N. 27 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 1996
N. 27 Ordinanza emessa il 5 dicembre 1996 dal tribunale di Paola nel procedimento penale a carico di Bottone Angelo ed altri Processo penale - Dibattimento - Collegio che abbia in precedenza emesso provvedimento in ordine a misure cautelari personali nei confronti degli stessi imputati su richiesta della D.D.A. - Incompatibilita' - Omessa previsione - Lesione del principio di eguaglianza, del giusto processo nonche' di imparzialita' e terzieta' del giudice. (C.P.P. 1988, art. 34, comma 2). (Cost., artt. 3, 24 e 101).(GU n.6 del 5-2-1997 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Considerato che questo tribunale con provvedimento del g.u.p. di Catanzaro del 26 giugno 1996 veniva investito del giudizio nel procedimento penale a carico di Bottone Angelo, Bottone Luigi, Carnevale Felice, Chiappetta Giusi, D'Amato Alessandro, De Fino Raffaele, De Maria Antonio, Gerardini Giancarlo, Papa Luigi, Papa Stefano, Piccolo Vittorio, Rogato Pasquale, Salsini Paolo, Tufo Antonello, Vivone Domenico e Femia Nicola, imputati del reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti ed altro; che preliminarmente al dibattimento il p.m. della D.D.A. competente chiedeva a questo tribunale misure cautelari coercitive (custodia in carcere) nei confronti di buona parte degli imputati; che questo tribunale nella composizione attuale dopo aver esaminato gli atti del p.m. accoglieva la quasi totalita' delle richieste ordinando la cattura ovvero gli arresti domiciliari di numerosi imputati; che all'udienza dibattimentale odierna il Collegio con medesima composizione del precedente (che aveva adottato le misure personali) e' chiamato a trattare in fase di giudizio il procedimento penale sopra indicato. Tanto premesso, ritiene il Collegio che, tutti i componenti dello stesso, avendo compiuto un penetrante esame del fascicolo del p.m. e avendo percio' gia' conosciuto delle vicende processuali ai fini delle adozioni delle indicate misure cautelari versino in una situazione di incompatibilita' ai sensi dei recenti principi enucleati dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 432 del 1995, n. 131 e n. 155 del 1996 nella interpretazione dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., perche' in contrasto con gli artt. 3, 24 e 101 della Costituzione; Ed invero e' stato affermato che la normativa sulla incompatibilita' del giudice mira ad impedire che la valutazione conclusiva sulla responsabilita' dell'imputato sia, o possa apparire, condizionata dalla cosiddetta forza della prevenzione e cioe' da quella naturale tendenza a mantenere un giudizio gia' espresso o un atteggiamento gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso procedimento; che la valutazione espressa in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in sede di adozione di una misura cautelare personale, involgendo un giudizio di merito sulla idoneita' degli elementi probatori raccolti a fondare una elevata probabilita' di condanna, si riflette necessariamente sulla serenita' ed imparzialita' del giudizio e radica pertanto un motivo di incompatibilita'; che il cosiddetto "giusto processo" postula l'esigenza di imparzialita' e terzieta' del giudice; che, pertanto, la incompatibilita' del giudicante e' finalizzata ad evitare ogni forma di condizionamento o apparenza di condizionamenti derivanti da precedenti valutazioni del medesimo, in modo da rendere pregiudicata in sostanza o in apparenza l'attivita' di giudizio; che tali principi valgono, per espressa affermazione della Corte, non solo nel rapporto tra fasi diverse del giudizio, ma anche nel rapporto tra assunzione di provvedimenti cautelari personali e giudizio sul merito della imputazione, poiche' le pronunce cautelari presuppongono sempre un giudizio prognostico di segno positivo sulla responsabilita' ancorche' basato su indizi e non ancora su prove; giudizio ancor piu' evidente in esito alle recenti riforme normative in materia che hanno sostituito (art. 273 c.p.p.) il presupposto della misura cautelare nella sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in luogo dei sufficienti indizi richiesti dalla normativa preesistente e che richiedono (art. 292 c.p.p.) una pregnante valutazione e specificazione degli indizi e della loro rilevanza con la esclusione degli argomenti difensivi, ed infine (art. 273 cp.p., secondo comma) della deduzione di insussistenza di cause ostative alla condanna o alla pena. Ne consegue in conclusione che le valutazioni compiute dal giudice in relazione alla adozione di una misura cautelare personale poiche' inducono a ritenere l'esistenza di una ragionevole e consistente probabilita' di colpevolezza, indipendentemente dal rapporto funzionale e strutturale tra il procedimento cautelare e il processo di cognizione comportano un pregiudizio sul merito dell'accusa; che nella specie la questione appare rilevante poiche' avendo il Collegio esaminato la quasi totalita' delle posizioni degli imputati ha gia' espresso con l'adozione dei provvedimenti cautelari personali "un pre-giudizio" sugli elementi di colpevolezza a loro carico; che non si versa quindi nelle ipotesi di valutazioni meramente formali o di natura incidentale (C.C. n. 177/1996) dovendo il Collegio reiterare nella fase dibattimentale le valutazioni compiute nell'esame propedeutico alla adozione delle misure cautelari; che le decisioni sulla liberta' personale sono ontologicamente diverse e distinte da quelle inserite e quindi assorbite nell'iter procedimentale che conduce all'accertamento della responsabilita' e percio' non possono essere ricomprese in quelle valutazioni preliminari (di cui alla sentenza n. 131/1996 della Corte costituzionale) destinate a sfociare nella valutazione conclusiva; che la incompatibilita' derivante al giudice per avere respinto la richiesta di patteggiamento presentata prima dell'inizio del dibattimento, pur ritenuta dalla Corte (sent. n. 186 e n. 389 del 1992) sembra di minor peso rispetto a quella ipotizzata, conseguente all'adozione di misure cautelari, comportando questa a differenza della prima non un mero controllo delle condizioni di legge, ma un esame penetrante di merito sulla responsabilita' dell'imputato di spessore "pregiudicante".
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata, solleva di ufficio la quistione di illegittimita' costituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p. nella parte in cui non prevede la incompatibilita' per i giudici componenti il Collegio dibattimentale che abbiano in precedenza adottato misure cautelari personali nei confronti degli imputati, valutando le singole posizioni, a far parte dell'organo giudicante nel merito per contrasto con il principio del giusto processo e della imparzialita' e terzieta' del giudice; Sospende il processo ed ordina trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale, con notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri ed al Presidente della Camera e del Senato. Cosi' deciso in Paola il 5 dicembre 1996. Il presidente: D'Alitto 97C0080