N. 103 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 novembre 1996
N. 103 Ordinanza emessa l'8 novembre 1996 dal tribunale amministrativo regionale della Calabria sul ricorso proposto da Fulgenzi Giovanni contro il Ministero di grazia e giustizia Impiego pubblico - Arruolamento nel Corpo di polizia penitenziaria - Requisiti - Qualifica non inferiore a "buono" durante il servizio militare - Conseguente diniego di arruolamento di soggetto risultato idoneo alle prove psico-attitudinali ma valutato "insufficiente" al servizio di leva - Ingiustificato deteriore trattamento degli agenti di polizia penitenziaria rispetto ad altre categorie di soggetti - Incidenza sul diritto al lavoro e sul principio di uguaglianza nell'accesso ai pubblici impieghi. (D.Lg.Lgt. 21 agosto 1945, n. 508, art. 4, n. 8; legge 18 febbraio 1963, n. 173, art. 126; legge 15 dicembre 1990, n. 395, art. 29, comma 2; d.-l. 29 gennaio 1992, n. 36, art. 1, comma 3, convertito in legge 29 febbraio 1992, n. 213; d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, art. 17, comma 2, convertito in legge 7 agosto 1992, n. 356). (Cost., artt. 3, 4, primo comma, e 52, secondo comma).(GU n.12 del 19-3-1997 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 386 del 1993, proposto da Fulgenzi Giovanni, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Spadafora, e successivamente, in seguito al decesso di questi, dagli avv.ti Francesco Scalzi e Raffaele de' Salvia, ed elettivamente domiciliato nello studio dell'originario difensore in Catanzaro, alla via XX settembre, n. 63; contro il Ministero di grazia e giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Catanzaro presso la cui sede in via Gioacchino da Fiore, domicilia per legge; per l'annullamento previa sospensione, del mancato arruolamento nel corpo di polizia penitenziaria disposto con comunicazione 8 maggio 1993, prot. n. 64897/EFF. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Amministrazione intimata; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza dell'8 novembre 1996 il consigliere dr. Massimo Calveri e udito l'avv. Pullano, in sostituzione dell'avv. de' Salvia, per il ricorrente e l'avv. dello Stato Scaramuzzino per l'Amministrazione resistente; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue: F a t t o Premette il ricorrente, signor Giovanni Fulgenzi, di aver presentato domanda di arruolamento nel corpo di polizia penitenziaria e che, a seguito dell'espletamento, con esito positivo, delle prove psico-attitudinali gli veniva richiesto di produrre tutta la prescritta documentazione, tra cui la copia del foglio matricolare. Non avendo, poi, ricevuto notizie in ordine all'accoglimento della propria istanza di arruolamento, l'interessato ne sollecitava la comunicazione che seguiva con il provvedimento in epigrafe del seguente testuale tenore: "Con riferimento all'istanza diretta ad ottenere l'arruolamento nel corpo di polizia penitenziaria, si fa presente che non e' possibile procedere in senso favorevole in quanto, dall'esame del foglio matricolare, si e' rilevato che la S.V. ha riportato durante il servizio militare, un giudizio finale complessivo insufficiente e, pertanto, non riunisce i requisiti previsti dall'art. 4, comma 8, del d.l.l. 21 agosto 1945 n. 508, mantenuto in vigore dall'art. 29 della legge 15 dicembre 1990, n. 395, dal d.-l. 29 gennaio 1992, n. 36, convertito con legge 29 febbraio 1992, n. 213 e dal d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con legge 7 agosto 1992, n. 356". Avverso tale provvedimento il Fulgenzi e' insorto, con ricorso notificato il 30 giugno 1993, deducendo violazione di legge - in particolare, della normativa concernente la materia - nonche' eccesso di potere sotto diversi profili. Costituendosi in giudizio, l'Amministrazione intimata ha opposto l'infondatezza del ricorso nella considerazione che l'interessato era privo di uno dei requisiti di ammissione al corpo di polizia penitenziaria, individuato, nella specie, dal non aver riportato qualifiche inferiori a quella di buono durante il servizio militare. A riprova della legittimita' dell'impugnata determinazione, l'Amministrazione ha depositato il quadro E del foglio matricolare del Fulgenzi, dal quale risulta che durante