N. 1318 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 1996
N. 1318 Ordinanza emessa il 28 ottobre 1996 dal pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Bartolomei Mirco e l'Universita' degli studi di Genova Leggi, decreti e regolamenti - Leggi interpretative - Efficacia retroattiva - Legge formalmente interpretativa ma sostanzialmente innovativa con efficacia retroattiva - Esclusiva intenzione del legislatore di incidere su concrete fattispecie sub judice - Interferenza, priva di ragionevole giustificazione, nella sfera di competenza costituzionalmente riservata al potere giudiziario - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 155/1990. Sanita' pubblica - Medici iscritti a scuole di specializzazione - Non qualificabilita' del relativo rapporto con l'Universita' come rapporto di pubblico impiego - Conseguente irragionevolezza del previsto congelamento del relativo trattamento economico nell'ambito di una normativa dettata per motivi di contenimento della spesa pubblica nel settore del pubblico impiego - Violazione altresi' del principio di uguaglianza rispetto a tutti coloro che hanno con l'Universita' rapporti di diritto privato. (Legge 28 dicembre 1995, n. 549, art. 1, comma 33). (Cost., artt. 3, 101, 102 e 104).(GU n.51 del 18-12-1996 )
IL PRETORE Sulla competenza Questo pretore ha gia' avuto occasione di occuparsi della questione relativa alla competenza in analoga controversia (sentenza pretore di Genova del 5 aprile 1995, Damonte e altri/Universita' Genova). Quanto affermato in quella sentenza non puo' non essere oggi ribadito anche se, nel frattempo, la suprema Corte ha ritenuto che il rapporto tra medici iscritti a scuole di specializzazione e le Universita' nonche' il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica non sia qualificabile come rapporto di lavoro, ed in particolare come rapporto di lavoro parasubordinato ai sensi dell'art. 409 n. 3 c.p.c., per il fatto che tale rapporto si traduce in prestazioni finalizzate soprattutto alla formazione teorica e pratica del medico specializzando e non gia' a procacciare utilita' alle strutture sanitarie nelle quali si svolge l'attivita' necessaria per tale formazione, di modo che la corresponsione di emolumenti allo specializzando e' essenzialmente destinata a sopperire alle esigenze materiali dello stesso in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno per l'apprendimento e la formazione (v. Cass. 16 settembre 1995 n. 9789). Invero, nella citata pronuncia la suprema Corte, dopo avere equiparato, senza compiere peraltro alcun raffronto, la posizione del medico specializzando a quella del medico tirocinante, perviene alla conclusione sopra riportata senza analizzare quegli elementi che invece qualificano il rapporto come parasubordinazione, elementi messi in evidenza proprio dalla costante giurisprudenza in tema di tirocinio dei medici presso gli enti ospedalieri. La citata giurisprudenza di legittimita' afferma l'incompetenza a giudicare del pretore del lavoro proprio dalla insussistenza nel rapporto tra ospedale e medico-tirocinante dei "minima" richiesti dall'art. 409 n. 3 (coordinazione, prestazione continuativa, prevalente personalita'). Se infatti si legge non la massima, ma la motivazione delle citate sentenze (v. Cass. sez. un. 8190/1987) si puo' apprezzare che la Cassazione tiene proprio conto dei citati elementi normativi: " ... il tirocinio pratico svolto dai medici presso gli enti ospedalieri non integra un rapporto di lavoro, ne' autonomo, ne' subordinato, in quanto si traduce in prestazioni non dirette a procacciare utilita' ai predetti enti, o comunque ad inserirsi nell'ambito dei loro programmi operativi, bensi' esclusivamente rivolte a conseguire l'addestramento dei sanitari nei servizi ospedalieri, in vista della loro eventuale assunzione mediante i prescritti concorsi, dietro corresponsione di un assegno privo di natura di corrispettivo ed inteso soltanto a sopperire alle esigenze materiali dei tirocinanti". La Corte ha quindi escluso la competenza del pretore