N. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 marzo 1997
N. 28 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 26 marzo 1997 (della regione Lazio) Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CEE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio - Qualificazione di tutte le norme contenute nel decreto stesso quali principi fondamentali della legislazione statale per le regioni a statuto ordinario e di norme di riforma economico-sociale per le regioni a statuto speciale solo "delle disposizioni di principio" del decreto stesso - Previsione dell'emanazione di ordinanze contingibili e urgenti in materia di rifiuti da parte del presidente della giunta regionale, del presidente della provincia o del sindaco nell'ambito delle rispettive competenze e di un potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente dopo centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze stesse, in caso di inerzia, previa diffida a provvedere entro un congruo termine - Sconvolgimento della ripartizione delle competenze tra Stato, regioni ed enti locali con attribuzione alla provincia di poteri decisionali d'urgenza in materia sanitaria in assenza di corrispondenti funzioni di rilievo nella materia stessa. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione della riserva allo Stato della definizione dei piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione del valore di variante urbanistica dell'autorizzazione comunale agli interventi di bonifica, con completa esclusione della regione dal relativo procedimento. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate diirettive - Previsione dell'attribuzione al Ministro dell'ambiente dell'esercizio di poteri sostitutivi, in caso di mancata realizzazione degli interventi previsti nei piani regionali per la gestione dei rifiuti - Previsione della possibilita' di costruzione, all'interno di insediamenti industriali esistenti, di impianti per il recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano regionale mediante la stipulazione di appositi accordi di programma con il Ministro dell'ambiente di concerto con il Ministro dell'industria e di intesa con le regioni. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione dell'attribuzione alle province della disciplina delle forme di cooperazione tra gli enti locali al fine della gestione dei rifiuti. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione dell'istituzione di un "Osservatorio nazionale sui rifiuti" con funzioni programmatorie, di controllo e di vigilanza - Mancata previsione della partecipazione allo stesso di rappresentanti regionali. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione dell'istituzione del Consorzio nazionale imballaggi (CONAI) tra produttori e utilizzatori di imballaggi con natura di ente privato e il compito di definire gli ambiti territoriali di un sistema integrato di raccolta, selezione e trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta e smistamento. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione dell'integrazione dei piani regionali per la gestione dei rifiuti con apposito capitolo elaborato dal CONAI. Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive - Previsione dell'applicazione delle vigenti norme tecniche e regolamentari sulla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti sino all'adozione della nuova normativa tecnica prevista dal decreto con la precisazione che "ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai rifiuti pericolosi". Indebito ampliamento della competenza del Ministro dell'ambiente a scapito delle regioni - Irrazionalita' - Incidenza sul principio di buon andamento della p.a. - Violazione della competenza e autonomia regionale nonche' del principio di leale collaborazione fra Stato e regioni - Non consentita deroga al diritto comunitario. (D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22, artt. 1, 13, 17, 18, 22, commi 9 e 11, 23, comma 5, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 41, 42, comma 5, e 57, comma 1). (Cost., artt. 3, 5, 11, 76, 97, 115, 117 e 118; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 6, 27, 34, 101 e 102; legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 38; d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 3; legge 8 giugno 1990, n. 142; legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 43).(GU n.16 del 16-4-1997 )
