N. 28 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 26 marzo 1997

                                 N. 28
  Ricorso  per  questione di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 26 marzo 1997 (della regione Lazio)
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle direttive  91/156/CEE  sui
    rifiuti,  91/689/CEE  sui  rifiuti  pericolosi  e  94/62/CEE sugli
    imballaggi e sui rifiuti di imballaggio - Qualificazione di  tutte
    le  norme contenute nel decreto stesso quali principi fondamentali
    della legislazione statale per le regioni a statuto ordinario e di
    norme di  riforma  economico-sociale  per  le  regioni  a  statuto
    speciale solo "delle disposizioni di principio" del decreto stesso
    -  Previsione  dell'emanazione di ordinanze contingibili e urgenti
    in materia  di  rifiuti  da  parte  del  presidente  della  giunta
    regionale,   del   presidente   della   provincia  o  del  sindaco
    nell'ambito delle rispettive competenze e di un potere sostitutivo
    del Ministro dell'ambiente dopo  centoventi  giorni  dall'adozione
    delle  ordinanze  stesse,  in  caso  di  inerzia, previa diffida a
    provvedere  entro  un  congruo  termine  -  Sconvolgimento   della
    ripartizione  delle  competenze  tra Stato, regioni ed enti locali
    con attribuzione alla provincia di poteri decisionali d'urgenza in
    materia sanitaria in assenza di corrispondenti funzioni di rilievo
    nella materia stessa.
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive -
    Previsione della riserva allo Stato della definizione dei piani di
    settore  per  la  riduzione,  il  riciclaggio,   il   recupero   e
    l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti.
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive -
    Previsione  del valore di variante urbanistica dell'autorizzazione
    comunale agli interventi  di  bonifica,  con  completa  esclusione
    della regione dal relativo procedimento.
 Ambiente  (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate diirettive
    -   Previsione   dell'attribuzione   al   Ministro   dell'ambiente
    dell'esercizio   di   poteri   sostitutivi,  in  caso  di  mancata
    realizzazione degli interventi previsti nei piani regionali per la
    gestione  dei  rifiuti  -   Previsione   della   possibilita'   di
    costruzione, all'interno di insediamenti industriali esistenti, di
    impianti  per il recupero di rifiuti urbani non previsti dal piano
    regionale  mediante  la  stipulazione  di  appositi   accordi   di
    programma  con  il  Ministro  dell'ambiente  di  concerto  con  il
    Ministro dell'industria e di intesa con le regioni.
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive -
    Previsione dell'attribuzione alle province della disciplina  delle
    forme  di  cooperazione tra gli enti locali al fine della gestione
    dei rifiuti.
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive -
    Previsione  dell'istituzione  di  un  "Osservatorio  nazionale sui
    rifiuti" con funzioni programmatorie, di controllo e di  vigilanza
    -   Mancata   previsione   della  partecipazione  allo  stesso  di
    rappresentanti regionali.
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive -
    Previsione dell'istituzione  del  Consorzio  nazionale  imballaggi
    (CONAI)  tra produttori e utilizzatori di imballaggi con natura di
    ente privato e il compito di definire gli ambiti  territoriali  di
    un  sistema  integrato  di  raccolta,  selezione  e  trasporto dei
    materiali selezionati a centri di raccolta e smistamento.
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive -
    Previsione dell'integrazione dei piani regionali per  la  gestione
    dei rifiuti con apposito capitolo elaborato dal CONAI.
 Ambiente (tutela dell') - Attuazione delle sopra indicate direttive -
    Previsione   dell'applicazione  delle  vigenti  norme  tecniche  e
    regolamentari sulla raccolta, trasporto e smaltimento dei  rifiuti
    sino  all'adozione  della  nuova  normativa  tecnica  prevista dal
    decreto con la  precisazione  che  "ogni  riferimento  ai  rifiuti
    tossici   e   nocivi   si   deve  intendere  riferito  ai  rifiuti
    pericolosi".
 Indebito ampliamento della competenza del  Ministro  dell'ambiente  a
    scapito  delle  regioni - Irrazionalita' - Incidenza sul principio
    di buon andamento della  p.a.  -  Violazione  della  competenza  e
    autonomia  regionale nonche' del principio di leale collaborazione
    fra  Stato  e  regioni  -  Non  consentita   deroga   al   diritto
    comunitario.
 (D.Lgs.  5  febbraio  1997, n. 22, artt. 1, 13, 17, 18, 22, commi 9 e
    11, 23, comma 5, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 41, 42, comma  5,
    e 57, comma 1).
 (Cost.,  artt.  3,  5,  11,  76, 97, 115, 117 e 118; d.P.R. 24 luglio
    1977, n. 616, artt. 6, 27, 34, 101 e 102; legge 22 febbraio  1994,
    n.  146,  art.  38; d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 3; legge 8
    giugno 1990, n. 142; legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 43).
