N. 17 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 gennaio 1997
N. 17 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato il 30 gennaio 1997 (della regione Umbria) Igiene del lavoro - Lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento fino a sette mesi dopo il parto - Misure di prevenzione, previste in decreto legislativo, contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti (fisici, chimici, biologici ecc.) o da altre condizioni (processi industriali impiegati ecc.) che rendano il lavoro faticoso o insalubre - Possibilita', quando la modifica dell'ambiente, o dell'orario di lavoro, non sia utilmente praticabile, che l'ispettorato del lavoro, previa informazione scritta del datore di lavoro, disponga la interdizione dal lavoro dell'interessata - Lamentata riattribuzione ad un organo, quale l'ispettorato del lavoro, non dotato di strutture di carattere sanitario, di compiti sicuramente rientranti tra quelli, in tema di prevenzione, igiene e controllo sullo stato di salute dei lavoratori, trasferiti globalmente, dagli artt. 14 e 21, della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in applicazione degli artt. 17 e 27, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, alle regioni e per esse alle UU.SS.LL. - Adozione di tale normativa, non certo fondata e giustificata dalle disposizioni delle direttive comunitarie in materia (v., in particolare, 92/85 CEE, art. 5), con legge di carattere meramente settoriale, emanata, oltretutto, senza tenere minimamente conto del parere contrario espresso su di essa dalla Conferenza Stato-regioni - Conseguente violazione delle competenze delle regioni in materia di assistenza sanitaria, con incidenza sulla stessa tutela costituzionale del diritto alla salute, e sul principio di leale cooperazione fra Stato e regioni - Richiamo alle sentenze nn. 58/1993, 214/1988, 533/1989 e 85/1990. (D.Lgs. 25 novembre 1996, n. 645, art. 5, comma 2). Cost., artt. 32, 117 e 118, e ottava disposizione transitoria della Costituzione; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 17 e 27; legge 23 dicembre 1978, n. 833, artt. 14 e 21).(GU n.10 del 5-3-1997 )
Ricorso della regione dell'Umbria, in persona del presidente della Giunta regionale pro-tempore prof. Bruno Bracalente, rappresentato e difeso dal prof. avv. Giovanni Tarantini, in base a delega a margine del presente ricorso e giusta delibera della Giunta regionale del 14 gennaio 1997, n. 107, con domicilio eletto in Roma, via G.B. Morgagni, n. 2/a (studio avv. Umberto Segarelli); contro Presidenza del Consiglio dei Ministri in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, domiciliato per la carica in Roma, Palazzo Chigi; per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale, ai sensi dell'art. 134 Cost., dell'art. 5, secondo comma, del d.lgs. 25 novembre 1996, n. 645, recante "Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento", nella parte in cui si prevede l'obbligo del datore di lavoro, qualora non sia possibile modificare temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro della lavoratrice madre, di darne "contestuale informazione scritta all'ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio, anche ai fini di quanto stabilito dall'art. 5, primo comma, lettera c), della legge n. 1204 del 1971". F a t t o 1. - La normativa fondamentale in materia di tutela delle lavoratrici madri e' quella dettata dalla legge 30 dicembre 1971, n. 1204, ove all'art. 3 si stabilisce il principio secondo cui e' fatto divieto di adibire le lavoratrici, durante il periodo di gestazione e fino a sette mesi dopo il parto, a lavori pesanti, pericolosi, faticosi ed insalubri, nonche' nei casi in cui venga accertato "che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna". Per detto periodo le lavoratrici debbono essere adibite ad altre mansioni. Il successivo art. 5 stabilisce inoltre che in casi particolari, dovuti a complicanze della gestazione o a preesistenti forme morbose ovvero alla pregiudizialita' delle condizioni di lavoro o alla impossibilita' di trasferire la lavoratrice madre ad altre mansioni, l'Ispettorato del lavoro puo' anche disporre l'interdizione dal lavoro fino al periodo di astensione "previo accertamento medico". In sede di recepimento della direttiva 92/85/CEE, con il d.lgs. 25 novembre 1996, n. 645 sono state dettate alcune disposizioni integrative della normativa sulla tutela delle lavoratrici madri, ed in particolare: a) si individua la procedura per il recepimento