Ricorso della regione Lazio, in persona del presidente pro-tempore dott. Pietro Badaloni, rappresentata e difesa, come da mandato a margine del presente atto ed in virtu' di deliberazione di G.R. di autorizzazione a stare in giudizio n. 1148 dell'11 marzo 1997, dagli avv.ti Giuseppe La Cute e proff.ri Paolo Dell'Anno e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'ultimo in Roma, Lungotevere delle Navi, n. 30 contro il presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, recante "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, pubblicato nel suppl. ord. alla Gazzetta Ufficiale - serie generale n. 38 del 15 febbraio 1997, specificamente quanto agli artt. 1, 13, 17, 18, 22, commi 9 e 11, 23, comma 5, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 41, 42, comma 5, 57, comma 1. F a t t o Il d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22 (Gazzetta Ufficiale 15 febbraio 1997 n. 38, in s.o. n. 33) trae la propria legittimazione dalle deleghe contenute nella legge 22 febbraio 1994 n. 146 (c.d. legge comunitaria) e nella legge 6 febbraio 1996 n. 52. La prima delegava il Governo per l'attuazione delle direttive 91/156/CEE, 61/689/CEE, 94/31/CE, relative alla gestione dei rifiuti, anche pericolosi. La seconda concerneva la delega all'attuazione della direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi. La nuova normativa sostituisce quasi integralmente la precedente disciplina sui rifiuti, frutto di progressive sovrapposizioni tra il d.lgs. 10 settembre 1982 n. 915, che costituiva il primo atto di recepimento delle normative comunitarie in materia di rifiuti, e le leggi 29 ottobre 1987 n. 441, 9 novembre 1988 n. 475, 10 febbraio 1988 n. 45, 9 novembre 1988 n. 475, 10 febbraio 1988 n. 45. Vengono conservate le norme regolamentari e quelle tecniche via via emanate, fino all'approvazione delle molte decine di decreti ministeriali previsti dal nuovo ordinamento (art. 57). La materia dello smaltimento dei rifiuti, ora definita in conformita' alla terminologia comunitaria come "gestione", in quanto comprensiva anche del recupero di materiali o energia, e' ascritta alla competenza regionale dal d.lgs. 24 luglio 1977 n. 616, che trasferisce alle regioni le funzioni amministrative per la tutela dell'ambiente, ed in specie "la disciplina della raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti solidi urbani (ed) industriali" (art. 101, comma secondo, lett. b), seconda proposizione). Codesta ecc.ma Corte costituzionale, nel confermare la valutazione del decreto legislativo n. 616/1977 come fonte di attuazione della Costituzione, ma priva di efficacia sovraordinata alla legislazione ordinaria, ha piu' volte affermato che la riserva allo Stato di competenze amministrative deve essere giustificata sulla base di effettive esigenze nazionali di carattere unitario, ovvero di adempimento di obblighi comunitari, ma non puo' essere estesa fino a negare l'attribuzione operata in via generale. Il decreto legislativo n. 22 del 1997 non si limita a fissare i principi generali della materia ed a dettare i criteri uniformi per la sua applicazione ma - rovesciando la logica del d.P.R. n. 616 del 1977 - disciplina in modo puntuale le modalita' di esercizio dei compiti regionali, invadendo sistematicamente l'area, gia' ristretta, delle attribuzioni di settore fissate dalla legislazione precedente. Illuminante, a tal proposito, e' la lettura, pur sommaria, dell'art. 18 del decreto, recante l'elencazione delle competenze che lo Stato riserva a se stesso. Nel lunghissimo doppio elenco di competenze riservate allo Stato (nei commi 1 e 2), il richiamo all'interesse nazionale come criterio attributivo della riserva e' menzionato solo per la bonifica delle discariche (art. 18, primo comma, lett. n). Oltre alla tradizionale funzione di indirizzo e coordinamento, tra le attribuzioni amministrative dello Stato emergono "l'individuazione dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari" (materia di sicura competenza regionale), la definizione dei piani di settore, per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti (senza chiarire se il loro rapporto con la pianificazione regionale in materia e' di sovraordinazione, integrazione