del lavoro proprio perche' mancavano i requisiti di cui all'art. 409 n. 3.: " ... il procedimento dinanzi al giudice ordinario, in considerazione dell'indicata natura del rapporto di tirocinio e della conseguente non ricorrenza di alcuna delle ipotesi di cui all'art. 409 c.p.c., e' soggetto al rito comune e sottratto alla competenza per materia del pretore, in funzione di giudice del lavoro" (Cass. cit..). Ma quanto affermato dalla suprema Corte non puo' di certo valere per il rapporto dedotto in giudizio. Infatti l'esame della semplice normativa induce a ritenere la sussistenza di tutti i "minima" richiesti dell'art. 409 n. 3. L'art. 4 (diritti e doveri degli specializzandi) e l'art. 5 (incompatibilita', congedi e interruzioni) del d.lgs. n. 257/1991 mettono in evidenza i seguenti elementi: partecipazione del medico alla totalita' delle attivita' mediche del servizio di cui fanno parte le strutture nelle quali essa si effettua; partecipazione alle guardie; partecipazione all'attivita' operatoria (per le discipline chirurgiche); assunzione graduale di compiti assistenziali; attivita' di assistenza per il tirocinio pratico connesso alla specializzazione; obbligo per le Universita' di assicurare i medici specializzandi contro i rischi professionali e infortuni connessi all'attivita' di formazione; divieto durante il periodo di formazione di svolgere attivita' libero-professionale nonche' attivita' convenzionata o precaria con il SSN; sospensione della formazione per servizio militare, maternita', malattia, missioni scientifiche; assenza giustificata per anno accademico di giorni trenta. Tutti questi elementi indicano in maniera univoca che il medico specializzando e' inserito in una struttura in cui svolge in maniera continuativa e coordinata la propria attivita' professionale che, non puo' altrimenti essere, di carattere personale. Il medico infatti deve partecipare a tutte le attivita' mediche del servizio comprese le guardie e l'attivita' operatoria: lo specializzando e' quindi inserito nella struttura che lo coordina con l'attivita' degli altri medici, ed e' quindi elemento della struttura stessa. La continuativita' del rapporto e' poi indiscussa posto che il medico (per il periodo di durata della scuola) deve svolgere la propria attivita' senza poter svolgere altra attivita' e a pena di esclusione dalla scuola di specialita' qualora non abbia svolto con regolarita' esami ed attivita' pratiche. In sintesi: le prestazioni del medico da un lato procacciano utilita' all'ente e comunque si inseriscono nei programmi operativi delle singole scuole di appartenenza dall'altro consentono al medico di conseguire esperienza professionale pratica e teorica al fine di conseguire il diploma di specializzazione. Il rapporto ha quindi una causa mista: la prestazione economica (definita borsa di studio) non e' solo erogata al fine di sopperire alle esigenze materiali dello specializzando ma e' anche corrispettivo di prestazioni professionali del medico. Al riguardo deve osservarsi che l'importo dell'assegno del medico tirocinante e del medico specializzando non e' lo stesso: infatti mentre l'assegno per il medico tirocinante e' nella misura del 50% del trattamento eco-nomico tabellare attribuito all'ispettore sanitario o all'assistente di ruolo a tempo pieno o al farmacista di ruolo (art. 74-quater legge n. 130/1969 introdotto dall'art. 12 della legge n. 148/1975), quello per il medico specializzando, invece, e' determinato in lire 21.500.000 all'anno dall'art. 6 legge n. 257/1991 che lo lega poi al tasso di inflazione programmato e comunque ad una rideterminazione triennale che deve tenere conto del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del SSN. Ed e' proprio la comparazione tra l'attivita' del medico tirocinante con quella del medico specializzando che mette in evidenza come l'orientamento della suprema Corte non possa essere utilizzato in via analogica per il rapporto dedotto in causa. Infatti cio' che emerge con piu' evidenza dal raffronto tra le due normative e' l'assoluta