delle linee direttrici della Commissione dell'Unione europea in materia di valutazione degli agenti chimici, fisici e biologici, nonche' dei processi industriali ritenuti pericolosi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici madri e riguardanti anche i movimenti, le posizioni di lavoro, la fatica mentale e fisica e gli altri disagi fisici e mentali connessi con l'attivita' dalle medesime svolta (art. 2); b) tra i lavori faticosi, pericolosi ed insalubri vengono inclusi anche quelli che comportano rischio di esposizione a particolari agenti fisici, biologici e chimici ed a particolari condizioni di lavoro (art. 3 e all.to II); c) per la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, che il datore di lavoro deve compiere in base all'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 626/1994, e successive modifiche ed integrazioni, si stabilisce, con particolare riferimento alle lavoratrici madri ed ai rischi di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici e derivanti dai processi e condizioni di lavoro, che vanno rispettate le linee direttrici di cui sub a) (art. 4, comma 1); d) per quanto riguarda le lavoratrici madri si prevede che l'obbligo del datore di lavoro di informare il lavoratore sui rischi e pericoli delle attivita' esercitate e dell'ambiente aziendale in cui le stesse vengono svolte, sancito dall'art. 21, d.lgs. n. 626/1994, ricomprende oltre alla informazione sulle misure di protezione e prevenzione adottate, anche la comunicazione alle interessate ed ai loro rappresentanti per la sicurezza dei risultati della valutazione e delle conseguenti misure poste in essere (art. 4, comma 2); e) qualora i risultati della valutazione rivelino un rischio per la salute e la sicurezza delle lavoratrici madri, il datore di lavoro, fermo restando il divieto di cui all'art. 3, legge n. 1204/1971 e 3, d.lgs., deve modificare temporaneamente le condizioni e l'orario di lavoro (art 5, commi 1 e 3); f) qualora cio' non sia possibile per ragioni organizzative o produttive, il datore di lavoro procede allo spostamento delle lavoratrici ad altre mansioni "dandone contestuale informazione scritta all'ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio anche ai fini di quanto stabilito all'art. 5, primo comma, lett. c) della legge n. 1204 del 1971". (art. 5, comma 2). L'art. 5 del d.lgs. n. 645/1996, nella parte richiamata sub lett. f), presuppone cosi' la permanenza in capo allo stato, ed in particolare agli ispettorati provinciali del lavoro, dei compiti di prevenzione e tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori di cui alla legge 30 dicembre 1971, n. 1204. 2. - Con l'attuazione dell'ordinamento regionale e, successivamente, con la riforma del servizio sanitario nazionale, l'assetto delle competenze in materia di prevenzione e tutela della salute e' profondamente mutato ed ha comportato rilevanti cambiamenti anche per la tutela e la prevenzione della salute e' della sicurezza dei lavoratori nell'ambiente di lavoro. Il nuovo sistema venutosi a delinare con tali riforme ha comportato la concentrazione presso la regione - e poi presso le UU.SS.LL. - delle funzioni in materia di assistenza e prevenzione della salute, comprese quelle di sicurezza e salute negli ambienti di lavoro, lasciando all'ispettorato solo funzioni in materia di rapporto di lavoro. Difatti, gia' il d.P.R. n. 616/1977, disponendo il trasferimento alle regioni delle funzioni in materia di assistenza sanitaria ed ospedaliera, ha inteso ricomprendervi tutte le funzioni che tendono "alla prevenzione delle malattie professionali e alla salvaguardia della salubrita', dell'igiene e della sicurezza negli ambienti di vita e di lavoro", menzionandole espressamente (art. 27, comma 1, lett. c)) ed ha inoltre chiarito che sono ivi comprese anche le funzioni gia' svolte dalle sezioni mediche e chimiche degli ispettorati provinciali del lavoro ad eccezione soltanto dei compiti riservati allo Stato (art. 27, comma 2, lett. a)). Successivamente, con la legge n. 833/1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale, queste funzioni venivano assegnate alle UU.SS.LL. La legge di riforma del S.S.N. nel dettare la disciplina delle funzioni dei nuovi enti, conformandosi al modello di cui al d.P.R. n. 616/1977, assegnava infatti loro le attribuzioni concernenti in generale la "protezione sanitaria materno-infantile" e quelle relative all'igiene e medicina del lavoro nonche' alla prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali (art 14, comma 3). Inoltre individuava esplicitamente nelle unita' sanitarie locali i soggetti incaricati dei "compiti attualmente svolti dall'ispettorato del lavoro in materia di prevenzione di igiene, di controllo sullo stato di salute dei lavoratori in applicazione di quanto disposto dall'art. 27 del d.P.R. n. 616/1977", con decorrenza dal 1 gennaio 1980 (art. 21, comma 1). In seguito, la legge 30 dicembre 1979 n. 663 ribadiva la temporanea appartenenza delle funzioni agli ispettorati per le finalita' e le materie indicate dall'art. 21 della legge n. 833/1978, fino al momento della istituzione dell'Istituto superiore per la prevenzione della sicurezza del lavoro (ISPESL) e comunque fino all'effettivo trasferimento delle attribuzioni alle unita' sanitarie locali (art. 5, legge n. 663/1979, cit.) In attesa della istituzione delle UU.SS.LL., veniva altresi' instaurato un rapporto diretto tra le regioni e gli ispettorati, subordinando l'esercizio delle funzioni di questi ultimi al rispetto delle direttive emanate dagli enti regionali (art. 5, cit.). 3. - La successiva evoluzione normativa in materia conferma la sottrazione agli ispettorati del lavoro delle funzioni in oggetto. Anche nel quadro della ulteriore riforma del servizio sanitario nazionale, avvenuta con il d.lgs. del 30 dicembre del 1992, n. 502, le competenze in materia sono state affidate al dipartimento di prevenzione presso le aziende sanitarie istituite dalle regioni (art. 7). Di recente, inoltre, il d.lgs. 12 dicembre 1994, n. 758, modificativo della disciplina sanzionatoria in materia di lavoro, ha individuato nell'ispettorato del lavoro l'organo competente ad adottare le sanzioni ivi previste per le violazioni amministrative in materia di rapporto di lavoro, mentre, anche ai fini della sospensione del procedimento per l'applicazione delle sanzioni penali in materia di sicurezza ed igiene del lavoro, ha individuato come organo di vigilanza il personale ispettivo addetto ai presidi ed ai servizi multizonali di prevenzione delle UU.SS.LL., i cui addetti abbiano assunto la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi dell'art. 21, comma 3, legge n. 833/1978 (cosi' l'art. 19, d.lgs. cit.). D i r i t t o La disposizione dell'art. 5, comma 2, decreto legislativo n. 645/1996, nella parte in epigrafe indicata risulta costituzionalmente illegittima per i seguenti motivi: 1. - Violazione degli artt. 117 e 118 e della disp. trans. VIII, della Costituzione, anche in riferimento all'art. 32 della Costituzione, al d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, alla legge 23 dicembre 1978 n. 833 e successive modifiche e integrazioni. Con il trasferimento delle funzioni in materia sanitaria dallo Stato alle regioni operato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 e con la legge istitutiva del S.S.N., confermato dalla legislazione successiva, gia' ricordata in punto di "Fatto", le funzioni di accertamento e controllo sanitario ai fini della salvaguardia della salubrita', igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro, gia' di competenza degli ispettorati del lavoro, sono transitate alle regioni, individuandosi come soggetti competenti ad esercitare i compiti relativi le UU.SS.LL. Tra le funzioni ed i compiti in questione sono da ricomprendere quelli specificamente indicati dagli artt. 3 e 5 della legge n. 1204/1971 cit. La disposizione da ultimo indicata, come gia' ricordato, prevedeva che "l'ispettorato del lavoro puo' disporre, sulla base di accertamento medico, l'interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino al periodo di astensione ...". Codesta ecc.ma Corte si e' gia' espressa sul punto, dettando un principio interpretativo che ha portata generale. Nell'ambito di un giudizio per conflitto di attribuzioni sollevato dalla presidenza del Consiglio dei Ministri nei confronti della stessa regione oggi ricorrente, la Corte, con specifico riferimento all'art. 5, cit. ha rilevato "che le funzioni amministrative in questione, pur avendo ad oggetto situazioni e fatti inerenti al rapporto di lavoro e pur potendo estrinsecarsi in atti concreti idonei ad incidere sui singoli rapporti, non riguardano direttamente la disciplina generale di questi ultimi e, pertanto, non vi e' alcuna ragione per considerarle riservate allo Stato e quindi escluse dal trasferimento di cui all'art. 27, secondo comma, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 ovvero non comprese tra i compiti relativi alla protezione sanitaria