N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 dicembre 1996

                                 N. 81
  Ordinanza emessa il 5  dicembre 1996  dal  tribunale  di  Milano  ne
 procedimento  civile  vertente tra Piseroni Giampiero e il fallimento
 Oldin s.p.a.
 Privilegio - Privilegio generale sui mobili - Riconoscimento a favore
    del prestatore di  lavoro  autonomo  (non  intellettuale)  per  il
    credito  derivante  dall'opera  o  dal servizio prestato - Mancata
    previsione - Disparita' di trattamento rispetto al  prestatore  di
    lavoro  autonomo  intellettuale  - Lesione del diritto alla tutela
    del lavoro - Riferimento alla sentenza della Corte n. 40/1996.
 (C.C., art. 2751-bis, n. 2).
 (Cost., artt. 3 e 35).
(GU n.10 del 5-3-1997 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nella causa civile promossa
 con ricorso notificato in data 6 giugno 1995 dall'aiutante  ufficiale
 giudiziario  dell'Ufficio  unico notifiche Corte d'appello di Milano,
 casua chiamata  alla  udienza  collegiale  del  5  dicembre  1996  da
 Piseroni   Giampiero,   rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Antonino
 Scarvaci di Monza e Fabio Vimercati di Milano, coma da  mandato  alle
 liti a margine del ricorso, con domicilio eletto presso lo studio del
 secondo, ricorrente, contro il fallimento Oldin s.p.a. in persona del
 curatore dott. Antonio Navassa, contumace, convenuto.
                     Sullo svolgimento del processo
   Con  ricorso  notificato  in data 6 giugno 1995, Piseroni Giampiero
 interponeva opposizione ex art. 98 l.f. avverso il provvedimento  con
 il  quale  il  giudice delegato del fallimento Oldin s.p.a. gli aveva
 negato l'ammissione in via privilegiata del proprio credito  (ammesso
 solo  al  chirografo)  vantato  a  titolo di compensi per prestazioni
 professionali, sul presupposto della mancata prova dell'esistenza  di
 un    rapporto    inquadrabile    come    prestazione   professionale
 intellettuale.
   A  sostegno  dell'opposizione,  il  ricorrente  deduceva  di   aver
 lavorato  per la Oldin, come dipendente sino al 1993 con la qualifica
 di direttore commerciale e di aver poi svolto  le  medesime  mansioni
 una  volta  dimessosi.    Precisava  di essere occupato "preparazione
 delle offerte" e di  "promozione  commerciale"  attivita'  certamente
 intellettuale ancorche' non "protetta".
   Chiedeva quindi l'ammissione del credito al privilegio.
   Non si costituita in giudizio il curatore, ed il g.i. ne dichiarava
 la contumacia.
   Il  corso  del giudizio veniva scandito secondo le fasi processuali
 di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c. novellati  e  dopo  l'espletamento
 delle prove orali, la causa veniva assegnata in decisione all'udienza
 di precisazione delle conclusioni come in epigrafe trascritte.
                       Sui motivi della decisione
   L'odierno  giudizio  verte  esclusivamente  sull'accertamento della
 natura del rapporto di lavoro svolto dal sig.  Piseroni  Giampiero  a
 favore della soc. Oldin s.p.a.
   Il Collegio ritiene che l'attivita' svolta dall'opponente non possa
 essere qualificata intellettuale alla stregua del parametro normativo
 di cui all'art. 2751-bis n. 2 c.c. in quanto l'attivita' svolta aveva
 ad   oggetto   prestazioni   nell'ambito   del   settore  commerciale
 dell'impresa  fallita  e  si  presentava  come  attivita'  di  natura
 gestoria.  E'  ben  vero  che la causa di prelazione attribuita dalla
 norma dianzi citata al lavoro intellettuale  non  distingue  il  caso
 della  professione protetta da quello della professione non protetta,
 ma nell'ipotesi di causa la "preparazione di offerte commerciali" non
 sembra costituire esercizio di attivita' intellettuale.
   Fatta questa premessa, il tribunale non ritiene di pervenire ad una
 pronuncia di rigetto della pretesa azionata  (cioe'  la  collocazione
 preferenziali  del  credito)  in  quanto deve porsi il problema della
 interpretazione dell'art. 2751-bis  n.  2  c.c.  con  riferimento  al
 lavoro non intellettuale.
   Questo  stesso  tribunale  con ordinanza 16 febbraio 1995 (Gazzetta
 Ufficiale, 1 s.s., n. 25  del  1995)  aveva  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 2751-bis n. 5
 c.c.   in  relazione  agli  artt.  3  e  35  della  Costituzione  sul
 presupposto della mancata previsione della attribuzione  della  causa
 di   prelazione   al  lavoratore  autonomo  nn  artigiano.  La  Corte
 costituzionale, con sentenza 23 febbraio 1996, n. 40 (Foro it., 1996,
 I, 1528), ha dichiarato inammissibile la questione lasciando peraltro
 aperto il varco ad  una  riconsiderazione  della  problematica  sotto
 altro e diverso versante.