ascendente o discendente). Il rinvio operato dal decreto ad oltre cinquanta atti regolamentari e tecnici determina, poi, una situazione di incertezza in ordine al reale ambito di attribuzioni regionali. Se questa e' l'impostazione di fondo del decreto legislativo in epigrafe, non sorprende che moltissime sue disposizioni siano illegittime, per i seguenti motivi di D i r i t t o 1. - Quanto all'art. 1, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 115 e 117 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 6 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Il secondo comma del menzionato art. 1 dispone che "Le regioni a statuto ordinario regolano la materia disciplinata dal presente decreto nel rispetto delle disposizioni in esso contenute, che costituiscono principi fondamentali della legislazione statale ai sensi dell'art. 117, primo comma, della Costituzione". Che cosa il legislatore statale abbia qui inteso dire e' evidente, ed e' comunque chiarito dal successivo terzo comma, ove si prevede che costituiscano "norme di riforma economico-sociale nei confronti delle regioni a statuto speciale" solo le "disposizioni di principio del presente decreto". In altri termini: mentre per le regioni a statuto ordinario tutte le disposizioni del decreto, anche quelle di minutissimo dettaglio, fungono da limite alla potesta' legislativa regionale in qualita' di "principi fondamentali" ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, per le regioni a statuto speciale valgono da limite solo le "disposizioni di principio" in quanto "norme di riforma economico-sociale". Cosi disponendo, il legislatore statale (esercitando quel discutibile potere di autoqualificazione che da tempo codesta ecc.ma Corte ha circondato di estreme cautele) e' caduto in un paradosso ed in una contraddizione evidenti: riconosce, per tabulas, che non tutte le disposizioni del decreto impugnato sono "di principio" (tanto e' vero che solo alcune disposizioni, e precisamente quelle che "di principio" sono veramente, valgono da limite per le regioni a statuto speciale), ma allo stesso tempo qualifica come "principi fondamentali", ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, tutte le disposizioni nel decreto contenute, quale che ne sia la "vera" portata. In questo modo si viola la sfera di competenza costituzionalmente garantita alla ricorrente dagli artt. 5, 115 e 117 della Costituzione, atteso che si estendono i limiti alla potesta' legislativa regionale oltre quanto e' consentito dai predetti parametri (e si rammenti che, ai sensi dell'art. 6, secondo comma, del d.P.R. n. 616 del 1977, in caso di necessaria attuazione del diritto comunitario la legge statale si applica "in tutte le sue disposizioni" solo "in mancanza della legge regionale"), e si viola anche (sempre in riferimento agli art. 5, 115 e 117 della Costituzione) l'art. 3 della Costituzione, atteso che si differenzia illegittimamente fra regioni ordinarie e speciali sulla base di un profilo che dovrebbe essere invece del tutto irrilevante. E' chiaro, infatti, che per le une e le altre valgono limiti diversi. Tuttavia non e' meno chiaro che, se e' ben possibile che certi principi limitino le regioni ordinarie (in quanto principi fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione) e non quelle speciali (perche' non sono norme di riforma economico-sociale), non e' possibile che cio' che non e' principio sia considerato tale al solo scopo di limitare la potesta' legislativa delle regioni ordinarie. Si tratta di una odiosa ed irragionevole discriminazione, la cui illegittimita' e' evidente. 2. - Quanto all'art. 13, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 76, 115, 117 e 118 della Costituzione anche in riferimento agli artt. 27-34 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e all'art. 38 della legge 22 febbraio 1994 n. 146. Il primo comma dell'art. 13 del decreto impugnato prevede che "qualora si verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessita' di tutela della salute pubblica e dell'ambiente, e non si possa altrimenti provvedere", possano essere emanate ordinanze contingibili e urgenti da parte del presidente della Giunta regionale, del presidente della provincia oppure del sindaco, "nell'ambito delle rispettive competenze". Cosi' disponendo, tale