N. 175 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 1997
N. 175 Ordinanza emessa il 21 gennaio 1997 dal tribunale di Voghera nei procedimenti civili riuniti vertenti tra l'INPS e Pedamonti Augusta ed altri Previdenza e assistenza sociale - Pensioni INPS - Previsto pagamento dei rimborsi in sei annualita' e mediante emissione di titoli di Stato - Estinzione dei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della normativa impugnata - Esclusione degli interessi e della rivalutazione monetaria - Incidenza sul principio di uguaglianza, sul diritto di azione in giudizio e sulla garanzia previdenziale - Determinazione dei tassi di interesse per i crediti successivi all'entrata in vigore della legge con riferimento all'indice dei prezzi al consumo elaborato dall'ISTAT anziche' al tasso legale come previsto per i crediti fruttiferi - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee ed irrazionalita'. (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 181, 182, 183, 183). (Cost., artt. 3, 24 e 38).(GU n.15 del 9-4-1997 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di appello in materia di assistenza e previdenza sociale n. 700/1996 proposta dall'I.N.P.S. - Istituto nazionale della previdenza sociale - appellante, elettivamente domiciliato in Voghera, via Largo Toscanini 2, presso il centro operativo I.N.P.S., rappresentato e difeso dagli avv. Roberto Aime, Maria Grazia De Maestri e Domenico Longo, contro Pedamonti Augusta, Murelli Angelo, Bergamaschi Bianca, Parentela Agostino, Fusi Angelita, parti appellate, elettivamente domiciliate in Pavia presso l'avv. Giuseppe Bartulla, contumaci, oggetto: appelli riuniti avverso le sentenze del pretore di Voghera n. 210, 211, 215, 216, 217, del 22/23 novembre 1995 in punto: calcolo della reversibilita' su pensione integrata al minimo. Conclusioni Il procuratore dell'appellante I.N.P.S. chiedeva in ciascun atto di appello: in via principale dichiarare la estinzione del giudizio in ragione della citata norma; nel merito, in radicale riforma della appellata sentenza mandare assolto l'Istituto da ogni avversa pretesa. Spese di entrambi i gradi del giudizio interamente compensate. Svolgimento della causa Pedamonti Augusta, Murelli Angelo, Bergamaschi Bianca, Parentela Agostino e Fusi Angelita, con separati ricorsi, chiedevano ed ottenevano dal pretore sentenza che riconosceva il loro diritto al pagamento della pensione di reversibilita' nella misura del 60% del trattamento riconosciuto al coniuge defunto, comprensivo della integrazione al minimo, con condanna dell'I.N.P.S. al pagamento delle differenze non corrisposte, oltre interessi e spese di giudizio. L'I.N.P.S., che in primo grado aveva chiesto il rigetto delle domande dei ricorrenti invocando la intervenuta decadenza ai sensi dell'art. 6 legge n. 166/91 e dell'art. 4 decreto-legge n. 384/92, impugnava le sentenze in principalita' invocando la applicazione del disposto del sopravvenuto d.-l. 29 marzo 1996 n. 166 ed in subordine riproponendo le eccezioni di prescrizione e decadenza e richiamando le difese svolte in primo grado. I ricorsi in appello erano ritualmente e tempestivamente notificati, ma gli appellati rimanevano contumaci. Alla udienza di discussione dell'appello il procuratore dell'ente appellante invocava la applicazione del disposto del comma 183 dell'art. 1 legge 23 dicembre 1996 n. 662, legge che ai commi 181, 182 e 183 dell'art. 1 aveva reintrodotto quanto previsto dall'art. 1 decreto-legge n. 166/96, ed insisteva per la declaratoria di estinzione del giudizio a spese compensate. Il tribunale stante la identita' delle questioni di fatto e di diritto oggetto delle cause, ne disponeva la riunione. Rilevato in diritto Il decreto-legge n. 166/1996 invocato dall'ente appellante non e' stato convertito e non sono stati convertiti neppure i decreti che ne avevano reiterato le disposizioni. Tuttavia la legge 23 dicembre 1996 n. 662 - "Misure di razionalizzazione della finanza pubblica" - pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 233 del 28 dicembre 1996 - ai commi 181, 182, 183 dell'art. 1, introduceva ex novo identico dettato, che, per espressa disposizione del comma 183, trova applicazione di ufficio in tutti i giudizi pendenti aventi ad oggetto le materie regolate dai commi 181 e 