Art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge n. 142/1990 e art. 7 della legge n. 415/1993.(GU n.80 del 7-4-1997)
Vigente al: 7-4-1997
Ai prefetti della Repubblica e, per conoscenza: Al presidente della commissione di coordinamento della Valle d'Aosta Al commissario del Governo per la provincia di Bolzano Al commissario del Governo per la provincia di Trento Ai commissari del Governo nelle regioni a statuto ordinario Al commissario del Governo nella regione siciliana Al rappresentante dello Stato nella regione Sardegna Al commissario del Governo nella regione Friuli-Venezia Giulia Al presidente della giunta regionale della Valle d'Aosta Si fa seguito alla precedente circolare telegrafica, pari protocollo, n. 1 del 13 giugno 1996, concernente il parere reso in sede di ricorso straordinario dal Consiglio di Stato in merito al coordinamento tra l'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge 8 giugno 1990, n. 142, e l'art. 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415, e, segnatamente, all'effetto dissolutorio del consiglio comunale per dimissioni di almeno la meta' dei suoi componenti differito all'eventuale mancata surrogazione dei dimissionari nel termine di venti giorni decorrenti dalla data di presentazione delle dimissioni stesse. Al riguardo, si partecipa che l'Alto consesso, sempre in sede di ricorso straordinario, ha espresso un nuovo orientamento - che integra quello precedentemente manifestato - con il quale, nel riconsiderare la problematica giuridica in parola, ha ricollegato la dissolvenza dell'organo elettivo alla presentazione contestuale delle dimissioni da parte della maggioranza dei consiglieri. Il Consiglio di Stato ha ritenuto tale circostanza elemento sufficiente a determinare quella paralisi dell'organo, che il citato art. 39 della legge n. 142/1990 assume come presupposto per lo scioglimento del consiglio. L'effetto dissolutorio, secondo l'Alta magistratura, si verifica parimenti nel caso di dimissioni non contestuali della meta' dei consiglieri, qualora non sia stata ancora attivata dall'ente la procedura della surroga. Nel segnalare il rilievo della determinazione espressa, si ritiene che il nuovo parere, confermando la linea interpretativa seguita in precedenza da questa Amministrazione, debba essere recepito in toto. Con l'occasione si rappresenta, altresi', che il Consiglio di Stato, anche in questo caso con parere espresso in sede di ricorso straordinario, ha ritenuto che il consolidamento del risultato elettorale, con l'insediamento dei nuovi organi e la loro convalida, non tempestivamente impugnata, ne' piu' suscettibile di impugnazione, si pone "come un fatto compiuto giuridicamenteirreversibile e come tale non caducabile per il solo fatto che successivamente venga impugnato il decreto di scioglimento del precedente consiglio comunale". Ne consegue una carenza di interesse a ricorrere contro un provvedimento di scioglimento dell'organo elettivo quando si sono gia' svolte le nuove elezioni, in quanto l'eventuale accoglimento di tale ricorso non potrebbe conseguire effetti concreti, non essendo idoneo a travolgere automaticamente la diversa procedura della consultazione elettorale, conclusasi con la convalida del risultato elettorale. Per una compiuta conoscenza si trasmettono in allegato i citati pareri del Consiglio di Stato. Il direttore generale dell'Amministrazione civile Gelati _______ CONSIGLIO DI STATO Adunanza della sezione prima - 12 febbraio 1997 - N. sezione 209/97. Oggetto: ricorso straordinario dei signori Savino Cefola, Nicola Albanese e Oronzo Albanese contro il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 1996, con lo scioglimento del consiglio comunale di Barletta. LA SEZIONE Vista la relazione inviata con nota 31 dicembre 1996 (pervenuta il 30 gennaio 1997) prot. 15909/07 con la quale il Ministero dell'interno (Direzione generale amministrazione civile - Direzione centrale autonomie) ha chiesto il parere sul ricorso straordinario dei signori Savino Cefola, Nicola Albanese e Oronzo Albanese contro il decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 1996, con lo scioglimento del consiglio comunale di Barletta; Esaminati gli atti ed udito il relatore; Ritenuto in fatto quanto esposto dal Ministero riferente; Considerato: 1. Nel consiglio comunale di Barletta - composto da trenta consiglieri piu' il sindaco - nell'adunanza del 