MINISTERO DELL'INTERNO

CIRCOLARE 19 marzo 1997, n. 3 

Art.  39,  comma 1, lettera b), n. 2), della legge n. 142/1990 e art.
7 della legge n. 415/1993.
(GU n.80 del 7-4-1997)
 
 Vigente al: 7-4-1997  
 

                                  Ai prefetti della Repubblica
                                    e, per conoscenza:
                                  Al presidente della commissione  di
                                     coordinamento     della    Valle
                                     d'Aosta
                                  Al commissario del Governo  per  la
                                     provincia di Bolzano
                                  Al  commissario  del Governo per la
                                     provincia di Trento
                                  Ai  commissari  del  Governo  nelle
                                     regioni a statuto ordinario
                                  Al  commissario  del  Governo nella
                                     regione siciliana
                                  Al rappresentante dello Stato nella
                                     regione Sardegna
                                  Al commissario  del  Governo  nella
                                     regione Friuli-Venezia Giulia
                                  Al    presidente    della    giunta
                                     regionale della Valle d'Aosta
 Si  fa  seguito  alla   precedente   circolare   telegrafica,   pari
protocollo,  n.  1  del 13 giugno 1996, concernente il parere reso in
sede di ricorso straordinario dal Consiglio di  Stato  in  merito  al
coordinamento  tra l'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge
8 giugno 1990, n. 142, e l'art. 7 della legge  15  ottobre  1993,  n.
415, e, segnatamente, all'effetto dissolutorio del consiglio comunale
per  dimissioni  di  almeno  la  meta'  dei suoi componenti differito
all'eventuale mancata surrogazione dei dimissionari  nel  termine  di
venti  giorni decorrenti dalla data di presentazione delle dimissioni
stesse.
 Al riguardo, si partecipa che l'Alto consesso,  sempre  in  sede  di
ricorso  straordinario,  ha  espresso  un  nuovo  orientamento  - che
integra quello  precedentemente  manifestato  -  con  il  quale,  nel
riconsiderare  la problematica giuridica in parola, ha ricollegato la
dissolvenza dell'organo elettivo alla presentazione contestuale delle
dimissioni da parte della maggioranza dei consiglieri.  Il  Consiglio
di   Stato  ha  ritenuto  tale  circostanza  elemento  sufficiente  a
determinare quella paralisi dell'organo, che il citato art. 39  della
legge  n.  142/1990  assume  come presupposto per lo scioglimento del
consiglio. L'effetto dissolutorio, secondo  l'Alta  magistratura,  si
verifica parimenti nel caso di dimissioni non contestuali della meta'
dei  consiglieri,  qualora non sia stata ancora attivata dall'ente la
procedura della surroga.
 Nel segnalare il rilievo della determinazione espressa,  si  ritiene
che  il  nuovo parere, confermando la linea interpretativa seguita in
precedenza da questa Amministrazione, debba essere recepito in toto.
 Con l'occasione si rappresenta, altresi', che il Consiglio di Stato,
anche  in  questo  caso  con  parere  espresso  in  sede  di  ricorso
straordinario,  ha  ritenuto  che  il  consolidamento  del  risultato
elettorale, con l'insediamento dei nuovi organi e la loro  convalida,
non tempestivamente impugnata, ne' piu' suscettibile di impugnazione,
si  pone  "come  un fatto compiuto giuridicamenteirreversibile e come
tale non caducabile per  il  solo  fatto  che  successivamente  venga
impugnato   il  decreto  di  scioglimento  del  precedente  consiglio
comunale".
 Ne   consegue  una  carenza  di  interesse  a  ricorrere  contro  un
provvedimento di scioglimento dell'organo  elettivo  quando  si  sono
gia'  svolte le nuove elezioni, in quanto l'eventuale accoglimento di
tale ricorso non potrebbe conseguire effetti  concreti,  non  essendo
idoneo  a  travolgere  automaticamente  la  diversa  procedura  della
consultazione elettorale, conclusasi con la convalida  del  risultato
elettorale.
 Per  una  compiuta  conoscenza  si  trasmettono in allegato i citati
pareri del Consiglio di Stato.
                                           Il direttore generale
                                        dell'Amministrazione civile
                                                   Gelati
                               _______
                         CONSIGLIO DI STATO
  Adunanza della sezione prima  -  12  febbraio  1997  -  N.  sezione
209/97.