previsione normativa determina una grave lesione delle prerogative costituzionali della ricorrente. Si deve invero rilevare che, ai sensi degli artt. 117 e 118 della Costituzione, le regioni sono titolari di potesta' legislativa e di connessa competenza amministrativa in materia sanitaria. Gli artt. 27-34 del d.P.R. n. 616 del 1977 hanno dato svolgimento al precetto costituzionale, trasferendo alle regioni tutte le funzioni amministrative in materia, per come definite dal comma primo dello stesso art. 27, e conservando alle province un ambito assai limitato di competenze in materia sanitaria (cfr. art. 33). Conformemente a quella impostazione la legge 8 giugno 1990 n. 142 ha mantenuto in capo al sindaco (e non certo ad un organo provinciale) il potere di adottare ordinanze d'urgenza in materia sanitaria. Anche il decreto impugnato ha conferito alla provincia competenze alquanto limitate, attribuendo i poteri piu' rilevanti in riferimento all'autorizzazione e alla gestione delle attivita' di trattamento dei rifiuti, rispettivamente, alla regione (cfr. ad es. art. 27) e al comune (cfr. art. 21). Del tutto incoerentemente con il precedente riparto di competenze, ed incoerentemente anche con la scelta di fondo compiuta dallo stesso decreto impugnato, l'art. 13 conferisce al presidente della provincia il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti in materia sanitaria, delle quali non e' dato comprendere ragioni e presupposti. Come si evince dall'art. 20, la provincia non e' titolare di alcun potere decisionale od operativo il cui esercizio possa o debba essere assicurato (addirittura|) in via d'urgenza. Ne' i compiti previsti dall'art. 23 (relativi ad attivita' di tipo essenzialmente pianificatorio) sono tali da esigere d'essere assistiti dal potere di ordinanza. E' stata dunque (non puo' ritenersi altrimenti) aperta la possibilita', per il presidente della provincia, di adottare ordinanze in materia sanitaria scavalcando sia la regione che il comune, e cioe' in riferimento ad attribuzioni che non pertengono al suo ente. La censurata previsione risulta dunque irragionevole, e quindi violativa dell'art. 3 Cost., in riferimento agli artt. 5, 115, 117 e 118 (anche per come attuati dal d.P.R. n. 616 del 1977), essi pure direttamente violati in ragione della lesione della sfera di competenza costituzionalmente garantita alla ricorrente. Violato (sempre in riferimento agli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione) e' peraltro anche l'art. 76 della Costituzione. A tal proposito basta infatti rilevare che fra i princi'pi e criteri direttivi fissati dalla legge di delegazione non ne esiste alcuno che faccia riferimento alla previsione di speciali poteri di ordinanza (cfr. art. 38 legge 22 febbraio 1994 n. 146), ed invece tale esplicita previsione sarebbe stata indispensabile, di fronte ad una scelta che - come dimostrato - si pone in rotta di collisione con i precedenti, consolidati indirizzi normativi. La rilevata illegittimita' del primo comma dell'art. 13 travolge, evidentemente, anche i commi terzo, quarto e quinto, che di quanto ivi previsto sono mero svolgimento. In riferimento in particolare al secondo comma, peraltro, va osservato che ivi si prevede un potere sostitutivo del Ministro dell'ambiente che e' radicalmente illegittimo. Si dispone infatti che, entro centoventi giorni dall'adozione delle ordinanze contingibili e urgenti di cu al primo comma, il presidente della regione "promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la raccolta differenziata, il riutilizzo, il riciclaggio e lo smaltimento dei rifiuti. In caso di "accertata inattivita'", il Ministro (dopo aver diffidato a provvedere "entro un congruo termine") puo' adottare in via sostitutiva le "iniziative necessarie". Questo meccanismo e' in grado di sconvolgere completamente la distribuzione delle competenze fra Stato, regioni ed enti locali. Si deve infatti ossservare che: a) l'intervento sostitutivo del Ministro e' consentito nel caso di inerzia successiva all'adozione di qualunque ordinanza contingibile e urgente ai sensi del comma primo. Di conseguenza, l'esercizio del potere sostitutivo sulla regione potrebbe essere determinato addirittura dall'adozione di un atto di una provincia o di un comune; b) i presupposti per l'esercizio del