6 febbraio 1996 sedici consiglieri hanno rassegnato le dimissioni dalla carica. L'atto di dimissioni, sottoscritto congiuntamente da tutti i dimissionari, era motivato con una serie di critiche all'azione politica del sindaco in carica e conteneva l'esplicita dichiarazione dell'intento di provocare, attraverso le dimissioni collettive, lo scioglimento del consiglio e l'indizione di nuove elezioni. Data lettura del documento, il sindaco-presidente ha osservato che si erano determinati i presupposti per il provvedimento di scioglimento del consiglio "da farsi con decreto del prefetto" ed ha chiuso i lavori. Il giorno successivo - 7 febbraio 1996 - il prefetto ha sospeso il consiglio nominando un commissario straordinario; il 12 marzo 1996 e' stato emanato il decreto del Capo dello Stato con lo scioglimento del consiglio. Infine il 26 marzo il decreto e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. 2. Con atto notificato il 24 luglio 1996, tre cittadini hanno proposto ricorso straordinario contro il decreto presidenziale di scioglimento. Quanto alla legittimazione ed all'interesse a ricorrere, il primo dei ricorrenti asserisce che se invece di sciogliere il consiglio si fossero surrogati i dimissionari, egli si sarebbe trovato in condizione di essereproclamato consigliere. Gli altri due ricorrenti deducono invece che all'atto dello scioglimento del consiglio comunale essi erano in carica quali consiglieri di circoscrizione e che hanno perduto tale qualita', in quanto il rinnovo del consiglio comunale comporta, di diritto, anche lo scioglimento dei consigli di circoscrizione. Nel merito, i ricorrenti deducono che il decreto impugnato ha violato l'art. 31, comma 2-bis, della legge n. 142/1990. Detta disposizione e' stata introdotta dall'art. 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415, ed e' del seguente tenore: "Le dimissioni dalla carica di consigliere sono presentate dal consigliere medesimo ai rispettivi consigli. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e diventano efficaci una volta adottata dal consiglio la relativa surrogazione che deve avvenire entro venti giorni dalla data di presentazione delle dimissioni". Premesso che il presupposto dello scioglimento del consiglio comunale, ai sensi dell'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge n. 142/1990, e' l'impossibilita' di funzionamento del consiglio, determinata dalle dimissioni di almeno la meta' dei consiglieri, tale impossibilita' non si realizza per il solo fatto che le dimissioni siano state presentate: esse, invero, sono bensi' "irrevocabili" ma non ancora "efficaci" sino a che non si sia proceduto alla surroga o comunque siano decorsi venti giorni. 3. Resiste al ricorso il comune di Barletta, nella persona del sindaco eletto nelle nuove elezioni svoltesi il 9 ed il 23 giugno 1996, il quale solleva varie eccezioni in rito ed in merito. 4. Il collegio osserva che si porrebbe, preliminarmente, il problema di verificare l'ammissibilita' del ricorso, sotto il profilo che esso e' stato proposto quando gia' si erano svolte le elezioni per il rinnovo degli organi comunali. In effetti questa stessa sezione ha di recente espresso un parere nel senso dell'inammissibilita' di un ricorso straordinario proposto in analoghe circostanze contro il decreto di scioglimento di un altro consiglio comunale. Peraltro, nel caso teste' ricordato risultava dagli atti non solo che alla data di proposizione del ricorso straordinario i nuovi organi comunali si erano gia' insediati, ma, altresi', che erano scaduti i termini per una eventuale impugnazione della convalida delle elezioni. Quest'ultima circostanza, invece, nel caso presente non emerge univocamente dagli atti, sicche' risulterebbe necessaria una istruttoria. Ma poiche' il ricorso, come si vedra' appresso, risulta infondato nel merito, il collegio si ritiene dispensato dall'esaminare questa e le altre questioni relative all'ammissibilita'. 5. Nel merito, i ricorrenti si richiamano al parere 5 giugno 1996, n. 1058/96, di questa sezione, che conclude per l'accoglimento del ricorso straordinario proposto contro lo scioglimento del consiglio comunale di Biccari. In quella occasione, infatti, il collegio ha affermato che il sistema normativo novellato dall'art. 