N. 20 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 3 febbraio 1997
N. 20 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 febbraio 1997 (della regione Lombardia) Agricoltura - Disposizioni di legge collegata alla legge finanziaria riguardanti, sotto diversi profili, l'attuazione del regime comunitario di produzione lattiera - Illegittimita' costituzionale delle stesse derivata dal loro inserimento in una legge (come la legge n. 662/1996) composta di soli tre articoli, a loro volta suddivisi in un numero sterminato (piu' di duecento ciascuno) di commi - Violazione del principio costituzionale, ribadito anche dai regolamenti parlamentari, che, con l'esigere che le leggi vengano approvate "articolo per articolo", postula che esse siano anche redatte in modo che questa esigenza non venga elusa - Indiretta incidenza anche sulla conoscibilita' della legge quale diritto del cittadino e della persona - Inidoneita' e inadeguatezza dei "controlli interni delle Camere" ad evitare tali violazioni - Richiami a sentenze nn. 364/1988 e 379/1996. Agricoltura - Regime comunitario di produzione lattiera - Rientro nelle quote stabilite - Disciplina adottata in legge collegata alla legge finanziaria - Salvezza degli effetti prodotti e dei rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 11 dei decreti-legge 8 agosto 1996, n. 440, e 23 ottobre 1996, n. 542, e degli artt. 2 e 3 dei decreti-legge 6 settembre 1996, n. 463, e 23 ottobre 1996, n. 552 - Lamentata lesione delle competenze delle regioni Lombardia e Veneto in materia di agricoltura - Denunciate violazioni, altresi', in quanto incidono su tali competenze, dei principi posti riguardo ai regimi di produzione lattiera dai regolamenti comunitari, nonche' dei principi costituzionali stabiliti a garanzia della ragionevolezza, del diritto di agire e difendersi in giudizio, dell'iniziativa economica, del buon andamento della pubblica amministrazione e dei presupposti e limiti della decretazione di urgenza - Interesse delle regioni ricorrenti a sollevare la questione in quanto, anche se le suindicate norme, in accoglimento dei ricorsi proposti contro i decreti-legge nn. 542 e 552, anche dalle regioni Lombardia e Veneto (ricorsi nn. 14 e 15, e 12 e 13 reg. ric. 1997, in seguito alle conversioni in leggi operata con le leggi nn. 649 e 642/1996), fossero riconosciute illegittime, la permanenza in vigore dell'impugnato comma 172 della legge n. 662 potrebbe vanificare la pronuncia della Corte - Irrilevanza della "soppressione" dello stesso comma 172, disposta dall'art. 10, comma 9, del d.-l. 31 dicembre 1996, n. 669. Agricoltura - Regime comunitario di produzione lattiera - Rientro nelle quote stabilite - Disciplina adottata in legge collegata alla legge finanziaria - Criteri da osservarsi riguardo alla consentita compensazione tra le maggiori e le minori quantita' di prodotto consegnate - Espletamento di procedure di compensazione nazionale, con effetto dal periodo 1995-1996, da parte dell'AIMA - Inapplicabilita' della compensazione gestita a base provinciale dalle associazioni di produttori, gia' prevista dall'art. 5, commi da 5 a 9, della legge 26 novembre 1992, n. 468, con sancita inefficacia degli adempimenti gia' svolti in base ad essi per il suddetto periodo - Obbligo, per gli acquirenti che abbiano gia' restituito ai produttori, in seguito alle compensazioni operate a livello di associazioni, l'effettuato prelievo, di procedere a nuove trattenute, con conseguente esperibilita', a loro carico, di una riscossione coattiva - Categorie di produttori (zone di montagna, zone svantaggiate ecc.) in favore delle quali, nell'ordine, la compensazione va effettuata - Previsione che gli acquirenti, limitatamente al periodo 1995-1996, versino, entro il 31 gennaio 1997, sulla base di appositi elenchi redatti dall'AIMA a seguito della predisposta compensazione nazionale e trasmessi alle regioni e alle province autonome, il prelievo supplementare - Lamentata incidenza sui diritti e interessi degli allevatori lombardi, la tutela dei quali non sarebbe incompatibile con l'imposizione della compensazione delle quote a livello nazionale ma solo se questa fosse preceduta e coordinata con una precedente compensazione a livello locale - Conseguente impossibilita' di un efficace esercizio, da parte delle regioni, anche riguardo alla compensazione delle quote, dei suoi poteri di programmazione, governo e controllo del settore - Contrasto con le norme dei regolamenti comunitari (in particolare nn. 804/1968 e 856/1984) circa i tempi (dal 1 aprile al 31 marzo dell'anno successivo) delle campagne lattiere, e con il principio, piu' volte affermato dalla Corte del Lussemburgo (per tutte, in procedimento C-1/94, sentenza 11 agosto 1995), secondo cui gli interventi nazionali incidenti in modo limitativo sulle attivita' e capacita' delle imprese, non possono, per preminenti esigenze di certezza e di garanzia dell'iniziativa economica, essere retroattivi - Irragionevole disparita' di trattamento tra regioni e singoli produttori - Deducibilita' di tali violazioni da parte della regione Lombardia, giacche' toccano le competenze della stessa in materia di agricoltura, per rispetto delle quali avrebbe dovuto essere quanto meno previsto il suo parere sulla normativa de qua - Richiamo alla sentenza n. 520/1995. Agricoltura - Regime comunitario di produzione lattiera - Rientro nelle quote stabilite - Disciplina adottata in legge collegata alla legge finanziaria - Confermata abrogazione dell'art. 2-bis del d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727 (convertito con legge 24 febbraio 1995, n. 46) che in caso di contenzioso e nelle more dell'accertamento definitivo delle posizioni individuali degli allevatori riguardo alle "quote latte", consentiva di autocertificare le produzioni - Conseguente aggravamento, a scapito dei produttori e, di riflesso, dei poteri delle regioni in materia, del gia' piu' volte contestato regime processuale dei ricorsi degli interessati avverso i bollettini AIMA. Agricoltura - Regime comunitario di produzione lattiera - Rientro nelle quote stabilite - Disciplina adottata in legge collegata alla legge finanziaria - Vendite e affitti di "quote latte" - Possibilita' di stipularli entro il 31 dicembre di