N. 175 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 gennaio 1997

                                N. 175
  Ordinanza emessa il 21 gennaio 1997 dal  tribunale  di  Voghera  nei
 procedimenti  civili  riuniti vertenti tra l'INPS e Pedamonti Augusta
 ed altri
 Previdenza e assistenza sociale - Pensioni INPS - Previsto  pagamento
    dei  rimborsi  in sei annualita' e mediante emissione di titoli di
    Stato - Estinzione dei giudizi pendenti alla data  di  entrata  in
    vigore  della  normativa  impugnata - Esclusione degli interessi e
    della  rivalutazione  monetaria  -  Incidenza  sul  principio   di
    uguaglianza,  sul  diritto  di azione in giudizio e sulla garanzia
    previdenziale -  Determinazione  dei  tassi  di  interesse  per  i
    crediti   successivi   all'entrata   in  vigore  della  legge  con
    riferimento all'indice dei prezzi al consumo elaborato  dall'ISTAT
    anziche'  al tasso legale come previsto per i crediti fruttiferi -
    Disparita'   di   trattamento   di    situazioni    omogenee    ed
    irrazionalita'.
 (Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 181, 182, 183, 183).
 (Cost., artt. 3, 24 e 38).
(GU n.15 del 9-4-1997 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella causa di appello in
 materia di assistenza  e  previdenza  sociale  n.  700/1996  proposta
 dall'I.N.P.S.    -  Istituto  nazionale  della  previdenza  sociale -
 appellante, elettivamente domiciliato in Voghera, via Largo Toscanini
 2, presso il centro operativo I.N.P.S., rappresentato e difeso  dagli
 avv.  Roberto  Aime, Maria Grazia De Maestri e Domenico Longo, contro
 Pedamonti Augusta,  Murelli  Angelo,  Bergamaschi  Bianca,  Parentela
 Agostino,  Fusi  Angelita, parti appellate, elettivamente domiciliate
 in Pavia presso l'avv. Giuseppe Bartulla, contumaci, oggetto: appelli
 riuniti avverso le sentenze del pretore di Voghera n. 210, 211,  215,
 216,   217,   del   22/23  novembre  1995  in  punto:  calcolo  della
 reversibilita' su pensione integrata al minimo.
                              Conclusioni
   Il procuratore dell'appellante I.N.P.S. chiedeva in ciascun atto di
 appello:  in  via principale dichiarare la estinzione del giudizio in
 ragione della citata norma; nel merito,  in  radicale  riforma  della
 appellata   sentenza  mandare  assolto  l'Istituto  da  ogni  avversa
 pretesa.    Spese  di  entrambi  i  gradi  del  giudizio  interamente
 compensate.
                        Svolgimento della causa
   Pedamonti  Augusta,  Murelli  Angelo, Bergamaschi Bianca, Parentela
 Agostino e Fusi  Angelita,  con    separati  ricorsi,  chiedevano  ed
 ottenevano  dal  pretore  sentenza che riconosceva il loro diritto al
 pagamento della pensione di reversibilita' nella misura del  60%  del
 trattamento   riconosciuto  al  coniuge  defunto,  comprensivo  della
 integrazione al minimo, con condanna dell'I.N.P.S. al pagamento delle
 differenze non corrisposte, oltre interessi e spese di  giudizio.
   L'I.N.P.S., che in primo  grado  aveva  chiesto  il  rigetto  delle
 domande  dei  ricorrenti  invocando la intervenuta decadenza ai sensi
 dell'art.  6 legge n. 166/91 e dell'art. 4 decreto-legge  n.  384/92,
 impugnava  le sentenze in principalita' invocando la applicazione del
 disposto del sopravvenuto d.-l. 29 marzo 1996 n. 166 ed in  subordine
 riproponendo  le  eccezioni di prescrizione e decadenza e richiamando
 le  difese  svolte  in  primo  grado.  I  ricorsi  in  appello  erano
 ritualmente e tempestivamente notificati, ma gli appellati rimanevano
 contumaci.
   Alla  udienza  di discussione dell'appello il procuratore dell'ente
 appellante invocava  la  applicazione  del  disposto  del  comma  183
 dell'art.    1 legge 23 dicembre 1996 n. 662, legge che ai commi 181,
 182 e 183 dell'art. 1 aveva reintrodotto quanto previsto dall'art.  1
 decreto-legge   n.  166/96,  ed  insisteva  per  la  declaratoria  di
 estinzione del giudizio a spese compensate.