materno-infantile nonche' all'igiene e medicina del lavoro, attribuiti alle unita' sanitarie locali dall'art. 14, terzo comma, lettere d) e f) della legge n. 833 del 1978 e, piu' in generale, tra quei compiti in precedenza svolti dall'Ispettorato del lavoro in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori, che l'art. 21, primo comma, della medesima legge attribuisce in modo globale alle unita' sanitarie locali." (cfr. Corte cost. 8-16 febbraio 1993 n. 58). Con il d.lgs n. 645/1996, all'art. 5, comma 2, e' stato introdotto l'obbligo per il datore di lavoro, che per motivi organizzativi e produttivi non sia in grado di modificare temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro della lavoratrice gestante, di darne "contestuale informazione scritta all'ispettorato provinciale competente per territorio, anche ai fini di quanto stabilito dall'art. 5, comma 1, lettera c) della legge n. 1204 del 1971". Il legislatore delegato, ignorando la competenza in materia sanitaria attribuita alle regioni dall'art. 117 Cost. e lo specifico trasferimento delle funzioni in materia di salubrita', igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro, operato dal decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 e l'assegnazione dei relativi compiti alle UU.SS.LL., disposta dalla legge n. 833/1978 e confermata dalla legislazione successiva, ha riattribuito agli ispettorati del lavoro funzioni sicuramente ricomprese tra quelle regionali nella materia de qua e, per esse, esercitate dalle UU.SS.LL. L'art. 5, comma 2, decreto legislativo, laddove stabilisce l'obbligo in capo al datore di lavoro di informare l'ispettorato del lavoro, anziche' la USL, competente per territorio, della presenza di situazioni che non gli consentono di modificare le condizioni di lavoro della lavoratrice madre, aggiungendo che tale comunicazione e' diretta "anche" al fine di consentire all'ispettorato l'adozione dell'eventuale provvedimento di interdizione, previo accertamento medico, di cui all'art. 5, legge n. 1204/1971, sottrae alle regioni una competenza loro propria. La conseguente violazione del quadro istituzionale delle competenze tra Stato e regioni, sancito dagli artt. 117 e 119 della Costituzione ed attuato, con specifico riferimento alla sanita', dal decreto del Presidente della Repubblica n. 616/1977 e dalla legge istitutiva del servizio sanitario nazionale n. 833/1978, ai sensi della disp. att. VIII Cost., e' di tutta evidenza. Ne' potrebbe di contro sostenersi che il legislatore nazionale possa sempre rivedere e riconsiderare la distribuzione delle singole funzioni quando cio' dipenda da esigenze di razionalizzazione del sistema o dalla necessita' di adeguare la legislazione interna alla normativa comunitaria. Nel caso dell'art. 5 decreto legislativo n. 645/1996 siamo al di fuori di tale prospettiva. Anche volendosi ammettere, per mera ipotesi, che il legislatore possa rivedere la distribuzione di certe funzioni tra lo Stato e le regioni, cio' potrebbe discendere solo da una legge di carattere generale e di riforma strutturale, come e' appunto stata la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, non certo sulla base di una leggina di carattere settoriale. L'assetto delle competenze tra Stato e regioni in materia sanitaria ed il passaggio delle funzioni e dei compiti amministrativi concernenti la prevenzione, l'igiene e la sicurezza del lavoro, quali componenti della tutela della salute, dagli ispettorati del lavoro alle UU.SS.LL., e' stato il frutto di una scelta assolutamente coerente al sistema costituzionale. Le funzioni concernenti la tutela della salute del lavoratore sono state infatti ricondotte nel loro alveo naturale, costituendo un aspetto particolare della tutela della salute dei cittadini, compito fondamentale della Repubblica ai sensi dell'art. 32 della Costituzione. Ne' tantomeno la previsione normativa in esame trova giustificazione in disposizioni comunitarie. La direttiva 92/85/CEE, all'art. 5, che fissa i principi in materia di conseguenze dei risultati della valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza connessi alle condizioni di lavoro, si limita a stabilire, al comma 3, che, qualora l'assegnazione della lavoratrice gestante ad altre mansioni "non e' tecnicamente e/o oggettivamente possibile o non puo' essere ragionevolmente richiesta per motivi debitamente giustificati, la lavoratrice in questione e' dispensata dal lavoro durante tutto il periodo necessario per la protezione della sua sicurezza o della sua salute conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali.". Dalla direttiva non risulta pertanto, ne' potrebbe essere altrimenti, alcun elemento che possa legittimare la competenza degli ispettorati del lavoro, in quanto il legislatore comunitario ha fatto espresso, ma generico, rinvio alle "legislazioni e/o prassi nazionali". 