N. 395 ORDINANZA 9 - 16 dicembre 1996

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia   e  urbanistica  -  Reati  edilizi  -  Condono  -  Presunta
 arbitrarieta'  di  una  non  punibilita'  collegata  al   reperimento
 immediato   di  risorse  finanziarie  -  Ragionevolezza  della  norma
 giustificata dal carattere della sua eccezionalita' - Questione  gia'
 dichiarata  non  fondata  dalla  Corte  con  sentenza  n.  427/1995 e
 ordinanza n. 537/1995 e sentenza n. 302/1996 - Non attribuibilita' di
 un connotato  tributario  alle  somme  corrisposte  per  oblazione  -
 Manifesta infondatezza.
 
 (Legge 23 dicembre 1994, n. 724, art. 39).
 
 (Cost., artt. 3, 9, 53 e 112).
(GU n.51 del 18-12-1996 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
  dott.  Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY,
  prof. Valerio ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge
 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione  della  finanza
 pubblica)  promossi  dal  pretore  di Roma con ordinanze emesse il 17
 gennaio 1996, il 2 febbraio 1996 (n. 3 ordinanze)  e  il  17  gennaio
 1996,  rispettivamente  iscritte  ai nn. 416, 417, 418, 419 e 420 del
 registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del  16  ottobre  1996  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto  che  il pretore di Roma, con cinque ordinanze di identico
 contenuto, emesse, nel corso di altrettanti procedimenti  penali  per
 reati  edilizi, tra il 17 gennaio e il 2 febbraio 1996 (r.o. nn. 416,
 417, 418, 419 e 420 del 1996),  ha  sollevato,  in  riferimento  agli
 artt.  3,  112,  9 e 53 della Costituzione, questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 39 della legge  23  dicembre  1994,  n.  724
 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica);
     che,  ad  avviso del giudice a quo, il condono edilizio, previsto
 dalla disposizione censurata, comporterebbe anzitutto,  in  contrasto
 con  gli  artt.  3  e  112 della Costituzione, un esercizio della non
 punibilita' da ritenersi arbitrario, essendo, per un verso, collegato
 alla  esigenza  di  reperimento  immediato  di  risorse  finanziarie,
 costituendo, per l'altro, un incentivo alla fiducia nell'impunita';
     che,  inoltre,  sarebbe  violato  l'art.  9  della  Costituzione,
 minandosi   irreversibilmente   la    tutela    del    paesaggio    e
 dell'equilibrato  sviluppo del territorio per via della "incongruenza
 funzionale" della disciplina premiale di cui si tratta;
     che,  infine,   sarebbe   recato   vulnus   all'art.   53   della
 Costituzione, provvedendosi alla copertura di spese pubbliche - al di
 la'  della  disposizione, definita marginale, di cui ai commi 13 e 15
 dell'impugnato art. 39 - in base non alla capacita' contributiva,  ma
 all'entita' dell'abuso edilizio;
     che,  nel giudizio introdotto con l'ordinanza n. 420 del 1996, ha
 spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri, con  il
 patrocinio  dell'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per
 la manifesta infondatezza delle proposte questioni;
   Considerato che, per l'identita' dell'oggetto,  i  giudizi  possono
 essere riuniti e decisi con un'unica pronuncia;
     che  le  questioni  sollevate  in  riferimento agli artt. 3 e 112
 della Costituzione sono gia' state esaminate e dichiarate non fondate
 con la sentenza n. 427 del 1995 - cui hanno fatto seguito l'ordinanza
 n. 537 del 1995 e la sentenza n. 302 del 1996 - con la  quale  si  e'
 sottolineato  che la non punibilita' conseguente al condono trova una
 ragionevole  giustificazione  nel  carattere  di  norma   del   tutto
 eccezionale  che riveste l'art. 39 della legge n. 724 del 1994, anche
 in  relazione  a  ragioni  contingenti  e  straordinarie  di   natura
 finanziaria,  e  alla  necessita'  di  "un  recupero  della legalita'
 attraverso  la  regolamentazione  dell'assetto  del  territorio  onde
 procedere ad un definitivo riordino della materia ";
     che,  nella  medesima occasione, la Corte ha, peraltro, avvertito
 che una tale  soluzione,  ove  reiterata,  non  troverebbe  ulteriore
 giustificazione  sul  piano della ragionevolezza, in quanto finirebbe
 col vanificare le norme  repressive  di  quei  comportamenti  che  il
 legislatore  ha  considerato  illegali  perche'  contrastanti  con la
 tutela del territorio;
     che anche le questioni sollevate in riferimento all'art. 9  della
 Costituzione  trovano  un  precedente specifico nelle citate pronunce
 della Corte, che hanno  evidenziato  che  la  normativa  sul  condono
 presenta  aspetti  direttamente  volti al ripristino della tutela del
 controllo   del   territorio,   come   dimostrano,    tra    l'altro,
 l'affermazione,   in  materia  di  abusi  in  aree  vincolate,  della
 necessita'   dell'acquisizione   dei    pareri    favorevoli    delle
 amministrazioni  preposte alla tutela dei vincoli, e le previsioni di
 limiti di cubatura per l'ammissione alla sanatoria;
     che, con riguardo a tale ultimo, specifico aspetto, la Corte, con
 la  citata  sentenza  n. 302 del 1996, ha precisato che la previsione
 massima di cubatura di settecentocinquanta  metri  cubi,  di  cui  al
 primo  comma dell'art. 39 della legge n. 724 del 1994, costituisce un
 limite assoluto e  inderogabile,  che  "si  aggiunge  come  norma  di
 chiusura  al  limite  di  ampliamento,  che deve essere contenuto nel
 trenta per cento della volumetria originaria";
     che, in riferimento ai citati parametri costituzionali, non  sono
 dedotti profili sostanzialmente nuovi o diversi tali da indurre ad un
 riesame delle questioni;
     che,  pertanto,  le  proposte  questioni devono essere dichiarate
 manifestamente infondate;
     che, per cio' che riguarda la lamentata violazione dell'art.   53
 della  Costituzione,  il  richiamo  a  detto  precetto costituzionale
 risulta inconferente, in quanto all'oblazione posta  a  carico  degli
 autori  di  abusi  edilizi  non  puo'  riconoscersi  alcun  connotato
 tributario,   con   conseguente   applicazione   della   regola    di
 proporzionalita'  alla capacita' contributiva. La somma corrisposta a
 titolo di oblazione ha una funzione in senso lato  sanzionatoria  con
 un  effetto  premiale,  da  essa  scaturendo la estinzione del reato,
 rimessa, peraltro, alla volonta' degli interessati;
     che,  pertanto,  anche  le  questioni  sollevate  in  riferimento
 all'art.      53   della   Costituzione   devono   essere  dichiarate
 manifestamente infondate;
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
 LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  delle
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 39 della legge  23
 dicembre  1994,  n.  724  (Misure  di razionalizzazione della finanza
 pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 112, 9 e 53  della
 Costituzione,  dal  pretore  di  Roma,  con  le ordinanze indicate in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 9 dicembre 1996.
                         Il Presidente: Granata
                         Il redattore: Chieppa
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 16 dicembre 1996.
                 Il direttore di cancelleria: Di Paola
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