182, fra le quali rientrano le domande proposte dagli appellati nella presente causa. Questa, in sintesi, la innovazione destinata a definire ope legis la controversia: a) il pagamento delle somme maturate fino al 31 dicembre 1995 sui trattamenti pensionistici erogati in conseguenza della applicazione delle sentenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993 e n. 240 del 1994 e' effettuato con assegnazione agli aventi diritto di titoli di Stato; b) il pagamento avviene in sei annualita', sulla base di elenchi riepilogativi che gli enti invieranno al Ministero del tesoro, tranne eventuali residui che saranno liquidati direttamente dagli enti; c) le somme arretrate saranno pagate solo ai titolari del trattamento da integrare (diretti interessati) od ai loro superstiti aventi diritto alla pensione di reversibilita' alla data del 30 marzo 1996; d) la verifica del requisito reddituale e' effettuata non solo in riferimento ai redditi dell'anno 1983 ma anche ai redditi degli anni successivi; e) sulle somme maturate fino al 31 dicembre 1995 non saranno pagati ne' rivalutazione monetaria ne' interessi, e, dopo tale data, gli interessi saranno riconosciuti nella misura della variazione degli indici dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati accertata dall'ISTAT nell'anno precedente. f) i giudizi aventi ad oggetto le "questioni" regolate dalle previsioni sopra richiamate sono estinti a spese compensate. Poiche' i giudizi riuniti oggetto della presente causa avevano per oggetto il riconoscimento del diritto a percepire la pensione di reversibilita' nella misura del 60%, del trattamento erogato al dante causa, comprensivo della integrazione al minimo, in conseguenza delle modifiche apportate al disposto dell'art. 22 legge n. 903/65 dalla sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 29/31 dicembre 1993 con conseguente domanda di condanna dell'I.N.P.S. al pagamento delle differenze maturate ad oggi, con interessi e spese, rientrano nelle previsioni dei commi 181, 182, 183, art. 1 della legge n. 662/1996. Deve pero' rilevarsi che le disposizioni della normativa reintrodotta con la legge citata danno luogo a fondati sospetti di incostituzionalita' sotto svariati profili. La questione e' rilevante perche' dalla applicazione della normativa richiamata in primo luogo deriva la estinzione ope legis del giudizio con vanificazione delle sentenze di primo grado oggetto dell'appello senza possibilita' d'esame del merito, in forza del disposto conclusivo del comma 183, che recita: "i provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato restano privi di effetto", deriva poi la esclusione del diritto ai crediti per accessori maturati sulle somme dovute dall'I.N.P.S. fino al 31 dicembre 1995 e la applicazione di interessi in misura ridotta per il periodo successivo, deriva infine un differimento nel tempo, rimesso al debitore, dell'epoca del pagamento del dovuto. La questione di costituzionalita' delle norme da applicarsi, rilevante in astratto per quanto sopra evidenziato, giacche' attinente a norme che, regolando la materia, definiscono il giudizio, lo e' anche in concreto, in quanto il pretore aveva riconosciuto la sussistenza del diritto degli appellati a percepire la pensione di reversibilita' nella misura del 60% del trattamento spettante al coniuge defunto comprensivo della integrazione al minimo, escludendo che sia intervenuta decadenza dal diritto a richiedere la prestazione, laddove l'ente non aveva mai riconosciuto tale diritto, asserendo essere intervenuta la decadenza. Ne consegue che la estinzione della causa impedisce l'accertamento della attuale sussistenza del diritto, a fronte della sua negazione da parte dell'ente al quale e' rimessa la formazione degli elenchi dei soggetti ai quali deve essere liquidato quanto previsto dal comma 181 nei limiti di cui al comma 182 legge n. 662/1996. La legittimita' costituzionale di questi due commi, a sua volta, se non rileva direttamente in causa, in presenza del disposto del comma 183, in quanto la determinazione delle somme da corrispondere e le modalita' della erogazione sono sottratte alla statuizione del giudice, rileva indirettamente al fine della valutazione della legittimita' della previsione del comma 183, che si pone come norma di chiusura di un articolato teso a definire il contenzioso pensionistico stragiudizialmente, in via amministrativa, con pagamenti differiti ed "a stralcio". Rileverebbe altresi' direttamente, ove fosse accolta la eccezione di illegittimita' costituzionale relativa al comma 183, perche' da essi dipende l'ammontare delle somme alle quali i pensionati avranno diritto e la possibilita' di pretenderne il pagamento in forma esecutiva, sia in relazione al capitale, che agli accessori. Orbene, gia' la stessa Corte di cassazione, con ordinanza del 2 maggio 1996 n. 382, aveva sollevato questione di legittimita' costituzionale delle disposizioni del d.