   Il  Collegio,  preso atto della decisione assunta dal giudice delle
 leggi,  ritiene  di  dover  sottoporre  nuovamente   al   vaglio   di
 legittimita'  costituzionale  la disposizione dell'art. 2751-bis n. 2
 c.c., laddove non prevede che  la  causa  attributiva  di  prelazione
 generale  sui  mobili  spetti a qualsiasi prestatore d'opera sia esso
 intellettuale o non intellettuale.
   Sulla prestazione  di  lavoro  autonomo  e  sui  privilegi  di  cui
 all'art.    2751-bis  c.c.  e  sulla non manifesta infondatezza della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2751-bis n. 2 c.c.
   Scorrendo l'elenco delle cause  di  prelazione  ci  si  avvede  che
 nessuna  disposizione  tutela, sotto il profilo del riconoscimento di
 un privilegiato, il lavoro autonomo.
   Vi e' una norma, l'art. 2751-bis c.c. che  contempla  le  cause  di
 prelazione   che  attengono  ad  obbligazioni  sorte  nell'ambito  di
 prestazioni di  natura  esplicitamente  o  latamente  lavorativa,  ma
 nessuna di queste previsioni comprende il lavoro autonomo.
   E'  noto  che  in  materia  di  privilegi si ritiene applicabile il
 principio del divieto dell'interpretazione analogica sul  presupposto
 della  natura  eccezionale  della  normativa  che prevede le cause di
 prelazione rispetto al principio della par condicio creditorum.
   Questo indirizzo trova conferma in vari pronunciamenti delle  corti
 di  merito  e  di  legittimita'  (fra le piu' recenti, Cass. 30 marzo
 1992, n. 3878; Cass. 27 febbraio 1990, n. 1510).
   Resta  quindi  all'interprete  solo  la   facolta'   di   far   uso
 dell'interpretazione estensiva che, peraltro, in questa materia e' di
 difficile configurazione attesa la analiticita' della legislazione.
   Se  si pone attenzione alla norma di cui all'art. 2751-bis c.c.  e'
 intuitivo che una operazione ermeneutica di questo tipo  non  conduce
 ad alcun risultato.
   Infatti  il  lavoratore  autonomo, per la definizione che ne da' il
 codice, non e' un lavoratore subordinato e ad esso  non  puo'  essere
 assimilato  (l'art.  2222 c.c. dispone espressamente che l'opera o il
 servizio vengono svolti "... senza vincolo di  subordinazione");  non
 e'  un  professionista in quanto per l'espletamento della prestazione
 non e' prevista l'iscrizione in albi o elenchi appositi, ne'  l'opera
 prestata  ha  natura  intellettuale;  non  e'  un  agente  in  quanto
 l'attivita' che svolge non si realizza con la promozione di contratti
 per conto del preponente (art. 1742  c.c.);  non  e'  un  coltivatore
 diretto   in   quanto  presta  la  propria  opera  al  di  fuori  del
 collegamento con un fondo agricolo; non e' un imprenditore  artigiano
 (e  tanto  meno  una cooperativa) in quanto svolge la propria opera o
 servizio con lavoro prevalentemente proprio, e senza quella dotazione
 di mezzi tipica dell'impreditore.
   La  griglia  della  norma  di  cui  all'art. 2751-bis c.c. presenta
 quindi maglie non sufficientemente serrate per comprendere tutti quei
 soggetti che maturano un credito nell'esplicazione di  una  attivita'
 direttamente o latamente lavorativa.
   Esiste,  quindi, una zona grigia nel mondo del lavoro che non viene
 tutelata adeguatamente nel caso di insolvenza del committente.
   V'e' da chiedersi  allora  se  tale  differente  trattamento  possa
 essere  giustificato,  ovvero se la disparita' di disciplina sia tale
 da  provocare  il  sospetto   della   illegittimita'   costituzionale
 dell'art. 2751-bis c.c.
   Ad  avviso del Collegio non e' irragionevole che il lavoro autonomo
 sia trattato meno favorevolmente del lavoro subordinato, quanto  meno
 per il fatto che nel secondo caso il dipendente e' soggetto al potere
 di   supremazia   del   datore  di  lavoro,  e'  soggetto  al  potere
 disciplinare, e' esposto al rischio  dell'insolvenza  del  datore  di
 lavoro  con  connotazioni  di  maggior  gravita'  in quanto di regola
 esplica quell'attivita' in via esclusiva  (si'  che  se  fallisce  il
 datore di lavoro, il dipendente non puo' immediatamente procurarsi le
 fonti  di  sostentamento  se  non cercando una nuova collocazione sul
 mercato).
   La disparita' di trattamento, volta che il giudice delle  leggi  ha
 ritenuto  non  ammissibile  il  confronto  con  il n. 5 della cennata
 disposizione, si palesa irragionevole, allora, se il confronto  viene
 proposto  con  il  lavoratore  autonomo che presta un'opera di natura
 intellettuale.