(GU n.16 del 16-4-1997 )
    Ricorso della regione Lazio, in persona del presidente pro-tempore
 dott. Pietro Badaloni, rappresentata e  difesa,  come  da  mandato  a
 margine  del  presente  atto ed in virtu' di deliberazione di G.R. di
 autorizzazione a stare in giudizio n. 1148 dell'11 marzo 1997,  dagli
 avv.ti Giuseppe La Cute e proff.ri Paolo Dell'Anno e Massimo Luciani,
 ed  elettivamente  domiciliata  presso lo studio dell'ultimo in Roma,
 Lungotevere delle Navi, n. 30 contro il presidente del Consiglio  dei
 Ministri  per  la  dichiarazione di illegittimita' costituzionale del
 d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22,  recante  "Attuazione  delle  direttive
 91/156/CEE  sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE
 sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio, pubblicato nel  suppl.
 ord.  alla  Gazzetta Ufficiale - serie generale n. 38 del 15 febbraio
 1997, specificamente quanto agli artt. 1, 13, 17, 18, 22, commi  9  e
 11, 23, comma 5, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 41, 42, comma 5, 57,
 comma 1.
                               F a t t o
   Il  d.lgs.  5  febbraio  1997 n. 22 (Gazzetta Ufficiale 15 febbraio
 1997 n. 38, in s.o. n.  33)  trae  la  propria  legittimazione  dalle
 deleghe  contenute  nella  legge  22 febbraio 1994 n. 146 (c.d. legge
 comunitaria) e nella legge 6 febbraio 1996 n. 52. La  prima  delegava
 il  Governo  per l'attuazione delle direttive 91/156/CEE, 61/689/CEE,
 94/31/CE, relative alla gestione dei rifiuti,  anche  pericolosi.  La
 seconda  concerneva la delega all'attuazione della direttiva 94/62/CE
 sugli imballaggi e sui rifiuti da imballaggi.
   La nuova normativa sostituisce quasi  integralmente  la  precedente
 disciplina  sui rifiuti, frutto di progressive sovrapposizioni tra il
 d.lgs. 10 settembre 1982 n. 915, che  costituiva  il  primo  atto  di
 recepimento  delle  normative comunitarie in materia di rifiuti, e le
 leggi 29 ottobre 1987 n. 441, 9 novembre 1988  n.  475,  10  febbraio
 1988  n.  45, 9 novembre 1988 n. 475, 10 febbraio 1988 n. 45. Vengono
 conservate le norme regolamentari e quelle tecniche via via  emanate,
 fino  all'approvazione  delle  molte  decine  di decreti ministeriali
 previsti dal nuovo ordinamento (art. 57).
   La  materia  dello  smaltimento  dei  rifiuti,  ora   definita   in
 conformita'  alla terminologia comunitaria come "gestione", in quanto
 comprensiva anche del recupero di materiali o  energia,  e'  ascritta
 alla  competenza  regionale  dal  d.lgs.  24  luglio 1977 n. 616, che
 trasferisce alle regioni le funzioni  amministrative  per  la  tutela
 dell'ambiente,   ed   in   specie   "la  disciplina  della  raccolta,
 trasformazione  e  smaltimento  dei  rifiuti   solidi   urbani   (ed)
 industriali"   (art.   101,   comma   secondo,   lett.   b),  seconda
 proposizione).
   Codesta ecc.ma Corte costituzionale, nel confermare la  valutazione
 del  decreto  legislativo  n. 616/1977 come fonte di attuazione della
 Costituzione, ma priva di efficacia sovraordinata  alla  legislazione
 ordinaria,  ha  piu'  volte  affermato  che  la riserva allo Stato di
 competenze amministrative deve  essere  giustificata  sulla  base  di
 effettive   esigenze  nazionali  di  carattere  unitario,  ovvero  di
 adempimento di obblighi comunitari, ma non puo' essere estesa fino  a
 negare l'attribuzione operata in via generale. Il decreto legislativo
 n.  22  del  1997  non  si limita a fissare i principi generali della
 materia ed a dettare i criteri uniformi per la sua applicazione ma  -
 rovesciando la logica del d.P.R. n. 616 del 1977 - disciplina in modo
 puntuale  le  modalita' di esercizio dei compiti regionali, invadendo
 sistematicamente  l'area,  gia'  ristretta,  delle  attribuzioni   di
 settore fissate dalla legislazione precedente.
   Illuminante,   a  tal  proposito,  e'  la  lettura,  pur  sommaria,
 dell'art.  18 del decreto, recante l'elencazione delle competenze che
 lo Stato riserva a se stesso.
   Nel lunghissimo doppio elenco di competenze  riservate  allo  Stato
 (nei  commi 1 e 2), il richiamo all'interesse nazionale come criterio
 attributivo della riserva e' menzionato solo per  la  bonifica  delle
 discariche (art. 18, primo comma, lett. n).
   Oltre  alla tradizionale funzione di indirizzo e coordinamento, tra
 le attribuzioni amministrative dello Stato emergono "l'individuazione
 dei fabbisogni per lo smaltimento dei rifiuti sanitari"  (materia  di
 sicura  competenza  regionale),  la definizione dei piani di settore,
 per la riduzione, il riciclaggio, il recupero e l'ottimizzazione  dei
 flussi  di  rifiuti  (senza  chiarire  se  il  loro  rapporto  con la
 pianificazione  regionale  in   materia   e'   di   sovraordinazione,
 integrazione ascendente o discendente). Il rinvio operato dal decreto
 ad  oltre  cinquanta atti regolamentari e tecnici determina, poi, una
 situazione di incertezza in ordine al reale  ambito  di  attribuzioni
 regionali.