-l. 28 marzo 1996, n.166 riprodotte dai commi 181, 182 e 183 dell'art. 1 legge n. 662/96, con riferimento ai giudizi relativi ai crediti vantati in forza del disposto della sentenza della Corte costituzionale n. 240 relativa alla cristallizzazione delle integrazione al minimo della seconda pensione. La formale autonomia di questa legge rispetto al decreto gia' impugnato di incostituzionalita', aveva indotto questo tribunale a riproporre la questione, con riferimento agli artt. 3 primo comma, 24 e 38 della Costituzione, in ordine alla legge n. 662/1996, in relazione ai giudizi relativi alla cosiddetta "cristallizzazione". La identita' delle norme che dovrebbero trovare applicazione e la affinita' delle problematiche sottese ai diritti azionati in questo giudizio rende necessario ora estendere espressamente le questioni di illegittimita' costituzionale gia' sollevate alla diversa fattispecie contemplata dal comma 181 dell'art. 1 della legge n. 662/96 e qui dedotta ad oggetto del giudizio, relativa alla misura della pensione di reversibilita', come determinata con la sentenza n. 495/1993 della Corte costituzionale. In primo luogo si contesta la legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 183, della legge 23 dicembre 1996 n. 662, in relazione all'art. 24 della Costituzione, per violazione del diritto ad agire a tutela dei propri diritti, in quanto impone la estinzione dei giudizi pendenti, in relazione a "tutte" le questioni attinenti alle materie regolate dai commi 181 e 182, e quindi tutte le questioni relative alla misura della pensione di reversibilita' di pensione gia' integrata al minimo ed al diritto alla sua conservazione, ed alla misura delle somme da corrispondersi di conseguenza, per differenze di rateo maturate e maturande ed accessori, anche quando la misura della pensione e la attuale azionabilita' del diritto al pagamento delle maggiori somme od alla liquidazione degli arretrati maturati a tale titolo, sono contestate dall'ente, laddove il comma 181 ed il comma 182 rimettono alla insindacabile determinazione dell'ente stesso, da assumere al di fuori di ogni contenzioso, la identificazione dei soggetti aventi diritto alla liquidazione delle maggiori somme. Appare ovvio che la estinzione del giudizio, e la privazione di efficacia dei provvedimenti (sentenze) non ancora passati in giudicato, impedisce al privato di ottenere l'accertamento giudiziale del diritto che l'ente gli nega, senza che al pensionato sia garantito in alcun modo neppure l'inserimento negli elenchi di cui al comma 181. La possibilita' di istaurare un nuovo giudizio per ottenere l'accertamento del diritto in caso di esclusione degli elenchi, che potrebbe essere addotta per negare la violazione del diritto di agire, oltre ad essere irrazionalmente onerosa, imponendo di iniziare un nuovo giudizio dopo l'abbandono (a spese compensate) di quello gia' avviato, appare in realta' meramente astratta ed eventuale, e comunque non satisfattiva, giacche' la formazione degli elenchi riepilogativi degli aventi diritto e' costruita come atto interno dell'ente, destinato ad essere completato in un lungo lasso di tempo (sei anni) al di fuori di ogni contraddittorio, per modo che il pensionato e' destinato a rimanere nella incertezza in merito al riconoscimento del suo diritto da parte dell'ente per un periodo di tempo indeterminato, durante il quale maturano prescrizioni e decadenze, e questo senza contare quella ulteriore causa di estinzione dei crediti maturati, surrettiziamente introdotta dal comma 182, che pero' e' la piu' rilevante per un ceto creditorio costituito da anziani, ossia la morte dell'avente diritto. Il vulnus