Oggetto:  ricorso  straordinario  dei  signori  Savino Cefola, Nicola
   Albanese e Oronzo Albanese contro il decreto del Presidente  della
   Repubblica  12  marzo  1996,  con  lo  scioglimento  del consiglio
   comunale di Barletta.
                             LA SEZIONE
  Vista la relazione inviata con nota 31 dicembre 1996 (pervenuta  il
30   gennaio   1997)   prot.  15909/07  con  la  quale  il  Ministero
dell'interno (Direzione generale amministrazione civile  -  Direzione
centrale  autonomie)  ha  chiesto il parere sul ricorso straordinario
dei signori Savino Cefola, Nicola Albanese e Oronzo  Albanese  contro
il  decreto  del  Presidente  della  Repubblica 12 marzo 1996, con lo
scioglimento del consiglio comunale di Barletta;
  Esaminati gli atti ed udito il relatore;
  Ritenuto in fatto quanto esposto dal Ministero riferente;
  Considerato:
  1.  Nel  consiglio  comunale  di  Barletta  -  composto  da  trenta
consiglieri  piu'  il  sindaco  -  nell'adunanza  del 6 febbraio 1996
sedici consiglieri hanno rassegnato le dimissioni dalla carica.
  L'atto  di  dimissioni,  sottoscritto  congiuntamente  da  tutti  i
dimissionari,  era  motivato  con  una  serie  di critiche all'azione
politica del sindaco in carica e conteneva l'esplicita  dichiarazione
dell'intento  di  provocare,  attraverso le dimissioni collettive, lo
scioglimento del consiglio e l'indizione di nuove elezioni.
  Data lettura del documento, il sindaco-presidente ha osservato  che
si   erano   determinati   i  presupposti  per  il  provvedimento  di
scioglimento del consiglio "da farsi con decreto del prefetto" ed  ha
chiuso i lavori.
  Il  giorno successivo - 7 febbraio 1996 - il prefetto ha sospeso il
consiglio nominando un commissario straordinario; il 12 marzo 1996 e'
stato emanato il decreto del Capo dello Stato con lo scioglimento del
consiglio. Infine il 26 marzo il decreto e'  stato  pubblicato  nella
Gazzetta Ufficiale.
  2.  Con  atto  notificato  il  24  luglio 1996, tre cittadini hanno
proposto ricorso straordinario contro  il  decreto  presidenziale  di
scioglimento.
  Quanto  alla  legittimazione ed all'interesse a ricorrere, il primo
dei ricorrenti asserisce che se invece di sciogliere il consiglio  si
fossero   surrogati  i  dimissionari,  egli  si  sarebbe  trovato  in
condizione di essereproclamato consigliere. Gli altri due  ricorrenti
deducono   invece  che  all'atto  dello  scioglimento  del  consiglio
comunale essi erano in carica quali consiglieri di  circoscrizione  e
che  hanno  perduto tale qualita', in quanto il rinnovo del consiglio
comunale comporta, di diritto, anche lo scioglimento dei consigli  di
circoscrizione.
  Nel  merito,  i  ricorrenti  deducono  che  il decreto impugnato ha
violato l'art. 31, comma 2-bis, della legge n. 142/1990.
  Detta disposizione e' stata introdotta dall'art. 7 della  legge  15
ottobre 1993, n. 415, ed e' del seguente tenore: "Le dimissioni dalla
carica  di  consigliere  sono  presentate dal consigliere medesimo ai
rispettivi consigli. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa
d'atto e diventano efficaci  una  volta  adottata  dal  consiglio  la
relativa surrogazione che deve avvenire entro venti giorni dalla data
di presentazione delle dimissioni".
  Premesso  che  il  presupposto  dello  scioglimento  del  consiglio
comunale, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lettera b),  n.  2),  della
legge   n.    142/1990,  e'  l'impossibilita'  di  funzionamento  del
consiglio, determinata  dalle  dimissioni  di  almeno  la  meta'  dei
consiglieri,  tale  impossibilita'  non si realizza per il solo fatto
che le dimissioni siano state presentate:  esse, invero, sono  bensi'
"irrevocabili"  ma  non  ancora  "efficaci"  sino  a  che  non si sia
proceduto alla surroga o comunque siano decorsi venti giorni.