ciascun anno, con obbligo di darne comunicazione, utilizzando gli appositi moduli AIMA, entro dieci giorni, alla stessa AIMA e alle regioni e province autonome di Trento e Bolzano - Efficacia di tali atti a partire dal periodo successivo a quello in cui e' avvenuta la stipulazione - Facolta' delle parti, inoltre, di concordare, limitatamente al periodo 1996-1997, sino al 15 gennaio 1997, dandone comunicazione a regioni e a province autonome, che le vendite e gli affitti stipulati entro il 31 dicembre 1996, abbiano effetto, previo accertamento, da parte della regione o della provincia autonoma, che il cedente non abbia utilizzato la quota ceduta, anche per tale periodo - Esclusione, a decorrere dal periodo 1996-1997, che l'aquisto di una quota latte da parte di un produttore comporti riduzione delle quote precedentemente spettanti al produttore medesimo - Lamentata ingiustificata estromissione delle regioni di produzione, in quanto private, sia riguardo al procedimento previsto per le vendite e gli affitti, sia in ordine alla definizione delle conseguenze degli acquisti di quote, di ogni discrezionalita', dalla possibilita', intervenendovi, di armonizzare, al loro interno, il governo del settore con i valori della iniziativa economica. (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, commi 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173 e 174). (Cost., artt. 2, 3, 11, 24, 41, 72, primo comma, 97, 113, 117 e 118).(GU n.9 del 26-2-1997 )
Ricorso della regione Lombardia, in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, on. dott. Roberto Formigoni, rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di g.r. del 17 gennaio 1997, di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, Lungotevere delle Navi n. 30, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge 23 dicembre 1996, n. 662, pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 303, del 28 dicembre 1996 ("Misure di razionalizzazione della finanza pubblica"); quanto all'art. 2, comma 188, che, con effetto dal periodo 1995-96 di regolamentazione della produzione di latte dispone la cessazione dell'applicazione della procedura di compensazione di cui all'art. 5, commi 5-9, della legge 26 novembre 1992 n. 468 e l'inefficacia degli adempimenti svolti ai sensi delle predette disposizioni; all'art. 2, comma 167, che dispone che i versamenti e le restituzioni delle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare siano effettuati a seguito di una procedura di compensazione nazionale da parte dell'AIMA, con addebito degli interessi al tasso legale sulle somme residue spettanti ai produttori; all'art. 2, comma 168, che individua i criteri della compensazione; all'art. 2, comma 169, che stabilisce che gli acquirenti che abbiano disposto la restituzione delle somme ai produttori procedano a nuove trattenute di pari importo nei confronti dei produttori; all'art. 2, comma 170, che impone il versamento del prelievo supplementare per il periodo 1995-1996 entro il 31 gennaio 1997, sulla base di elenchi redatti dall'AIMA a seguito della compensazione nazionale; all'art. 2, comma 171, che dispone l'abrogazione, dal periodo 1995-1996, dell'art. 2-bis del d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 1995, n. 46; all'art. 2, comma 172, che fa salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base dell'art. 11 dei dd.-ll. 8 agosto 1996, n. 440 e 23 ottobre 1996, n. 542, e degli articoli 2 e 3 dei dd.-ll. 6 settembre 1996, n. 463 e 23 ottobre 1996, n. 552; all'art. 2, comma 173, che ha disposto la sostituzione dell'art. 10, comma 6, della legge n. 468 del 1992, prevedendo un nuovo regime della vendita e dell'affitto delle quote latte; all'art. 2, comma 174, che ha previsto che l'acquisto di una quota latte da parte di un produttore non comporta la riduzione delle quote gia' a lui spettanti. Fatto 1. - Il regime delle c.d. quote latte, finalizzato al contenimento della produzione, da anni eccedente nel mercato europeo, e' stato introdotto in Italia, dopo un lungo contenzioso circa l'effettiva entita' della produzione interna e la irrogazione delle relative sanzioni comunitarie, dalla legge 26 novembre 1992, n. 468. Tale testo normativo, dopo avere demandato, all'art. 2, comma 2, la redazione di elenchi dei produttori titolari di quota e la loro pubblicazione in appositi bollettini all'Azienda di Stato per gli interventi nel mercato agricolo (AIMA), all'art. 2, comma 2, limitatamente ai produttori di associazioni aderenti alla UNALAT, dispone la articolazione della quota in due parti: l'una (A), commisurata alla produzione di latte commercializzata nel periodo 1988-1989; l'altra (B), rapportata alla maggiore produzione commercializzata nel periodo 1991-1992. Poiche' peraltro il regolamento CEE del Consiglio n. 804/1968, del 27 giugno 1968, contemplava la periodica rideterminazione delle quote nazionali spettanti all'Italia, i commi 6-8 dello stesso art. 2 assegnavano alle regioni il compito di vigilare sulla effettiva produzione dei singoli operatori e di comunicare all'AIMA per l'aggiornamento del bollettino le eventuali situazioni di quota assegnata superiore a quella effettiva, e al Ministro dell'agricoltura e foreste, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e sentite le organizzazioni professionali maggiormente rappresentative, in caso di eccedenza delle quantita' attribuite ai produttori alla stregua dei commi 2 e 3 rispetto alle quote nazionali individuate in sede comunitaria, di stabilire con proprio decreto i criteri generali per il pieno allineamento con le quote nazionali nell'arco di un triennio. Lo stesso comma 8 imponeva che, con riferimento alle riduzioni obbligatorie della quota B, si tenesse conto "dell'esigenza di mantenere nelle aree di montagna e svantaggiate la maggior quantita' di produzione lattiera". 2. - Il d.