
 alle condizioni di percepimento del trattamento pensionistico, in tal
 modo  venga  fatto  dipendere  da  una  situazione   di   sostanziale
 incertezza,    in    quanto    connessa    alla   mera   eventualita'
 dell'accoglimento o meno della domanda di collocamento a  riposo  nel
 termine  stabilito.  Nel  cui riguardo, peraltro, possono intervenire
 circostanze   in   sede   istruttoria   (talune   anche   del   tutto
 imprevedibili)   atte  ad  influire  sulla  piu'  o  meno  tempestiva
 conclusione del procedimento, sia esso di accoglimento o  di  rigetto
 della  stessa  domanda.  E  dunque  contribuendo nel complesso a dare
 aleatorieta' al rientro o meno della domanda medesima in quel termine
 di legge: quest'ultimo cosi' chiamato a discriminare  irrazionalmente
 il  regime pensionistico che il dipendente dimissionario e' destinato
 a subire.
   In base a queste  considerazioni  il  Collegio  ritiene  quindi  di
 aderire  all'esecuzione  d'incostituzionalita' della norma, sollevata
 dal ricorrente.  Con l'aggiunta che in base  allo  stesso  ordine  di
 considerazioni  la  norma  non  sembra  vada esente anche da dubbi di
 legittimita'  costituzionale  con  riguardo  al  principio  del  buon
 andamento di cui all'art. 97 della Costituzione.
   4.   -   Le   altre   due   eccezioni,  rispettivamente  incentrate
 sull'asserita violazione degli artt. 38, secondo comma,  e  53  della
 Costituzione,  non  hanno invece consistenza. Perche' l'una e l'altra
 recano in campo norme costituzionali che sono inconferenti in  quanto
 richiamate  con  diretto riguardo ad un regime pensionistico in epoca
 ancora ignoto e soltanto preannunciato dal  decreto-legge  n.  384  e
 quindi,   al  di  fuori  di  ogni  supposta  menomazione  di  diritti
 acquisiti: trattandosi, in altri termini, di una norma -  quella  fin
 qui  citata, risultante dal combinato disposto di cui all'art. 1, nn.
 1 e 2, lett. e) della legge n. 438 del 1992 - che si limita a dettare
 una disposizione meramente soprassessoria in ordine alle  domande  di
 collocamento a riposo.
   5.  -  Per  tutto  quanto precede, sospesa ogni altra pronuncia sul
 ricorso, ritiene il Collegio che,  data  la  rilevanza  sul  giudizio
 della  questione  d'incostituzionalita'  positivamente esaminata, gli
 atti di causa siano da  inviare  alla  Corte  costituzionale  per  la
 relativa pronuncia.
                               P. Q. M.
   Sospende il giudizio sul ricorso specificato in epigrafe;
   Rimette  alla  Corte  costituzionale la questione di illegittimita'
 dell'art. 1, nn. 1 e 2, lett. e) del d.-l. 19 settembre 1992, n.  384
 nel testo risultante dalla legge di conversione 14 novembre 1992,  n.
 438, con riguardo agli articoli 3 e 97 della Costituzione;
   Dispone  che  a cura della segreteria della sezione siano trasmessi
 gli  atti  del  giudizio  alla  Corte  costituzionale,  insieme  alla
 presente  ordinanza,  e che quest'ultima sia notificata alle parti in
 causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonche'  notificata
 ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Roma, addi' 20 aprile 1995
                        Il presidente: Lamberti
                                       I consiglieri: Ciminelli-Riggio
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