N. 54 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 novembre 1996
N. 54 Ordinanza emessa il 25 novembre 1996 dal pretore di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche nel procedimento civile vertente tra Sgrilli Meri e il prefetto della provincia di Macerata Circolazione stradale - Circolazione di ciclomotori - Disciplina - Ciclomotore non rispondente alle caratteristiche e prescrizioni stabilite o che sviluppi una velocita' superiore a quella prevista - Applicabilita' di sanzione amministrativa pecuniaria e di confisca obbligatoria del ciclomotore, quale sanzione amministrativa accessoria Irragionevolezza - Disparita' di trattamento in relazione alla appartenenza o meno del veicolo al trasgressore nonche' in relazione al trattamento sanzionatorio fissato in casi simili - Riferimento alle sentenze della Corte nn. 110/1996, 259/1976 e 229/1974. (D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 385 (recte: n. 285), art. 97, n. 14). (Cost., art. 3).(GU n.9 del 26-2-1997 )
IL VICE PRETORE Letti gli atti del giudizio n. 4017/96 registro generale, promosso da Sgrilli Meri contro il prefetto della provincia di Macerata; O s s e r v a In data 1 agosto 1996 agenti della sezione polizia stradale di Macerata hanno contestato a Sgrilli Meri l'infrazione di cui all'art. 97 n. 6 del Codice della strada, per aver circolato in Civitanova Marche con il ciclomotore telaio n. 3006613 tg. 5YRK3 che sviluppava una velocita' superiore a quella prevista dall'art. 52, e disposto il seguestro del veicolo. Con istanza del 20 agosto 1996 la medesima Sgrilli Meri ha chiesto al prefetto della provincia di Macerata l'annullamento del verbale di contestazioine n. 267497M della polizia stradale, l'archiviazione degli atti e la restituzione del ciclomotore. Con provvedimento emesso il 2 settembre 1996, notificato il 12 s.m., il prefetto ha respinto la richiesta di dissequestro. Con ricorso depositato in data 2 ottobre 1996 Sgrilli Meri, deducendo l'assoluta mancanza di responsabilita' per i fatti contestati e l'illegittimita' del sequestro ha proposto opposizione ai sensi dell'art. 22 della legge n. 689/81, chiedendo l'annullamento del provvedimento con il quale le era stata contestata la violazione, e, in via provvisoria, in attesa della definizione del giudizio, il dissequestro del ciclomotore. Ritiene il giudicante di dover sottoporre, di ufficio, allo scrutinio di costituzionalita', l'art. 97 n. 14 del d.lgv. 30 aprile 1992 n. 385, per violazione del canone costituzionale della ragionevolezza, sotto i profili che seguono. La questione e' rilevante poiche', in seguito all'accertamento della sua fondatezza, in caso di rigetto dell'opposizione si potrebbe pervenire alla non applicazione della confisca obbligatoria, che altrimenti dovrebbe essere dichiarata in sentenza. Dispone il comma 6 della norma citata che "chiunque circola con un ciclomotore non rispondente ad una o piu' delle caratteristiche o prescrizioni indicate nell'art. 52 o nel certificato di idoneita' tecnica, ovvero che sviluppi una velocita' superiore a quella prevista dallo stesso art. 52, e' soggetto a sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinquantamila a lire duecentomila". Il comma 14 del medesimo art. 97 stabilisce che "alle violazioni previste dai commi 5 e 6 consegue la sanzione amministrativa della confisca del ciclomotore, secondo le norme di cui al capo I sezione II del titolo VI". La confisca, quindi e' sanzione amministrativa accessoria obbligatoria e consegue ad un illecito per il quale e' prevista una sanzione amministrativa pecuniaria; e' preceduta dal sequestro, a titolo cautelativo e di ufficio, da parte degli agenti accertatori; diventa definitiva nei casi previsti dall'art. 213 n. 5 prima parte e allorche' il sequestro viene confermato con la sentenza che definisce il giudizio di opposizione. In tali casi, "il prezzo di vendita serve alla soddisfazione della sanzione pecuniaria, se questa non e' stata soddisfatta, nonche' delle spese di trasporto e di custodia del veicolo. Il residuo eventuale e' restituito all'avente diritto". Il principio di eguaglianza, di cui all'art. 3 primo comma Cost. impone tuttavia che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali. Pertanto le sanzioni, anche se astrattamente idonee a raggiungere finalita' di prevenzione, ove producano danni all'individuo ed alla