   Il tribunale stante la identita' delle  questioni  di  fatto  e  di
 diritto oggetto delle cause, ne disponeva la riunione.
                          Rilevato in diritto
   Il  decreto-legge  n. 166/1996 invocato dall'ente appellante non e'
 stato convertito e non sono stati convertiti neppure i decreti che ne
 avevano reiterato le disposizioni.
   Tuttavia  la  legge  23  dicembre  1996  n.  662   -   "Misure   di
 razionalizzazione della finanza pubblica" - pubblicata sulla Gazzetta
 Ufficiale  n.    233  del  28  dicembre 1996 - ai commi 181, 182, 183
 dell'art. 1, introduceva ex novo identico dettato, che, per  espressa
 disposizione  del comma 183, trova applicazione di ufficio in tutti i
 giudizi pendenti aventi ad oggetto le materie regolate dai commi  181
 e  182,  fra  le  quali rientrano le domande proposte dagli appellati
 nella presente causa.
   Questa, in sintesi, la innovazione destinata a definire  ope  legis
 la controversia:
     a) il pagamento delle somme maturate fino al 31 dicembre 1995 sui
 trattamenti  pensionistici  erogati in conseguenza della applicazione
 delle sentenze della Corte costituzionale n. 495 del 1993  e  n.  240
 del 1994 e' effettuato con assegnazione agli aventi diritto di titoli
 di Stato;
     b)  il pagamento avviene in sei annualita', sulla base di elenchi
 riepilogativi che gli enti invieranno al Ministero del tesoro, tranne
 eventuali residui che saranno liquidati direttamente dagli enti;
     c) le  somme  arretrate  saranno  pagate  solo  ai  titolari  del
 trattamento  da integrare (diretti interessati) od ai loro superstiti
 aventi diritto alla pensione di reversibilita' alla data del 30 marzo
 1996;
     d) la verifica del requisito reddituale e' effettuata non solo in
 riferimento ai redditi dell'anno 1983 ma anche ai redditi degli  anni
 successivi;
     e)  sulle  somme  maturate  fino  al 31 dicembre 1995 non saranno
 pagati ne' rivalutazione monetaria ne' interessi, e, dopo tale  data,
 gli  interessi  saranno  riconosciuti  nella  misura della variazione
 degli indici dei prezzi al consumo  per  le  famiglie  di  operai  ed
 impiegati accertata dall'ISTAT nell'anno precedente.
     f)  i  giudizi  aventi  ad  oggetto le "questioni" regolate dalle
 previsioni sopra richiamate sono estinti a spese compensate.
   Poiche' i giudizi riuniti oggetto della presente causa avevano  per
 oggetto  il  riconoscimento  del  diritto  a percepire la pensione di
 reversibilita' nella misura del 60%, del trattamento erogato al dante
 causa, comprensivo della integrazione al minimo, in conseguenza delle
 modifiche apportate al disposto dell'art. 22 legge  n.  903/65  dalla
 sentenza  della  Corte  costituzionale n. 495 del 29/31 dicembre 1993
 con conseguente domanda di condanna dell'I.N.P.S. al pagamento  delle
 differenze  maturate  ad oggi, con interessi e spese, rientrano nelle
 previsioni dei commi 181, 182, 183, art. 1 della legge n. 662/1996.
   Deve  pero'  rilevarsi  che   le   disposizioni   della   normativa
 reintrodotta  con  la  legge citata danno luogo a fondati sospetti di
 incostituzionalita' sotto svariati profili. La questione e' rilevante
 perche' dalla applicazione della normativa richiamata in primo  luogo
 deriva  la  estinzione ope legis del giudizio con vanificazione delle
 sentenze di  primo  grado  oggetto  dell'appello  senza  possibilita'
 d'esame  del  merito, in forza del disposto conclusivo del comma 183,
 che  recita:  "i  provvedimenti  giudiziari  non  ancora  passati  in
 giudicato  restano  privi  di  effetto", deriva poi la esclusione del
 diritto  ai  crediti  per  accessori  maturati  sulle  somme   dovute
 dall'I.N.P.S. fino al 31 dicembre 1995 e la applicazione di interessi
 in  misura  ridotta  per  il  periodo  successivo,  deriva  infine un
 differimento nel tempo, rimesso al debitore, dell'epoca del pagamento
 del dovuto.