-l. 23 dicembre 1994, n. 727, convertito con modificazioni in legge 24 febbraio 1995, n. 46, ha poi operato la riduzione delle quote B per singolo produttore, con l'esclusione degli operatori delle stalle ubicate nelle zone montane di cui alla direttiva del Consiglio CEE 75/268 del 28 aprile 1975, da effettuarsi entro il 31 marzo 1995 con operativita' dalla campagna 1995-1996. La legge di conversione n. 46/1995 ha innovato il decreto come segue: a) ha previsto (art. 2, comma 1, lett. O.a)) la riduzione della quota A non in produzione, almeno qualora essa ecceda il 50% della quota A attribuita; b) dopo avere confermato la riduzione della quota B (lett. a)), ha escluso (lett. b)) da entrambe le riduzioni i produttori non solo titolari di stalle ubicate in zone di montagna, ma anche quelli operanti "nelle zone svantaggiate e ad esse equiparate nonche' nelle isole"; c) ha consentito (l'art. 2, comma 2-bis) che i produttori che abbiano ottenuto, anteriormente all'entrata in vigore della legge n. 468/1992, l'approvazione di un piano di sviluppo o di miglioramento zootecnico da parte della regione e che lo abbiano realizzato, possano chiedere la assegnazione di una quota corrispondente all'obiettivo di produzione indicato nel piano medesimo, in sostituzione delle quote A e B. Piu' in generale il decreto-legge n. 727/1994 e la legge n. 46/1995 hanno soppresso la previa consultazione della Conferenza tra Stato e regioni, rimettendo la istruttoria e la predisposizione del piano di rientro esclusivamente all'istanza ministeriale. Inoltre, la normativa ha introdotto un meccanismo di autocertificazione delle produzioni, in base al quale gli acquirenti sono autorizzati a considerare i quantitativi autocertificati dai produttori. 3. - La legge n. 46/1995 insieme con il decreto-legge convertito veniva impugnata dalla regione Lombardia con ricorso rubricato 22/1995, con allegazione di numerosi profili di incostituzionalita'. Codesta ecc.ma Corte, a seguito di discussione nella pubblica udienza del 23 novembre 1995, con decisione n. 520 del 28 dicembre 1995 accoglieva il predetto ricorso, in una con quello presentato dalla regione Veneto e rubricato con n. r.g. 23/1995, sotto il profilo della incostituzionalita' dell'art. 2, comma 1, della legge, nella parte in cui non vi si contemplava il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino. 4. - Il Governo e' poi intervenuto nuovamente con la decretazione di urgenza nel delicato settore de quo, adottando prima il d.-l. 15 marzo 1996 n. 124 e poi, reiterando il primo, adottando il d.-l. 16 maggio 1996 n. 260, impugnati dalla ricorrente con ricorsi n. r.g. 18 e 27/1996, pendenti avanti la ecc.ma Corte per la decisione, indi con il d.-l. 8 luglio 1996 n. 353, del pari impugnato dalla regione della Lombardia con ricorso n. r.g. 32/1996, e pure esso in attesa di decisione, il d.-l. 8 agosto 1996 n. 440 e il d.-l. 6 settembre 1996 n. 463, e infine con i dd.-ll. 23 ottobre 1996, nn. 542 e 552. Tali ultimi due decreti-legge, da ultimo, sono stati convertiti, rispettivamente, nelle leggi 20 dicembre 1996 n. 642 e 23 dicembre 1996 n. 649, entrambe impugnate con ulteriori ricorsi notificati in data 20 gennaio 1997. I decreti legge successivi alla legge n. 46 del 1995 appartengono a due nuove "catene" di decreti reiterati: una saldatasi con la legge di conversione del decreto-legge n. 542 del 1996 (legge n. 649 del 1996); l'altra saldatasi con la legge di conversione del decreto-legge n. 552 del 1996 (legge n. 642 del 1996), entrambe, come si e' detto, impugnate con ricorsi notificati in data 20 gennaio 1997. La prima catena e' relativa alle previsioni sulle procedure di compensazione (in particolare, all'eliminazione delle procedure previste dalla legge n. 468 del 1992, sostituite da una compensazione nazionale gestita dall'AIMA), nonche' alle modalita' e ai tempi dei prelievi e delle restituzioni. La seconda catena riguarda, in particolare, la disciplina dei bollettini dei produttori titolari di quota; la fissazione dei criteri di effettuazione della compensazione; le modalita' della compensazione medesima; la disciplina dell'abbandono della produzione; i termini per la cessione delle quote latte. Queste due catene, ancorche' distinte, sono interconnesse, e - per le ragioni gia' esposte nei ricorsi sopradescritti - hanno determinato gravissimi pregiudizi all'autonomia delle regioni in materia di agricoltura, disegnando uno scenario normativo incoerente e costituzionalmente illegittimo. L'incoerenza e l'illegittimita' sono state confermate (e aggravate) dalla "saldatura" operata dalle menzionate leggi nn. 642 e 649 del 1996. Ebbene, a distanza di pochisimi giorni dalla pubblicazione (nella Gazzetta Ufficiale, rispettivamente, del 21 e del 23 dicembre 1996) delle leggi ora ricordate, il legislatore e' ora nuovamente intervenuto nel settore della produzione lattiera con la legge qui impugnata (che, addirittura, ancorche' pubblicata poco dopo, reca la stessa data della legge n. 649 del 1996), a conferma della caoticita' e della farraginosita' del suo agire. La legge dedica alla produzione lattiera i commi da 166 a 174 dell'art. 2, ove si prevede quanto segue: a) i commi 166, 167 e 169 ripetono testualmente quanto gia' previsto dall'art. 11 del decreto-legge n. 542 del 1996, convertito in legge n. 649 del 1996; b) il comma 168 ripete quasi testualmente (eliminando semplicemente il primo periodo) quanto gia' previsto dall'art. 3, comma 1, del decreto-legge n. 552 del 1996, convertito in legge n. 642 del 1996; c) il comma 170 riproduce in parte l'art. 3, comma 3, dello stesso decreto-legge n. 552 del 1996, ma con alcune modificazioni. In particolare, nella nuova previsione: si elimina il riferimento alla compensazione nazionale da parte dell'AIMA (peraltro mantenuto in altre sedi); si proroga il termine per il versamento del prelievo supplementare da parte degli acquirenti al 31 gennaio 1997 (questa proroga, peraltro, era stata gia' disposta dalla legge di conversione n. 642 del 1996); si aggiunge (a mo' di contentino) la previsione della trasmissione alle regioni e alle province autonome degli elenchi redatti dall'AIMA a seguito della compensazione nazionale; d) il comma 171 dispone l'abrogazione retroattiva (a decorrere dal periodo 1995-1996) del decreto-legge n. 727 del 1994 (convertito in legge n. 46 del 1995); e) il comma 172 fa salvi gli effetti prodotti da una serie di decreti, fra i quali - ultimi della lista - i decreti-legge nn. 542 e 552 del 1996, gia' convertiti da legge pubblicate appena pochi giorni prima; f) il comma 173 dispone la sostituzione dell'art. 10, comma 6, della legge n. 468 del 1992, prevedendo un nuovo regime della vendita