N. 1373 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 1996
N. 1373 Ordinanza emessa il 12 novembre 1996 dalla corte d'assise di Siracusa sull'istanza proposta da Sacco Francesco ed altri Processo penale - Misure cautelari personali - Applicazione e revoca delle misure durante la fase del giudizio - Lamentata mancata previsione di attribuzione della competenza a provvedere ad organo diverso da quello investito del giudizio - Riferimento alla giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di incompatibilita' - Violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa. (C.P.P. 1988, art. 279). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.4 del 22-1-1997 )
LA CORTE DI ASSISE Esaminate le istanze presentate nell'interesse di Sacco Francesco, Greco Emanuele e Mirabella Vincenzo, imputati nel proc. pen. n. 3/1996 r.g. contro Dominante Carmelo + 102, con cui si chiede, in corso di giudizio, la revoca della misura della custodia cautelare in carcere per la insussistenza dei gravi indizi di reita' in ordine ai delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e di detenzione e porto illegale di armi; Premesso che la Corte costituzionale con ripetute decisioni (v. da ultimo C. cost. 17 ottobre 1996) ha sempre piu' asseverato il principio della incompatibilita' alla funzione del giudizio da parte dei giudici che nel corso del medesimo o di altro procedimento abbiano manifestato per qualsiasi causa il proprio convincimento sulla sussistenza degli indizi di reita' a carico degli imputati (g.i.p. che ha adottato la misura cautelare personale rispetto all'organo giudicante del merito, componente del collegio del riesame o dell'appello in relazione a misure cautelari personali rispetto alla funzione del giudizio, giudice del merito quando abbia gia' esercitato la funzione del giudizio nei confronti di imputato di procedimento connesso); Preso atto che la Corte costituzionale con sentenza del 15 marzo 1996 ha statuito la illegittimita' costituzionale degli artt. 309 e 310 c.p.p. "nella parte in cui non prevedono - secondo la costante interpretazione della giurisprudenza - la possibilita' di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio"; Ritenuto che le suindicate richieste di revoca della misura cautelare della custodia cautelare in carcere avanzate alla Corte comportano l'esame del quadro accusatorio e la sua valutazione a favore o a carico degli imputati (il che avverrebbe anche ove fosse il p.m. a richiedere l'adozione di provvedimenti cautelari personali in corso di giudizio) sulla scorta dei medesimi atti di indagine compiuti dal p.m. e valutati dal g.i.p. dal momento che l'organo giudicante non potra' disporre di elementi di valutazione se non alla fine del dibattimento, non essendo suscettibili di autonomo apprezzamento le singole prove acquisite nel corso dell'istruzione dibattimentale; che diversamente opinando la valutazione in ordine alla sussistenza degli indizi giustificanti i provvedimenti de libertade subirebbe le sorti alternative ed incerte dell'esito di ciascuna fonte di prova e comunque mancherebbe ogni elemento di valutazione nel periodo compreso tra l'arrivo del fascicolo per il dibattimento all'organo giudicante e il concreto inizio dell'attivita' di istruzione dibattimentale; che da cio' discende la necessita' che il supporto valutativo dell'organo giudicante investito di una richiesta di revoca della misura cautelare personale (specie nel caso di asserita insussistenza dei gravi indizi di reita') d'altro non possa essere costituito che dagli atti del p.m. sul quale concretamente incombe l'obbligo di trasmetterli (in tal senso e' il consolidato orientamento della Suprema Corte, v. tra le altre Cass. 30 giugno 1993, Delli Gatti) sia pure al limitato scopo di consentire di decidere sulla questione de libertade sollevata volta per volta dall'imputato o dalla sua difesa (essendo dette questioni giuridicamente reiterabili continuativamente); che in concreto siffatto sistema comporta due gravi conseguenze: 1) l'organo giudicante e' costretto a prendere in considerazione ed esprimere il proprio convincimento sulla base di tutte e di ciascuna delle risultanze a carico dell'imputato acquisite dal p.m.; 2) la serenita', obiettivita' e imparzialita' del giudizio che alla conclusione del dibattimento l'organo giudicante e' chiamato ad esprimere senza pregiudizi e condizionamenti vengono compromesse dalla sia pur inconsapevole preoccupazione del giudice di rimanere coerente con quanto in precedenza deciso. Su tali presupposti questa Corte dubita della legittimita' costituzionale dell'art. 279 c.p.p. laddove non prevede che l'attribuzione della competenza "sull'applicazione e sulla revoca delle misure" durante la fase del giudizio sia attribuita ad un organo diverso da quello investito del giudizio e cio' in contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, sicche' e' necessaria una pronuncia in merito da parte della Corte costituzionale. L'incidentalita' della questione costituzionale non comporta l'esigenza di sospendere il dibattimento che deve pertanto avere regolare corso, ma soltanto l'impossibilita' di decidere sulle istanze proposte e sulle altre eventuali di analogo contenuto.
P. Q. M. Solleva d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 279 del c.p.p. nella parte in cui non prevede l'attribuzione della competenza sull'applicazione e sulla revoca delle misure cautelari personali durante la fase del giudizio ad un organo diverso da quello che ha in corso il giudizio stesso; Ordina che a cura della cancelleria copia della presente ordinanza venga notificata alle parti, al p.m. ed al sig. Presidente del Consiglio dei Ministri, disponendone altresi' la comunicazione ai signori Presidenti delle due Camere del Parlamento. Siracusa, addi' 12 novembre 1996 Il presidente: Bonsangue Il giudice relatore: Milone 97C0030