il servizio militare questi ha riportato la qualifica di insufficiente sia nel grado di idoneita' nell'assolvimento dell'incarico di radiofonista che nel giudizio finale. Con atto notificato il 9 marzo 1994, il ricorrente, premesso di aver avuto contezza dell'allegato quadro E solo all'udienza del 14 gennaio 1994, ha proposto motivi aggiunti al ricorso impugnando il giudizio di insufficienza attribuitogli durante la prestazione del servizio militare. In ordine alla presentazione dei motivi aggiunti la difesa dell'Amministrazione (memoria depositata l'11 aprile 1994), nell'evidenziare che essi, in realta', concernono l'impugnativa del giudizio di insufficienza in questione, ha eccepito l'infondatezza del proposto mezzo di gravame perche' non notificato all'Amministrazione emanante, individuata, nella specie, nel Ministero della difesa. Con decisione n. 961 del 7 ottobre 1994, il tribunale, decidendo sull'ammissibilita' dei motivi aggiunti, riconosciuta la mera irregolarita' della notifica di questi ultimi in quanto disposta all'Avvocatura distrettuale dello Stato in persona dell'Amministrazione penitenziaria e non del Ministero della difesa, ne ha disposto la rinnnovazione assegnando al ricorrente apposito termine per l'evocazione in giudizio dell'Amministrazione competente. Alla pubblica udienza dell'8 novembre 1996, sulle conclusioni delle parti, il ricorso e' stato trattenuto in decisione. D i r i t t o 1. - Con decisione parziale, deliberata nella camera di consiglio dell'8 novembre 1996, il Collegio, preso atto dell'inosservanza del termine assegnato al ricorrente per l'integrazione del contraddittorio nei riguardi dell'Amministrazione competente, ha dichiarato la decadenza dei motivi aggiunti dedotti in ordine al giudizio di non sufficienza riportato dal ricorrente medesimo durante la prestazione del servizio militare. 2. - Puo' quindi passarsi all'esame del merito del ricorso che, come esposto nelle premesse di fatto, si appunta contro il diniego, opposto dal Ministero di grazia e giustizia con provvedimento prot. n. 64897/EFF in data 8 maggio 1993, di accoglimento dell'istanza del ricorrente tendente ad ottenere l'arruolamento nel Corpo di polizia penitenziaria. Tale provvedimento negativo si sostiene sulla circostanza che, avendo l'interessato "riportato, durante il servizio militare, un giudizio finale insufficiente", egli non riunirebbe "i requisiti previsti dall'art. 4, comma ottavo, del d.l.l. 21 agosto 1945 n. 508, mantenuto in vigore dall'art. 29 della legge 15 dicembre 1990, n. 395, dal d.-l. 29 gennaio 1992, n. 36, convertito con legge 29 febbraio 1992, n. 213 e dal d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con legge 7 agosto 1992, n. 356". Avverso la sfavorevole determinazione il ricorrente ha fondamentalmente dedotto eccesso di potere per erroneita' dei presupposti e travisamento dei fatti, asserendo che l'Amministrazione sarebbe incorsa in evidente errore materiale dal momento che egli risultava in possesso di tutti i requisiti previsti, ai fini del reclutamento, dal menzionato art. 4 del d.lgs.lgt. n. 508 del 1945. In verita', la semplice visione del foglio matricolare del ricorrente (in particolare, il relativo quadro E), depositato dalla resistente, vale a smentire l'assunto difensivo avendo l'interessato riportato la qualifica di "insufficiente" sia nel grado di idoneita' raggiunto nell'assolvimento dell'incarico di "radiofonista" che nel giudizio complessivo finale. Su tale inconfutabile risultanza documentale, e alla luce della riportata previsione legislativa che condiziona l'ammissibilita' "a servire nel Corpo degli agenti di custodia" (ora Corpo di polizia penitenziaria: art. 1, legge 15 dicembre 1990, n. 395) al fatto che gli aspiranti non abbiano "riportato qualifiche inferiori a quella di buono durante il servizio militare", dovrebbe pervenirsi a una decisione di reiezione della proposta impugnativa. Appare in proposito opportuno puntualizzare che, come indicato nell'impugnato provvedimento dell'Amministrazione giudiziaria, la norma di cui all'art. 4 del d.lgs.lgt. n. 50/1945, e' stata effettivamente mantenuta in vigore dalla normativa in proposito richiamata (art. 29, comma 2, legge 15 dicembre 1990, n. 395; art. 1, comma 3, d.