potere sostitutivo sono vaghi e generici (quali sono le "iniziative necessarie"?), tali dunque da consentire una abnorme e incontrollata compressione dell'autonomia regionale; c) le garanzie procedurali per l'esercizio del potere sostitutivo sono assolutamente insufficienti, e tali da essere incompatibili con il principio della leale cooperazione fra lo Stato e la regione. L'intero meccanismo di cui al secondo comma dell'art. 13 e' dunque violativo degli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione. 3. - Quanto all'art. 18, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 76, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento agli artt. 38 della legge 22 febbraio 1994 n. 146; 101 e 102 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Si e' gia' detto in narrativa che il complesso delle previsioni normative contenute in tale articolo e' tale che allo Stato viene riservata un serie impressionante di competenze, non necessariamente e logicamente collegate con l'esigenza di tutelare esigenze unitarie dell'intero ordinamento. In particolare, comunque, si deve censurare il primo comma, lett. e), ove si prevede la riserva allo Stato della "definizione dei piani di settore per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti". Si deve invero ricordare che l'art. 38 della legge n. 146 del 1994 non contiene alcun principio dal quale possa desumersi la necessita' di tale riserva. Al contrario, esso si limita a sollecitare la raccolta differenziata dei rifiuti (primo comma, lett. c), ma non prevede affatto che per raggiungere tale scopo si possa o si debba alterare l'ordine costituzionale delle competenze. Un ordine, questo, che e' stato ulteriormente specificato dall'art. 101, secondo comma, lett. b), del d.P.R. n. 616 del 1977, che ha trasferito alle regioni la "programmazione di interventi per la prevenzione ed il controllo dell'igiene del suolo e la disciplina della raccolta, trasformazione e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e industriali" (ne' il successivo art. 102 riservava in alcun modo allo Stato la competenza che ora, illegittimamente, l'impugnato decreto ha voluto introdurre). La censurata scelta normativa appare dunque irragionevole (perche' incoerente con il generale assetto delle competenze nel settore); violativa dei principi della legge di delega; in contrasto con le previsioni costituzionali (anche per come integrate dalla normativa di trasferimento) che garantiscono alle Regioni competenze in materia di gestione di rifiuti. 4. - Quanto agli artt. 17, 27, 28, 29, 30, 31, 32 e 33, si deve lamentare, in generale, la violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 6 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e all'art. 6 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29. Gli articoli ora menzionati contengono una serie impressionante di previsioni di dettaglio, che pretendono (in forza dell'art. 1 dello stesso decreto) di imporsi alla ricorrente in qualita' di "principi fondamentali" ai sensi dell'art. 117 della Costituzione Dette disposizioni di dettaglio sono senz'altro illegittime per le ragioni gia' menzionate al punto 1. del presente ricorso. Si aggiunga, tuttavia, che esse risultano anche in contrasto con l'art. 97 della Costituzione (sempre in riferimento agli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione), perche' determinano una incoerente e inefficiente organizzazione del settore, uniformando all'eccesso una disciplina che andrebbe, invece, adeguata alle specifiche esigenze delle singole regioni. In particolare in riferimento all'art. 17, comma 7, poi, deve rilevarsi anche un evidente contrasto, oltre che con i parametri sopra invocati con gli artt. 76 (in riferimento all'art. 38 della legge n. 146 del 1994) e 128 della Costituzione. Si prevede invero, in tale sede, che l'autorizzazione comunale agli interventi di bonifica e messa in sicurezza delle zone inquinate costituisca variante urbanistica, comporti dichiarazione di pubblica utilita', e sostituisca qualunque altro provvedimento o procedimento previsto dalla legislazione vigente. In questo modo, e' evidente, la regione viene completamente esclusa dal procedimento, che si esaurisce in sede comunale, impedendo alla regione medesima qualunque forma di intervento e di controllo, a