societa' sproporzionatamente maggiori dei vantaggi che si vuole ottenere con la tutela dei beni e dei valori offesi, violano il limite della ragionevolezza in relazione alla manifesta mancanza di proporzionalita' rispetto all'illecito. Il giudizio sulla irragionevolezza nei limiti di cui si e' detto, trova, a parere del giudicante, una significativa conferma nella sentenza della Corte cost. n. 110 del 12 aprile 1996, che ricollegando la ratio decidendi ad altre ipotesi di confisca risultate oggettivamente ingiuste e irrazionali (sentenza n. 259 del 1976 e n. 229 del 1974) ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 134 comma 2 del C.d.S. Anche nell'ipotesi di violazione del precetto di cui all'art. 97 n. 6 la misura sanzionatoria della confisca di cui al comma 14 - pur avendo natura afflittiva - costituisce una risposta manifestamente sproporzionata rispetto alla sanzione pecuniaria principale che prevede il pagamento di una somma da lire cinquantaquattromila a lire duecentomila. Tanto piu che, ai sensi dell'art. 213 n. 5, il ricavato della vendita coattiva e' destinato a recuperare il modesto importo della sanzione principale (che nelle more potrebbe anche essere stata soddisfatta dal trasgressore), delle spese di trasporto e di custodia (queste ultime sicuramente superiori al valore del veicolo stante i tempi del giudizio di opposizione), mentre l'interessato avrebbe diritto, se mai, all'eventuale residuo. La rigidita' di questo unicum, delineato nel sistema sanzionatorio del Codice della strada, senza eccezione alcuna, non tiene conto delle diverse situazioni di fatto prospettabili all'autorita' amministrativa competente, anche quando il trasgressore possa ottenere il ripristino delle originarie caratteristiche tecniche del veicolo, e quindi in tal caso sia possibile da parte degli Uffici della Motorizzazione civile, senza alcuna valutazione discrezionale, la positiva verifica dei requisiti di idoneita' dello stesso alla circolazione. Tanto piu' che proprio il comma 6 dell'art. 213 stabilisce che la sanzione obbligatoria della confisca non si applica se il veicolo appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa quando "l'uso puo' essere consentito mediante autorizzazione amministrativa". Il che rende ancora piu' evidente la sproporzione della sanzione accessoria nei confronti del trasgressore proprietario, rispetto alla sanzione applicata per la medesima violazione a chi non e' proprietario. In buona sostanza, mentre il trasgressore non proprietario (che al pari del proprietario potrebbe avere la disponibilita' del bene, ad esempio a titolo di usufrutto, comodato o locazione), e' punito con la sola sanzione pecuniaria, al contrario il trasgressore proprietario del veicolo, solo per tale suo diritto reale sul bene, viene punito con una sanzione di gran lunga piu afflittiva senza alcuna giustificazione. A quanto detto finora si puo' aggiungere che la manifesta irragionevolezza della norma impugnata emerge anche dal raffronto con il trattamento sanzionatorio previsto in casi simili a quello di specie: l'art. 98 n. 4 dispone infatti che la confisca, si applichi solo se le violazioni superino il numero di tre; l'art. 99 n. 5 prevede la confisca solo dopo la terza violazione; l'art. 193 per la circolazione di veicolo non assicurato condiziona la confisca all'omesso pagamento della rata di premio, oltre la sanzione pecuniaria della meta' del massimo e delle spese di custodia durante il sequestro. Anche in tali casi si tratta di sanzioni che riguardano il veicolo con il quale si e' commessa l'infrazione e che tendono ad evitare che quel veicolo continui a circolare: ciononostante, pur essendo identico il bene protetto, il trattamento sanzionatorio riservato alla ipotesi di cui all'art. 97 nn. 6-14 viene modulato in maniera sostanzialmente e irragionevolmente difforme.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1957 n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 97 n. 14 del d.lgs. 30 aprile 1992 n. 385 in riferimento all'art. 3, comma 1, della Costituzione; Sospende il giudizio in corso; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e ordina che, a cura della cancelleria, l'ordinanza di trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle parti in causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Civitanova Marche, addi' 25 novembre 1996 Il vice pretore: Gattafoni 97C0126