N. 27 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 24 marzo 1997
N. 27 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 24 marzo 1997 (della regione Toscana) Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio - Autorizzazione del presidente della regione allo smaltimento in discarica di rifiuti - Subordinazione alla obbligatoria intesa con il Ministro dell'ambiente - Previsione della emanazione di ordinanze contingibili ed urgenti da parte del presidente della giunta regionale con una durata massima non superiore a sei mesi reiterabili non piu' di due volte - Previsione, altresi', dell'adozione delle ordinanze stesse, oltre i predetti limiti, solo d'intesa con il Ministro dell'ambiente. Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Attuazione delle sopra indicate direttive - Attribuzione allo Stato della determinazione dei criteri per l'individuazione degli interventi di bonifica di interesse nazionale - Mancata previsione della partecipazione della regione nella determinazione degli interventi stessi. Ambiente (tutela dell') - Inquinamento - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione, in caso di mancata realizzazione degli interventi previsti nel piano regionale di gestione dei rifiuti, del potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente - Mancata previsione almeno della partecipazione della regione nella determinazione degli interventi sostitutivi posti in essere dal Ministro dell'ambiente - Violazione della competenza regionale in materia di tutela dell'ambiente, igiene del suolo e smaltimento dei rifiuti. (D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, artt. 5, comma 6, 13, comma 4, 18, comma 1, lett. n), e 22, comma 9). (Cost., artt. 117 e 118; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 80 e 101).(GU n.16 del 16-4-1997 )
Ricorso della regione Toscana, in persona del presidente pro-tempore a cio' autorizzato con deliberazione della giunta regionale n. 255 del 10 marzo 1997, rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto, dagli avvocati Vito Vacchi e Fabio Lorenzoni, domiciliato presso lo studio di quest'ultimo in Roma, via del Viminale n. 43 nei confronti dello Stato, in persona del Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri, domiciliato per la carica in Roma, palazzo Chigi per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale per invasione della sfera di competenza regionale, degli artt. 5, sesto comma, 13, quarto comma, 18, primo comma, lett. n), 22, nono comma del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio", pubblicato sul supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 38 del 15 febbraio 1997 - serie generale, per contrasto con gli artt. 117 e 118 della Costituzione, cosi' come attuati dagli artt. 80 e 101 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Con leggi 22 febbraio 1994, n. 146 e 6 febbraio 1996, n. 52 il Governo e' stato delegato ad adottare decreti legislativi per l'attuazione delle direttive comunitarie 91/156 relativa ai rifiuti, 91/689 sui rifiuti pericolosi e 94/62 sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. In attuazione della normativa comunitaria, si supera la logica del mero smaltimento dei rifiuti, a favore della loro gestione: la nuova filosofia muove da un sistema di prevenzione che consenta - a monte - di sviluppare tecnologie pulite sia di produzione che di smaltimento e - a valle - di recuperare piu' facilmente mediante riciclo, reimpiego e riutilizzo; l'obiettivo e' quindi la gestione complessiva e ottimale del rifiuto non piu' circoscritta alle fasi di smaltimento come invece prevedeva l'ormai abrogato d.P.R. n. 915/1982. E' indubbia la rilevanza della nuova normativa; tuttavia il decreto delegato ha introdotto alcune disposizioni che si pongono in contrasto con le competenze regionali in materia di tutela ambientale, con particolare riferimento alla prevenzione e controllo dell'igiene del suolo e alla disciplina della raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti e in matera di disciplina dell'uso del territorio. 1. - L'art. 5, sesto comma, dispone che dal 1 gennaio 2000 lo smaltimento in discarica sara' consentito limitatamente ai rifiuti inerti, ai rifiuti individuati da specifiche norme tecniche ed ai rifiuti che residuano da riciclaggio, recupero e da alcune operazioni di smaltimento. E' poi previsto che in casi di comprovata necessita' e per periodi di tempo determinati, il presidente della regione, d'intesa con il Ministro dell'ambiente, possa autorizzare lo smaltimento in discarica nel rispetto di apposite prescrizioni tecniche e delle norme vigenti in materia. L'art. 13, dopo avere disciplinato i presupposti per l'emanazione delle ordinanze contingibili ed ugenti con una durata limitata a sei mesi, al quarto comma, prevede che le stesse ordinanze non possano essere reiterate per piu' di due volte; il presidente della giunta regionale tuttavia, solo d'intesa con il Ministro dell'ambiente, puo' adottare ordinanze anche oltre i predetti termini a fronte di comprovate necessita'. Entrambe le disposizioni considerate, quindi, subordinano l'esercizio di poteri regionali alla previa intesa con il Ministero dell'ambiente. In merito, pur