differenza tra i due profili professionali che non possono essere tra loro sovrapposti. In sintesi: i tirocinanti non fanno parte dell'organizzazione ospedaliera infatti "... non possono essere adibiti a sostituzione di personale sanitario dell'ospedale" (art. 74-bis legge n. 130/1969); i medici specializzandi, invece, fanno parte dell'organizzazione sanitaria gestita dalle scuole universitarie in quanto devono svolgere ogni attivita' medica, ivi comprese le guardie ed eventuale attivita' operatoria, e conseguentemente l'Universita' deve provvedere ad assicurare i medici per i rischi professionali e gli infortuni connessi all'attivita' di formazione (art. 4, comma 8, d.lgs. n. 257/1991); i tirocinanti possono essere affidati a medici specializzandi (art. 4, comma 2, d.lgs. n. 257/1991); il tirocinante puo' svolgere attivita' libero professionale: il medico specializzando svolge invece la formazione a tempo pieno in posizione di incompatibilita' con qualsiasi attivita' sia libero-professionale che di dipendenza anche da enti pubblici (art. 5, comma 1 e 2, d.lgs. n. 257/1991); il tirocinio e' previsto per un periodo non inferiore a mesi sei e l'assegno mensile e' dovuto solamente per un solo periodo semestrale di tirocinio (art. 74-ter legge n. 130/1969); il medico specializzando gode di fatto della tutela prevista per i lavoratori dipendenti in quanto costituiscono causa di sospensione del periodo di formazione il servizio militare, le missioni scientifiche, la gravidanza e la malattia; invece il tirocinante non gode di analoga tutela in quanto tali cause potranno eventualmente essere apprezzate quali cause di interruzione giustificata con conseguente riammissione del tirocinante a frequentare il tirocinio non prima di sei mesi dall'interruzione. In definitiva, piuttosto che con il tirocinio pratico del medico, non sembra fuori luogo evidenziare qualche analogia della normativa che disciplina il rapporto tra medico specializzando e Universita' con il contratto di formazione e lavoro. Infatti in quest'ultimo tipo di contratto all'attivita' lavorativa vera e propria si aggiunge un insegnamento teorico-pratico diretto all'acquisizione di qualificazione professionale: e la causa contrattuale e' mista risultando dallo scambio fra lavoro retribuito e addestramento finalizzato all'acquisizione della professionalita' necessaria al lavoratore per immettersi nel mondo del lavoro (v. Cass. 13 febbraio 1992 n. 1801). La stessa causa mista che, ad avviso di questo pretore e tenuto conto delle dovute differenze, sussiste nel rapporto tra Universita' e medico specializzando. In ultimo, e per completezza, non puo' mettersi in evidenza come l'espressa previsione normativa che "l'ammissione e la frequenza alla scuola ... non determinano la costituzione di alcun rapporto di impiego" se assume sicuro significato di escludere espressamente la costituzione di un rapporto di pubblico impiego, per l'analisi normativa di cui sopra, anche accedendo alla tesi prospettata dall'universita' (esclusione di impiego sia pubblico che privato) non porterebbe comunque a superare il c.d. rapporto di parasubordinazione (409 n. 3 c.p.c.) che non e' rapporto di impiego privato. Per le ragioni sopra espresse deve affermarsi (nella consapevolezza del contrario orientamento sul punto della sentenza citata della suprema Corte) la competenza per materia del pretore del lavoro in quanto il rapporto dedotto in giudizio rientra in quelli di parasubordinazione di cui all'art. 409 n. 3 c.p.c. Sulla questione di illegittimita' costituzionale Il quadro normativo di riferimento e' il seguente: a) l'art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991 n. 257 (in Gazzetta Ufficiale 16 agosto 1991 n. 191: attuazione della direttiva n. 82/1976/CEE, in tema di formazione dei medici specialisti) prevede che sia corrisposta ai medici ammessi alle scuole di formazione "...una borsa di studio determinata per l'anno 1991 in L. 21.500.000. Tale importo viene annualmente, a partire dal 1 gennaio 1992, incrementato del tasso programmato d'inflazione ed e' rideterminato, ogni triennio, con decreto del Ministro della sanita', di concerto con i Ministri dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica e del tesoro, in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente dal Servizio sanitario nazionale"; b) il d.