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415, che aggiunge il comma 2-bis, all'art. 31 della legge n. 142/1990, esclude che l'impossibilita' di funzionamento del consiglio comunale, presupposto dello scioglimento, si realizzi per il solo fatto della presentazione di un certo numero di dimissioni. Seguendo quest'orientamento, anche nella presente fattispecie sembrerebbe doversi giungere all'accoglimento del ricorso. 6. Il caso presente, tuttavia, differisce per un aspetto essenziale da quello allora esaminato. Il parere del 6 giugno 1996 e' stato pronunciato con riferimento ad una fattispecie nella quale dapprima aveva presentato le dimissioni un piccolo gruppo di consiglieri, ed il sindaco aveva immediatamente provveduto a convocare il consiglio comunale per procedere alla loro surrogazione. Nell'intervallo fra la diramazione delle convocazioni e l'adunanza consiliare, altri consiglieri avevano presentato le dimis- sioni. Si era cosi raggiunto un numero di dimissionari pari o di poco superiore alla meta' dei consiglieri assegnati, ed il prefetto aveva sospeso il consiglio rendendo impossibile lo svolgimento dell'adunanza gia' convocata per la surrogazione dei primi dimissionari. Nel caso presente, invece, come si e' detto sopra, sedici consiglieri su trenta (o trentuno, contando anche il sindaco) hanno presentato le dimissioni con un unico documento e con la dichiarata intenzione di provocare con cio' le dimissioni anche del sindaco e, comunque, lo scioglimento del consiglio. 7. Ora, in un caso del genere e' impossibile negare che il solo fatto della presentazione (contestuale e motivata politicamente) delle dimissioni da parte della maggioranza dei consiglieri sia di per se' sufficiente a determinare quella paralisi dell'organo, che l'art. 39, comma 1, della legge n. 142/1990 assume come presupposto per lo scioglimento del consiglio. A tacer d'altro, infatti, quel gesto equivale, nella sostanza, ad un voto di sfiducia, e cioe' ad un fatto previsto dalla medesima norma come causa dello scioglimento ope legis del consiglio comunale. Vero e' che, formalmente, la fattispecie del voto di sfiducia si puo' ritenere realizzata solo in quanto sia stata positivamente messa ai voti la relativa mozione, e questa abbia riportato la maggioranza prescritta. E questa rimane, in effetti, la via maestra che deve percorrere il consiglio che voglia autodissolversi. Ma non si puo' negare che la presentazione contestuale delle dimissioni, da parte di un congruo numero di consiglieri, assuma politicamente lo stesso significato e debba dunque produrre, giuridicamente, gli stessi effetti. In questa luce, la "novella" del 1993 s'interpreta correttamente come diretta ad evitare lo scioglimento anticipato del consiglio quante volte il quorum delle dimissioni si raggiunga - come nel caso esaminato nel parere del 6 giugno 1996 - esclusivamente per effetto di nuove dimissioni presentate quando e' gia' avviato, nei termini il procedimento di surrogazione (nulla quaestio, ovviamente, se le nuove dimissioni sopravvengono quando i primi dimissionari sono stati gia' surrogati: in tale ipotesi il presupposto dello scioglimento si riteneva pacificamente escluso anche prima della "novella" del 1993). Essa impedisce che le occasionali dimissioni di taluno dei consiglieri di maggioranza (dimissioni, oltre tutto, non sempre interpretabili come manifestazione di un dissenso politico, e che, quand'anche lo fossero, sarebbero comunque finalizzate non gia' a provocare lo scioglimento dell'organo, ma anzi a consentirne un miglior funzionamento grazie all'uscita dei dissidenti ed alla loro surrogazione con nuovi consiglieri presumibilmente consenzienti con il sindaco in carica) offrano ad una capziosa minoranza il destro per provocare una dissoluzione del collegio, in una situazione nella quale, se si procedesse ad una regolare verifica della fiducia, non emergerebbe alcuna crisi politica. 