e dell'affitto delle quote latte, rispetto al quale le regioni non hanno alcun ruolo, se non quello di destinatarie di comunicazioni da parte degli interessati, e di organi cui spetta il compito meramente esecutivo della verifica che il cedente la quota "non abbia gia' utilizzato la quota ceduta"; g) il comma 174, infine, prevede che, a decorrere dal periodo 1996-1997, l'acquisto di una quota latte non comporti la riduzione della quota gia' spettante all'acquirente. In questo modo, si e' determinato il risultato di aggravare ulteriormente la gia' esistente irragionevole disparita' di trattamento tra regioni e tra singoli produttori. Le disposizioni di cui in epigrafe sono dunque illegittime per i seguenti Motivi 1. - Violazione degli artt. 3, 5, 11, 24, 41, 77, 97, 113, 117 e 118 della Costituzione. Come esposto in narrativa, la legge qui impugnata provvede, fra l'altro, a far salvi (all'art. 2, comma 172) gli effetti prodotti dai decreti-legge nn. 542 e 552 del 1996 (oltre che da quelli, precedenti, da essi reiterati). Orbene, come si e' gia' rilevato nei ricorsi (notificati in data 20 gennaio 1997) avverso le leggi di conversione dei predetti decreti (nn. 649 e 642 del 1996), la conversione in legge di quei decreti era illegittima, atteso che - per un verso - questi decreti risultavano carenti del presupposto costituzionale dell'urgenza, e che - per l'altro - si era provveduto a convertire un decreto reiterante altro decreto precedente, in violazione del divieto di cui all'art. 77 della Costituzione. Oggi, la legge qui impugnata provvede a far salvi gli effetti prodotti da due decreti gia' convertiti. E' difficile comprendere il senso della cosi' manifestata volonta' legislativa. La conversione in legge, per vero, "stabilizza" ab origine le norme di un decreto, determinando la novazione della loro fonte e rendendo del tutto superflua qualunque successiva "sanatoria". E' difficile dire, anche, se si tratti di una semplice (e certo, non isolata) svista del legislatore in sede di adozione della manovra finanziaria di fine d'anno. Quel che e' certo, infatti, e' solo che: a) la "sanatoria" non riguarda i decreti nella loro interezza, bensi solo gli artt. 11 del decreto-legge n. 542 (e del decreto-legge n. 440) del 1996, e gli artt. 2 e 3 del decreto-legge n. 552 (e del decreto-legge n. 463) del 1996; b) dopo l'entrata in vigore della legge impugnata, il legislatore ha disposto che "Il comma 172 dell'art. 2 e' soppresso" (art. 10, nono comma, del d.-l. 31 dicembre 1996 n. 669). Da un lato, la "sanatoria" solo parziale farebbe pensare che il legislatore abbia inteso, in qualche modo, smentire la precedente conversione, quasi a volerne circoscrivere (alle sole norme "sanate") gli effetti prodotti pro praeterito tempore. Dall'altro, pero', la singolare formula utilizzata dal decreto-legge n. 669 del 1996 (che "sopprime" anziche' "abrogare" l'art. 2, comma 172, della legge impugnata) farebbe pensare che il legislatore abbia riconosciuto di aver commesso un errore, ed abbia inteso rimediarvi al piu' presto. Non e' il caso, qui, di evidenziare come, adottando la riferita previsione del decreto-legge n. 669 del 1996, il Governo abbia finito per intervenire, con un proprio decreto legge, sulla scelta parlamentare (non conta, qui, dire quanto ragionevole) di salvare o meno gli effetti di un diverso decreto-legge: si tratta infatti di una previsione illegittima che, pero', la ricorrente non ha interesse a censurare. Cio' che conta, invece, e' che, quale che sia l'interpretazione della confusa volonta' legislativa, la ricorrente ha interesse a censurare l'art. 2, comma 172, della legge n. 662 del 1996. Si deve infatti considerare che le disposizioni dei decreti-legge nn. 542 e 552 del 1996 che sono state "sanate" da questa disposizione sono pregiudizievoli per la ricorrente. La salvaguardia degli effetti da esse prodotti conferma dunque tale pregiudizio. Se, percio', la declaratoria di incostituzionalita' delle leggi di conversione dei decreti-legge nn. 542 e 552 (auspicata nei ricorsi dalla ricorrente notificati il 20 gennaio 1997) venisse pronunciata, resterebbe pur sempre formalmente in piedi la "sanatoria" disposta dall'art. 2, comma 172, della legge impugnata, la cui illegittimita' deve, pertanto, lamentarsi per le ragioni che verranno appresso indicate. L'interesse all'impugnazione non viene meno per il fatto che, come riferito, il decreto-legge n. 669 del 1996 ha "soppresso" il comma in discussione. A parte il fatto che tale "soppressione" e' stata disposta in un decreto-legge, e quindi in una fonte dalle incerte sorti, che codesta ecc.ma Corte ha gia' da tempo considerato inidonea a regolare i rapporti Stato/regioni su di un piano di sufficiente stabilita', si deve considerare che la "soppressione" altro non e' che una "abrogazione", in quanto tale destinata ad operare solo de futuro, e quindi incapace di sostituirsi all'auspicata declaratoria di incostituzionalita' da parte di codesta ecc.ma Corte. Nel merito, poiche' l'illegittimita' della disposta "sanatoria" deriva dall'illegittimita' dei decreti "sanati", si deve ricordare che i decreti-legge nn. 440, 463, 552 e 542 del 1996 sono illegittimi per le ragioni gia' esposte nei ricorsi della regione Lombardia nei confronti delle leggi nn. 642 e 649 del 1996, cui si rinvia per una piu' ampia argomentazione. In sintesi, comunque, detta illegittimita' derivava, oltre che dalla violazione dell'art. 77 della Costituzione (per carenza dei presupposti di necessita' ed urgenza e inosservanza del divieto di reiterazione dei decreti non convertiti), da: a) violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, in ordine al regime dei ricorsi avverso i bollettini emessi dall'AIMA, in relazione al potere di governo del settore da parte delle regioni (cio' per quanto concerne il decreto-legge n. 552 del 1996); b) violazione degli artt. 5, 11, 117 e 118 della Costituzione, in ordine al regime dei piani di sviluppo e miglioramento, in relazione al potere di governo del settore da parte delle regioni (cio' per quanto concerne il decreto-legge n. 552 del 1996); c) violazione degli artt. 3 e 41 Cost., in riferimento agli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, in ordine alla penalizzazione dei produttori della regione ricorrente, in relazione al potere di governo del settore da parte delle regioni (cio' per quanto concerne il d.