N. 1374 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 1996

                                N. 1374
  Ordinanza  emessa  il  7  novembre  1996 dal giudice per le indagini
 preliminari presso la pretura di Cremona nel  procedimento  penale  a
 carico di Bertoli Gabriella
 Circolazione   stradale  -  Inversione  del  senso  di  marcia  sulle
    carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli delle autostrade e delle
    strade   extraurbane   principali   -   Divieto   -    Trattamento
    sanzionatorio   -   Sanzione   amministrativa   accessoria   della
    sospensione della patente  di  guida  per  un  periodo  da  sei  a
    ventiquattro  mesi  -  Lamentata  eccessivita' della durata minima
    della sanzione - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto
    alle ipotesi piu' gravi di lesioni personali colpose o di omicidio
    colposo.
 (Nuovo codice della strada, art. 176, comma 22).
 (Cost., art. 3).
(GU n.4 del 22-1-1997 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
   In  data  1  dicembre   1995,   Bertoli   Gabriella,   alla   guida
 dell'autovettura  tg.  CR/488174,  effettuava  in ambito autostradale
 (casello Cremona A/21) inversione di marcia.
   L'automobilista chiedeva e otteneva, previo accordo con il pubblico
 ministero, di essere ammessa al   c.d. patteggiamento  in  ordine  al
 reato p. e p. dall'art. 176, commi 1 e 19 del Cod. strad.
   Questo giudice, in via preliminare, rileva che l'applicazione della
 pena   per   la   contravvenzione  suindicata  comporta  la  sanzione
 amministrativa accessoria della sospensione della  patente  di  guida
 per  un periodo da sei mesi a due anni, anche in assenza di qualsiasi
 pericolo concreto per gli altri utenti, laddove per la violazione  di
 ogni altra norma della circolazione, commessa su carreggiate, rampe e
 svincoli e dalla quale derivino danni alle persone (lesioni personali
 colpose e omicidio colposo), la durata della sanzione puo' variare da
 quindici giorni a un anno (art. 222 del Cod. strad.).
   Siffatta   disciplina   non   sembra   conforme  all'art.  3  della
 Costituzione.
   In  proposito  si  osserva  che  l'art.  176, commi 1 e 19 del Cod.
 strad.  vieta, sulle carreggiate, sulle rampe e sugli svincoli  delle
 autostrade,  di  invertire  il  senso  di  marcia, di attraversare lo
 spartitraffico e di percorrere la carreggiata o  parte  di  essa  nel
 senso di marcia opposto a quello consentito.
   La  ratio  della  norma e' di garantire che la circolazione in quei
 punti critici si svolga in condizioni di  sicurezza,  impedendo  agli
 utenti  una condotta idonea a mettere in pericolo l'incolumita' delle
 persone e delle cose.
   Il divieto ha un valore assoluto, poiche' tali manovre sono  sempre
 proibite,  salvi  i  casi  previsti  da specifiche disposizioni (art.
 176,  commi  12  e  14),  che  devono  essere  interpretate  in  modo
 restrittivo  e sono insuscettibili di applicazione analogica (art. 14
 disp. sulla legge in generale).
   La contravvenzione in esame e' reato di pericolo, che  puo'  essere
 commesso  con  dolo  o colpa, essendo, pero', necessario che l'azione
 sia cosciente e volontaria, secondo la regola fissata  dall'art.  42,
 comma quarto, del cod. pen.
   Nel  caso  sottoposto  al  vaglio giudiziale, la manovra vietata fu
 compiuta nell'area antistante il casello auto-  stradale,  dove  pure
 opera il divieto penalmente sanzionato.
   Al  fine di verificare la correttezza di quest'ultimo assunto (cio'
 rientra nei compiti di questo giudice,  ai  sensi  dell'art.  444  in
 relazione  all'art.  129  del c.p.p. ma il discorso consente anche di
 inquadrare il problema nelle sue coordinate essenziali, per  cogliere
 i  profili di incostituzionalita' della norma), si precisa che l'art.