-l. 29 gennaio 1992, n. 36; art. 17, comma 2, d.-l. 8 giugno 1992, n. 306), dovendosi ulteriormente soggiungere che una stessa norma risultava gia' inserita nell'art. 4, n. 7, del r.d. 30 dicembre 1937, n. 2584 , contenente il regolamento per il Corpo degli agenti di custodia degli Istituti di prevenzione e di pena, ed e' stata ulteriormente mantenuta ferma dall'art. 126 della legge 18 febbraio 1963, n. 173, disciplinante lo stato giuridico dei sottufficiali e dei militari di truppa del Corpo degli agenti di custodia. 3. - Cio' premesso, si osserva, pero', che la precitata disposizione di cui all'art. 4, n. 8, del d.lgs.lgt. n. 508/1945, e la connessa normativa legislativa che la mantiene in vigore, nella parte in cui individua tra i requisiti di ammissione al Corpo di polizia penitenziaria l'assenza di "qualifiche inferiori a quella di buono durante il servizio militare", non sembra risultare conforme a Costituzione. Di conseguenza, ritiene il Collegio di dover sollevare d'ufficio apposita questione di costituzionalita', ritenendola rilevante ai fini della decisione e non manifestamente infondata ai sensi e per gli effetti dell'art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e dell'art. 23, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e cio' nei limiti e per le considerazioni che seguono. 4. - Quanto alla rilevanza, essa appare di intuitiva evidenza ove si consideri che la fondatezza della sollevata eccezione comporterebbe l'accoglimento della domanda di arruolamento del ricorrente, dal momento che questi aveva favorevolmente sostenuto le prove psico-attitudinali e l'unico impedimento al suo ingresso nel Corpo di polizia penitenziario e' da individuarsi nel contestato giudizio di insufficienza. 5. - Quanto alla non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale, essa e' da rinvenire nel contrasto della norma di cui si dubita con i principi posti dagli artt. 4, 3 e 52 della Costituzione. 5.1. - L'art. 4, comma primo, della Costituzione solennemente proclama che "la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto di lavoro e promuove le condizioni che rendono effettivo questo diritto". Dal complessivo contesto dell'ora riportata disposizione si ricava che il diritto al lavoro, riconosciuto ad ogni cittadino, e' da considerare quale fondamentale diritto della persona umana, che si estrinseca nella scelta e nel modo di esercizio dell'attivita' lavorativa. L'esegesi della norma, costantamente ribadita anche da una risalente giurisprudenza della Corte costituzionale (Corte cost., 9 giugno 1965, n. 45; idem 14 aprile 1969, n. 81), e' nel senso che all'evidenziata situazione giuridica attiva del cittadino fa riscontro, per quanto riguardo lo Stato, un duplice limite: da una parte, il divieto di creare o lasciar sussistere nell'ordinamento norme che pongono limiti discriminatori a tale liberta', ovvero che direttamente o indirettamente la rinneghino; dall'altro, l'obbligo, il cui adempimento e' ritenuto dalla Costituzione essenziale all'effettiva realizzazione del diritto in questione, d'indirizzare l'attivita' di tutti i pubblici poteri, e dello stesso legislatore, alla creazione di condizioni, che consentano l'impiego di tutti i cittadini idonei al lavoro. Orbene, con riferimento agli esposti principi non vi e' dubbio che la sussistenza nell'ordinamento della norma de qua sia idonea a porsi nei riguardi del cittadino, aspirante al reclutamento nel Corpo di polizia penitenziario, come limite discriminatore all'accesso di un posto di lavoro, limite peraltro affatto privo di ragionevole giustificazione. Ed infatti, la disposizione secondo cui per l'ammissione nel Corpo di polizia in questione occorre "non aver riportato qualifiche inferiori a quella di buono durante il servizio militare", e' suscettibile di precludere ogni aspettativa di impiego in ragione di valutazioni, ritenute insufficienti, che conseguano ad attivita' svolte durante il servizio di leva anche in settori che non attengano allo specifio ambito dell'addestramento e della disciplina militare. In proposito il caso all'esame appare davvero emblematico. Secondo quanto risulta dal quadro E del foglio matricolare del ricorrente, questi ha riportato un giudizio complessivo finale di "insufficiente" che