-l. n. 552 del 1996); d) violazione degli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, anche con riferimento all'art. 2, comma 7, della legge n. 468 del 1992, e violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e regioni, in ordine alla totale pretermissione di ogni partecipazione regionale relativamente all'adozione dei bollettini dell'AIMA (cio' per quanto concerne il d.-l. n. 552 del 1996); e) violazione degli artt. 3, 97, 11, 41, 117 e 118 della Costituzione, in ordine alla disciplina della compensazione nazionale e, di nuovo, dei bollettini, specie in riferimento alla retroattivita' di tale disciplina (cio' per quanto concerne sia il d.-l. n. 542 del 1996 che il d.-l. n. 552 del 1996). Si trattava infatti di aggiustamenti (per giunta illegittimi) o di peggioramenti delle previsioni dettate dalla legge 26 novembre 1992, n. 468 e dalla legge 24 febbraio 1995 n. 46, dei quali non era dato rinvenire, in alcun modo, l'urgenza. Urgenza che, del resto, era smentita gia' dal solo fatto che le previsioni dettate dai decreti riguardavano una campagna lattiera gia' conclusa. 2. - Violazione degli artt. 2, 3 e 72 comma primo, della Costituzione. L'art. 72, comma primo della Costituzione prevede che i disegni di legge debbono essere approvati "articolo per articolo e con votazione finale". Tale previsione costituzionale e' stata clamorosamente violata dalla legge impugnata. La legge in questione, contenente le fondamentali "misure di razionali zzazione della finanza pubblica" collegate alla legge finanziaria per il 1997, si compone infatti di soli tre articoli, ciascuno dei quali contiene - rispettivamente - duecentosessantasette, duecentoventiquattro e duecentodiciassette commi| Le ragioni che hanno portato a questo monstrum sono note, e risalgono all'esigenza del Governo di assicurarsi in tempi brevi l'approvazione parlamentare, attraverso l'apposizione, in Senato, della questione di fiducia sul disegno di legge in discussione. Questa esigenza politica non poteva, pero', giustificare un cosi' clamoroso aggiramento dell'art. 72 Cost., aggiramento in virtu' del quale il formale rispetto del dettato costituzionale e' stato travolto dalla sua violazione sostanziale patentemente in fraude Constitutioni. Indubitabile e', infatti, che quella dell'approvazione articolo per articolo e' un'esigenza non meramente formale, bensi' sostanziale, che non puo' essere elusa. Invero: a) in primo luogo, si deve notare come la redazione articolo per articolo sia condizione di ammissibilita' dei progetti di legge di iniziativa popolare, ai sensi dell'art. 71, secondo comma, Cost., e dell'art. 49, comma primo (della legge 25 maggio 1970, n. 352. La differenza fra redazione di un testo normativo senza o con suddivisione in articoli, dunque, e' sostanziale (a diversamente ritenere, la redazione in articoli, che e' stata concepita come garanzia di serieta' e di meditazione dell'iniziativa popolare, sarebbe vanificata). Se, pero', e' sostanziale (e non meramente formale) la qualificazione di un progetto come "redatto in articoli", non meno sostanziale deve essere la qualificazione di una votazione come votazione "articolo per articolo". Si aggiunga, inoltre, che l'esigenza della redazione in (e quindi della votazione per) articoli e' generale e non limitata ai soli progetti di iniziativa popolare: le deroghe alla redazione in articoli si hanno nel caso in cui il progetto di legge esaminato dalla Camera si limiti a rinviare ad altro testo legislativo per la determinazione dei contenuti normativi approvati dalla Camera stessa. E' quanto avviene o puo' avvenire, in particolare, per le leggi di conversione dei decreti legge o per le leggi di autorizzazione alla ratifica e di esecuzione dei trattati internazionali. In questi casi, pero', l'esigenza della redazione in articoli e' rispettata - quanto meno - dalla fonte rinviata; b) i Costituenti erano perfettamente consapevoli dell'importanza della manifestazione della volonta' delle Camere sui progetti di legge sia in riferimento ai singoli articoli, sia in riferimento al testo legislativo nel suo complesso. Come affermo' l'on. Perassi nella seduta del 14 ottobre 1947, infatti, il primo comma dell'art. 72 (allora art. 69 del Progetto) ha lo scopo di disciplinare il procedimento c.d. normale di approvazione delle leggi "stabilendo il particolare principio che la Camera vota articolo per articolo e vota poi complessivamente sul disegno di legge". Principio "particolare", questo, proprio perche' - come fra poco vedremo - il suo rispetto e' essenziale perche' l'esercizio della funzione legislativa da parte del Parlamento abbia un senso. Per conto suo, nella medesima seduta, Mortati preciso', in sede di discussione su quello che sarebbe divenuto il secondo comma dell'art. 72, che la deliberazione di una procedura d'urgenza non avrebbe mai potuto far "saltare qualcuna delle fasi necessarie al procedimento normale", con il che si chiariva che l'approvazione articolo per articolo e', appunto, una indefettibile fase del procedimento legislativo. Tanto indefettibile, che se i Costituenti ebbero qualche dubbio, fu solo sulla necessita' di una votazione finale dopo quella articolo per articolo (non su quest'ultima|), e che fu grazie all'impegno dell'on. Ruini che quella votazione finale fu confermata. In una parola, i Costituenti sapevano, disponendo la votazione articolo per articolo, di disciplinare il cuore stesso dell'esercizio parlamentare della funzione legislativa, e non e' credibile che intendessero fare, di quella disciplina, una lustra; c) l'indefettibilita' sostanziale dell'approvazione articolo per articolo e' confermata dai Regolamenti parlamentari, non tanto per il fatto che (ovviamente) la prevedono, quanto perche' staccano nettamente la fase dell'approvazione articolo per articolo da quella dell'approvazione finale, imponendo che l'eventuale coordinamento finale dei progetti di legge avvenga sempre prima della votazione finale (artt. 90 RC e 103 RS); d) l'osservanza sostanziale della regola della votazione articolo per articolo e' indispensabile perche' siano rispettati i principi fondamentali