 2, comma 3,  lett. a) Cod. strad.,  nel  fissare  le  caratteristiche
 minime  di  un'autostrada,  cosi' la definisce: "strada extraurbana o
 urbana  a  carreggiate  indipendenti  o  separate  da  spartitraffico
 invalicabile,  ciascuno  con  almeno  due corsie di marcia, eventuale
 banchina pavimentata a destra priva  di  intersezioni  a  raso  e  di
 accessi  privati,  dotata  di  recinzioni  e di sistemi di assistenza
 all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla  circolazione  di
 talune  categorie  di  veicoli a motore e contraddistinta da appositi
 segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con apposite aree di
 servizo ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di  corsie
 di  decelerazione ed accelerazione". La definizione amplia quella del
 codice   abrogato,   attraverso   numerosi   dettagli,   ma    lascia
 sostanzialmente  invariato  il  concetto  di  arteria  riservata alla
 circolazione  di  autoveicoli  e  motoveicoli,  cioe'  a  particolari
 categorie di utenti.
   Da  un  punto  di  vista  meramente descrittivo, i dati strutturali
 dell'autostrada sono i lunghi rettilinei con curve ad  ampio  raggio,
 le  limitate  pendenze,  l'eliminazione completa delle intersezioni a
 raso, mediante la creazione  di  soprappassaggi  o  sottopassaggi  in
 corrispondenza  di  incroci  con  ferrovie  e  strade  ordinarie,  la
 larghezza  delle  carreggiate,  adeguate  alle   particolarita'   del
 traffico,  l'installazione  di  rifornimenti, l'assistenza in caso di
 infortuni.
   L'uso dell'arteria in esame  e'  subordinato  al  pagamento  di  un
 pedaggio,   ma   questa   circostanza  non  costituisce  un  elemento
 essenziale dell'autostrada, poiche' alcuni  tratti,  attesa  la  loro
 finalita'  di interesse pubblico, sono percorribili gratuitamente. E'
 bene  evidenziare  che  nessun  utente,  per  il  solo  fatto   della
 prestazione  del  pedaggio,  acquista  la possibilita' di un uso piu'
 ampio rispetto a quello di ogni altro utente.
   Tutti,  pur  pagando il pedaggio, fruiscono della strada secondo la
 sua normale destinazione e l'uso del bene rimane "uso  comune  e  non
 uso speciale".
   Il  versamento del pedaggio avviene nelle stazioni esistenti "sulle
 autostrade" - cosi' testualmente l'art. 176, comma 11 del Cod. strad.
 -  all'altezza  delle  quali  i  conducenti  devono   arrestarsi   in
 corrispondenza  delle  apposite  barriere.  Codesti punti di esazione
 sono preceduti e seguiti (in entrata  e  in  uscita)  da  un'area  di
 ampiezza  variabile,  il  cui  scopo  e'  di  consentire  l'ordinario
 incolonnamento e il deflusso dei veicoli, secondo le indicazioni date
 dalla segnaletica o dal personale addetto.
   Gli spazi de quibus appartengono alla sede autostradale.
   Siffatta conclusione si basa  non  solo  sull'argormento  letterale
 fornito dal citato art. 176, comma 11, ma trova un equivoco riscontro
 normativo  nell'art.  2,  comma 3, lett. a) del Cod. strad., il quale
 prevede che l'autostrada "e' contraddistinta da appositi  segnali  di
 inizio e fine".
   L'importanza   di   siffatta   precisazione   non   puo'   sfuggire
 all'interprete,  essendo  indiscutibile  che  la   disciplina   della
 circolazione  trovi  la  sua  fonte  nella  legge e nei provvedimenti
 emessi dalle  autorita'  competenti  resi  manifesti  dagli  appositi
 segnali. Orbene, in corrispondenza di ogni accesso autostradale, dove
 cioe'  iniziano  a  valere  le  speciali  regole,  e'  installato, in
 conformita' al disposto degli artt. 39 e segg. del Cod. strad. e  135
 d.P.R.  16  dicembre  1992,  n.  495  (regolamento  esecuzione codice
 stradale), un cartello che comprende due  segnalazioni:    quella  di
 "inizio  autostrada"  e il riepilogo dei divieti di transito connessi
 con il regime autostradale.