   La  questione  di  costituzionalita'  delle  norme  da  applicarsi,
 rilevante   in   astratto  per  quanto  sopra  evidenziato,  giacche'
 attinente a norme che, regolando la materia, definiscono il giudizio,
 lo e' anche in concreto, in quanto il pretore aveva  riconosciuto  la
 sussistenza  del  diritto  degli appellati a percepire la pensione di
 reversibilita' nella misura del  60%  del  trattamento  spettante  al
 coniuge  defunto comprensivo della integrazione al minimo, escludendo
 che  sia  intervenuta  decadenza  dal   diritto   a   richiedere   la
 prestazione,  laddove l'ente non aveva mai riconosciuto tale diritto,
 asserendo  essere  intervenuta  la  decadenza.  Ne  consegue  che  la
 estinzione   della   causa  impedisce  l'accertamento  della  attuale
 sussistenza del diritto,  a  fronte  della  sua  negazione  da  parte
 dell'ente  al  quale  e'  rimessa  la  formazione  degli  elenchi dei
 soggetti ai quali deve essere liquidato quanto previsto dal comma 181
 nei limiti di cui al comma 182 legge n. 662/1996.
   La legittimita' costituzionale di questi due commi, a sua volta, se
 non  rileva direttamente in causa, in presenza del disposto del comma
 183, in quanto la determinazione delle somme da  corrispondere  e  le
 modalita'  della  erogazione  sono  sottratte  alla  statuizione  del
 giudice,  rileva  indirettamente  al  fine  della  valutazione  della
 legittimita'  della  previsione del comma 183, che si pone come norma
 di  chiusura  di  un  articolato  teso  a  definire  il   contenzioso
 pensionistico   stragiudizialmente,   in   via   amministrativa,  con
 pagamenti differiti ed "a stralcio".
   Rileverebbe altresi' direttamente, ove fosse accolta  la  eccezione
 di  illegittimita'  costituzionale  relativa al comma 183, perche' da
 essi dipende l'ammontare delle somme alle quali i pensionati  avranno
 diritto  e  la  possibilita'  di  pretenderne  il  pagamento in forma
 esecutiva, sia in relazione al capitale, che agli accessori.
   Orbene, gia' la stessa Corte di cassazione,  con  ordinanza  del  2
 maggio  1996  n.  382,  aveva  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale delle disposizioni del  d.-l.  28  marzo  1996,  n.166
 riprodotte  dai commi 181, 182 e 183 dell'art. 1 legge n. 662/96, con
 riferimento ai giudizi relativi  ai  crediti  vantati  in  forza  del
 disposto  della  sentenza  della Corte costituzionale n. 240 relativa
 alla cristallizzazione delle integrazione  al  minimo  della  seconda
 pensione.
   La  formale  autonomia  di  questa  legge  rispetto al decreto gia'
 impugnato di incostituzionalita', aveva indotto  questo  tribunale  a
 riproporre la questione, con riferimento agli artt. 3 primo comma, 24
 e  38  della  Costituzione,  in  ordine  alla  legge  n. 662/1996, in
 relazione ai giudizi relativi alla cosiddetta "cristallizzazione".
   La identita' delle norme che dovrebbero trovare applicazione  e  la
 affinita'  delle  problematiche sottese ai diritti azionati in questo
 giudizio rende necessario ora estendere espressamente le questioni di
 illegittimita' costituzionale gia' sollevate alla diversa fattispecie
 contemplata dal comma 181 dell'art. 1 della legge  n.  662/96  e  qui
 dedotta  ad oggetto del giudizio, relativa alla misura della pensione
 di  reversibilita',  come  determinata  con la sentenza   n. 495/1993
 della Corte costituzionale.
   In primo luogo si contesta la legittimita' costituzionale dell'art.