tutela degli interessi piu' ampi della comunita' regionale. L'autonomia comunale, in tal modo, viene ampliata a scapito di quella regionale (e quindi in contrasto con la logica dell'art. 128 della Costituzione), oltretutto in totale assenza di qualsivoglia fondamento normativo per una simile scelta nella legge di delega. Quanto, infine, in particolare all'art. 27, comma 5, si deve lamentare la violazione, oltre che dei parametri gia' indicati, dell'art. 123 della Costituzione. Quella previsione normativa, individuando nella Giunta regionale l'organo competente ad approvare il progetto ed autorizzare la realizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, impinge infatti nella prerogativa regionale di determinare autonomamente la propria organizzazione interna; prerogativa che - per costante giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale - non puo' essere in alcun modo disconosciuta. Per soprammercato, si consideri che la censurata scelta normativa e' anche irrazionale, poiche' contrasta con i princi'pi generali ispiratori del rapporto fra politica e amministrazione fissati dall'art. 3 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29, che ha voluto mantenere nettamente distinte le due sfere. Violato, dunque, e' anche l'art. 3 della Costituzione, in riferimento all'art. 3 del decreto legislativo n. 29 del 1993, e in relazione alle disposizioni costituzionali che garantiscono l'autonomia delle regioni (artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione). 5. - Quanto all'art. 22, comma 9, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. La censurata disposizione prevede che il Ministro dell'ambiente possa esercitare poteri sostitutivi, qualora le autorita' competenti non realizzino gli interventi previsti nei piani regionali per la gestione dei rifiuti. Tale previsione e' violativa di tutti gli indicati parametri costituzionali, atteso che consente ad un organo dello Stato di sostituirsi alle autorita' normalmente competenti, nell'esecuzione di scelte programmatorie regionali. Cio' permette allo Stato di stabilire se e in che misura gli atti programmatori regionali siano stati attuati, consegnando nelle mani del Ministro dell'ambiente il potere discrezionale di decidere la sorte stessa di quegli atti. Cio', oltre ad essere irragionevole e in contrasto con il principio del buon andamento della pubblica amministrazione, lede in modo grave le competenze regionali costituzionalmente garantite. 6. - Quanto all'art. 22, comma 11, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento agli artt. 101 e 102 del d.P.R. n. 616 del 1977. In tale disposizione si prevede la possibilita' di costruire, all'interno di insediamenti industriali esistenti, impianti per il recupero di rifiuti urbani che non siano "previsti dal piano regionale". Allo scopo, vengono stipulati appositi "accordi di programma" con il Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria e d'intesa con la regione. La lesione delle prerogative regionali (in materia gia' trasferita dal d.P.R. n. 616 del 1977) e' evidente. Ancorche' il procedimento ora descritto sia preordinato a derogare a specifiche prescrizioni regionali di piano, infatti, gli accordi di programma che consentono la deroga sono stipulati con il Ministero dell'ambiente, ed in essi la regione non e' coinvolta con pari dignita' rispetto allo Stato. Si noti la diversa formula del coinvolgimento del Ministero dell'industria e della regione: mentre del primo si richiede il "concerto", della seconda basta la semplice "intesa".Il concerto, come e' noto, e' ricostruito dalla giurisprudenza amministrativa come un meccanismo procedimentale che conferisce all'autorita' concertata veri e propri poteri decisori, quantitativamente e qualitativamente corrispondenti a quelli dell'autorita' concertante. Ben diverso il caso dell'intesa: proprio la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale ha chiarito che tale istituto consente, si', un coinvolgimento dell'autorita' di cui l'intesa si richiede, ma, in forza del principio di leale cooperazione, quest'ultima non e' mai collocata sullo stesso identico piano dell'autorita' decidente. Il meccanismo dell'intesa, nella specie, finisce per essere addirittura paradossale: la conseguenza degli accordi di programma e' la deroga ad un atto programmatorio regionale, e proprio la regione viene collocata in una posizione di secondo piano nel procedimento della loro stipula. 