   Il cartello "fine autostrada" e'  posto,  invece,  al  termine  del
 nastro  autostradale,  e  comunque  oltre  la stazione di uscita, per
 indicare che da quel punto cessa  la  vigenza  di  quelle  regole  di
 circolazione.    Poiche'  i  segnali  rappresentano la manifestazione
 visibile   della   volonta'   dell'autorita'   competente,   i    cui
 provvedimenti amministrativi sono conosciuti dagli utenti solo quando
 siano resi noti mediante quei simboli esteriori, deriva una inferenza
 particolare  in  ordine  al  problema  che  ne  occupa:  su  tutto il
 tracciato compreso idealmente tra i due segnali  indicati  (inizio  e
 fine  autostrada)  e,  percio',  sulle aree che precedono e seguono i
 caselli nei due sensi, operano le  norme  proprie  della  circolazone
 autostradale.
   Bisogna tener presente che l'inversione del senso di marcia, per il
 disposto  dell'art. 176, comma 1, e' vietata sulle carreggiate, sulle
 rampe e sugli svincoli delle strade di cui all'art. 175, comma 1,  il
 quale   contempla   non  solo  le  autostrade,  ma  anche  le  strade
 extraurbane principali e le altre strade individuate con decreto  del
 Ministro  dei  lavori pubblici, su proposta dell'ente proprietario, e
 da indicare con apposita segnaletica d'inizio e fine.
   E' facile da cio' arguire che gli utenti di queste  ultime  arterie
 hanno  la  possibilita'  di  apprendere gli obblighi imposti solo dai
 segnali, onde una conferma ulteriore delle argomentazioni esposte.
   D'altronde, il principio in base al quale l'utente della strada  ha
 ragione  di fare affidamento sull'inesistenza di pericoli (intendendo
 per pericolo la situazione potenzialmente causativa di un  evento  di
 danno)  e'  valido  anche in questi spazi, dove spesso la presenza di
 numerosi  veicoli  in  arrivo e in partenza impone cautele non minori
 rispetto a quelle adottate in altri tratti del percorso.
   E' appena il caso di osservare che  la  mancanza  di  un  eventuale
 spartitraffico nulla prova, quando si pensi che l'area, attesa la sua
 conformazione,  e'  suscettibile  di essere utilizzata da parte degli
 addetti  ai  servizi  dell'autostrada,  di  polizia  stradale  e   di
 soccorso, per esigenze peculiari indicate dalla  legge.
   Lo  spazio indicato dev'essere, inoltre, qualificato "carreggiata",
 ai sensi dell'art. 3, comma 1, n. 7 del  Cod. strad., il quale indica
 la carreggiata come parte della strada destinata allo scorrimento dei
 veicoli.
   Siffatta definizione, che  costituisce  un  dato  intrinseco  della
 norma  di  cui  deve  chiarire  il  senso  e vincola l'interprete nel
 procedimento logico diretto a cogliere la volonta' della legge,  puo'
 essere  compitamente  intesa  solo  se  venga  correlata  a quella di
 circolazione, che esprime l'idea centrale della  fenomenologia  della
 viabilita'.  In  proposito,  si ricorda che, sotto l'aspetto tecnico,
 circolare e' "il susseguirsi  di  alternate  fasi  di  accelerazione,
 traslazione,  rallentamento  o  arresto"  che  non si esaurisce nello
 spostamento dei veicoli da un luogo all'altro  (non  si  parla  delle
 persone  e  degli  animali,  di  cui  in  autostrada  e'  vietata  la
 circolazione, eccezion fatta per le aree di servizio e di sosta (art.
 175, comma 6).
   La circolazione, ai sensi dell'art. 3,  comma  1,  n.  9  del  Cod.
 strad., e' "il movimento, la fermata e la sosta dei veicoli ... sulla
 strada", per cui comprende anche momento ed episodi che rappresentano
 la   temporanea  sospensione  della  marcia.  La  norma  non  include
 l'arresto, vale a dire l'interruzione della marcia dovuta ad esigenze
 di circolazione (art. 157, comma 1, lett. a), ma l'omissione e' priva
 di particolare significato, non essendo dubbio che  tale  circostanza
 influisce  sull'evolversi del fenomeno circolatorio. Tenendo presenti
 le suesposte considerazioni, il concetto giuridico di carreggiata  si
 specifica in una significazione tipica e riguarda la parte della sede
 autostradale  non  riservata  ne'  alla  fermata  ne'  alla sosta ne'
 all'arresto, ma allo "scorrimento" dei veicoli, inteso come movimento
 o spostamento lineare degli stessi, secondo un percorso tracciato,  e
 che  puo'  avvenire in modo piu' o meno veloce, purche' non si creino
 intralci o pericoli per la  circolazione.    Questa  interpretazione,
 lungi  dall'estendere  il  contenuto  del  termine "scorrimento", gli
 attribuisce il carattere suo proprio e lo tipizza  sotto  il  profilo
 dinamico, permettendo di affermare che lo spazio esistente nei pressi
 dei  caselli,  il  quale,  in  via eccezionale e nei casi consentiti,
 svolge una funzione polivalente, dev'essere inteso come "carreggiata"
 nel senso piu'  compiuto,  perche'  destinato  allo  scorrimento  dei
 veicoli prima e dopo il pagamento del pedaggio.