  3. Resiste al ricorso il comune  di  Barletta,  nella  persona  del
sindaco  eletto  nelle  nuove  elezioni svoltesi il 9 ed il 23 giugno
1996, il quale solleva varie eccezioni in rito ed in merito.
  4.  Il  collegio  osserva  che  si  porrebbe,  preliminarmente,  il
problema di verificare l'ammissibilita' del ricorso, sotto il profilo
che  esso  e'  stato proposto quando gia' si erano svolte le elezioni
per il rinnovo degli organi comunali.
  In effetti questa stessa sezione ha di recente espresso  un  parere
nel  senso dell'inammissibilita' di un ricorso straordinario proposto
in analoghe circostanze contro il decreto di scioglimento di un altro
consiglio comunale.
  Peraltro, nel caso teste' ricordato risultava dagli atti  non  solo
che  alla  data  di  proposizione  del  ricorso straordinario i nuovi
organi comunali si erano gia'  insediati,  ma,  altresi',  che  erano
scaduti  i  termini  per  una  eventuale impugnazione della convalida
delle elezioni.
  Quest'ultima circostanza, invece,  nel  caso  presente  non  emerge
univocamente   dagli   atti,   sicche'  risulterebbe  necessaria  una
istruttoria.  Ma poiche' il ricorso, come si vedra' appresso, risulta
infondato   nel   merito,   il   collegio   si   ritiene   dispensato
dall'esaminare    questa    e    le    altre    questioni    relative
all'ammissibilita'.
  5. Nel merito, i ricorrenti si richiamano al parere 5 giugno  1996,
n.  1058/96,  di  questa sezione, che conclude per l'accoglimento del
ricorso straordinario proposto contro lo scioglimento  del  consiglio
comunale di Biccari.
  In  quella  occasione,  infatti,  il  collegio  ha affermato che il
sistema normativo novellato dall'art. 7 della legge 15 ottobre  1993,
n.  415,  che  aggiunge  il  comma  2-bis, all'art. 31 della legge n.
142/1990, esclude che l'impossibilita' di funzionamento del consiglio
comunale, presupposto dello scioglimento, si  realizzi  per  il  solo
fatto della presentazione di un certo numero di dimissioni.
  Seguendo   quest'orientamento,  anche  nella  presente  fattispecie
sembrerebbe doversi giungere all'accoglimento del ricorso.
  6. Il caso presente, tuttavia, differisce per un aspetto essenziale
da quello allora esaminato.
  Il parere del 6 giugno 1996 e' stato pronunciato con riferimento ad
una fattispecie nella quale dapprima aveva presentato  le  dimissioni
un  piccolo gruppo di consiglieri, ed il sindaco aveva immediatamente
provveduto a convocare il consiglio comunale per procedere alla  loro
surrogazione. Nell'intervallo fra la diramazione delle convocazioni e
l'adunanza consiliare, altri consiglieri avevano presentato le dimis-
sioni. Si era cosi raggiunto un numero di dimissionari pari o di poco
superiore  alla meta' dei consiglieri assegnati, ed il prefetto aveva
sospeso   il   consiglio   rendendo   impossibile   lo    svolgimento
dell'adunanza   gia'   convocata   per   la  surrogazione  dei  primi
dimissionari.
  Nel  caso  presente,  invece,  come  si  e'  detto  sopra,   sedici
consiglieri  su  trenta (o trentuno, contando anche il sindaco) hanno
presentato le dimissioni con un unico documento e con  la  dichiarata
intenzione  di  provocare con cio' le dimissioni anche del sindaco e,
comunque, lo scioglimento del consiglio.
  7. Ora, in un caso del genere e' impossibile  negare  che  il  solo
fatto  della  presentazione  (contestuale  e  motivata politicamente)
delle dimissioni da parte della maggioranza dei  consiglieri  sia  di
per  se'  sufficiente  a determinare quella paralisi dell'organo, che
l'art. 39, comma 1, della legge n. 142/1990 assume  come  presupposto
per lo scioglimento del consiglio.
  A  tacer  d'altro, infatti, quel gesto equivale, nella sostanza, ad
un voto di sfiducia, e cioe' ad  un  fatto  previsto  dalla  medesima
norma come causa dello scioglimento ope legis del consiglio comunale.