7. - Quanto all'art. 23, comma 5, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione. anche in riferimento alla legge 8 giugno 1990 n. 142 e all'art. 38 della legge 22 febbraio 1994 n. 146. La censurata previsione normativa affida alle province il compito di disciplinare le forme di cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale (di regola: la provincia), al fine della gestione dei rifiuti urbani. Tale previsione e' in clamoroso contrasto con quanto disposto dall'art. 3, comma 3, della legge n. 142 del 1990, ove si affida alla legge regionale il compito di disciplinare la cooperazione dei comuni e delle province fra loro e con la regione. E' evidente che la scelta della legge n. 142 del 1990 era ed e' perfettamente coerente con l'esigenza di realizzare un armonico e coordinato sviluppo economico e sociale a livello regionale (lo stesso art. 3, comma 3, di quella legge lo afferma espressamente). Affidare alle province il potere di disciplinare le forme di cooperazione fra gli enti locali e' possibile fonte di inefficienza e di incoerenza dell'azione amministrativa, in un settore (quello della gestione dei rifiuti) che e' stato oggetto di trasferimento alla Regione delle relative competenze amministrative. Si consideri inoltre che l'art. 128 della Costituzione impone che le leggi che regolano le funzioni degli enti locali debbono essere generali. Cio' significa che esigenze di armonia e uniformita' del disegno normativo (sulle quali richiamava l'attenzione codesta ecc.ma Corte gia' nella sentenza n. 61 del 1958) imporrebbero severissima attenzione nell'adozione di deroghe al sistema generale di cui alla legge n. 142 del 1990, deroghe che, nella specie, non hanno alcuna razionale giustificazione. Infine, anche in questo caso non vi e' alcun accenno, nella legge di delega, alla possibilita' o necessita', per il legislatore delegato, di adottare scelte cosi' gravi, innovative e asistematiche come quella qui contestata. 8. - Quanto all'art. 26, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione anche in riferimento agli artt. 101 e 102 del d.P.R. n. 616 del 1977 e all'art. 38 della legge 22 febbraio1994 n. 146. L'art. 26 del decreto legislativo impugnato istituisce un "Osservatorio nazionale sui rifiuti" al quale vengono affidati importanti e penetranti competenze normative (primo comma, lett. b), programmatorie (comma 1, lett. d), di controllo e vigilanza (comma 1, lett. a), e), f), h), etc.). Ancorche' - si ribadisce una volta di piu' - la materia de qua sia stata trasferita alle regioni. del nuovo organo non fa parte alcun rappresentante regionale. Come questa scelta possa ritenersi ragionevole e coerente con il principio del buon andamento dell'attivita' amministrativa e' davvero difficile comprendere. Oltretutto, le regioni vengono sostanzialmente spossessate dei poteri di governo del settore, che sono in buona sostanza affidati all'Osservatorio e per suo tramite al Ministro dell'ambiente. Il tutto, oltre che in violazione delle norme costituzionali che regolano i rapporti fra Stato e regioni, in ispregio di quanto disposto dalla legge di delega, nella quale (come gia' e' accaduto per le altre disposizioni sopra censurate) non v'e' traccia di criteri o princi'pi direttivi che consentissero al legislatore delegato l'adozione d'una simile scelta normativa. 9. - Quanto all'art. 41, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento agli artt. 101 e 102 del d.P.R. n. 616 del 1977; 27 della legge 8 giugno 1990 n. 142, e 43 della legge 6 febbraio 1996 n. 52. L'art. 41 del decreto legislativo impugnato istituisce il CONAI, Consorzio nazionale imballaggi, al quale partecipano in forma paritaria produttori e utilizzatori di imballaggi (comma 1). Il Consorzio e' un soggetto di diritto privato senza fine di lucro, con statuto approvato dai Ministri dell'ambiente e dell'industria (comma 6). Nonostante la sua natura privatistica, il Consorzio si e' visto attribuire il potere di definire (ancorche' in accordo con le regioni e con le amministrazioni pubbliche interessate) "gli ambiti territoriali in cui rendere operante un sistema integrato che comprenda la raccolta, la selezione