   La  manovra  di  inversione  di  marcia  in tale spazio e', percio'
 vietata ai sensi dell'art. 176,  commi  1  e  19  del    Cod.  strad.
 Infatti,  il conducente pone in essere un grave fattore di turbamento
 della circolazione, dal momento che gli altri utenti, percorrendo una
 strada con  direzione  obbligatoriamente  orientata:  contano  su  un
 assetto  di  marcia  conforme  a  quanto  le norme della circolazione
 impongono.
   Non rileva piu' di tanto che la velocita' sia ridotta nelle aree in
 questione,  volta  che  l'intensita'  della  velocita' incide in modo
 notevole nella scelta punitiva, ma non rappresenta il presupposto  di
 applicazione  della  disposizione, la cui operativita' e' subordinata
 solo alla sussistenza del pericolo di danni a persone o cose.  Avendo
 acquisito  codesti concetti di fondo, e' possibile sviluppare, con la
 disponibilita' di  adeguati  strumenti  valutativi,  il  discorso  in
 ordine al trattamento sanzionatorio della violazione.
   Pare  opportuno precisare che il vigente Cod. strada, allo scopo di
 assicurare  l'osservanza   delle   norme   della   circolazione,   ha
 predisposto un impianto repressivo composito, con larga prevalenza di
 sanzioni  amministrative,  e  il  ricorso  alle  pene criminali in un
 limitato numero di casi.
   La soluzione parapenalistica e' soddisfacente,  poiche'  sembra  in
 linea  con i moderni orientamenti di politica criminale, che vogliono
 circoscrivere  l'impiego  dello  strumento  penale  alle   situazioni
 ritenute piu' significative sotto il profilo sociale.
   Il  momento  piu'  originale  della normativa codicistica si coglie
 nell'ampliato   numero   di   sanzioni   accessorie   di    carattere
 interdittivo,  che  si  affiancano  alle sanzioni principali penali e
 amministrative.
   Questo sistema  binario  si  rivela  particolarmente  afflittivo  e
 consente  l'attuazione  delle strategie impiegate dai pubblici poteri
 per rendere piu'  sicura  la  circolazione  e  offrire  una  risposta
 efficace  contro  i  comportamenti  pericolosi  dovuti a inosservanza
 delle norme stradali.   L'infrazione del divieto  previsto  dall'art.
 176,  commi 1 e 19, oltre alla pena principale congiunta dell'arresto
 e dell'ammenda, comporta la sanzione amministrativa accessoria  della
 sospensione  della patente di guida (art. 176, comma 22), ma non v'e'
 dubbio che le condotte incriminate possono,  in  talune  circostanze,
 essere  realizzate senza che sussista un pericolo concreto e attuale,
 in  quanto  non  vi  sono,  ad  esempio,  altri  veicoli  nella  zona
 interessata alla manovra.
   Pure  in questa evenienza, la patente del contravventore dev'essere
 sospesa per un periodo non inferiore a mesi sei.
    L'esperienza insegna che gli automobilisti paventano,  ancor  piu'
 della pena principale, la sanzione amministrativa accessoria in esame
 che   "comprime  con  inevitabile  danno  economico  la  liberta'  di
 circolazione - tanto sentita  da  questa  societa'  -  e  reprime  in
 maniera  piu'  acconcia,  lo scorretto esercizio di essa" (Cass. pen.
 SS.UU.  19 dicembre 1990, ric. Capelli, in Foro it., II, 205 ss.).
   Occorre, tuttavia, evidenziare  che,  quando  dalla  violazione  di
 altre norme della circolazione, commessa negli stessi spazi, derivano
 danni  alle persone, la sospensione della patente, ai sensi dell'art.