al diritto di agire appare ancora piu' grave ed arbitrario in quanto del tutto irrazionale e facilmente evitabile. Infatti e' nell'interesse stesso dell'ente erogatore vedere definite giudizialmente senza ulteriori ritardi ed aggravi le controversie relative a rapporti per i quali permane effettivo contrasto sulla esistenza del diritto vantato dal pensionato. Di contro, la subordinazione della estinzione della causa alla avvenuta iscrizione del pensionato negli elenchi di cui al comma 181 - con un collegamento non previsto dalla norma, anche se forse dato per scontato dal suo estensore - in tutti i casi in cui la resistenza in giudizio da parte dell'ente era determinata da mere ragioni di bilancio, si sarebbe configurata come estinzione per cessata materia del contendere, con esclusione di eversioni del diritto di agire contemplato dall'art. 24 della Costituzione. Una piu' pregnante violazione del diritto di agire di cui all'art. 24 della Costituzione, era stata ravvisata dalla Corte di cassazione in relazione all'art. 1 del decreto-legge n. 166/96 e si ritiene di dovere qui riproporre, in relazione al disposto dei commi 181 e 182 citati, in quanto vengono ad incidere su diritti maturati, da identificarsi nei crediti per differenze di rateo maturate e per i relativi interessi. La novella, escludendo dal pagamento interessi e rivalutazione maturati fino al 31 dicembre 1995, e riconoscendo per il periodo successivo "interessi" entro limiti ancora inferiori a quanto gia' stabilito con la legge numero 412/1991, in quanto fatti pari alla sola svalutazione, riduce significativamente l'ammontare del debito da saldare. L'intervento del legislatore, finalizzato a sopprimere, almeno in parte, ovvero comprimere, un diritto gia' perfetto e maturato, nel momento in cui la parte ne chiede l'accertamento e la soddisfazione al giudice, integra da solo una indebita compressione del diritto di agire. Del pari si pone in contrasto con l'art. 24 della Costituzione anche il comma 183, nella parte in cui, prevedendo la compensazione delle spese, fa ricadere su chi era stato costretto a ricorrere al giudice per far valere i propri diritti i costi di un giudizio reso necessario dal comportamento negativo dell'ente, proprio nel momento in cui riconosce la fondatezza della pretesa azionata. Un ulteriore profilo di incostituzionalita' della normativa esaminata, deve ravvisarsi in riferimento all'art. 38 della Costituzione, laddove le misure che delimitano la misura del credito destinato ad esser soddisfatto e prevedono pagamenti rateali differiti vengono ad incidere su somme dovute a titolo di integrazione al minimo di trattamento pensionistico, l'erogazione delle quali presuppone che il defunto non avesse redditi sufficienti al soddisfacimento dei bisogni minimi di vita. Il fatto che la integrazione fosse stata riconosciuta sul trattamento liquidato al defunto non permette di concludere che l'avente diritto alla reversibilita' abbia redditi propri in misura tale da rendere superflua la integrazione della pensione erogata a lui: anzi, la sentenza della Corte costituzionale n. 495/1993 era proprio fondata sulla necessita' di mantenere il coniuge superstite al riparo dallo stato di bisogno che potrebbe derivargli dalla morte del congiunto titolare della pensione integrata, in considerazione della funzione di sostentamento assolta in vita dal de cuius e destinata ad essere surrogata per il coniuge superstite dalla pensione di reversibilita'. In tal modo con la esclusione degli accessori e la rateazione nel tempo del pagamento del dovuto, si viene a decurtare prestazioni previdenziali che si deve presumere concorrano ad integrare il minimo indispensabile per sovvenire ai bisogni di vita di soggetti che per eta' o malattia non sono in grado di procacciarsi redditi da lavoro. Infine il combinato disposto dei commi 181, 182, 183 art. 1 legge n. 644/1996 appare in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, perche' introduce un trattamento deteriore nel soddisfacimento dei crediti relativi agli arretrati per quote di rateo di pensione non corrisposte per alcune categorie di pensionati, rispetto a quello riconosciuto per gli altri crediti previdenziali, senza che questo trovi una giustificazione se non in un fatto puramente casuale e comunque