 1, comma 183, della legge 23  dicembre  1996  n.  662,  in  relazione
 all'art.   24 della Costituzione, per violazione del diritto ad agire
 a tutela dei propri diritti,  in  quanto  impone  la  estinzione  dei
 giudizi  pendenti, in relazione a "tutte" le questioni attinenti alle
 materie regolate dai commi 181 e 182, e  quindi  tutte  le  questioni
 relative  alla  misura  della  pensione di reversibilita' di pensione
 gia' integrata al minimo ed al diritto  alla  sua  conservazione,  ed
 alla  misura  delle  somme  da  corrispondersi  di  conseguenza,  per
 differenze di rateo maturate e maturande ed accessori,  anche  quando
 la  misura  della  pensione e la attuale azionabilita' del diritto al
 pagamento delle maggiori somme od alla liquidazione  degli  arretrati
 maturati  a  tale titolo, sono contestate dall'ente, laddove il comma
 181 ed il  comma  182  rimettono  alla  insindacabile  determinazione
 dell'ente  stesso,  da  assumere  al di fuori di ogni contenzioso, la
 identificazione dei soggetti aventi diritto alla  liquidazione  delle
 maggiori somme.
   Appare  ovvio  che  la  estinzione del giudizio, e la privazione di
 efficacia  dei  provvedimenti  (sentenze)  non  ancora   passati   in
 giudicato, impedisce al privato di ottenere l'accertamento giudiziale
 del  diritto  che  l'ente  gli  nega,  senza  che  al  pensionato sia
 garantito in alcun modo neppure l'inserimento negli elenchi di cui al
 comma 181.
   La  possibilita'  di  istaurare  un  nuovo  giudizio  per  ottenere
 l'accertamento  del  diritto in caso di esclusione degli elenchi, che
 potrebbe essere addotta per  negare  la  violazione  del  diritto  di
 agire, oltre ad essere irrazionalmente onerosa, imponendo di iniziare
 un  nuovo  giudizio  dopo  l'abbandono (a spese compensate) di quello
 gia' avviato, appare in realta' meramente astratta  ed  eventuale,  e
 comunque  non  satisfattiva,  giacche'  la  formazione  degli elenchi
 riepilogativi degli aventi diritto e'  costruita  come  atto  interno
 dell'ente,  destinato ad essere completato in un lungo lasso di tempo
 (sei anni) al di fuori di  ogni  contraddittorio,  per  modo  che  il
 pensionato  e'  destinato  a  rimanere  nella incertezza in merito al
 riconoscimento del suo diritto da parte dell'ente per un  periodo  di
 tempo   indeterminato,  durante  il  quale  maturano  prescrizioni  e
 decadenze,  e  questo  senza  contare  quella  ulteriore   causa   di
 estinzione  dei  crediti  maturati,  surrettiziamente  introdotta dal
 comma 182, che pero' e' la piu'  rilevante  per  un  ceto  creditorio
 costituito da anziani, ossia la morte dell'avente diritto.
   Il  vulnus  al  diritto  di  agire  appare  ancora  piu'  grave  ed
 arbitrario in quanto del tutto irrazionale e facilmente evitabile.
   Infatti  e'  nell'interesse  stesso  dell'ente   erogatore   vedere
 definite   giudizialmente  senza  ulteriori  ritardi  ed  aggravi  le
 controversie relative  a  rapporti  per  i  quali  permane  effettivo
 contrasto sulla esistenza del diritto vantato dal  pensionato.
   Di  contro,  la  subordinazione  della  estinzione della causa alla
 avvenuta iscrizione del pensionato negli elenchi di cui al comma  181
 -  con  un collegamento non previsto dalla norma, anche se forse dato
 per scontato dal suo estensore - in tutti i casi in cui la resistenza
 in giudizio da parte dell'ente era determinata  da  mere  ragioni  di
 bilancio,  si sarebbe configurata come estinzione per cessata materia
 del contendere, con esclusione di  eversioni  del  diritto  di  agire
 contemplato dall'art. 24 della Costituzione.
   Una  piu' pregnante violazione del diritto di agire di cui all'art.
 24 della Costituzione, era stata ravvisata dalla Corte di  cassazione
 in  relazione  all'art. 1 del decreto-legge n. 166/96 e si ritiene di
 dovere qui riproporre, in relazione al disposto dei commi 181  e  182
 citati,  in  quanto  vengono  ad  incidere  su  diritti  maturati, da
 identificarsi nei crediti per differenze di rateo maturate  e  per  i
 relativi interessi.