e il trasporto dei materiali selezionati a centri di raccolta e di smistamento". Vero e', pero', che la definizione degli ambiti territoriali in questione dovrebbe spettare alla regione, nell'esercizio della sua potesta' programmatoria, in una materia oggetto di trasferimento delle competenze amministrative, ed in riferimento ad un procedimento (quello dell'accordo di programma) che, secondo i principi generali di cui all'art. 27 della legge n. 142 del 1990, dovrebbe essere iniziato e coordinato dal presidente della regione. Anche qui, poi, manca nella legge di delega (art. 43 della legge n. 52 del 1996) qualunque principio o criterio che consenta al legislatore delegato di adottare una simile scelta normativa. La legge di delega, anzi, prevede la costituzione di "sistemi aperti alla partecipazione degli operatori dei settori interessati e alla partecipazione degli enti pubblici" (art. 43, comma 1, lett. b), laddove il legislatore delegato ha collocato al centro del sistema un consorzio privato, del quale ha fatto il vero e proprio dominus della gestione degli imballaggi. 10. - Quanto, all'art. 42, comma 5, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 76, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento agli artt. 101 e 102 del d.P.R. n. 616 del 1977 e 43 della legge 6 febbraio 1996 n. 52. La riferita previsione normativa dispone che i piani regionali di gestione dei rifiuti siano integrati "con un apposito capitolo relativo alla gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio in attuazione delle disposizioni del programma di cui ai commi 1 e 2" (e cioe' del "Programma generale di prevenzione e di gestione degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio", elaborato dal CONAI). Questa previsione e' addirittura grottesca. Un programma elaborato da un organismo privato e approvato dal Ministro dell'ambiente, sul quale viene semplicemente "sentita" la Conferenza Stato-regioni, e non le singole regioni, diviene fonte di modificazione (che la disposizione censurata parli di "integrazione", ovviamente, non sposta la sostanza del problema) di un piano regionale, che deve addirittura limitarsi a dare ad esso "attuazione"| L'irrazionalita' ed inefficienza di un simile sistema sono evidenti, come pure evidente e' la lesione delle competenze della ricorrente. Da ultimo, anche in questo caso va lamentata la totale assenza di qualunque principio o criterio direttivo nella legge di delega, a sostegno delle scelte del legislatore delegato. 11. - Quanto all'art. 57, comma 1, si deve lamentare la violazione degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in riferimento agli artt. 101 e 102 del d.P.R. n. 616 del 1977. In questa parte il decreto legislativo impugnato dispone che le vigenti norme regolamentari e tecniche sulla raccolta, trasporto e smaltimento dei rifiuti continuino ad applicarsi sino all'adozione della nuova normativa tecnica prevista dal decreto. In ordine a cio', "ogni riferimento ai rifiuti tossici e nocivi si deve intendere riferito ai rifiuti pericolosi". Cosi' disponendo, il legislatore delegato ha chiaramente ristretto l'ambito di competenza regionale e conseguentemente ampliato quello del Ministro dell'ambiente (si pensi all'allargamento alle competenze ministeriali in materia di VIA, ora sussistenti solo in riferimento ai rifiuti tossicinocivi). Cio', pero', e' irragionevole e contrario al principio costituzionale del buon andamento dell'azione amministrativa, anche in riferimento alle disposizioni costituzionali che presidiano l'autonomia delle regioni (esse pure direttamente violate), e violativo dell'art. 11 della Costituzione poiche' determina una deroga, non consentita dal diritto comunitario, al regime normale di classificazione dei rifiuti.
P. Q. M. Si chiede che, in accoglimento del presente ricorso, codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, recante "Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio", pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 38 del 15 febbraio 1997, specificamente quanto agli artt 1, 13, 17, 18, 22, commi 9 e 11, 23, comma 5, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 41, 42, comma 5, 57, comma 1. Roma, addi' 17 marzo 1997 Prof. avv. Paolo Dell'Anno - avv. Giuseppe La Cute - prof. avv. Massimo Luciani 97C0304