-l. legge 19 settembre 1992 n. 384, convertito nella legge n. 438/1992, recante misure urgenti in materia di previdenza, di sanita' e di pubblico impiego, nonche' disposizioni fiscali, prevede all'art. 7, comma 5, che "tutte le indennita', compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, comprensivi, per disposizioni di legge o atto amministrativo previsto dalla legge, o per disposizione contrattuale, di una quota di indennita' integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959 n. 324 e successive modificazioni, o dell'indennita' di contingenza prevista per il settore privato o che siano, comunque, rivalutabili in relazione alla variazione del costo della vita sono corrisposti per l'anno 1993 nella stessa misura dell'anno 1992"; c) la legge n. 537/1993 (art. 3 comma 36) ha prorogato le disposizioni di cui all'art. 7, commi 5 e 6, del decreto-legge n. 384/1992, convertito nella legge n. 438/1992, per il triennio 1994-1996; d) la legge finanziaria 1996 (legge n. 549/1995) prevede all'art. 1, comma 33, che "le disposizioni di cui all'art. 7, commi 5 e 6, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, prorogate per il triennio 1994-1996 dall'art. 3, comma 36, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, vanno interpretate nel senso che tra le indennita', compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, da corrispondere nella misura prevista per il 1992, sono comprese le borse di studio di cui all'art. 6 del d.-l. 8 agosto 1991, n. 257". E' pacifico che il rapporto tra Universita' e medici specializzandi non origina un rapporto di pubblico impiego ma privatistico: al riguardo e' lo stesso decreto legislativo n. 257/1991 che all'art. 4 comma 3, si premura di affermare "l'ammissione e la frequenza alla scuola, finalizzate alla formazione di medico specialista dell'iscritto non determinano la costituzione di alcun rapporto di impiego. Inoltre secondo la giurisprudenza di merito (tra cui quella di questa pretura) trattasi di rapporto di lavoro parasubordinato, mentre secondo una (unica) sentenza della suprema Corte (non condivisibile per i motivi di cui sopra) trattasi invece di rapporto privatistico che non rientra tra quelli dell'art. 409 n. 3 c.p.c. Peraltro in questa sede preme denunciare, proprio per il fatto che il rapporto medico specializzando Universita', non e' comunque assimilabile al rapporto di pubblico impiego, e ferma la competenza di questo pretore per i motivi sopra esposti la illegittimita' dell'art. 1, comma 33 della legge n. 549/1995. Tale disposizione infatti, ad avviso di questo pretore, non contiene norme interpretative di norme emanate in precedenza (articolo 7, comma 5, del decreto-legge n. 384/1992) ma estende retroattivamente una disciplina pubblicistica ad un rapporto pacificamente privatistico. "In conformita' ad una costante giurisprudenza, va riconosciuto carattere interpretativo soltanto ad una legge che, fermo il tenore testuale della norma interpretata, ne chiarisce il significato normativo ovvero privilegia una tra le tante interpretazioni possibili, di guisa che il contenuto precettivo e' espresso dalla coesistenza delle due norme (quella precedente e l'altra successiva che ne esplicita il significato), le quali rimangono entrambe in vigore e sono quindi anche idonee ad essere modificate separatamente" (Corte costituzionale n. 155/1990). L'art. 1, comma 33, della legge n. 549/1995, invece, modifica il tenore letterale dell'art. 7, comma 5, del decreto-legge n. 384/1992: secondo infatti i canoni interpretativi (art. 12 preleggi) e' indubbio che quest'ultima disposizione disciplinava esclusivamente la materia del pubblico impiego. Ne sono indici: a) il dato letterale utilizzato dal legislatore univocamente diretto alla materia del pubblico impiego; in particolare tale dato si apprezza nel preambolo al decreto-legge n. 384/1992 (... ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di fronteggiare con interventi adeguati la grave situazione economica e finanziaria, adottando misure per il contenimento delle spese nei settori della previdenza, della sanita' e del pubblico impiego ...), nel titolo della legge n. 537/1993 ("interventi correttivi di finanza pubblica"), nell'art. 3, comma 36, che reca la dizione "pubblico impiego"; b) tali espressioni risultavano inoltre gia' utilizzate dalla legge n. 384/1992 "recante misure urgenti in materia di previdenza di sanita' e di pubblico impiego" il cui capo III recava la dizione "pubblico impiego" e l'art. 7 contemplava "misure in materia di pubblico impiego". Deve pertanto escludersi la necessita' di chiarire il senso letterale dell'art. 7, comma 5, del decreto-legge n. 384/1992 in quanto pacificamente tale norma non era destinata a disciplinare i rapporti di diritto privato con la p.a. L'art. 1, comma 33, della legge n. 549/1995 pertanto non puo' ritenersi norma interpretativa ma innovativa perche' disciplina (per il passato) la materia delle borse di studio dei medici specializzandi in maniera diversa da come disciplinata dall'art. 6 del decreto legislativo n. 57/1991: nel qualificarsi interpretativa dell'art. 7, comma 5, decreto-legge n. 384 la norma determina la implicita abrogazione per il periodo 1992-1996 del regime di determinazione delle borse di studio indicato dall'art. 6 del citato decreto legislativo. Invero sembra a questo pretore che nessuna causa giustifichi l'irretroattivita' della disposizione impugnata. Al riguardo deve rilevarsi che da un punto di vista cronologico e' accaduto: a) che nel 1991 venisse emanata la normativa che disciplinava il rapporto di collaborazione tra medici specializzandi ed Universita'; b) che nel 1992 venisse emanato il decreto-legge che determinava il blocco della rivalutazione su indennita', compensi, ecc. (decreto-legge convertito nel novembre 1992); c) che si instaurasse un nutrito contenzioso tra i medici specializzandi e l'Universita' che aveva applicato il decreto-legge del 1992 anche ai rapporti di specializzazione; d) che il contenzioso avesse avuto esito favorevole ai medici specializzandi; e) che nel 1995 il legislatore avvertisse la necessita' di interpretare (rectius: innovare la disciplina con effetto retroattivo) la norma in senso favorevole all'Universita'; f) che la fattispecie delineata dall'art. 1, comma 33, della legge n. 549/1995 non solo ha carattere specifico, ma e' proprio quella dedotta nel contenzioso di cui si e' fatto cenno. I fatti sopra riportati non lasciano alcun dubbio sul fatto che la norma in esame e' stata emanata con l'unica intenzione di incidere sui numerosi giudizi in corso ponendosi in tal modo in evidente contrasto con gli artt. 101, 102 e 104 della Carta costituzionale. La Corte costituzionale al riguardo ha infatti affermato che "la legge interpretativa, per vero, non viola di per se' gli artt. 101, 102 e 104 della Costituzione ... a meno che essa non leda il giudicato gia' formatosi o non sia intenzionalmente diretta ad incidere sui giudizi in corso. Se queste circostanze, come nella specie non ricorrono (per vero il giudice a quo adombra il sospetto di una preordinata interferenza, ma esso non e' suffragato da elementi univoci) si deve escludere che le attribuzioni del potere giudiziario siano vulnerate in quanto legislatore e giudice agiscono su piani diversi" (Corte cost. n. 155/1990 cit.). Tale principio sembra proprio applicabile al caso in esame sia che la disposizione censurata venga ritenuta meramente interpretativa sia, come sembra a questo pretore, venga ritenuta innovativa. Gli elementi univoci richiesti dalla Corte costituzionale nella citata sentenza (che convincono proprio in punto non manifesta infondatezza della questione) si specificano proprio nei tempi con cui e' avvenuto l'intervento legislativo, intervento legislativo avvenuto quando ormai