   La  novella,  escludendo  dal  pagamento  interessi e rivalutazione
 maturati fino al 31 dicembre 1995,  e  riconoscendo  per  il  periodo
 successivo  "interessi"  entro  limiti ancora inferiori a quanto gia'
 stabilito con la legge numero 412/1991, in  quanto  fatti  pari  alla
 sola  svalutazione,  riduce significativamente l'ammontare del debito
 da saldare. L'intervento del legislatore, finalizzato  a  sopprimere,
 almeno  in  parte,  ovvero  comprimere,  un  diritto  gia' perfetto e
 maturato, nel momento in cui la parte ne chiede l'accertamento  e  la
 soddisfazione  al  giudice, integra da solo una indebita compressione
 del diritto di agire.
   Del  pari  si  pone  in  contrasto con l'art. 24 della Costituzione
 anche il comma 183, nella parte in cui, prevedendo  la  compensazione
 delle  spese,  fa  ricadere su chi era stato costretto a ricorrere al
 giudice per far valere i propri diritti i costi di un  giudizio  reso
 necessario  dal comportamento negativo dell'ente, proprio nel momento
 in cui riconosce la fondatezza della pretesa azionata.
   Un  ulteriore  profilo  di  incostituzionalita'   della   normativa
 esaminata,   deve   ravvisarsi   in  riferimento  all'art.  38  della
 Costituzione, laddove le misure che delimitano la misura del  credito
 destinato   ad   esser  soddisfatto  e  prevedono  pagamenti  rateali
 differiti  vengono  ad  incidere  su  somme  dovute   a   titolo   di
 integrazione  al  minimo  di  trattamento pensionistico, l'erogazione
 delle quali presuppone che il defunto non avesse redditi  sufficienti
 al soddisfacimento dei bisogni minimi di vita.
   Il   fatto   che  la  integrazione  fosse  stata  riconosciuta  sul
 trattamento liquidato al  defunto  non  permette  di  concludere  che
 l'avente  diritto  alla reversibilita' abbia redditi propri in misura
 tale da rendere superflua la integrazione della  pensione  erogata  a
 lui:  anzi,  la  sentenza  della Corte costituzionale n. 495/1993 era
 proprio fondata sulla necessita' di mantenere il  coniuge  superstite
 al  riparo dallo stato di bisogno che potrebbe derivargli dalla morte
 del congiunto titolare della pensione  integrata,  in  considerazione
 della  funzione  di  sostentamento  assolta  in  vita  dal de cuius e
 destinata  ad  essere  surrogata  per  il  coniuge  superstite  dalla
 pensione di reversibilita'.
   In  tal  modo con la esclusione degli accessori e la rateazione nel
 tempo del pagamento del dovuto,  si  viene  a  decurtare  prestazioni
 previdenziali che si deve presumere concorrano ad integrare il minimo
 indispensabile  per  sovvenire ai bisogni di vita di soggetti che per
 eta' o malattia non sono in grado di procacciarsi redditi da lavoro.
   Infine il combinato disposto dei commi 181, 182, 183 art.  1  legge
 n.  644/1996  appare  in  contrasto  con l'art. 3 della Costituzione,
 perche' introduce un trattamento deteriore  nel  soddisfacimento  dei
 crediti  relativi  agli  arretrati per quote di rateo di pensione non
 corrisposte per alcune categorie di  pensionati,  rispetto  a  quello
 riconosciuto  per  gli  altri crediti previdenziali, senza che questo
 trovi una giustificazione se non in  un  fatto  puramente  casuale  e
 comunque estraneo alla natura del credito.
   Si giunge anzi all'anomalia di riservare un trattamento deteriore a
 soggetti  identificati  in  quanto  appartenenti a fasce marginali di
 categorie deboli (titolari di quote di pensioni integrate al  minimo)
 benche'  queste, al contrario, dovrebbero essere oggetto di specifica
 protezione, per espresso dettato della Costituzione.
   L'arbitrario discrimine appare particolarmente evidente  la'  dove,
 al  comma 182, si limita il credito al capitale, e, per il futuro, si
 quantificano gli  interessi  nella  sola  misura  della  svalutazione
 rilevata dagli indici ISTAT sul costo della vita, mentre al comma 185
 dell'art.  2  della  stessa  legge  il  tasso  legale di interessi e'
 ridotto, per il futuro, fissandolo al  5%  minimo,  con  facolta'  di
 modifica la parte del Ministro del Tesoro, in relazione al rendimento
 medio  dei  titoli  di  Stato  e  del  tasso di inflazione, ossia con
 criteri destinati a garantire  che  rimanga  superiore  al  tasso  di
 inflazione.