estraneo alla natura del credito. Si giunge anzi all'anomalia di riservare un trattamento deteriore a soggetti identificati in quanto appartenenti a fasce marginali di categorie deboli (titolari di quote di pensioni integrate al minimo) benche' queste, al contrario, dovrebbero essere oggetto di specifica protezione, per espresso dettato della Costituzione. L'arbitrario discrimine appare particolarmente evidente la' dove, al comma 182, si limita il credito al capitale, e, per il futuro, si quantificano gli interessi nella sola misura della svalutazione rilevata dagli indici ISTAT sul costo della vita, mentre al comma 185 dell'art. 2 della stessa legge il tasso legale di interessi e' ridotto, per il futuro, fissandolo al 5% minimo, con facolta' di modifica la parte del Ministro del Tesoro, in relazione al rendimento medio dei titoli di Stato e del tasso di inflazione, ossia con criteri destinati a garantire che rimanga superiore al tasso di inflazione. Cosi' puntualizzati i dubbi sulla legittimita' costituzionale delle norme che dovrebbero definire il presente giudizio, il tribunale non puo' esimersi da alcune considerazioni conclusive. Le norme esaminate, evidentemente dettate da pressanti esigenze di bilancio, con le loro previsioni di pagamenti differiti, eseguiti "a stralcio" mediante datio in solutum di titoli da parte del Ministero del tesoro, che in tal modo si accolla direttamente debiti degli enti previdenziali, paiono piu' ispirate alle soluzioni del diritto fallimentare che ai principi del diritto previdenziale. Tuttavia anche in quell'ottica necessitata la individuazione delle categorie da soddisfare con pagamenti parziali, ed all'interno delle categorie, dei singoli ai quali corrispondere qualcosa, appare discutibile sul piano costituzionale, perche' se i soggetti colpiti da un privilegio negativo in questo caso sono pensionati che in forza della disposizione dichiarata incostituzionale con la sentenza n. 495/1993 non avevano diritto al pagamento di alcuna quota della integrazione al minimo riconosciuta al proprio dante causa ai fini del calcolo dell'ammontare della pensione di reversibilita' spettante, sono sempre soggetti appartenenti alle categorie piu' deboli, alle quali dovrebbe invece essere riconosciuta particolare tutela. Ma ancora piu' discutibile e' la scelta di "cancellare" il contenzioso giudiziario senza alcun collegamento con quanto viene statuito in sede amministrativa. Questi profili di illegittimita' costituzionale impongono la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Il tribunale di Voghera, pronunciando sull'appello proposto dall'I.N.P.S. - Istituto Nazionale di previdenza sociale - avverso le sentenze del pretore di Voghera n. 210, 211, 215, 216 e 217 date il 22 novembre 1995 sui ricorsi in materia di previdenza ed assistenza sociale proposti da Pedamonti Augusta, Murelli Angelo, Bergamaschi Bianca, Parentela Agostino e Fusi Angelita, in punto "calcolo della reversibilita' su pensione integrata al minimo"; Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 183, legge 23 dicembre 1996 n. 662 e del combinato disposto dei commi 181, 182, 183 art. 1 legge citata, in relazione agli artt. 24, 38 e 3 della Costituzione, nella parte in cui rispettivamente: dichiarano la estinzione dei giudizi pendenti in materia di questioni relative a somma da pagare da parte di enti previdenziali a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 495 del 29/31 dicembre 1993; dichiarano privi di effetto i provvedimenti giudiziari non ancora passati in giudicato aventi ad oggetto le stesse questioni; dichiarano estinti i giudizi a spese compensate; prevedono il pagamento delle somme dovute mediante assegnazione di titoli di Stato, in sei annualita', con esclusione di rivalutazione ed interessi fino al 3l dicembre 1995; prevedono il pagamento di interessi per il periodo posteriore al 31 dicembre 1995 nella misura della variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed imipiegati accertata all'lSTAT nell'anno precedente; Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio fino all'esito del giudizio di costituzionalita'; Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e notificata ai Presidenti del Senato e della Camera. Voghera, addi' 21 gennaio 1997 Il presidente: Cattarinich 97C0301