8. In definitiva, puo' concludersi che, realizzatasi la fattispecie delle dimissioni della meta' dei consiglieri, allorche' avvenga contestualmente o anche in fasi successive ma non sia stata ancora attivata la procedura della surroga, questa resta preclusa essendosi ormai verificata l'ipotesi prevista dall'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge n. 142/1990. In questi casi e' sufficiente il fatto delle dimissioni di meta' dei consiglieri e la produzione dell'effetto prodromico della loro irrevocabilita', per determinare senz'altro l'ipotesi dissolutoria, per essere venuta meno l'integrita' strutturale minima per il funzionamento dell'organo. E cio' preclude ogni possibilita' di attivazione dei procedimenti integrativi per il ripristino del numero dei consiglieri assegnati. Mentre nei casi in cui sia stata gia' attivata la procedura della surroga di uno o piu' consiglieri dimissionari, dovendosi la stessa portare necessariamente a compimento per la realizzazione dell'effetto finale e cioe' l'efficacia delle loro dimissioni con l'adozione da parte del consiglio comunale della relativa surroga, il numero degli stessi non e' computabile per la realizzazione dell'ipotesi dissolutoria di cui all'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge n. 142/1990. 9. Alla luce di queste considerazioni, il ricorso va respinto. P. Q. M. esprime il parere che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile. Per estratto dal verbale: Il segretario della sezione Visto: Il presidente della sezione ________ Adunanza della sezione prima - 8 gennaio 1997 - N. sezione 2906/96. Oggetto: ricorso straordinario, con domanda di sospensione, del sig. Mauro Papagni ed altri contro il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 1996 con lo scioglimento del consiglio comunale di Bisceglie (Bari). LA SEZIONE Vista la relazione trasmessa con nota 16 ottobre 1996 protocollo n. 15905/09 con la quale il Ministero dell'interno (Direzione generale dell'amministrazione civile - Direzione centrale delle autonomie - Ufficio rapporti con gli amministratori degli enti locali) ha chiesto il parere sul ricorso straordinario, con domanda di sospensione, dei signori Mauro Papagni, Salvatore Arena e Domenico Dell'Olio, contro il decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 1996 con lo scioglimento del consiglio comunale di Bisceglie (Bari); Esaminati gli atti ed udito il relatore; Ritenuto in fatto quanto esposto dall'amministrazione riferente; Considerato: 1. Il consiglio comunale di Bisceglie, eletto nella tornata del 23 aprile 1995, e composto di trenta consiglieri piu' il sindaco, e' stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica del 15 marzo 1996, motivato con la considerazione che il 13 marzo precedente sedici consiglieri avevano simultaneamente rassegnato le dimissioni e si era quindi verificata l'ipotesi prevista dall'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge 8 giugno 1990, n. 142. Sono quindi state indette le elezioni per il rinnovo dell'amministrazione comunale, che si sono svolte, in effetti, il 9 giugno 1996: gli organi eletti in quella occasione sono entrati regolarmente in carica. 2. Con atto notificato il 24 luglio 1996 al comune di Bisceglie, al prefetto di Bari ed al sig. Pantaleo Logoluso (indicato, quest'ultimo, come componente del disciolto consiglio) e notificato altresi' il 25 luglio al Ministero dell'interno ed alla Presidenza della Repubblica, il decreto di scioglimento e' stato impugnato in via straordinaria dai signori Mauro Papagni, Salvatore Arena e Domenico Dell'Olio. I primi due ricorrenti si qualificano come componenti del consiglio disciolto, dimessisi in data 13 marzo 1996 ma asseritamente interessati a conservare l'esercizio delle relative funzioni sino alla surrogazione o alla scadenza dei termini di legge; il terzo ricorrente si qualifica come "secondo dei non eletti" nella stessa lista cui appartenevano i primi due (e altri dimissionari) e come tale interessato ad essere proclamato consigliere in loro surrogazione. 3. I ricorrenti osservano che l'art. 39, comma 1, lettera b), n. 2), della legge 8 giugno 1990, n. 142, dispone che il consiglio comunale venga sciolto "... quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi... per dimissioni o decadenza di almeno la meta' dei consiglieri". Essi deducono, peraltro, che questa disposizione va coordinata con l'art. 31 della stessa legge, e in particolare con il comma 2-bis, introdottovi dall'art. 7 della legge 15 ottobre 1993, n. 415, successivamente modificato ma in vigore al tempo dell'emanazione dell'atto impugnato. Esso disponeva quanto segue: "Le dimissioni dalla carica di consigliere... sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e diventano efficaci una volta adottata dal consiglio la relativa surrogazione, che deve avvenire entro venti giorni dalla data di presentazione delle dimissioni". I ricorrenti sostengono dunque che i sedici consiglieri dimissionari non potevano, bensi', revocare