 222 del  Cod. strad.  e' cosi' fissata:
     a) da quindici giorni a tre mesi in  caso  di  lesione  personale
 colposa lieve;
     b)  da  uno  a  sei  mesi  nel  caso  di  lesione colposa grave o
 gravissima;
     c) da due mesi ad un anno nel caso di omicidio colposo.
   La  disarmonia  rispetto  all'art.  176  e'  evidente  e  non  pare
 giustificabile  rispetto  all'art.  3  della Costituzione, poiche' il
 pericolo  del   danno,   che   la   disposizione   stradale   intende
 neutralizzare,  viene  sanzionato  in  maniera  piu'  grave del danno
 stesso.
   Trattasi  di  un  esempio  di  palese arbitrarieta' della soluzione
 normativa,  un  vizio  che  puo'   essere   censurato   dalla   Corte
 costituzionale,  la quale, pur affermando di non essere abilitata, ai
 sensi dell'art.    3  della  Costituzione,  a  esercitare  scelte  di
 spettanza  esclusiva  del legislatore, ammette di avere il potere "di
 ricondurre le deroghe ingiustificate e le arbitrarie  eccezioni  alle
 regole  gia'  stabilite  dalla  legge  ovvero  ai  principi  generali
 univocamente desumibili dalla legge" (Corte costituzionale 18 ottobre
 1983, n. 314).
   Orbene, il  principio  di  sistematicita'  del  diritto,  come  non
 contraddizione  delle  parti  che lo compongono, non esclude, secondo
 l'insegnamento  di   autorevole   dottrina,   "la   possibilita'   di
 differenziazioni,  ma  esclude  soltanto  quelle incompatibili con la
 logica del sistema".    Ogni  differenziazione  richiede,  pero',  di
 essere riconducibile ad un proprio criterio giustificativo.
   Il  legislatore, dunque, ha il dovere di "equiparare il trattamento
 giuridico delle situazioni analoghe e, al contrario, di differenziare
 il trattamento delle situazioni diverse".
   Nell'ipotesi considerata cio' non si verifica,  poiche'  chi  opera
 un'inversione  di  marcia,  che  magari  non determini alcun pericolo
 effettivo, subisce  la  sospensione  della  patente  per  un  periodo
 maggiore  rispetto  a  chi,  violando  altra  norma di comportamento,
 cagioni  danni  alle  persone,  con  lesione  di  beni  aventi  rango
 costituzionale primario, come quelli della salute e della vita.
   Siffatta  disciplina,  caratterizzata da intrinseca irrazionalita',
 per  contrasto  con  l'art.   3   della   Costituzione,   rende   non
 manifestamente infondata la questione di legittimita' prospettata.
   La  rilevanza della questione e' indiscutibile, poiche' l'imputata,
 ove la  censura  fosse  condivisa,  vedrebbe  migliorata  la  propria
 posizione   sanzionatoria  complessiva,  anche  partendo  dal  minimo
 edittale previsto per la piu' grave delle ipotesi dell'art. 222,  che
 ben  puo' costituire un parametro di comparazione, tenuto presente il
 disvalore giuridico dell'infrazione  del  divieto  fissato  dall'art.
 176,  commi 1 e 19, e graduando la sanzione amministrativa accessoria
 in base agli indici di cui all'art. 218.
                                P. Q. M.
   Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con  riferimento
 all'art.   3   della   Costituzione,  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 176, comma 22, del Cod. strad., nella  parte
 in  cui prevede che il periodo di sospensione della patente di guida,
 nel caso di inversione del senso di marcia sulle  carreggiate,  sulle
 rampe e sugli svincoli delle autostrade, non possa essere inferiore a
 mesi  sei,  anche  quando non sussiste alcuna situazione di pericolo,
 mentre la sanzione amministrativa accessoria suindicata, nel caso  di
 violazione  di  altre norme della circolazione, commessa negli stessi
 spazi, dalla quale derivino danni  alle  persone  (lesioni  personali
 colpose  e  omicidio  colposo)  e' applicata per un periodo inferiore
 (art. 22 del Cod.  strad.);
   Dispone la sospensione del procedimento  e  la  trasmissione  degli
 atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  l'ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente
 del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  dei  due  rami
 del Parlamento.
     Cremona, addi' 7 novembre 1996
             Il giudice per le indagini preliminari: Nuzzo
 97C0031