corrisponde al grado di idoneita' raggiunto nell'assolvimento dell'incarico di specializzazione di "radiofonista" conferitogli. Sembra verosimile ritenere che il giudizio finale sia stato significativamente condizionato dal giudizio di insufficienza riportato dal militare nell'espletamento dell'incarico di specializzazione che, si badi bene, afferisce a materia (settore "trasmissioni" nell'arma) niente affatto coerente con la sua preparazione culturale e professionale specifica (il ricorrente e' in possesso del diploma di qualifica professionale di "congegnatore meccanico": v. domanda di arruolamento, e disimpegna il mestiere di "operaio specializzato"). Sul punto e' appena il caso di segnalare che non e' del tutto infrequente, durante il servizio di leva, l'assoggettamento del militare alla frequenza di corsi di specializzazioni affatto dissonanti rispetto alle sua esperienze formative e professionali; donde l'eventualita' di esiti valutativi e operativi plausibilmente non soddisfacenti ma idonei - come dimostra la situazione di cui alla presente controversia - a rifluire negativamente sul "destino" occupazionale del cittadino pesantemente mortificandone le aspettative di lavoro. Ma la previsione legislativa, della cui costituzionalita' si dubita, appare priva di razionalita' anche sotto un ulteriore e non meno significativo aspetto. Invero, se puo', in via generale, ammettersi che il diritto al lavoro garantito dall'art. 4 della Costituzione non esclude la facolta' del legislatore di regolare l'esercizio della liberta' di scelta dell'attivita' lavorativa mediante l'adozione di opportune cautele che valgano a tutelare altri interessi ed esigenze di piu' pregnante valenza sociale (Corte cost., 28 luglio 1976, n. 194), non si vede quale sostanziale e ragionevole esigenza superindividuale sottenda - anche in relazione all'ormai acquisita qualificazione di "Corpo civile" del Corpo di polizia penitenziaria, per effetto dell'art. 1 della legge 15 dicembre 1990, n. 395 recante il suo nuovo ordinamento - il possesso del requisito in questione in presenza peraltro di una specifica disciplina (artt. 127 e 128 della legge 18 febbraio 1963, n. 173) che prevede apposite modalita' per l'accertamento dell'idoneita' fisica e attitudinale dell'aspirante all'arruolamento nel Corpo, con l'affidamento delle relative indagini a due distinte e qualificate commissioni da nominarsi dal Ministro di grazia e giustizia. La sussistenza dell'ora indicata fase sub-procedimentale (la quale, e' il caso di rimarcarlo, e' stata positivamente percorsa dal ricorrente) individua, per vero, l'unica ed effettiva attivita' valutativa dell'idoneita' dell'aspirante a svolgere i compiti istituzionali propri dell'agente di polizia penitenziaria; sicche', anche a voler concedere in ordine alla ragionevolezza dell'esistenza nell'ordinamento della normativa legislativa de qua, apparirebbe comunque arbitrario e incongruente, in presenza di un'ulteriore fase di valutazione dell'attitudine del reclutando, non prevedere la possibilita' che il superamento di quest'ultima (specie, allorche' come nel caso l'accertamento attitudinale intervenga a notevole distanza di tempo dall'espletamento del servizio di leva) assorba eventuali qualifiche inferiori a quella di "buono" riportate durante il servizio militare. Che, sotto altro verso, il conseguimento di qualifiche e valutazioni varie durante il servizio di leva non possano in concreto rifluire sull'assunzione degli agenti nel Corpo di polizia penitenziaria, e' significativamente comprovato dalla successiva normativa di cui all'ordinamento del relativo personale, e cioe' dal d.lgs. 30 ottobre 1992, n. 443, emanato in applicazione dell'art. 14, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395. Il relativo art. 5, nel premettere che l'assunzione degli agenti avviene mediante pubblico concorso, al quale possono partecipare i cittadini italiani in possesso, tra gli altri, del requisito dell'"idoneita' fisica, psichica e attitudinale al servizio di polizia penitenziaria", prevede, infatti, tassative ipotesi di esclusione dal concorso (soggetti espulsi dalle forze armate e dai corpi militarmente organizzati, o destituiti dai pubblici uffici; o condannati a pena detentiva per delitto non colposo o sottoposti a misura di prevenzione) tra le quali non risultano comprese quelle di cui all'art. 4 del d.lgs.lgt. n. 508 del 1945, definitivamente innovando rispetto alla normativa, di cui si sospetta la non conformita' a Costituzione, che ha costantemente reiterato nel tempo l'operativita' di detto art. 4. 