   Se  questa  e'  l'impostazione  di fondo del decreto legislativo in
 epigrafe,  non  sorprende  che  moltissime  sue  disposizioni   siano
 illegittime, per i seguenti motivi di
                             D i r i t t o
   1. - Quanto all'art. 1, si deve lamentare la violazione degli artt.
 3,  5, 115 e 117 della Costituzione, anche in riferimento all'art.  6
 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Il  secondo  comma  del  menzionato
 art.  1  dispone  che  "Le  regioni  a  statuto ordinario regolano la
 materia  disciplinata  dal  presente  decreto  nel   rispetto   delle
 disposizioni   in   esso   contenute,   che   costituiscono  principi
 fondamentali della legislazione statale ai sensi dell'art. 117, primo
 comma, della Costituzione".  Che cosa il  legislatore  statale  abbia
 qui  inteso  dire e' evidente, ed e' comunque chiarito dal successivo
 terzo comma, ove si  prevede  che  costituiscano  "norme  di  riforma
 economico-sociale  nei  confronti  delle  regioni a statuto speciale"
 solo le "disposizioni di principio del presente  decreto".  In  altri
 termini:   mentre  per  le  regioni  a  statuto  ordinario  tutte  le
 disposizioni del decreto,  anche  quelle  di  minutissimo  dettaglio,
 fungono  da limite alla potesta' legislativa regionale in qualita' di
 "principi fondamentali" ai sensi dell'art.   117 della  Costituzione,
 per  le  regioni  a  statuto  speciale  valgono  da  limite  solo  le
 "disposizioni   di   principio"   in   quanto   "norme   di   riforma
 economico-sociale".
   Cosi   disponendo,   il   legislatore   statale  (esercitando  quel
 discutibile potere di autoqualificazione che da tempo codesta  ecc.ma
 Corte  ha circondato di estreme cautele) e' caduto in un paradosso ed
 in una contraddizione evidenti: riconosce, per tabulas, che non tutte
 le disposizioni del decreto impugnato sono "di principio"  (tanto  e'
 vero  che  solo  alcune  disposizioni,  e precisamente quelle che "di
 principio" sono veramente, valgono da limite per le regioni a statuto
 speciale),  ma   allo   stesso   tempo   qualifica   come   "principi
 fondamentali",  ai  sensi dell'art. 117  della Costituzione, tutte le
 disposizioni nel decreto  contenute,  quale  che  ne  sia  la  "vera"
 portata.   In   questo   modo   si   viola  la  sfera  di  competenza
 costituzionalmente garantita alla ricorrente dagli artt. 5, 115 e 117
 della Costituzione, atteso che si estendono i  limiti  alla  potesta'
 legislativa   regionale  oltre  quanto  e'  consentito  dai  predetti
 parametri (e si rammenti che, ai sensi dell'art.  6,  secondo  comma,
 del  d.P.R.  n.  616  del  1977, in caso di necessaria attuazione del
 diritto comunitario la legge statale si  applica  "in  tutte  le  sue
 disposizioni"  solo  "in mancanza della legge regionale"), e si viola
 anche (sempre in  riferimento  agli  art.    5,  115  e  117    della
 Costituzione)  l'art. 3 della Costituzione, atteso che si differenzia
 illegittimamente fra regioni ordinarie e speciali sulla  base  di  un
 profilo che dovrebbe essere invece del tutto irrilevante.  E' chiaro,
 infatti,  che per le une e le altre valgono limiti diversi.  Tuttavia
 non e' meno chiaro che,  se  e'  ben  possibile  che  certi  principi
 limitino  le  regioni  ordinarie  (in quanto principi fondamentali ai
 sensi  dell'art.  117  della  Costituzione)  e  non  quelle  speciali
 (perche'  non  sono  norme  di  riforma  economico-sociale),  non  e'
 possibile che cio' che non e' principio sia considerato tale al  solo
 scopo di limitare la potesta' legislativa delle regioni ordinarie. Si
 tratta  di  una  odiosa  ed  irragionevole  discriminazione,  la  cui
 illegittimita' e' evidente.
   2.  -  Quanto  all'art.  13,  si deve lamentare la violazione degli
 artt.  3,  5,  76,  115,  117  e  118  della  Costituzione  anche  in
 riferimento  agli  artt.  27-34  del  d.P.R.  24 luglio 1977 n. 616 e
 all'art. 38 della legge 22 febbraio  1994  n.  146.  Il  primo  comma
 dell'art.   13   del   decreto  impugnato  prevede  che  "qualora  si
 verifichino situazioni di eccezionale ed urgente necessita' di tutela
 della salute pubblica e dell'ambiente,  e  non  si  possa  altrimenti
 provvedere",  possano essere emanate ordinanze contingibili e urgenti
 da parte del presidente della Giunta regionale, del presidente  della
 provincia   oppure   del   sindaco,   "nell'ambito  delle  rispettive
 competenze".
   Cosi' disponendo, tale previsione  normativa  determina  una  grave
 lesione delle prerogative costituzionali della ricorrente.