del parlamentarismo. I progetti di legge, infatti, sono articolati perche' articolata deve essere la discussione parlamentare, e questa deve essere tale da consentire, per un verso, che (come si e' rilevato in dottrina) la volonta' parlamentare sia "libera e consapevole", per l'altro che vi sia possibilita' di formare maggioranze diverse sui singoli articoli. Tutto questo, qui, e' stato impedito dalla sostanziale non-redazione in articoli, cui si e' unita la "ghigliottina" dell'apposizione della questione di fiducia, che ha ancor piu' troncato qualunque possibilita' di vera discussione parlamentare. Queste considerazioni sono tanto vere, che la specifica funzione della votazione finale e' proprio quella della verifica del consenso della Camera sul testo complessivo del progetto di legge per come risultante dalla votazione dei singoli articoli. L'accorpamento di una congerie di commi in uno stesso articolo altera dunque anche il significato stesso del voto finale; e) come codesta ecc.ma Corte ha affermato nella capitale sentenza n. 364 del 1988, l'esigenza di conoscibilita' delle leggi si collega intimamente alla dignita' e alla liberta' della persona umana, perche' solo leggi conoscibili possono essere osservate e rispettate. In che modo, pero', e' conoscibile il contenuto di una legge come quella qui impugnata, che, in un articolo (il 2) intitolato "Misure in materia di servizi di pubblica utilita' e per il sostegno dell'occupazione e dello sviluppo" affastella duecentoventiquattro commi, nei quali si dettano disposizioni in materia di concessioni edilizie, di canoni di locazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, di dichiarazioni agli uffici delle imposte, e chi piu' ne ha piu' ne metta? In che senso e' conoscibile una legge nella quale il cittadino non puo' orientarsi neppure con il modesto ausilio dell'intitolazione degli articoli, ed e' costretto a rintracciare le previsioni normative che lo riguardano tentando l'improbabile (e difficile anche per i professionisti del diritto) impresa di compulsare l'intero testo normativo? In realta', la violazione delle previsioni costituzionali di cui all'art. 72, primo comma, si traduce nella violazione dei piu' elementari principi di ragionevolezza della produzione normativa, e di tutela della dignita' e liberta' della persona, giusta gli artt. 2 e 3 della Costituzione. Non varrebbe replicare che la garanzia del rispetto di queste esigenze e' assicurata dai controlli "interni" alle Camere. A parte il fatto che, qui, esiste una specifica previsione costituzionale che puo' e deve essere assunta a parametro dei giudizi di costituzionalita', in tanto le procedure interne di controllo possono bastare a garantire i valori costituzionali in quanto siano adeguate e pronte (sent. n. 379 del 1996). Qui, pero', non lo sono state; f) in definitiva, la votazione articolo per articolo non puo' mai mancare (i casi di deroga al principio sono eccezionali, e si giustificano per ragioni tanto ovvie che non e' nemmeno il caso di esporle: cfr., comunque, artt. 70, secondo comma, 87, quinto comma, 99, terzo comma, RC; 104, 120, secondo comma, 123, secondo comma, RS), e deve essere una votazione sostanzialmente e non solo formalmente cosi' strutturata. Avere aggirato questa specifica previsione costituzionale, connessa a principi fondamentali della forma di governo parlamentare e degli Stati democratici di diritto, vizia irrimediabilmente la legge impugnata nella sua interezza, e comunque, in particolare, per quanto qui interessa, in riferimento all'art. 2, commi da 166 a 174. 3. - Violazione degli artt. 3, 11, 41, 97, 117 e 118 della Costituzione. L'art. 2, commi 166, 167 e 169, della legge impugnata ripete testualmente quanto gia' previsto dal decreto-legge n. 542 del 1996, convertito (senza modificazioni per questo aspetto) dalla legge n. 649 del 1996. Si devono, di conseguenza, ripetere le censure gia' prospettate nel ricorso avverso tale legge, notificato il 20 gennaio 1997. Si deve, in primo luogo, rilevare che i commi 166, 167 e 169 dell'art. 2 della legge impugnata utilizzano nuovamente, come gia' accadde per altri precedenti interventi, la "tecnica" della previsione di effetti retroattivi delle nuove disposizioni introdotte nella materia della produzione lattiera. Tanto, infatti, e' gia' avvenuto con i decreti-legge nn. 124, 260, 353, 440 e 542 del 1996 (quest'ultimo ora convertito in legge n. 649 del 1996), che hanno completamente stravolto la disciplina dei bollettini cui i produttori debbono fare riferimento per dimensionare la propria attivita', incidendo su una campagna di produzione del latte gia' conclusa. Tali illegittimi interventi retroattivi sono stati gia' censurati dalla ricorrente innanzi a codesta ecc.ma Corte costituzionale, che deve tuttora pronunziarsi sui relativi ricorsi. Con l'art. 2 commi 166, 167 e 169 della legge n. 662 del 1996 si e' inciso, un'altra volta, su una campagna di produzione del latte gia' conclusa. Oggi come allora, dunque, valgono i seguenti rilievi: a) L'applicazione della procedura di compensazione prevista dall'art. 5, commi 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 26 novembre 1992, n. 468 viene fatta cessare "con effetto dal periodo 1995-1996 di regolamentazione della produzione lattiera" (art. 2, comma 166, della legge n. 662 del 1996). Poiche' la campagna di produzione lattiera, pero', va dal 1 aprile al 31 marzo, e' evidente che la nuova normativa e' non gia' parzialmente, ma totalmente retroattiva. b) In questo modo si determina una pluralita' di violazioni delle menzionate previsioni costituzionali. Anzitutto, viene violato, in una con gli artt. 117 e 118 della Costituzione (che definiscono l'ambito di attribuzioni delle Regioni) e con l'art. 41 (che impone il controllo e l'indirizzo della produzione privata a fini sociali), l'art. 11 Cost., atteso che la ricordata scansione temporale delle campagne di produzione del latte e' fissata dal Regolamento CEE n. 804/68. Disciplinare retroattivamente, a campagna da tempo conclusa, le posizioni individuali dei singoli produttori significa violare la lettera e lo spirito della normativa comunitaria. Questa, infatti, prevedendo una data periodizzazione delle campagne di produzione del latte, intende