nella impossibilita' di ricondurre l'intesa ad una nozione di carattere unitario, stante il riconosciuto carattere flessibile dell'istituto, si rileva che dall'esame della giurisprudenza costituzionale e' possibile trarre dei principi fondamentali che regolano l'istituto stesso. In particolare: l'intesa e' "un paradigma di concertazione, di coordinamento, di leale cooperazione", e quindi strumento per l'esercizio in forma collaborativa del potere, che ha lo scopo di conciliare gli interessi di cui sono portatori Stato e regioni, per la risoluzione delle possibili interferenze tra le diverse funzioni loro assegnate (sentenze Corte costituzionale nn. 203/1974; 21/1991; 304/1994); ove sia prevista l'intesa, quale che sia la sua natura, l'ente cui spetta esprimere il proprio consenso, in quanto titolare di un potere di effettiva partecipazione all'esercizio di una competenza, deve essere coinvolto nella determinazione del contenuto del provvedimento (sentenza n. 747/1988); in certi casi l'intesa diviene una forma di coordinamento paritario o di determinazione paritaria del contenuto di un atto; e' l'intesa c.d. in senso forte, che ha i connotati tipici del modello convenzionale, a fronte di materie interferenti e di competenze concorrenti di due soggetti istituzionali. Qui "i soggetti partecipanti sono posti sullo stesso piano in relazione alla decisione da adottare nel senso che quest'ultima deve risultare come il prodotto di un accordo e quindi di una negoziazione diretta tra il soggetto cui la decisione giuridicamente imputata e quello la cui volonta' deve concorrere alla decisione stessa" (sentenze nn. 337/1989; 220/1990; 116/1994). Naturale corollario di tale intesa in senso forte e' che la mancata intesa tra le parti inibisce il proseguimento del procedimento; in altri casi l'istituto assume i caratteri dell'intesa c.d. in senso debole, che comporta un obbligo di trattare con l'altro soggetto, o di acquisirne il parere o di esplicitare i motivi per cui si procede pur in mancanza di intesa (sentenze nn. 514 e 1031 del 1988; 180/1989). In queste ipotesi, quindi, il modulo procedimentale dell'intesa non ha effetti paralizzanti dell'esercizio delle competenze di cui un ente e' titolare, perche' la leale cooperazione e' ritenuta assicurata dalla partecipazione al procedimento, senza che sia pero' necessario pervenire alla codeterminazione paritaria del contenuto dell'atto. Nel caso in esame il decreto delegato - in entrambe le disposizioni richiamate - sancisce l'obbligatorieta' intesa con il Ministro dell'ambiente da parte dell'amministrazione regionale, senza prevedere l'attivazione di strumenti che comunque consentano la conclusione del procedimento di competenza regionale, anche in caso di mancata intesa. Da cio' si deduce, dunque, il carattere di "intesa forte" che si vuol attribuire all'istituto nel caso in esame, con conseguente necessario consenso espresso dallo Stato sulle scelte regionali. Ma, come gia' accennato, l'intesa in senso forte si rende necessaria per risolvere le possibili interferenze tra diverse funzioni assegnate allo Stato e alle regioni, mentre nel caso in esame non ricorre tale esigenza, in quanto il decreto delegato distingue i compiti dello Stato da quelli delle regioni (artt. 18 e 19) e riconosce alle regioni il potere di emanare atti contingibili ed urgenti a fronte di comprovata emergenza (fermi restando i poteri del presidente della provincia e del sindaco, nel caso di cui all'art. 13, primo comma). Quindi la introduzione di detta intesa forte non assolve alla sua funzione specifica di strumento di cooperazione a fronte di una molteplicita' di competenze tra esse interferenti riferibili a soggetti diversi a tutti di rilievo costituzionale, ma diviene piuttosto un modo per attribuire allo Stato una posizione di supremazia e di vigilanza, non prevista dalla Costituzione, su funzioni di competenza delle regioni e da esse esercitate, imponendo alle stesse amministrazioni regionali, nell'ambito di settori di loro spettanza, illegittimi "moduli procedimentali che condizionano in radice l'esercizio delle riconosciute attribuzioni", (sentenza Corte costituzionale n. 483/1991). Pertanto il previsto potere ministeriale e' lesivo delle competenze regionali in materia di tutela ambientale e organizzazione dei servizi di gestione dei rifiuti, di cui agli artt. 117 e 118 della Costituzione come attuati dall'art. 101, secondo comma, lett. b), del d.P.R. n. 616/1977. 