2. - Violazione dell'art. 32 della Costituzione. Le disposizioni di cui all'art. 5, del comma 2, del decreto legislativo n. 645/1996, affidando all'ispettorato del lavoro funzioni in materia sanitaria, alterano in modo rilevante il sistema delle competenze concernenti la tutela della salute. Cio' e' particolarmente grave. Infatti il servizio sanitario nazionale nasce e svolge i propri compiti espressamente e primariamente per la cura e la tutela del diritto fondamentale alla salute. Non cosi' l'ispettorato del lavoro, le cui funzioni attengono ai profili inerenti il rapporto di lavoro. La nostra Costituzione non pone il diritto alla salute in posizione subordinata al rapporto di lavoro. L'attribuzione delle suddette funzioni agli ispettorati si traduce cosi' in una violazione della tutela del "bene" salute della lavoratrice madre, cui nel conflitto con altri beni costituzionalmente tutelati, deve essere accordata assoluta priorita'. Non si possono far prevalere, in questo campo, gli aspetti relativi alla regolamentazione del rapporto di lavoro: anche la disciplina comunitaria pone come obbiettivo primario la realizzazione della piena tutela della salute e della sicurezza della lavoratrice, dalla cui protezione non debbono derivarle in alcun modo svantaggi sul piano lavorativo (8 e 9 cons.). Va inoltre osservato che l'attribuzione delle competenze agli ispettorati del lavoro comporta che da questi vengano svolti anche gli accertamenti medici. Come gia' ricordato, codesta ecc.ma Corte ha affermato che le funzioni amministrative di cui si tratta sono di competenza del servizio sanitario - quindi finalizzate in modo prioritario alla cura e alla protezione della salute - e non rileva a tal fine che l'esito degli accertamenti medici, su cui le misure di dispensa dal lavoro si basano, si ripercuotano sul rapporto di lavoro, (Corte cost. 58/93, cit.). E' invece indispensabile che tale funzione sia affidata ad un tecnico competente, abilitato all'esercizio della professione di medico-chirurgo. A tale proposito sussistono fondate perplessita' circa l'effettiva tutela della salute delle lavoratrici, poiche' i dirigenti degli ispettorati del lavoro non risultano essere abilitati all'esercizio della professione medica e quindi all'emissione di certificazioni aventi contenuto medico-legale, quali sono quelle riguardanti l'idoneita' di una gestante a proseguire o meno una determinata mansione lavorativa. 3. - Violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni. Come questa ecc.ma Corte ha piu' volte affermato, nei rapporti tra lo Stato e le regioni vige il principio di leale collaborazione, principio generale che, oltre alle ipotesi in cui viene realizzato per espressa disposizione di legge, deve ispirare le relazioni tra i due soggetti quando siano coinvolte nella cura di interessi generali dello stato funzioni e competenze delle regioni (cfr., tra le altre, Corte cost. n. 214/1988, n. 533/1989 e n. 85/1990). Il Governo ha violato tale principio, poiche' non ha tenuto conto delle proposte di emendamenti avanzate sullo schema del decreto legislativo dalla "Conferenza dei presidenti delle regioni e province autonome", contenute nel documento trasmesso alla Presidenza del Consiglio con nota del 10 dicembre 1996, n. 1148/20331, a cura del Presidente della regione Veneto, quale presidente pro-tempore della Conferenza predetta.
P. Q. M. Per le considerazioni suesposte ed in accoglimento del presente ricorso, si chiede che codesta ecc.ma Corte voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. 25 novembre 1996, n. 645, recante "Recepimento della direttiva 92/85/CEE concernente il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento", nella parte in cui si prevede l'obbligo del datore di lavoro, qualora non sia possibile modificare temporaneamente le condizioni o l'orario di lavoro della lavoratrice madre, di darne "contestuale informazione scritta all'ispettorato provinciale del lavoro competente per territorio, anche ai fini di quanto stabilito dall'art. 5, primo comma, lettera c), della legge n. 1204 del 1971.". Perugia-Roma, addi' 17 gennaio 1997 Tarantini 97C0119