N. 1340 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 ottobre 1996
N. 1340 Ordinanza emessa il 17 ottobre 1996 dal tribunale di Torino nel procedimento di esecuzione nei confronti di Fonte Michele Pena - Sospensione condizionale della pena - Revoca di diritto - Deroga a detta regola generale, secondo l'interpretazione dominante, a favore del condannato che, nei cinque anni dalla condanna, sia nuovamente condannato ad una pena detentiva applicata su richiesta delle parti, ex art. 444, del cod. proc. pen. - Disparita' di trattamento, stante l'equiparazione fra applicazione della pena su richiesta delle parti e sentenza di condanna (art. 445, del cod. proc. pen.), rispetto all'imputato che affronta il giudizio e subisce una seconda (o terza) condanna, con conseguente revoca della sospensione condizionale in precedenza concessa. (C.P., art. 168, primo comma). (Cost., art. 3).(GU n.2 del 8-1-1997 )
IL TRIBUNALE Ha pronunziato in camera di consiglio all'udienza del 17 ottobre 1996, la seguente ordinanza nel procedimento per incidente di esecuzione promosso dal procuratore della Repubblica di Torino per ottenere la revoca della sospensione condizionale della pena concessa a Fonte Michele, nato a Siderno il 12 giugno 1964, con sentenza 11 dicembre 1992 del pretore di Torino. Premesso: che con atto 21 maggio 1996 il procuratore della Repubblica di Torino chiedeva la revoca della sospensione condizionale della pena di mesi sei di reclusione e L. 500.000 di multa alla quale Fonte Michele era stato condannato con sentenza 11 dicembre 1992 del pretore di Torino per i reati di furto e guida senza patente; che tale richiesta si fondava sul fatto che il Fonte aveva gia' ottenuto una prima ospesione condizionale della pena inflittagli dal pretore di Pinerolo con sentenza 27 giugno 1991 per la contravvenzione di guida senza patente e nel quinquennio dalla sentenza di condanna del pretore di Torino gli era stata applicata da questo tribunale con sentenza in data 4 ottobre 1995 la pena, ex art. 444 c.p.p., di mesi cinque e giorni venti di reclusione per reato di rapina impropria tentata commesso il 7 febbraio 1994; che all'udienza in camera di consiglio in data 17 settembre 1996 la difesa si opponeva alla richiesta di revoca della sospensione condizionale della pena affermando, sulla base di una consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, che la sentenza di cui all'art. 444 c.p.p. non puo' comportare la revoca di diritto della sospensione condizionale di pene in precedenza inflitte mancando in essa la dichiarazione di colpevolezza dell'imputato ed essendo il controllo del giudice limitato alla verifica dell'accordo fra p.m. ed imputato sul merito dell'imputazione (da ultimo cass. sez. un., 8 maggio 1996, De Leo); che il tribunale rinviava il procedimento all'odierna udienza per maggiore approfondimento della questione; O s s e r v a Il tribunale non contrasta l'interpretazione dell'art. 168, comma primo, dettata dal Supremo collegio, ma rileva che, se questa e' la sola possibile interpretazione della norma in esame, la norma stessa appare in contrasto con il principio di eguaglianza dettato dall'art. 3 della Costituzione e contraddice al principio di ragionevolezza richiesto alle leggi. Fermo restando il punto - assolutamente indiscutibile - secondo cui l'applicazione di pena su richiesta delle parti ex art. 444 c.p.p. non e' sentenza di condanna, e' pur vero che la sentenza pronunciata ex art. 444 c.p.p. produce effetti penali, come puntualizza l'art. 445 c.p.p., a norma del cui primo comma, ultima parte, "salve diverse disposizioni di legge, la sentenza e' equiparata a una pronuncia di condanna". Lo stesso art. 445, primo comma, c.p.p., elenca gli effetti penali che devono essere esclusi ex lege: il pagamento delle spese processuali; l'applicazione di pene accessorie; l'applicazione di misure di sicurezza, ad eccezione della confisca prevista dall'art. 240, secondo comma, c.p.; l'efficacia nei giudizi civili e amministrativi. Il reato e' estinto e tutti gli altri effetti penali sono estinti se l'imputato non commette delitto nei cinque anni o contravvenzione nei due anni successivi. I termini imputato, reato, delitto e contravvenzione sono sufficientemente chiari per indicare che, se anche non vi e' pronuncia di condanna, vi e' una riferibilita' del fatto (la cui qualificazione giuridica deve essere ritenuta corretta dal giudice) al soggetto che propone o comunque accetta l'applicazione della pena. Consegue che, stante l'equiparazione fra applicazione di pena su richiesta delle parti e sentenza di condanna stabilita dal primo comma dell'art. 445 c.p.p.p., e stante l'assenza di specifiche e contrarie disposizioni di legge, l'effetto penale della revoca di diritto della sospensione condizionale della pena (ove ricorrano le ipotesi di cui al primo comma dell'art. 168 c.p.) e' estranea al dettato legislativo. Ma se l'interpretazione sistematica dovesse condurre necessariamente all'ipotesi formulata dalla difesa e sorretta dai principi affermati dalla Corte di cassazione, la norma dell'art. 168, primo comma, c.p. appare sospetta di illegittimita' costituzionale in quanto crea una situazione di disparita' fra l'imputato che affronta il giudizio e patisce una seconda (o una terza condanna) con conseguente revoca della sospensione condizionale in precedenza concessa, e l'imputato che accetta una pena dopo una (o due) precedenti condanne, in presenza di un fatto comunque a lui riferibile anche se non e' intervenuta formale sentenza di condanna. D'altra parte non possono sfuggire le conseguenze aberranti di una simile interpretazione. L'imputato, che sa di avere gia' fruito di una o due sospensioni condizionali della pena e teme di perdere i benefici, di fronte ad una nuova imputazione sara' in qualche modo sollecitato o costretto al patteggiamento una, due, tre e quante altre volte riterra' opportuno, reiterando la commissione di reati nella consapevolezza che le pene nei suoi confronti non saranno mai eseguite. In queste situazioni il patteggiamento diventa un "privilegio" che non ha riscontro alcuno nello spirito riformatore del legislatore processuale penale. In ultima analisi il patteggiamento non puo' trasformarsi in una perpetua impunita', dove l'applicazione della pena rimane, nonostante la reiterazione nel reato, una mera affermazione di principio priva di qualsivoglia conseguenza sul piano sanzionatorio. Sotto questi profili il tribunale ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 168, primo comma, c.p., in riferimento all'art. 3 della Costituzione per la parte in cui (secondo l'interpretazione dominante) deroga la regola generale della revoca di diritto della sospensione condizionale della pena in capo al condannato che, nei cinque anni dalla condanna, commetta un delitto per cui viene condannato a una pena detentiva, sol perche' tale pena e' applicata su richiesta delle parti a norma dell'art. 444 c.p.p.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 168, primo comma primo, c.p., in riferimento all'art. 3 della Costituzione; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al difensore (avv. Mattei del foro di Torino) e al pubblico ministero, nonche' al presidente del Consiglio dei Ministri e che venga comunicata dal cancelliere ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in camera di consiglio il 17 ottobre 1996. Il presidente estensore: Ambrosini 96C1850