   Si  deve invero rilevare che, ai sensi degli artt. 117 e 118  della
 Costituzione, le regioni sono titolari di potesta' legislativa  e  di
 connessa  competenza  amministrativa  in materia sanitaria. Gli artt.
 27-34 del d.P.R. n. 616 del 1977 hanno dato svolgimento  al  precetto
 costituzionale,   trasferendo   alle   regioni   tutte   le  funzioni
 amministrative in materia, per come definite dal  comma  primo  dello
 stesso  art. 27, e conservando alle province un ambito assai limitato
 di competenze in materia sanitaria (cfr. art.  33).  Conformemente  a
 quella  impostazione  la  legge  8 giugno 1990 n. 142 ha mantenuto in
 capo al sindaco (e non certo ad un organo provinciale) il  potere  di
 adottare  ordinanze  d'urgenza in materia sanitaria. Anche il decreto
 impugnato ha conferito alla provincia competenze  alquanto  limitate,
 attribuendo i poteri piu' rilevanti in riferimento all'autorizzazione
 e   alla   gestione  delle  attivita'  di  trattamento  dei  rifiuti,
 rispettivamente, alla regione (cfr. ad es. art. 27) e al comune (cfr.
 art. 21).
   Del tutto incoerentemente con il precedente riparto di  competenze,
 ed incoerentemente anche con la scelta di fondo compiuta dallo stesso
 decreto impugnato, l'art. 13 conferisce al presidente della provincia
 il  potere  di  adottare  ordinanze contingibili e urgenti in materia
 sanitaria, delle quali non e' dato comprendere ragioni e presupposti.
 Come si evince dall'art. 20, la provincia non e'  titolare  di  alcun
 potere decisionale od operativo il cui esercizio possa o debba essere
 assicurato  (addirittura|)  in  via d'urgenza. Ne' i compiti previsti
 dall'art.  23  (relativi  ad   attivita'   di   tipo   essenzialmente
 pianificatorio) sono tali da esigere d'essere assistiti dal potere di
 ordinanza.  E' stata dunque (non puo' ritenersi altrimenti) aperta la
 possibilita',   per   il  presidente  della  provincia,  di  adottare
 ordinanze in materia sanitaria scavalcando  sia  la  regione  che  il
 comune,  e cioe' in riferimento ad attribuzioni che non pertengono al
 suo ente. La censurata previsione  risulta  dunque  irragionevole,  e
 quindi violativa dell'art. 3 Cost., in riferimento agli artt. 5, 115,
 117  e  118 (anche per come attuati dal d.P.R. n. 616 del 1977), essi
 pure direttamente violati in ragione della  lesione  della  sfera  di
 competenza costituzionalmente garantita alla ricorrente.
   Violato  (sempre in riferimento agli artt. 5, 115, 117 e 118  della
 Costituzione) e' peraltro anche l'art. 76 della Costituzione.  A  tal
 proposito  basta  infatti  rilevare  che  fra  i  princi'pi e criteri
 direttivi fissati dalla legge di delegazione non ne esiste alcuno che
 faccia riferimento alla previsione di speciali  poteri  di  ordinanza
 (cfr.    art.  38  legge  22  febbraio  1994  n. 146), ed invece tale
 esplicita previsione sarebbe stata indispensabile, di fronte  ad  una
 scelta  che  - come dimostrato - si pone in rotta di collisione con i
 precedenti, consolidati indirizzi normativi.
   La rilevata illegittimita' del primo comma dell'art.  13  travolge,
 evidentemente,  anche  i  commi terzo, quarto e quinto, che di quanto
 ivi previsto sono mero svolgimento.
   In riferimento  in  particolare  al  secondo  comma,  peraltro,  va
 osservato  che  ivi  si  prevede  un  potere sostitutivo del Ministro
 dell'ambiente che e' radicalmente  illegittimo.  Si  dispone  infatti
 che,   entro   centoventi   giorni   dall'adozione   delle  ordinanze
 contingibili e urgenti di cu al  primo  comma,  il  presidente  della
 regione "promuove ed adotta le iniziative necessarie per garantire la
 raccolta   differenziata,   il   riutilizzo,   il  riciclaggio  e  lo
 smaltimento dei rifiuti.  In  caso  di  "accertata  inattivita'",  il
 Ministro   (dopo  aver  diffidato  a  provvedere  "entro  un  congruo
 termine")  puo'  adottare   in   via   sostitutiva   le   "iniziative
 necessarie".
   Questo  meccanismo  e'  in  grado  di  sconvolgere completamente la
 distribuzione delle competenze fra Stato, regioni ed enti locali.  Si
 deve infatti ossservare che:
     a)  l'intervento  sostitutivo del Ministro e' consentito nel caso
 di   inerzia   successiva   all'adozione   di   qualunque   ordinanza
 contingibile  e  urgente  ai  sensi  del comma primo. Di conseguenza,
 l'esercizio del potere  sostitutivo  sulla  regione  potrebbe  essere
 determinato  addirittura  dall'adozione di un atto di una provincia o
 di un comune;
     b) i presupposti per  l'esercizio  del  potere  sostitutivo  sono
 vaghi  e  generici  (quali  sono  le  "iniziative necessarie"?), tali
 dunque  da  consentire  una  abnorme  e  incontrollata   compressione
 dell'autonomia regionale;
     c) le garanzie procedurali per l'esercizio del potere sostitutivo
 sono  assolutamente insufficienti, e tali da essere incompatibili con
 il principio della leale cooperazione fra lo Stato e la regione.