si era consolidato (o si stava consolidando) un orientamento giurisprudenziale favorevole ai ricorrenti. Non deve fuorviare il fatto che la disposizione in esame e' contenuta nella legge finanziaria sicche' l'intervento legislativo potrebbe essere giustificato dalla necessita' - ormai drammatica - di risparmiare sulla spesa pubblica. Sembra, infatti, privo di razionale fondamento attribuire alla disposizione in esame una efficacia estesa retroattivamente per un periodo di ben cinque anni limitatamente ai soli negozi giuridici stipulati dall'Universita' agli studi iure privatorum con medici specializzandi: e cio' soprattutto dopo che la giurisprudenza aveva dato una lettura univoca della normativa. Orbene, come noto, "l'irretroattivita' costituisce un principio generale del nostro ordinamento (art. 11 preleggi) e, se pur non elevato, fuori della materia penale, a dignita' costituzionale (art. 25, secondo comma, Cost.) rappresenta pur sempre una regola essenziale del sistema a cui, salva un'effettiva causa giustificatrice, il legislatore deve ragionevolmente attenersi, in quanto la certezza dei rapporti preteriti costituisce un indubbio cardine della civile convivenza e della tranquillita' dei cittadini" (cosi' Corte cost. n. 155/1990). Nessuna causa giustificatrice e' dunque apprezzabile se non quella di non pagare quanto dovuto secondo una legge dello Stato e dopo che tale diritto era stato riconosciuto dal giudice che aveva applicato la legge vigente (cfr. 101, comma secondo, Cost.). Quest'ultima considerazione consente di rilevare altro profilo di illegittimita' costituzionale questa volta con riferimento all'art. 3 della Carta costituzionale. La norma in esame, infatti, non disciplina ex novo tutti i rapporti iure privatorum dell'Universita' ma si limita ad estendere ai soli medici specializzandi - unici tra tutti coloro che hanno con l'Universita' un rapporto di diritto privato - una disposizione dettata esclusivamente in materia di pubblico impiego. I medici specializzandi non sono pacificamente dipendenti pubblici (cfr. art. 4, comma 3, d.lgs. n. 257/1991) sicche' applicare solamente a loro una norma dettata per motivi di contenimento della spesa pubblica nel settore del pubblico impiego non sembra perseguire un interesse apprezzabile e quindi ragionevole. Per quanto riguarda, infine, la rilevanza delle questioni prospettate e' sufficiente osservare che la decisione della Corte costituzionale determinera' necessariamente l'esito della controversia perche' il ricorrente invoca proprio la non applicazione (da parte dell'Universita' convenuta) delle disposizioni che hanno congelato gli aumenti per tutte le indennita', compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, disposizioni estese anche al rapporto in essere tra il ricorrente e l'Universita' proprio dall'art. 1, comma 33, della legge n. 549/1995.
P. Q. M. Rigetta l'eccezione di incompetenza per materia; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 33, della legge 28 dicembre 1995 n. 549 (in supplemento ordinario 153 alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 29 dicembre 1995, Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) che dispone che "Le disposizioni di cui all'art. 7, commi 5 e 6, del d.-l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, prorogate per il triennio 1994-1996 dall'art. 3, comma 36, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, vanno interpretate nel senso che tra le indennita', compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, da corrispondere nella misura prevista per il 1992, sono comprese le borse di studio di cui all'art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257" per contrasto con gli artt. 101, 102, 104 e 3 della Costituzione; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza, di cui e' stata data lettura in udienza, sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri, e comunicata al Presidenti delle Camere; Dispone la sospensione del presente giudizio. Genova, addi' 28 ottobre 1996 Il pretore: Ravella 96C1824