le dimissioni, ma conservavano comunque il diritto e il dovere di esercitare le loro funzioni, se non altro al fine di partecipare alla delibera di surrogazione, e sino a che questa non venisse adottata, o comunque fino al ventesimo giorno dalla presentazione delle dimissioni. L'ipotesi dell'impossibilita' di funzionamento del consiglio "dimidiato" si sarebbe verificata solo se allo scadere dei venti giorni non risultassero deliberate le surrogazioni. Ma lo scioglimento e' stato decretato prima di tale scadenza e pertanto, cosi' sostengono i ricorrenti, il consiglio e' stato illegittimamente privato della possibilita' di reintegrare la propria composizione nei termini di legge. A sostegno di questa tesi, i ricorrenti citano il parere di questa sezione, 5 giugno 1996, n. 1058/96, con il quale e' stato accolto un analogo ricorso straordinario proposto contro lo scioglimento del consiglio comunale di Biccari (Foggia). Sono state acquisite le controdeduzioni del comune di Bisceglie. 4. Il collegio ritiene che il ricorso sia inammissibile per difetto d'interesse. Esso, infatti, e' stato proposto quando le nuove elezioni si erano gia' svolte, i loro risultati erano stati proclamati e convalidati, ed erano scaduti inutilmente i termini per l'eventuale impugnazione delle operazioni elettorali e della convalida. E' vero che il termine per proporre il ricorso straordinario contro il decreto di scioglimento non era ancora consumato. Ma e' ben noto che un'impugnativa, indipendentemente dal termine, puo' risultare preclusa dal sopravvenire di situazioni materialmente o giuridicamente irreversibili. E questo si verifica nel caso in esame. L'intera procedura elettorale, infatti, si caratterizza per il suo rigoroso formalismo, del quale e' parte non secondaria un apposito sistema di impugnazioni, disciplinato da leggi speciali. Detto sistema, poi, e' ispirato allo scopo di assicurare, oltre che il massimo delle garanzie, anche una particolare celerita' di decisione, onde evitare il protrarsi di situazioni di incertezza, manifestamente dannose per l'interesse pubblico ed il buon andamento dell'amministrazione. E' per questo che in materia elettorale sono stabiliti termini particolarmente brevi per la proposizione dei ricorsi e delle istanze, nonche' procedure abbreviate e termini imposti agli stessi uffici giudicanti: la legge vuole che siffatte controversie siano definite nel piu' breve tempo possibile. Ne e' riprova, fra l'altro, la circostanza che in materia elettorale non e' consentito il ricorso straordinario. Cio' posto, si deve concludere che il risultato elettorale, una volta consolidatosi con l'insediamento dei nuovi organi e la loro convalida, non tempestivamente impugnata, ne' piu' suscettibile d'impugnazione, si ponga come un fatto compiuto giuridicamente irreversibile, e come tale non caducabile per il solo fatto che successivamente venga impugnato il decreto di scioglimento del precedente consiglio comunale. Se questo e' vero, peraltro, ne consegue che non vi e' piu' interesse a ricorrere contro lo scioglimento (ancorche', dal punto di vista cronologico, il termine sia ancora aperto) in quanto l'eventuale accoglimento di tale ricorso non potrebbe determinare effetti concreti, non essendo idoneo a travolgere automaticamente la diversa procedura della consultazione elettorale, conclusa al termine di altro subprocedimento con la convalida del risultato elettorale. 5. L'inammissibilita' del ricorso, cosi' evidenziata, dispensa il collegio dal prendere in esame ulteriori questioni di ammissibilita', che pure sarebbero prospettabili: ad esempio in materia di contraddittorio e di notifica ai controinteressati (ed invero, se si volesse ammettere - contrariamente a quanto sopra considerato - che un ipotetico annullamento del decreto di scioglimento comporti la caducazione del risultato delle nuove elezioni, sarebbe allora difficile negare la qualita' di controinteressato, e gli inerenti diritti, ai titolari dei nuovi organi, gia' proclamati ed insediati al momento della proposizione del ricorso). 6. La ritenuta inammissibilita' del ricorso rende, altresi', superata e comunque inaccoglibile anche la domanda incidentale di sospensione dell'atto impugnato. P. Q. M. esprime il parere che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile. Per estratto dal verbale: Il segretario della sezione Visto: Il presidente della sezione