   L'intero meccanismo di cui al secondo comma dell'art. 13 e'  dunque
 violativo degli artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione.
   3.  -  Quanto  all'art.  18,  si deve lamentare la violazione degli
 artt. 3,  5,  76,  115,  117  e  118  della  Costituzione,  anche  in
 riferimento  agli artt. 38 della legge 22 febbraio 1994 n. 146; 101 e
 102 del d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616. Si e' gia' detto  in  narrativa
 che  il  complesso  delle  previsioni  normative  contenute  in  tale
 articolo  e'  tale  che  allo  Stato   viene   riservata   un   serie
 impressionante  di  competenze,  non  necessariamente  e  logicamente
 collegate con l'esigenza di tutelare  esigenze  unitarie  dell'intero
 ordinamento.
   In  particolare,  comunque, si deve censurare il primo comma, lett.
 e), ove si prevede la riserva allo Stato della "definizione dei piani
 di  settore  per  la  riduzione,  il  riciclaggio,  il   recupero   e
 l'ottimizzazione dei flussi di rifiuti". Si deve invero ricordare che
 l'art.  38  della  legge n. 146 del 1994 non contiene alcun principio
 dal  quale  possa  desumersi  la  necessita'  di  tale  riserva.   Al
 contrario, esso si limita a sollecitare la raccolta differenziata dei
 rifiuti  (primo  comma,  lett.  c),  ma  non  prevede affatto che per
 raggiungere  tale  scopo  si  possa  o  si  debba  alterare  l'ordine
 costituzionale  delle  competenze.    Un ordine, questo, che e' stato
 ulteriormente specificato dall'art.   101, secondo comma,  lett.  b),
 del  d.P.R.  n.  616  del  1977,  che  ha  trasferito alle regioni la
 "programmazione di interventi per  la  prevenzione  ed  il  controllo
 dell'igiene  del suolo e la disciplina della raccolta, trasformazione
 e smaltimento dei  rifiuti  solidi  urbani  e  industriali"  (ne'  il
 successivo  art. 102 riservava in alcun modo allo Stato la competenza
 che ora, illegittimamente, l'impugnato decreto ha voluto introdurre).
 La censurata scelta normativa appare  dunque  irragionevole  (perche'
 incoerente  con  il  generale  assetto delle competenze nel settore);
 violativa dei principi della legge di delega;  in  contrasto  con  le
 previsioni  costituzionali  (anche per come integrate dalla normativa
 di trasferimento) che garantiscono alle Regioni competenze in materia
 di gestione di rifiuti.
    4. - Quanto agli artt. 17, 27, 28, 29, 30, 31, 32 e  33,  si  deve
 lamentare,  in generale, la violazione degli artt. 3, 5, 97, 115, 117
 e 118 della Costituzione, anche in riferimento all'art. 6 del  d.P.R.
 24  luglio 1977 n. 616 e all'art. 6 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29.
 Gli articoli ora menzionati contengono una  serie  impressionante  di
 previsioni  di  dettaglio, che pretendono (in forza dell'art. 1 dello
 stesso decreto) di imporsi alla ricorrente in qualita'  di  "principi
 fondamentali"   ai  sensi  dell'art.  117  della  Costituzione  Dette
 disposizioni di dettaglio sono senz'altro illegittime per le  ragioni
 gia'  menzionate  al  punto  1.  del  presente  ricorso. Si aggiunga,
 tuttavia, che esse risultano anche in contrasto con l'art.  97  della
 Costituzione  (sempre  in  riferimento  agli  artt. 5, 115, 117 e 118
 della   Costituzione),   perche'   determinano   una   incoerente   e
 inefficiente  organizzazione del settore, uniformando all'eccesso una
 disciplina che andrebbe, invece, adeguata  alle  specifiche  esigenze
 delle singole regioni.
   In  particolare  in  riferimento  all'art.  17,  comma 7, poi, deve
 rilevarsi anche un evidente contrasto,  oltre  che  con  i  parametri
 sopra  invocati  con  gli  artt. 76 (in riferimento all'art. 38 della
 legge n. 146 del 1994) e 128 della Costituzione. Si  prevede  invero,
 in  tale  sede,  che  l'autorizzazione  comunale  agli  interventi di
 bonifica e  messa  in  sicurezza  delle  zone  inquinate  costituisca
 variante  urbanistica, comporti dichiarazione di pubblica utilita', e
 sostituisca qualunque altro  provvedimento  o  procedimento  previsto
 dalla  legislazione vigente.  In questo modo, e' evidente, la regione
 viene completamente esclusa dal procedimento,  che  si  esaurisce  in
 sede  comunale,  impedendo  alla  regione medesima qualunque forma di
 intervento e di controllo, a tutela degli interessi piu'  ampi  della
 comunita'   regionale.  L'autonomia  comunale,  in  tal  modo,  viene
 ampliata a scapito di quella regionale (e quindi in contrasto con  la
 logica  dell'art.  128  della  Costituzione),  oltretutto  in  totale
 assenza di qualsivoglia fondamento normativo per  una  simile  scelta
 nella legge di delega.