  Vero  e'  che,  formalmente, la fattispecie del voto di sfiducia si
puo' ritenere realizzata solo in quanto sia stata positivamente messa
ai voti la relativa mozione, e questa abbia riportato la  maggioranza
prescritta.  E  questa  rimane,  in  effetti, la via maestra che deve
percorrere il consiglio che voglia autodissolversi. Ma  non  si  puo'
negare che la presentazione contestuale delle dimissioni, da parte di
un  congruo  numero  di  consiglieri,  assuma politicamente lo stesso
significato e  debba  dunque  produrre,  giuridicamente,  gli  stessi
effetti.
  In  questa  luce,  la "novella" del 1993 s'interpreta correttamente
come diretta ad evitare  lo  scioglimento  anticipato  del  consiglio
quante  volte il quorum delle dimissioni si raggiunga - come nel caso
esaminato nel parere del 6 giugno 1996 - esclusivamente  per  effetto
di nuove dimissioni presentate quando e' gia' avviato, nei termini il
procedimento di surrogazione (nulla quaestio, ovviamente, se le nuove
dimissioni  sopravvengono quando i primi dimissionari sono stati gia'
surrogati: in tale  ipotesi  il  presupposto  dello  scioglimento  si
riteneva pacificamente escluso anche prima della "novella" del 1993).
Essa   impedisce   che   le  occasionali  dimissioni  di  taluno  dei
consiglieri di  maggioranza  (dimissioni,  oltre  tutto,  non  sempre
interpretabili  come  manifestazione  di un dissenso politico, e che,
quand'anche lo fossero, sarebbero comunque  finalizzate  non  gia'  a
provocare  lo  scioglimento  dell'organo,  ma  anzi  a consentirne un
miglior funzionamento grazie all'uscita dei dissidenti ed  alla  loro
surrogazione  con  nuovi consiglieri presumibilmente consenzienti con
il sindaco in carica) offrano ad una capziosa minoranza il destro per
provocare una dissoluzione del  collegio,  in  una  situazione  nella
quale,  se  si procedesse ad una regolare verifica della fiducia, non
emergerebbe alcuna crisi politica.
  8. In definitiva, puo' concludersi che, realizzatasi la fattispecie
delle dimissioni  della  meta'  dei  consiglieri,  allorche'  avvenga
contestualmente  o  anche  in fasi successive ma non sia stata ancora
attivata la procedura della surroga, questa resta preclusa  essendosi
ormai  verificata  l'ipotesi  prevista dall'art. 39, comma 1, lettera
b), n. 2), della legge n.  142/1990.
  In questi casi e' sufficiente il fatto delle  dimissioni  di  meta'
dei  consiglieri  e  la produzione dell'effetto prodromico della loro
irrevocabilita', per determinare senz'altro  l'ipotesi  dissolutoria,
per  essere  venuta  meno  l'integrita'  strutturale  minima  per  il
funzionamento dell'organo.  E  cio'  preclude  ogni  possibilita'  di
attivazione dei procedimenti integrativi per il ripristino del numero
dei  consiglieri  assegnati.  Mentre  nei  casi in cui sia stata gia'
attivata la  procedura  della  surroga  di  uno  o  piu'  consiglieri
dimissionari,   dovendosi   la   stessa   portare  necessariamente  a
compimento  per  la  realizzazione  dell'effetto   finale   e   cioe'
l'efficacia  delle  loro  dimissioni  con  l'adozione  da  parte  del
consiglio comunale della relativa surroga, il numero degli stessi non
e' computabile per la realizzazione dell'ipotesi dissolutoria di  cui
all'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge n. 142/1990.
  9. Alla luce di queste considerazioni, il ricorso va respinto.
                              P. Q. M.
esprime   il   parere   che   il   ricorso  debba  essere  dichiarato
inammissibile.
               Per estratto dal verbale: Il segretario della sezione
Visto: Il presidente della sezione
                              ________
  Adunanza della sezione prima - 8 gennaio 1997 - N. sezione 2906/96.
     Oggetto: ricorso straordinario, con domanda di sospensione,
del sig. Mauro Papagni ed altri  contro  il  decreto  del  Presidente
della  Repubblica  15  marzo  1996  con lo scioglimento del consiglio
comunale di Bisceglie (Bari).
                             LA SEZIONE
  Vista la relazione trasmessa con nota 16 ottobre 1996 protocollo n.