5.2. - Ritiene, peraltro, il Collegio che la normativa in questione urti anche contro il principio di uguaglianza, tutelato dall'art. 3 della Costituzione, per il fatto che essa, con la previsione del piu' volte menzionato requisito, introduce per gli aspiranti al reclutamento nel Corpo di polizia penitenziaria una disciplina giuridica differenziata discriminando in maniera arbitraria e ingiustificata l'aspirazione occupazionale di tali soggetti rispetto ad altre categorie di lavoratori. Invero, si e' dell'avviso che la disciplina differenziata in contestazione non trovi alcuna ragionevole giustificazione vertendosi, in definitiva, in materia di assunzione in un "Corpo civile" dello Stato, tale essendo qualificato il Corpo di polizia penitenziaria dal nuovo ordinamento di tale particolare forza di polizia (precitato art. 1 della legge n. 395/1990). Il principio di uguaglianza risulta, poi, vieppiu' vulnerato ove si consideri che le qualifiche, che non attingono alla soglia valutativa di "buono" durante il servizio di leva, possono impingere non tanto all'addestramento e alla formazione militare, quanto (e non infrequentemente) a settori culturali e/o professionali non coerenti al percorso formativo (titoli di studio ed esperienze lavorative) gia' seguito dal chiamato alla leva. 5.3. - Infine, le disposizioni legislative in esame cozzano anche con il principio fissato dall'art. 52, comma secondo, della Costituzione nella parte in cui afferma che l'adempimento del servizio militare non deve pregiudicare la posizione di lavoro del cittadino. Infatti, nel caso all'esame, non potrebbe di certo dirsi rispettata - proprio nell'attuale delicata fase socio-economica caratterizzata da notevoli difficolta' di inserimento nella realta' lavorativa - la proclamata garanzia costituzionale la quale, ove le norme legislative non fossero espunte dall'ordinamento, risulterebbe compromessa, e cio' indubbiamente in assenza di un interesse pubblico o comunque superindividuale meritevole di plausibile e prevalente tutela. 6. - Per le suesposte considerazioni, a norma dell'art. 23, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, va disposta l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione della questione incidentale di costituzionalita' di cui trattasi, disponendosi conseguentemente la sospensione del giudizio instaurato con il ricorso in epigrafe.
P. Q. M. Il tribunale amministrativo regionale della Calabria - Catanzaro, ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di costituzionalita' dell'art. 4, n. 8, d.lgs.lgt. 21 agosto 1945, n. 508 e delle norme legislative che ne estendono l'operativita' (art. 126, legge 18 febbraio 1963, n. 173; art. 29, comma 2, legge 15 dicembre 1990, n. 395; art. 1, comma 3, d.-l. 29 gennaio 1992, n. 36, convertito con legge 29 febbraio 1992, n. 213; art. 17, comma 2, d.-l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito con legge 7 agosto 1992, n. 356) nella parte in cui condizionano l'arruolamento nel Corpo degli agenti di custodia (ora Corpo di polizia penitenziaria: art. 1, legge 15 dicembre 1990, n. 395) al possesso del requisito di "non aver riportato qualifiche inferiori a quella di buono durante il servizio militare", in contrasto con gli artt. 4, comma primo, 3 e 52, comma secondo, della Costituzione, dispone l'immediata trasmissione degli atti, a cura della segreteria, alla Corte costituzionale, sospendendo conseguentemente il presente giudizio; Ordina, inoltre, alla segreteria, a norma dell'ultimo comma del predetto art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, di notificare la presente ordinanza alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e di darne comunicazione al Presidente del Senato della Repubblica e al Presidente della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Catanzaro nella camera di consiglio dell'8 novembre 1996. Il presidente estensore: Calveri 97C0233