   Quanto,  infine,  in  particolare  all'art.  27,  comma  5, si deve
 lamentare la violazione,  oltre  che  dei  parametri  gia'  indicati,
 dell'art.   123  della  Costituzione.  Quella  previsione  normativa,
 individuando nella Giunta regionale l'organo competente ad  approvare
 il  progetto  ed  autorizzare  la  realizzazione  degli  impianti  di
 smaltimento e recupero dei rifiuti, impinge infatti nella prerogativa
 regionale di  determinare  autonomamente  la  propria  organizzazione
 interna;  prerogativa  che  -  per costante giurisprudenza di codesta
 ecc.ma  Corte  costituzionale  -  non  puo'  essere  in  alcun   modo
 disconosciuta.  Per  soprammercato,  si  consideri  che  la censurata
 scelta normativa  e'  anche  irrazionale,  poiche'  contrasta  con  i
 princi'pi   generali   ispiratori   del   rapporto   fra  politica  e
 amministrazione fissati dall'art. 3 del d.lgs. 3 febbraio 1993 n. 29,
 che ha voluto mantenere nettamente distinte le due sfere.    Violato,
 dunque, e' anche l'art. 3 della Costituzione, in riferimento all'art.
 3  del  decreto  legislativo  n.  29  del  1993,  e in relazione alle
 disposizioni  costituzionali  che  garantiscono   l'autonomia   delle
 regioni (artt. 5, 115, 117 e 118 della Costituzione).
   5.  -  Quanto all'art. 22, comma 9, si deve lamentare la violazione
 degli artt. 3, 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. La censurata
 disposizione prevede che il Ministro dell'ambiente  possa  esercitare
 poteri  sostitutivi,  qualora  le autorita' competenti non realizzino
 gli interventi previsti nei  piani  regionali  per  la  gestione  dei
 rifiuti.    Tale  previsione  e'  violativa  di  tutti  gli  indicati
 parametri costituzionali, atteso che  consente  ad  un  organo  dello
 Stato   di   sostituirsi   alle   autorita'  normalmente  competenti,
 nell'esecuzione di scelte  programmatorie  regionali.  Cio'  permette
 allo  Stato  di  stabilire  se e in che misura gli atti programmatori
 regionali siano stati attuati, consegnando nelle  mani  del  Ministro
 dell'ambiente  il potere discrezionale di decidere la sorte stessa di
 quegli atti. Cio', oltre ad essere irragionevole e in  contrasto  con
 il  principio del buon andamento della pubblica amministrazione, lede
 in modo grave le competenze regionali costituzionalmente garantite.
   6. - Quanto all'art. 22, comma 11, si deve lamentare la  violazione
 degli  artt.  3,  5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione,  anche in
 riferimento agli artt. 101 e 102 del d.P.R. n. 616 del 1977. In  tale
 disposizione  si prevede la possibilita' di costruire, all'interno di
 insediamenti industriali  esistenti,  impianti  per  il  recupero  di
 rifiuti  urbani  che  non  siano "previsti dal piano regionale". Allo
 scopo, vengono stipulati  appositi  "accordi  di  programma"  con  il
 Ministero dell'ambiente, di concerto con il Ministro dell'industria e
 d'intesa con la regione.
   La  lesione delle prerogative regionali (in materia gia' trasferita
 dal d.P.R. n. 616 del 1977) e' evidente.  Ancorche'  il  procedimento
 ora  descritto  sia  preordinato a derogare a specifiche prescrizioni
 regionali di piano, infatti, gli accordi di programma che  consentono
 la  deroga  sono stipulati con il Ministero dell'ambiente, ed in essi
 la regione non e' coinvolta con pari dignita'  rispetto  allo  Stato.
 Si   noti   la  diversa  formula  del  coinvolgimento  del  Ministero
 dell'industria e della regione:  mentre  del  primo  si  richiede  il
 "concerto",  della  seconda  basta  la semplice "intesa".Il concerto,
 come e' noto, e' ricostruito dalla giurisprudenza amministrativa come
 un meccanismo procedimentale che conferisce all'autorita'  concertata
 veri  e  propri poteri decisori, quantitativamente e qualitativamente
 corrispondenti a quelli dell'autorita' concertante.  Ben  diverso  il
 caso  dell'intesa:  proprio la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte
 costituzionale ha  chiarito  che  tale  istituto  consente,  si',  un
 coinvolgimento  dell'autorita'  di  cui  l'intesa si richiede, ma, in
 forza del principio di leale cooperazione, quest'ultima  non  e'  mai
 collocata  sullo  stesso  identico piano dell'autorita' decidente. Il
 meccanismo dell'intesa, nella specie, finisce per essere  addirittura
 paradossale:  la  conseguenza degli accordi di programma e' la deroga
 ad un atto programmatorio  regionale,  e  proprio  la  regione  viene
 collocata  in  una  posizione di secondo piano nel procedimento della
 loro stipula.