far si' che si realizzi una gestione corretta e programmata della produzione lattiera medesima, che deve essere calibrata proprio su detta periodizzazione. Sconvolgimenti a posteriori della disciplina di settore come quello determinato dalle disposizioni impugnate sono dunque radicalmente contrari alla normativa comunitaria (e conseguentemente all'ordine costituzionale dei rapporti fra Stato e regioni, che quella normativa contribuisce a definire). E' proprio allo scopo di assicurare quella corretta e programmata gestione, del resto, che la legge n. 468/1992 aveva previsto in via generale un articolato sistema di compensazione, che ora viene travolto e stravolto dalle disposizioni impugnate; c) Si prevede addirittura che "non hanno effetto" gli "adempimenti gia' svolti" ai sensi della legge n. 468 del 1992, determinando cosi' il travolgimento di tutti gli atti volti a far valere il regime ordinario della compensazione. d) I versamenti e le restituzioni delle somme trattenute dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare sono rinviati a dopo la compensazione nazionale da parte dell'AIMA, pretermettendosi cosi' del tutto il livello regionale; e) Si prevede, infine, che nel caso la restituzione delle somme ai produttori sia gia' intervenuta, gli acquirenti debbano procedere a nuove trattenute, anche qui arrecando illegittimo e retroattivo pregiudizio alla coerenza del governo regionale del settore. Sotto tutti i profili di cui sopra, violati, dunque, sono, in una con l'art. 41, gli artt. 5, 117 e 118 della Costituzione, perche' le Regioni - cui pure, codesta ecc.ma Corte costituzionale ha riconosciuto un ruolo preminente in questo settore, sono totalmente spossessate delle loro attribuzioni programmatorie, in seguito all'applicazione radicalmente retroattiva della nuova disciplina. Si badi: questa esigenza di non disporre, in materie come quella che ne occupa, con effetto retroattivo e' gia' stata espressamente affermata dalla Corte di giustizia delle Comunita' europee, la quale, in riferimento alla disciplina (italiana) delle quote di produzione dello zucchero, ha ricordato (sent. 11 agosto 1995, Causa C-1/1994, Cavarzere produzioni industriali s.p.a.) che il principio della certezza del diritto esige che agli operatori dei settori produttivi sia dato un congruo termine per programmare la loro attivita'. Nella fattispecie, poiche' la campagna di commercializzazione dello zucchero inizia il 1 luglio di ciascun anno, la normativa comunitaria prevede che i produttori debbano conoscere le proprie quote entro il 1 marzo. Di conseguenza l'esercizio di un "potere di manovra" sulle quote da parte degli Stati non e' ammesso dopo tale data. Il principio in questione, anzi, e' cosi' assorbente, che - addirittura - qualora un regolamento comunitario di modifica della normativa di settore sia stato adottato in data successiva al 1 marzo, gli Stati non possono, sulla base di esso, esercitare alcun potere di manovra sulle quote in riferimento alla campagna di commercializzazione iniziante il 1 luglio, ma debbono attendere quella successiva. Ben peggio e' successo nel caso che ne occupa, e ben piu' evidente - di conseguenza - e' la violazione della normativa comunitaria e dell'art. 11 Cost. L'illegittimita' delle previsioni retroattive di cui all'art. 2, commi 166, 167 e 169, ora censurate, vizia anche il successivo comma 170, esso pure retroattivo. Con l'ulteriore aggravante che, qui, lo spossessamento delle prerogative regionali e' addirittura dichiarato, atteso che le Regioni sono mere destinatarie degli elenchi redatti (senza alcuna partecipazione regionale e senza alcun rispetto delle competenze regionali in materia di agricoltura, nonche' del principio di leale collaborazione) dall'AIMA, a seguito della compensazione nazionale che all'AIMA stessa e' riservata. 4. - Violazione degli artt. 3, 97, 11, 41, 117 e 118 della Costituzione. I commi 167, 168 e 170 dell'art. 2 della legge impugnata fanno riferimento alla "compensazione nazionale" da parte dell'AIMA, come se la sua effettuazione fosse indefettibile. Si deve pero' ricordare che l'art. 3 del decreto-legge n. 552 del 1996, anche per come ora convertito in legge n. 642/1996, contempla, al terzo comma, limitatamente alla stagione 1995-1996 gia' conclusa, il versamento del prelievo supplementare dovuto, sulla base di elenchi redatti dall'AIMA a seguito della compensazione nazionale. Parallelamente, l'art. 3, comma 1, sostituendo l'art. 5, comma 12, della legge n. 468/1992, prevede che "qualora si determinino le condizioni per l'applicazione della compensazione nazionale", essa e' disposta dall'AIMA. Non e' dato comprendere cosa il caotico e contraddittorio, piu' ancora che rapsodico, legislatore nazionale abbia cosi' voluto significare. La lettera delle disposizioni del decreto-legge n. 552 del 1996 sembrerebbe mostrare che egli abbia inteso che, cosi' come era previsto dalla legge n. 468/1992, la compensazione nazionale sia meramente eventuale: tale compensazione e' infatti destinata a compiersi solo "qualora" se ne determinino le "condizioni". Che si e' inteso dunque fare? Si e' voluto abrogare cio' che si era con altra legge quasi contemporaneamente prevista? Ci si e' ricreduti? Ci si e' semplicemente "dimenticati" di cio' che contemporaneamente si stava facendo? In realta', si e' creata una enorme confusione, in violazione dei principi costituzionali di efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, determinando l'impossibilita' per gli enti di governo del settore - in primis per le Regioni - di agire sulla base di un quadro normativo chiaro. In ogni caso, se - come pare, si e' voluto riservare la compensazione al solo livello nazionale, la soppressione del livello provinciale di compensazione, non sostituito da alcuna istanza regionale, non solo opera l'ennesimo by-pass del governo regionale, ma reca ancor piu' grave pregiudizio agli interessi degli agricoltori della Regione ricorrente - piu' si innalza infatti, il livello della compensazione, meno e' probabile che le eccedenze locali possano trovare aggiustamento e compensazione senza danno per la produzione complessiva a livello provinciale e regionale - e, in modo non indiretto ne' riflesso ma (come rilevo' gia' la sentenza n. 520 