15905/09 con la quale il Ministero dell'interno  (Direzione  generale
dell'amministrazione  civile  -  Direzione centrale delle autonomie -
Ufficio rapporti con gli amministratori degli enti locali) ha chiesto
il parere sul ricorso straordinario, con domanda di sospensione,  dei
signori  Mauro  Papagni, Salvatore Arena e Domenico Dell'Olio, contro
il decreto del Presidente della  Repubblica  15  marzo  1996  con  lo
scioglimento del consiglio comunale di Bisceglie (Bari);
  Esaminati gli atti ed udito il relatore;
  Ritenuto in fatto quanto esposto dall'amministrazione riferente;
  Considerato:
  1.  Il consiglio comunale di Bisceglie, eletto nella tornata del 23
aprile 1995, e composto di trenta consiglieri  piu'  il  sindaco,  e'
stato  sciolto  con  decreto  del  Presidente della Repubblica del 15
marzo 1996, motivato con la considerazione che il 13 marzo precedente
sedici consiglieri avevano simultaneamente rassegnato le dimissioni e
si era quindi verificata l'ipotesi prevista dall'art.  39,  comma  1,
lettera b), n. 2), della legge 8 giugno 1990, n. 142.
  Sono   quindi   state   indette   le   elezioni   per   il  rinnovo
dell'amministrazione comunale, che si sono svolte, in effetti,  il  9
giugno  1996:  gli  organi  eletti  in  quella occasione sono entrati
regolarmente in carica.
  2. Con atto notificato il 24 luglio 1996 al comune di Bisceglie, al
prefetto  di  Bari  ed   al   sig.   Pantaleo   Logoluso   (indicato,
quest'ultimo,  come  componente del disciolto consiglio) e notificato
altresi' il 25 luglio al Ministero dell'interno  ed  alla  Presidenza
della  Repubblica,  il  decreto di scioglimento e' stato impugnato in
via straordinaria  dai  signori  Mauro  Papagni,  Salvatore  Arena  e
Domenico Dell'Olio.
  I primi due ricorrenti si qualificano come componenti del consiglio
disciolto,   dimessisi   in  data  13  marzo  1996  ma  asseritamente
interessati a conservare l'esercizio  delle  relative  funzioni  sino
alla  surrogazione  o  alla  scadenza  dei termini di legge; il terzo
ricorrente si qualifica come "secondo dei non  eletti"  nella  stessa
lista  cui  appartenevano  i  primi due (e altri dimissionari) e come
tale  interessato  ad   essere   proclamato   consigliere   in   loro
surrogazione.
  3.  I  ricorrenti  osservano che l'art. 39, comma 1, lettera b), n.
2), della legge 8 giugno 1990,  n.  142,  dispone  che  il  consiglio
comunale  venga  sciolto  "...  quando non possa essere assicurato il
normale funzionamento degli organi e dei servizi... per dimissioni  o
decadenza di almeno la meta' dei consiglieri".
  Essi  deducono, peraltro, che questa disposizione va coordinata con
l'art. 31 della stessa legge, e in particolare con  il  comma  2-bis,
introdottovi  dall'art.  7  della  legge  15  ottobre  1993,  n. 415,
successivamente modificato ma  in  vigore  al  tempo  dell'emanazione
dell'atto  impugnato.    Esso  disponeva quanto segue: "Le dimissioni
dalla carica di consigliere...  sono irrevocabili, non necessitano di
presa d'atto e diventano efficaci una volta adottata dal consiglio la
relativa surrogazione, che deve avvenire  entro  venti  giorni  dalla
data di presentazione delle dimissioni".
  I   ricorrenti   sostengono   dunque   che   i  sedici  consiglieri
dimissionari  non  potevano,  bensi',  revocare  le  dimissioni,   ma
conservavano  comunque  il  diritto e il dovere di esercitare le loro
funzioni, se non altro  al  fine  di  partecipare  alla  delibera  di
surrogazione,  e  sino  a che questa non venisse adottata, o comunque
fino  al  ventesimo  giorno  dalla  presentazione  delle  dimissioni.
L'ipotesi   dell'impossibilita'   di   funzionamento   del  consiglio
"dimidiato" si sarebbe verificata solo  se  allo  scadere  dei  venti
giorni   non   risultassero   deliberate   le   surrogazioni.  Ma  lo
scioglimento e' stato decretato prima di tale  scadenza  e  pertanto,
cosi' sostengono i ricorrenti, il consiglio e' stato illegittimamente
privato della possibilita' di reintegrare la propria composizione nei
termini di legge.