   7. - Quanto all'art. 23, comma 5, si deve lamentare  la  violazione
 degli  artt.  3,  5,  76, 97, 115, 117, 118 e 128 della Costituzione.
 anche in riferimento alla legge 8 giugno 1990 n. 142  e  all'art.  38
 della  legge  22  febbraio  1994  n.  146.  La  censurata  previsione
 normativa affida alle province il compito di disciplinare le forme di
 cooperazione tra  gli  enti  locali  ricadenti  nel  medesimo  ambito
 ottimale  (di  regola:    la  provincia),  al fine della gestione dei
 rifiuti urbani.
   Tale previsione e'  in  clamoroso  contrasto  con  quanto  disposto
 dall'art.    3,  comma 3, della legge  n. 142 del 1990, ove si affida
 alla legge regionale il compito di disciplinare la  cooperazione  dei
 comuni e delle province fra loro e con la regione. E' evidente che la
 scelta  della  legge n. 142 del 1990 era ed e' perfettamente coerente
 con l'esigenza  di  realizzare  un  armonico  e  coordinato  sviluppo
 economico  e  sociale a livello regionale (lo stesso art. 3, comma 3,
 di quella legge lo afferma espressamente). Affidare alle province  il
 potere  di  disciplinare le forme di cooperazione fra gli enti locali
 e' possibile  fonte  di  inefficienza  e  di  incoerenza  dell'azione
 amministrativa, in un settore (quello della gestione dei rifiuti) che
 e'  stato  oggetto  di  trasferimento  alla  Regione  delle  relative
 competenze amministrative.
   Si consideri inoltre che l'art. 128 della Costituzione  impone  che
 le  leggi  che  regolano le funzioni degli enti locali debbono essere
 generali. Cio' significa che esigenze di armonia  e  uniformita'  del
 disegno normativo (sulle quali richiamava l'attenzione codesta ecc.ma
 Corte  gia'  nella  sentenza n. 61 del 1958) imporrebbero severissima
 attenzione nell'adozione di deroghe al sistema generale di  cui  alla
 legge  n.  142  del 1990, deroghe che, nella specie, non hanno alcuna
 razionale giustificazione.
   Infine, anche in questo caso non vi e' alcun accenno,  nella  legge
 di  delega,  alla  possibilita'  o  necessita',  per  il  legislatore
 delegato, di adottare scelte cosi' gravi, innovative e  asistematiche
 come quella qui contestata.
   8.  -  Quanto  all'art.  26,  si deve lamentare la violazione degli
 artt. 3, 5, 76, 97, 115,  117  e  118  della  Costituzione  anche  in
 riferimento  agli  artt.  101  e  102  del  d.P.R.  n. 616 del 1977 e
 all'art. 38 della legge 22 febbraio1994 n. 146. L'art. 26 del decreto
 legislativo  impugnato  istituisce  un  "Osservatorio  nazionale  sui
 rifiuti" al quale vengono affidati importanti e penetranti competenze
 normative  (primo comma, lett. b), programmatorie (comma 1, lett. d),
 di controllo e vigilanza (comma 1, lett. a), e), f), h), etc.).
   Ancorche' - si ribadisce una volta di piu' - la materia de qua  sia
 stata  trasferita  alle  regioni. del nuovo organo non fa parte alcun
 rappresentante  regionale.  Come  questa   scelta   possa   ritenersi
 ragionevole   e   coerente   con  il  principio  del  buon  andamento
 dell'attivita'  amministrativa  e'  davvero  difficile   comprendere.
 Oltretutto, le regioni vengono sostanzialmente spossessate dei poteri
 di   governo  del  settore,  che  sono  in  buona  sostanza  affidati
 all'Osservatorio e per suo  tramite  al  Ministro  dell'ambiente.  Il
 tutto,  oltre  che  in  violazione  delle  norme  costituzionali  che
 regolano  i  rapporti  fra  Stato  e  regioni,  in ispregio di quanto
 disposto dalla legge di delega, nella quale (come  gia'  e'  accaduto
 per  le  altre  disposizioni  sopra  censurate)  non  v'e' traccia di
 criteri  o  princi'pi  direttivi  che  consentissero  al  legislatore
 delegato l'adozione d'una simile scelta normativa.
   9.  -  Quanto  all'art.  41,  si deve lamentare la violazione degli
 artt. 3, 5, 76, 97, 115, 117  e  118  della  Costituzione,  anche  in
 riferimento agli artt. 101 e 102 del d.P.R. n. 616 del 1977; 27 della
 legge  8  giugno 1990 n. 142, e 43 della legge 6 febbraio 1996 n. 52.
 L'art.  41 del decreto legislativo  impugnato  istituisce  il  CONAI,
 Consorzio   nazionale  imballaggi,  al  quale  partecipano  in  forma
 paritaria produttori e  utilizzatori  di  imballaggi  (comma  1).  Il
 Consorzio  e' un soggetto di diritto privato senza fine di lucro, con
 statuto approvato dai Ministri dell'ambiente e dell'industria  (comma
 6).