   Cosi' puntualizzati i dubbi sulla legittimita' costituzionale delle
 norme  che dovrebbero definire il presente giudizio, il tribunale non
 puo' esimersi da alcune considerazioni conclusive.
   Le norme esaminate, evidentemente dettate da pressanti esigenze  di
 bilancio,  con le loro previsioni di pagamenti differiti, eseguiti "a
 stralcio" mediante datio in solutum di titoli da parte del  Ministero
 del tesoro, che in tal modo si accolla direttamente debiti degli enti
 previdenziali,  paiono  piu'  ispirate  alle  soluzioni  del  diritto
 fallimentare che ai principi del diritto previdenziale.
   Tuttavia anche in quell'ottica necessitata la individuazione  delle
 categorie  da soddisfare con pagamenti parziali, ed all'interno delle
 categorie,  dei  singoli  ai  quali  corrispondere  qualcosa,  appare
 discutibile  sul  piano costituzionale, perche' se i soggetti colpiti
 da un privilegio negativo in questo caso sono pensionati che in forza
 della disposizione dichiarata incostituzionale  con  la  sentenza  n.
 495/1993  non  avevano  diritto  al  pagamento  di alcuna quota della
 integrazione al minimo riconosciuta al proprio dante  causa  ai  fini
 del   calcolo   dell'ammontare   della   pensione  di  reversibilita'
 spettante, sono sempre  soggetti  appartenenti  alle  categorie  piu'
 deboli,  alle  quali  dovrebbe invece essere riconosciuta particolare
 tutela.
   Ma  ancora  piu'  discutibile  e'  la  scelta  di  "cancellare"  il
 contenzioso  giudiziario  senza  alcun  collegamento con quanto viene
 statuito in sede amministrativa.
   Questi  profili  di  illegittimita'  costituzionale  impongono   la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
                                P. Q. M.
   Il   tribunale   di  Voghera,  pronunciando  sull'appello  proposto
 dall'I.N.P.S.  - Istituto Nazionale di previdenza sociale  -  avverso
 le  sentenze  del pretore di Voghera n. 210, 211, 215, 216 e 217 date
 il  22  novembre  1995  sui  ricorsi  in  materia  di  previdenza  ed
 assistenza  sociale  proposti  da  Pedamonti Augusta, Murelli Angelo,
 Bergamaschi Bianca, Parentela Agostino  e  Fusi  Angelita,  in  punto
 "calcolo della reversibilita' su pensione integrata al minimo";
   Visto  l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87, dichiara
 rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita'
 costituzionale dell'art. 1, comma 183, legge 23 dicembre 1996 n.  662
 e del combinato disposto dei commi 181, 182, 183 art. 1 legge citata,
 in relazione agli artt. 24, 38 e 3 della Costituzione, nella parte in
 cui rispettivamente:
     dichiarano  la  estinzione  dei  giudizi  pendenti  in materia di
 questioni relative a somma da pagare da parte di enti previdenziali a
 seguito della sentenza della Corte costituzionale n.  495  del  29/31
 dicembre 1993;
     dichiarano privi di effetto i provvedimenti giudiziari non ancora
 passati in giudicato aventi ad oggetto le stesse questioni;
     dichiarano estinti i giudizi a spese compensate;
     prevedono  il  pagamento delle somme dovute mediante assegnazione
 di  titoli  di  Stato,  in  sei   annualita',   con   esclusione   di
 rivalutazione ed interessi fino al 3l dicembre 1995;
     prevedono  il pagamento di interessi per il periodo posteriore al
 31 dicembre 1995 nella misura della variazione dell'indice dei prezzi
 al  consumo  per  le  famiglie  di  operai  ed  imipiegati  accertata
 all'lSTAT nell'anno precedente;
   Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
   Sospende    il    giudizio   fino   all'esito   del   giudizio   di
 costituzionalita';
   Ordina che la presente ordinanza sia notificata alle  parti  ed  al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri e notificata ai Presidenti del
 Senato e della Camera.
     Voghera, addi' 21 gennaio 1997
                      Il presidente: Cattarinich
 97C0301