   Infatti se la piu' favorevole tutela  di  cui  gode  il  prestatore
 d'opera  intellettuale  potrebbe essere giustificata per il fatto che
 per talune attivita' l'esercizio  e'  subordinato  all'iscrizione  in
 appositi   albi  o  elenchi  per  i  quali  vi  sono  regole  che  ne
 disciplinano l'accesso, per le attivita' intellettuali  non  protette
 la   giustificazione   della  particolare  tutela  appare  fortemente
 discutibile e frutto di retaggi storici inattuali.
   Il diverso regime protettivo appare irragionevole dal  momento  che
 si  accorda  una  tutela piu' ampia al credito del prestatore d'opera
 intellettuale piuttosto che al prestatore d'opera  non  intellettuale
 quando  una  siffatta  distinzione,  trasposta nell'ambito del lavoro
 subordinato e' del tutto assente. Se vi fosse davvero una  prevalenza
 del lavoro intellettuale su quello non intellettuale tale circostanza
 dovrebbe  logicamente emergere gia' all'interno dell'art. 2751-bis n.
 1 c.c. cosa che invece non accade.
   Ne' si puo' convenire con la Corte  laddove  si  e'  affermato  che
 grosso  modo  tutta  l'attivita' di lavoro autonomo non intellettuale
 potrebbe essere ricompresa nell'alveo del n. 5), posto  che  definire
 artigiano   o   imprenditore  il  pony  express,  le  modelle  o  gli
 accompagnatori  turistici  sembra  cozzare  con   il   senso   comune
 dell'espressione "artigiano" prima ancora che la nozione giuridica.
   La  lacuna normativa non puo' essere superata in via interpretativa
 sia perche' non sempre e' possibile qualificare  con  qualche  sforzo
 intellettuale  l'attivita'  del  prestatore d'opera (si pensi al caso
 della  modella)  sia  perche'  neppure  si  puo'  percorrere  la  via
 dell'ampliamento  della nozione di subordinazione (si pensi ancora al
 caso della modella che rappresenta  una  fattispecie  emblematica  di
 lavoro non dipendente).
   Giova  allora  ricordare  che  non  si  tratta qui di richiedere al
 giudici delle leggi  la  creazione  di  un  nuovo  privilegio  ma  di
 affermare  l'irragionevolezza  dell'assetto  normativo per la mancata
 previsione  della  causa  di  prelazione  al  lavoro  autonomo  senza
 distinzione   alcuna   fra   lavoro   intellettuale   e   lavoro  non
 intellettuale.
   D'altra parte la fonte  primaria  tutela  proprio  (art.  35  della
 Costituzione)  "il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni". Che
 la norma sia posta a tutela anche del lavoro  autonomo  e'  stato  in
 passato   affermato   proprio   dal   giudice   delle   leggi  (Corte
 costituzionale 26 luglio 1988, n. 880; Corte costituzionale 27 giugno
 1984, n. 180).
   Il tribunale ritiene, quindi, che sia non manifestamente  infondata
 la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2751-bis n.  2)
 c.c.   nella   parte  in  cui  non  prevede  che  il  privilegio  sia
 riconosciuto a tutti i lavoratori autonomi  per  i  crediti  nascenti
 dall'opera o dai servizi prestati.
   I  parametri  costituzionali  di  confronto  sono quindi l'art. 3 e
 l'art. 35 della Costituzione.
   Sulla rilevanza della questione.
   Che cosi' impostata la questione di costituzionalita' sia rilevante
 ai fini di decidere l'odierna controversia e' agevole  desumerlo  dal
 fatto   che  nella  qualificazione  del  rapporto  lavorativo  svolto
 dall'opponente  sono  state  escluse  le  altre   figure   ricomprese
 nell'art. 2751-bis c.c.
   In  buona  sostanza, ove l'eccezione venisse disattesa dalla Corte,
 all'opponente non resterebbe che  la  collocazione  del  credito  nel
 passivo  chirografario,  ove  invece  venisse  accolta,  competerebbe
 l'ammissione al passivo privilegiato.
   Sussistono, pertanto, le  condizioni  per  sospendere  il  presente
 giudizio  in  attesa  della  pronuncia della Corte costituzionale cui
 vanno rimessi gli atti ai sensi dell'art. 23 della legge  n.  87  del
 1953.
                               P. Q. M.
   Dichiara  rilevante  e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale di cui all'art. 2751-bis n. 2)  del  c.c.
 in  relazione all'art. 3 e all'art. 35 della Costituzione nella parte
 in cui non prevede che "il privilegio spetti anche al  prestatore  di
 lavoro   autonomo   (non   intellettuale)  per  il  credito  derivate
 dall'opera o dal servizio prestato";
   Sospende il presente  giudizio  sino  alla  decisione  della  Corte
 costituzionale;
   Dispone  la  trasmissione  degli  atti alla cancelleria della Corte
 costituzionale e ordina che la presente ordinanza sia notificata alle
 parti  e  alla  Presidenza  del  Consiglio,  nonche'  comunicata   ai
 Presidenti del Senato e della Camera dei deputati.
   Cosi' deciso in camera di consiglio il 5 dicembre 1996.
                      Il presidente: Paluchowski
                                              Il giudice est.: Fabiani
 97C0193