  A  sostegno di questa tesi, i ricorrenti citano il parere di questa
sezione, 5 giugno 1996, n. 1058/96, con il quale e' stato accolto  un
analogo  ricorso  straordinario  proposto  contro lo scioglimento del
consiglio comunale di Biccari (Foggia).
  Sono state acquisite le controdeduzioni del comune di Bisceglie.
  4. Il collegio ritiene che il ricorso sia inammissibile per difetto
d'interesse.
  Esso, infatti, e' stato proposto quando le nuove elezioni si  erano
gia'  svolte,  i loro risultati erano stati proclamati e convalidati,
ed erano scaduti inutilmente i termini per  l'eventuale  impugnazione
delle operazioni elettorali e della convalida.
  E' vero che il termine per proporre il ricorso straordinario contro
il  decreto  di scioglimento non era ancora consumato. Ma e' ben noto
che un'impugnativa, indipendentemente  dal  termine,  puo'  risultare
preclusa    dal    sopravvenire   di   situazioni   materialmente   o
giuridicamente irreversibili. E questo si verifica nel caso in esame.
  L'intera procedura elettorale, infatti, si caratterizza per il  suo
rigoroso  formalismo,  del  quale e' parte non secondaria un apposito
sistema  di  impugnazioni,  disciplinato  da  leggi  speciali.  Detto
sistema,  poi,  e'  ispirato  allo  scopo di assicurare, oltre che il
massimo delle garanzie, anche una particolare celerita' di decisione,
onde evitare il protrarsi di situazioni di incertezza, manifestamente
dannose   per   l'interesse   pubblico   ed   il    buon    andamento
dell'amministrazione.    E' per questo che in materia elettorale sono
stabiliti termini  particolarmente  brevi  per  la  proposizione  dei
ricorsi  e  delle  istanze,  nonche'  procedure  abbreviate e termini
imposti agli stessi uffici giudicanti: la legge  vuole  che  siffatte
controversie  siano  definite  nel  piu' breve tempo possibile. Ne e'
riprova, fra l'altro, la circostanza che in materia elettorale non e'
consentito il ricorso straordinario.
  Cio' posto, si deve concludere che  il  risultato  elettorale,  una
volta  consolidatosi  con  l'insediamento  dei nuovi organi e la loro
convalida,  non  tempestivamente  impugnata,  ne'  piu'  suscettibile
d'impugnazione,  si  ponga  come  un  fatto  compiuto  giuridicamente
irreversibile, e come tale non  caducabile  per  il  solo  fatto  che
successivamente  venga  impugnato  il  decreto  di  scioglimento  del
precedente consiglio  comunale.  Se  questo  e'  vero,  peraltro,  ne
consegue  che  non  vi  e'  piu'  interesse  a  ricorrere  contro  lo
scioglimento (ancorche', dal punto di vista cronologico,  il  termine
sia ancora aperto) in quanto l'eventuale accoglimento di tale ricorso
non  potrebbe  determinare  effetti  concreti,  non  essendo idoneo a
travolgere automaticamente la diversa procedura  della  consultazione
elettorale,  conclusa  al  termine  di  altro  subprocedimento con la
convalida del risultato elettorale.
  5. L'inammissibilita' del ricorso, cosi' evidenziata,  dispensa  il
collegio dal prendere in esame ulteriori questioni di ammissibilita',
che   pure   sarebbero   prospettabili:  ad  esempio  in  materia  di
contraddittorio e di notifica ai controinteressati (ed invero, se  si
volesse  ammettere  - contrariamente a quanto sopra considerato - che
un ipotetico annullamento del decreto  di  scioglimento  comporti  la
caducazione  del  risultato  delle  nuove  elezioni,  sarebbe  allora
difficile negare la qualita' di  controinteressato,  e  gli  inerenti
diritti,  ai  titolari dei nuovi organi, gia' proclamati ed insediati
al momento della proposizione del ricorso).
  6.  La  ritenuta  inammissibilita'  del  ricorso  rende,  altresi',
superata e comunque inaccoglibile anche  la  domanda  incidentale  di
sospensione dell'atto impugnato.
                              P. Q. M.
esprime   il   parere   che   il   ricorso  debba  essere  dichiarato
inammissibile.
               Per estratto dal verbale: Il segretario della sezione
Visto: Il presidente della sezione