    Nonostante  la  sua  natura privatistica, il Consorzio si e' visto
 attribuire il potere di definire (ancorche' in accordo con le regioni
 e  con  le  amministrazioni  pubbliche   interessate)   "gli   ambiti
 territoriali  in  cui  rendere  operante  un  sistema  integrato  che
 comprenda la raccolta, la selezione  e  il  trasporto  dei  materiali
 selezionati  a  centri di raccolta e di smistamento". Vero e', pero',
 che la definizione degli ambiti territoriali  in  questione  dovrebbe
 spettare    alla   regione,   nell'esercizio   della   sua   potesta'
 programmatoria,  in  una  materia  oggetto  di  trasferimento   delle
 competenze  amministrative,  ed  in  riferimento  ad  un procedimento
 (quello dell'accordo di programma) che, secondo i  principi  generali
 di  cui  all'art.  27  della  legge  n. 142 del 1990, dovrebbe essere
 iniziato e coordinato dal presidente della regione.
   Anche qui, poi, manca nella legge di delega (art. 43 della legge n.
 52  del  1996)  qualunque  principio  o  criterio  che  consenta   al
 legislatore  delegato  di  adottare  una  simile scelta normativa. La
 legge di delega, anzi, prevede la  costituzione  di  "sistemi  aperti
 alla  partecipazione  degli  operatori dei settori interessati e alla
 partecipazione degli enti pubblici" (art.  43,  comma  1,  lett.  b),
 laddove il legislatore delegato ha collocato al centro del sistema un
 consorzio privato, del quale ha fatto il vero e proprio dominus della
 gestione degli imballaggi.
   10. - Quanto, all'art. 42, comma 5, si deve lamentare la violazione
 degli artt. 3, 5, 76, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in
 riferimento  agli  artt.  101  e  102 del d.P.R. n. 616 del 1977 e 43
 della legge 6 febbraio 1996 n. 52. La riferita  previsione  normativa
 dispone che i piani regionali di gestione dei rifiuti siano integrati
 "con  un  apposito capitolo relativo alla gestione degli imballaggi e
 dei rifiuti di  imballaggio  in  attuazione  delle  disposizioni  del
 programma  di cui ai commi 1 e 2" (e cioe' del "Programma generale di
 prevenzione  e  di  gestione  degli  imballaggi  e  dei  rifiuti   di
 imballaggio", elaborato dal CONAI).
   Questa  previsione e' addirittura grottesca. Un programma elaborato
 da un organismo privato e approvato dal Ministro  dell'ambiente,  sul
 quale  viene  semplicemente  "sentita" la Conferenza Stato-regioni, e
 non le singole  regioni,  diviene  fonte  di  modificazione  (che  la
 disposizione  censurata  parli  di  "integrazione",  ovviamente,  non
 sposta la sostanza del problema) di  un  piano  regionale,  che  deve
 addirittura  limitarsi  a dare ad esso "attuazione"| L'irrazionalita'
 ed  inefficienza  di  un  simile  sistema  sono  evidenti,  come pure
 evidente e' la lesione delle competenze della ricorrente.
   Da ultimo, anche in questo caso va lamentata la totale  assenza  di
 qualunque  principio  o  criterio  direttivo nella legge di delega, a
 sostegno delle scelte del legislatore delegato.
   11. - Quanto all'art. 57, comma 1, si deve lamentare la  violazione
 degli artt. 3, 5, 11, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione, anche in
 riferimento  agli  artt.  101  e  102  del d.P.R. n. 616 del 1977. In
 questa parte il decreto legislativo impugnato dispone che le  vigenti
 norme   regolamentari   e   tecniche   sulla  raccolta,  trasporto  e
 smaltimento dei rifiuti continuino ad  applicarsi  sino  all'adozione
 della nuova normativa tecnica prevista dal decreto. In ordine a cio',
 "ogni  riferimento  ai  rifiuti  tossici  e  nocivi si deve intendere
 riferito ai rifiuti pericolosi".
   Cosi' disponendo, il legislatore delegato ha chiaramente  ristretto
 l'ambito  di  competenza regionale e conseguentemente ampliato quello
 del Ministro dell'ambiente (si pensi all'allargamento alle competenze
 ministeriali in materia di VIA, ora sussistenti solo  in  riferimento
 ai  rifiuti tossicinocivi). Cio', pero', e' irragionevole e contrario
 al  principio   costituzionale   del   buon   andamento   dell'azione
 amministrativa, anche in riferimento alle disposizioni costituzionali
 che  presidiano  l'autonomia  delle  regioni  (esse pure direttamente
 violate),  e  violativo  dell'art.  11  della  Costituzione   poiche'
 determina  una  deroga,  non  consentita  dal diritto comunitario, al
 regime normale di classificazione dei rifiuti.
                               P. Q. M.
   Si chiede che, in accoglimento del presente ricorso, codesta ecc.ma
 Corte    costituzionale    voglia     dichiarare     l'illegittimita'
 costituzionale  del d.lgs. 5 febbraio 1997 n. 22, recante "Attuazione
 delle  direttive  91/156/CEE  sui  rifiuti,  91/689/CEE  sui  rifiuti
 pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio",
 pubblicato  nel  supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale, serie
 generale, n. 38 del 15 febbraio 1997, specificamente quanto agli artt
 1, 13, 17, 18, 22, commi 9 e 11, 23, comma 5, 26, 27, 28, 29, 30, 31,
 32, 33, 41, 42, comma 5, 57, comma 1.
     Roma, addi' 17 marzo 1997
 Prof. avv. Paolo Dell'Anno - avv.  Giuseppe  La  Cute  -  prof.  avv.
 Massimo Luciani
 97C0304