del 1995) immediato, all'interesse stesso della Regione ricorrente ad esercitare le proprie potesta' programmatorie del settore. Si rifletta invece su come sarebbe piu' semplice e snello il procedimento di compensazione se esso fosse affidato alle regioni, come livello di programmazione e come Enti. Ciascuna opererebbe per proprio conto e dovrebbe garantire risultati che in sede nazionale avrebbero al massimo bisogno di essere coordinati, il che basterebbe per rispettare le previsioni comunitarie. Si badi: imboccare tale strada non sarebbe meramente opportuno o conveniente (cio' che puo' non rilevare nel giudizio di costituzionalita'), ma e' costituzionalmente necessario, per porre rimedio ad una situazione ormai paradossale, che vede interventi normativi del Governo, adottati a fini correttivi, determinare illegittimita' ed incoerenze ancor piu' gravi e palesi di quelle pregresse, cui si sarebbe voluto, nelle intenzioni, rimediare. Tornando all'alternativa prima prospettata: se si fosse inteso, qui, tornare invece alla disciplina previgente, confermando cioe' un doppio livello di compensazione, nel quale a quello sulla base provinciale gestito dalle APL si affianca, o piuttosto si sovrappone, quello nazionale, deve dirsi che i guasti prodotti dalle quote e dai loro meccanismi attuativi, a seguito della legge n. 46/1995, verrebbero aggravati. I produttori lombardi, infatti, gia' penalizzati dal legislatore nazionale per le modalita' di riparto dei tagli della produzione giudicate proceduralmente scorrette da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 520/1995, si ritroverebbero in una condizione di molto minore (se non inesistente) probabilita', rispetto a quelli di altre Regioni avvantaggiate o meno penalizzate, di operare una pur limitata compensazione relativa alla quota B (ridotta a seguito della legge n. 46/1995), a vantaggio di altre regioni in cui, pur avendo i relativi produttori superato, spesso di gran lunga, la somma delle quote A e B senza subire peraltro alcuna riduzione per effetto della legge n. 46/1995, i margini di compensazione sono molto piu' elevati. Col risultato che la irragionevole disparita' di trattamento tra Regioni e tra singoli produttori si aggraverebbe: la casuale appartenenza alla associazione di una zona produttiva ha effetti sulla compensazione, a prescindere da ogni ragionevole correlazione con l'effettiva differenza, su base individuale e/o regionale, tra quota assegnata in base alle norme comunitarie e eccedenza prodotta. Con il che, identici comportamenti produttivi degli operatori e comportamenti amministrativi delle Regioni (all'atto della approvazione di piani in aumento) sono trattati diversamente in modo casuale o addirittura penalizzante. Di qui, oltre che la violazione degli artt. 3 e 97, la lesione dei principi del diritto comunitario e della sfera di competenze legislative e amministrative regionali. Si aggiunga che, anche sotto questo profilo, la retroattivita' di una disciplina che interviene ad anno di riferimento concluso ha effetti abnormi e aggrava la gia' latente irragionevolezza. 5. - Violazione degli artt. 3, 24 e 113 della Costituzione, in riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione. Come gia' rilevato nel ricorso avverso la legge n. 642 del 1996, l'eliminazione dell'autocertificazione prevista dall'art. 2-bis del decreto-legge n. 727 del 1994, eliminazione che viene ora ribadita dall'art. 2, comma 171, della legge impugnata, ha prodotto gravi conseguenze sul piano del regime processuale dei ricorsi avverso i bollettini dell'AIMA. Infatti, l'eliminazione della autocertificazione prevista dall'art. 2-bis della legge n. 46/1995 (comma 171 dell'art. 2) esclude che la proposizione del ricorso in opposizione possa consentire pur provvisoriamente la percezione da parte dei produttori del compenso corrisposto dagli acquirenti pur con riferimento - si badi - alla campagna gia' conclusa, sicche' chi vanta crediti per consegne operate legittimamente in tempi in cui la disciplina retroattiva sfavorevole non era vigente non ha alcuna speranza di riscuoterli, nonostante la proposizione del rimedio amministrativo. Le gravi disfunzioni processuali sopra sommariamente descritte non potranno non trasformarsi in elementi di ulteriore lesivita' per le Regioni; queste ultime, gia' private ancora una volta di qualunque potere di intervento, pur solo consultivo, sui tagli da operare, dovranno cosi' subire anche l'onta della impossibilita' virtuale di governare sul piano progammatorio un comparto della politica agraria che non potra' non venire percorso da un contenzioso capillare, diffuso e squassante. 6. - Violazione degli artt. 41, 117 e 118 della Costituzione. L'art. 2, comma 173, della legge impugnata detta nuove disposizioni in materia di vendita e di affitto delle quote latte. In tali previsioni le Regioni sono ridotte al ruolo di mere "passacarte", atteso che tutto il procedimento relativo alle vendite e agli affitti sfugge, completamente al loro controllo, fatta eccezione per il semplice riscontro sull'intervenuta (o meno) utilizzazione (da parte del cedente) della quota ceduta. In tal modo, pero', qualunque capacita' di governo del settore, in armonia con i valori di cui all'art. 41 Cost., viene totalmente cancellata, in violazione degli indicati parametri costituzionali. Come ha affermato codesta ecc.ma Corte, alla Regione non puo' riservar si, in materia di agricoltura, "un'attivita' meramente notarile". Tanto, invece, e' quanto e' avvenuto in questo caso. Per le stesse ragioni deve ritenersi illegittimo il successivo comma 174 (ancorche', nel merito, possa condividersene il contenuto), per la totale eliminazione di qualunque discrezionalita' delle Regioni in ordine alla definizione delle conseguenze degli acquisti di quote, non foss'altro all'interno della Regione di produzione.
P. Q. M. Si chiede che la ecc.ma Corte voglia, in accoglimento del presente ricorso, dichiarare l'illegittimita' costituzionale della legge 23 dicembre 1996, n. 662, "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica", con riguardo ai commi 166, 167, 168, 169, 170, 171, 172, 173 e 174 dell'art. 2. Milano-Roma, addi' 23 gennaio 1997 Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani 97C0122