2. - L'art. 18, primo comma, lett. n), dispone tra l'altro, che lo Stato determina i criteri per individuare gli interventi di bonifica di interesse nazionale; da tale riconoscimento discende che una serie di competenze relative agli interventi di bonifica e di ripristino ambientale passano dalla regione allo Stato (art. 17). Si tratta quindi di un effetto fortemente incidente sulle competenze regionali non solo in materia di tutela ambientale, ma anche di pianificazione territoriale, in quanto l'autorizzazione a realizzare il progetto approvato (dallo Stato in caso di intervento di interesse nazionale) comporta variazione agli strumenti urbanistici e sostituisce tutti gli atti necessari per la realizzazione dell bonifica stessa (art. 17, settimo comma). Detta incidenza rilevante sulle attribuzioni regionali - che la regione ricorrente ha gia' esercitato con proprie leggi ed atti (l.r. 12 maggio 1993, n. 29 e successive modifiche, concernente i criteri di utilizzo di aree inquinate soggette a bonifica e relativo piano di bonifica delle aree inquinate approvato con delibera del Consiglio regionale n. 167/1993) avrebbe imposto un coinvolgimento delle regioni invece non sancito dalla disposizione impugnata. Infatti questa si limita a prevedere che gli atti di determinazione dei criteri per l'individuazione degli interventi di interesse nazionale siano adottati sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, regioni e province autonome di Trento e Bolzano (art. 18, terzo comma). Ma il parere della Conferenza Stato-regioni sui criteri e' diverso dal parere espresso in relazione a singoli interventi di interesse nazionale e quindi non fungibile con quest'ultimo: "la distinzione tra pareri delle singole regioni e il parere della Conferenza Stato-regioni risulta con evidenza dalla stessa disciplina delle funzioni della Conferenza. Nel caso in cui le regioni siano chiamate ad esprimere pareri nell'ambito di un procedimento statale che interessi le loro competenze, tali pareri sono resi dai presidenti delle regioni nell'ambito della Conferenza (art. 6, sesto comma del d.lgs. 16 dicembre 1989, n. 418), ma conservano la loro consistenza di autonomo atto del procedimento" (sentenza Corte costituzionale n. 33/1994). Nel caso in esame - dato che il riconoscimento dell'interesse nazionale dell'intervento priva le regioni delle loro competenze istituzionali - il principio di leale cooperazione, piu' volte richiamato dalla giurisprudenza costituzionale anche a tutela delle potesta' regionali (sentenza n. 85/1990), avrebbe imposto la previsione della partecipazione regionale non solo per la determinazione dei criteri di individuazione degli interventi di interesse nazionale, ma anche per l'individuazione concreta dei singoli interventi di interesse nazionale e in quanto tali riservati allo Stato: cio' invece e' stato del tutto omesso dal legislatore delegato, con conseguente lesione delle attribuzioni regionali ex artt. 117 e 118 della Costituzione. 3. - L'art. 22, nono comma, prevede un potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente nel caso in cui le autorita' competenti non realizzino gli interventi previsti nel piano regionale, con possibilita', per lo stesso Ministro, di adottare i provvedimenti necessari ed idonei per l'attuazione del medesimo piano. Anche tale disposizione interferisce illegittimamente con le attribuzioni regionali in materia di tutela ambientale. Essa infatti attribuisce esclusivamente al Ministro dell'ambiente il potere di controllare lo stato di attuazione del piano regionale ai fini dell'adozione dei conseguenti poteri sostitutivi. In tal modo si rende di fatto priva di efficacia la vigilanza che la regione esercita sulla realizzazione del proprio piano, perche' in caso di inerzia dei soggetti attuatori non puo' intervenire. Inoltre va considerato che il piano regionale, di norma, non contiene disposizioni puntuali, specifiche, prescrittive e applicabili in modo automatico, ma implica, proprio per la sua natura di atto di pianificazione, scelte discrezionali sulle modalita' di attuazione. La norma in questione viene pertanto a privare la regione di tale potere discrezionale in merito alle modalita' di attuazione del piano, con ulteriore vulnus delle competenze regionali, sia perche' a fronte dell'inerzia degli enti attuatori il potere sostitutivo non e' posto, in prima battuta, in capo alle regioni, sia perche' comunque, non si prevede una partecipazione effettiva delle regioni nella determinazione degli interventi sostitutivi posti in essere dal Ministro dell'ambiente.
P. Q. M. La regione Toscana chiede che questa Corte voglia dichiarare illegittime, per violazione degli artt. 117 e 118 della Costituzione, come attuati dagli artt. 80 e 101 del d.P.R. n. 616/1997 per invasione delle attribuzioni costituzionalmente riservate alle regioni in materia di tutela dell'ambiente, igiene del suolo, smaltimento dei rifiuti e pianificazione territoriale, le seguenti norme del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22: art. 5, sesto comma, e 13, quarto comma, nella parte in cui subordinano l'autorizzazione regionale allo smaltimento in discarica e l'emanazione di ordinanze regionali contingibili ed urgenti oltre i termini consentiti, alla obbligatorieta' intesa con il Ministro dell'ambiente; art. 18, primo comma, lett. n), nella parte in cui non prevede una partecipazione regionale nella determinazione degli interventi di bonifica di interesse nazionale; dell'art. 22, nono comma, nella parte in cui non prevede che in caso di mancata realizzazione degli interventi previsti nel piano regionale di gestione dei rifiuti il potere sostitutivo sia esercitato dall'amministrazione regionale e nella parte in cui non prevede comunque una partecipazione della regione nella determinazione degli interventi sostitutivi posti in essere dal Ministro dell'ambiente. Firenze-Roma, addi' 11 marzo 1997 Avv. Vito Vacchi - avv. Fabio Lorenzoni 97C0302